giovedì 15 aprile 2021

TOTO'

 Chiunque si occupi a qualsiasi titolo di “Udinese” non potrà mai prescindere dal ricordare Antonio Di Natale e quindi anch’io non posso esimermi dal farlo, consapevole di quanto sia facile e difficile allo stesso tempo assolvere a questo compito; facile perchè il numero 10 nato a Napoli 10 ottobre 1977 ha lasciato tracce talmente profonde e abbondanti nella storia del club friulano per cui certo non mancano gli elementi per la tastiera, ma proprio per questo tremendamente difficile scrivere qualcosa che non sia già stato detto.

Se Diego Maradona è diventato il Re del Mondo negli anni che ha giocato lo deve alla scelta di trasferirsi a Napoli, sicuramente Antonio Di Natale si è trasformato in Totò e ha raggiunto i traguardi individuali in fatto di presenze e reti lo deve alla decisione di rimanere all’Udinese, rifiutando il trasferimento già fatto alla Juventus nell’ultimo giorno di mercato nell’estate del 2010.

La scelta gli costò sicuramente la rinuncia a svariati milioni di Euro, ma gli permise di allungare la carriera in serie A fino alla soglia dei 40 anni, avendo disputato l’ultima partita della sua carriera il 15 maggio 2016 allo stadio Friuli contro il Carpi, nell’ultima giornata del campionato di serie A 2015/16; è ragionevole pensare che a Torino, in mezzo a tanti top players non avrebbe goduto delle attenzioni, dello spazio e delle licenze che invece gli furono permesse in Friuli e che permisero al suo talento e alla sua professionalità di trovare piena espressione in squadre che venivano costruite intorno alle sue capacità di realizzazione.

Buon per tutti i tifosi dell’Udinese che, grazie a Totò, hanno goduto per 12 anni della presenza di un giocatore che ha veramente fatto la storia del Club in un periodo in cui, escluse le ultime due stagioni, la squadra è stata capace di navigare con continuità nelle posizioni medio-alte del campionato e di frequentare abitualmente e tutto sommato anche dignitosamente, le competizioni europee.

Ho deciso di far parlare i numeri, perché dietro quelle cifre qualsiasi tifoso bianconero o semplicemente appassionato del calcio e dello sport in generale potrà ritrovare emozioni che Totò ha regalato e insieme misurare la straordinarietà di una carriera rimasta all’apice tanto a lungo e in cui sono comprese anche le partecipazioni con la nazionale italiana a due campionati europei (Austria-Svizzera 2008, Polonia-Ucraina 2012) e un mondiale (Sudafrica 2012). Cosa piuttosto insolita per chi non ha militato in un top club.

Ecco quindi i numeri nudi e crudi di Antonio Di Natale con la maglia dell’Udinese, dall’esordio in campionato il 12 settembre 2004 sul campo di Reggio Calabria (0-0) sostituendo nel secondo tempo il brasiliano Alberto, all’addio del 15 maggio 2016, entrando a 12 minuti dalla fine in sostituzione di Bruno Fernandes per calciare il rigore che fissò il punteggio sull’1-2 contro il Carpi, realizzando così l’ultima delle sue 227 reti in maglia bianconera.

Presenze totali 446, divise tra campionato di serie A (385), coppa Italia (24) e coppe europee (37 tra UEFA, Champions League ed Europa League) nelle quali ha realizzato appunto 227 gol sommando i 191 in campionato ai 19 in Coppa Italia e ai 17 nelle competizioni internazionali; durante la sua permanenza in bianconero vestì inoltre per 37 volte la maglia azzurra segnando 10 gol complessivi di cui 1 contro la Slovacchia nel mondiale sudafricano del 2010 e 1 contro la Spagna all’esordio nell’Europeo in Polonia nel 2012. Ultima presenza in azzurro nella finale di quell’Europeo persa per 4-0 contro le furie rosse di Spagna. , il primo luglio 2012 allo stadio Olimpico di Kiev.

