"Espana se queda fuera de la gran final tras ser muy superior a una Italia que se encerrò siempre atras". Questo riporta in prima pagina il giornale spagnolo "Sport" nell'edizione di oggi 7 luglio 2021 per commentare l'eliminazione delle Furie Rosse ad opera degli Azzurri dopo i calci di rigori che hanno deciso la semifinale di Wembley. Non dovrebbe essere necessaria la traduzione che comunque, a scanso di equivoci, riporto: "La Spagna esce dalla finalissima dopo essere stata di gran lunga superiore a un'Italia che si è sempre chiusa dietro". Siamo alle solite. Invece di prendere esempio dal CT iberico Luis Enrique che al termine dell'incontro ha fatto i complementi agli azzurri, arrivando anche a dichiarare di tifare per loro nella finale di domenica, oltre che a complimentarsi con i suoi per la gara di alto livello disputata, il giornale spagnolo rispolvera il solito spregio verso il "calcio all'italiana", tutto difesa e contropiede. Peccando oltremodo di banalità e accodandosi ad una lunga serie di "rosiconi" di tutte le bandiere sconfitti nel corso della storia dagli azzurri con il vituperato "catenaccio".
Qui non si vuole negare la grande partita giocata dagli spagnoli, che hanno interpretato al meglio il LORO modo di intendere il calcio, anzi: avessero vinto loro alla lotteria dei rigori o con un gol in più durante i 120' non ci sarebbe stato nulla da obiettare. Applausi e giù il cappello.
Ma quel gol in più non l'hanno fatto e questo non è certo per demerito dell'Italia e fino a prova contraria le regole del calcio prevedono sempre che a vincere sia sempre chi è stato capace di segnare un gol in più dell'avversario. Punto. Di quale sia in assoluto il metodo, lo schema, il sistema di gioco più efficace o come ci vuol far intendere il giornale spagnolo, "superiore", per riuscire a fare un gol in più degli avversari la discussione è aperta. Io non credo che quel metodo esista in assoluto e questo è il bello del calcio e dello sport: ognuno può scegliere di interpretare al meglio il sistema che più gli piace o per cui sente di sapersi adattare o di poter tradurre in pratica meglio degli altri. E per tale via vincere la partita seguendo le regole di quello sport specifico, perché, alla fine quello che conta per ciascuno sportivo non è "giocare bene" ma vincere senza barare. Poche balle.
Per cui se ieri siamo riusciti a contenere una squadra che voleva metterci sotto attraverso il possesso prolungato della palla e alla fine, anche con con 11 uomini dietro la linea della palla per lunghi tratti, siamo riusciti a contare per numero le loro stesse palle gol di certo non siamo stati inferiori. Anzi.
Mi è tornato in mente un pezzo che scrissi nel 2017.
Di seguito lo riporto integralmente, perché proprio non passa mai di moda.
DIFESA DELLA DIFESA
Mi è capitato spesso di sentire da più parti - tifosi, giornalisti, allenatori, avversari, ecc. ecc. - che molte delle vittorie internazionali della nostra nazionale del passato lontano e anche più recente - quando ancora si vinceva - campionati del mondo inclusi, sono state immeritate perché ottenute attraverso la difesa ad oltranza condita con isolati contropiede e quindi con il cronico non gioco e l'incapacità di creare "spettacolo". Insomma, quasi dovessimo vergognarci di aver vinto. Quasi fossimo solo degli abili borseggiatori di vittorie che spettavano di diritto agli altri produttori di spettacolo, quasi sempre tedeschi, a volte olandesi, brasiliani e francesi. Quasi che vincere esaltando la capacità difensive fosse una strategia figlia di un Dio minore.
La lista dei detrattori sarebbe molto lunga; mi limito ad osservare che erano quasi tutti avversari sconfitti. Ora, comprendo - e lo dico per esperienza diretta - che essere tifosi o fan di una squadra che punta a vincere attraverso la difesa per creare gli spazi e colpire di rimessa come un cobra esponga decisamente al rischio perpetuo delle coronarie - ma considerare questa strategia di gioco inferiore a quella che si basa sul continuo possesso palla e al pressing a tutto campo, condito magari dal fuori gioco sistematico, propRio non ci sto.
Sono solamente concezioni diverse che si possono scegliere di applicare in base alle capacità e alle caratteristiche degli uomini che un tecnico ha a disposizione.
Chi ha giocato a calcio sa bene che impostare una partita usando il gioco all'italiana - difesa e contropiede appunto - sia tutt'altro che semplice: bisogna avere a disposizione giocatori con grande capacità di resistenza tecnica e psicologica nel saper far bene "reggere" il fortino.
Ricordate la tanto vituperata semifinale di Euro 2000 dove gli azzurri di Zoff passarono ben poche volte la metà campo nei 120' e poi vinsero ai rigori? Che furto colossale! Che spettacolo orribile! Che vergogna! E che fortuna! Due rigori sbagliati dagli olandesi nei tempi regolamentari! Quasi che dovessimo vergognarci noi degli errori avversari e della bravura del nostro portiere...Voglio andare assolutamente contro corrente nel difendere quella prestazione. Ripeto, solo chi ha giocato a calcio sa che per resistere in inferiorità numerica contro una squadra che pratica il gioco d'attacco sistematico, in casa sua per di più, solo un grande carattere individuale e di gruppo, unite ad una grande competenza difensiva, ti permette di mantenere la porta inviolata. Cosa non da tutti.
Ripeto, puntare sulla difesa e sul contropiede è tanto nobile e complesso quanto cercare di vincere in altri modi. "Noi" italiani siamo stati maestri in questo campo e non dobbiamo e non dovremo mai provare vergogna - sportiva. Anzi, per quanto mi riguarda, rivendicarlo con orgoglio.
E con buona pace degli avversari e per gli amanti del "calcio spettacolo". Spesso sconfitti. Come le nostre compagini nazionali quando hanno rinnegato se stesse e tentato di imitare ora gli olandesi, ora i brasiliani. O come accadde ai brasiliani quando vollero imitare gli italiani o i tedeschi.
Considerazioni non valide per le squadre di club, ove da almeno 30 anni si è persa la cultura sportiva "nazionale" e le scelte di un tecnico si devono basare esclusivamente sulle caratteristiche tecniche e psicologiche dei componenti la Babele che compongono la rosa. Considerazioni in retrospettiva. Oggi anche a livello di squadre nazionali, la cultura sportiva-paese è assai sfumata, quasi impalpabile. E' la globalizzazione bellezza.
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