Durante la sua militanza in Friuli, l’Udinese ha colto tre qualificazioni ai preliminari di Champions League (2004/05, 2010/11 e 2011/12), una partecipazione alla fase a gironi della Champions League (2005/06), in UEFA-Europa League due volte ha raggiunto gli ottavi di finale (2005/06, 2011/12) e una volta i quarti di finale (2008/09). A questi traguardi si aggiungano i piazzamenti al terzo posto del campionato 2011/12 e due quarti posti (2004/05 e 2010/11), un quinto posto (2012/13), tre semifinali di coppa Italia (2004/05, 2006/07 e 2013/14) e la vittoria nella classifica dei marcatori nel 2009/10 (29 reti), 2010/11 (28 reti), il secondo posto nel 2012/13, il terzo nel 2011/12 e il titolo di capocannoniere della Coppa Italia 2014/15 a pari merito con Mario Gomez (4 reti). E’ attualmente al quarto posto nella classifica dei marcatori della serie A di tutti i tempi per reti segnate con il medesimo club dietro a Totti, Nordahl e Meazza e sesto assoluto con 209 reti sommando anche i 18 centri messi a segno con la maglia dell’Empoli, società da cui i Pozzo lo prelevarono nel 2004.

Possiamo scommettere ben più di una cena al Boschetti, come si diceva una volta, che numeri come questi nessuno li emulerà sia nel futuro prossimo che in quello remoto del club bianconero, anche se da più parti si dice che i record ci sono per essere battuti.

Concludo la dedica a Totò riportando i numeri riferibili alle altre squadre in cui ha militato prima di giungere a Udine:

Empoli: 178 presenze e 55 reti tra serie A (60 presenze e 18 reti), B (99 presenze e 31 reti) e coppa Italia (19 presenze e 6 reti). Durante la permanenza nel club toscano ha esordito in nazionale il 20/11/2002 alla stadio Adriatico di Pescara, convocato da Marcello Lippi per l’amichevole con la Turchia (1-1) per poi sommare altre 4 presenze in azzurro con un gol nell’amichevole del 18/02/2004 a Palermo contro la Repubblica Ceca (2-2).

Iperzola: 33 presenze e 6 reti in serie C2

Varese: 4 presenze in serie C1

Viareggio: 25 presenze e 12 reti serie C2

Appese le scarpe al chiodo Totò lasciò il Friuli per fare rientro ad Empoli, città d’origine della moglie e per iniziare successivamente la carriera di allenatore, con esperienze allo Spezia come collaboratore tecnico (2018/19) e allenatore dell’Under 17 (2019/20). Da pochi giorni ha accettato la prima panchina di una squadra professionistica, la Carrarese, nel girone A della serie C.

Ci resta un rammarico ed un rimpianto.

Il rammarico di non averlo mai visto vincere una competizione di club o in nazionale, come sicuramente avrebbe individualmente meritato.

Il rimpianto che la società Udinese Calcio S.p.a. non sia riuscita a trovargli, per ora, una collocazione all’interno del suo staff. Magari è dipeso anche dalla volontà di Totò, non lo sappiamo.

In futuro chissà.

giovedì 8 aprile 2021

LA PRIMA RETE DEL BARONE A UDINE: UDINESE-TORINO 3-2

 

L'aria di tanti derby infuocati disputati all'ombra della mole e che spesso valevano lo scudetto, probabilmente  diede un ulteriore motivazione a Franco Causio, quando l'undici ottobre 1981 il Torino scese sul terreno del Friuli per la quinta giornata del massimo campionato, stagione 1981/82. Il clima era già quello dell'ultima spiaggia, con i padroni di casa solitari ultimi in classifica con un solo punto e reduci da tre sconfitte consecutive contro dirette avversarie nella lotta per la salvezza: Ascoli (0-3), Avellino (1-2) e Cesena (1-2), mentre i granata erano partiti di slancio grazie a due vittorie consecutive, una sconfitta ed un pareggio. Lo sconcerto serpeggiava nella tifoseria friulana che si aspettava ben altro avvio di torneo, dopo il brillante precampionato e gli importanti rinforzi giunti a Udine durante il mercato estivo, tra cui il big Franco Causio dalla Juventus e il bomber interista Carletto Muraro e in molti già chiedevano la testa dell'allenatore Enzo Ferrari, protagonista della miracolosa salvezza nella stagione precedente. Inoltre, gran parte della stampa sportiva nazionale, riteneva il Barone ben avviato sul viale del tramonto, dopo aver perso il posto in nazionale a favore di Bruno Conti ed essere stato scavalcato da Marocchino nelle preferenze del Trap nell'undici titolare di Madama. 
Fu un abbaglio clamoroso da parti di chi non aveva tenuto in debito conto dell'orgoglio, dell'integrità fisica e della classe purissima di Causio, che disputò una stagione straordinaria guidando l'Udinese alla salvezza con tre giornate d'anticipo dalla chiusura del campionato, vinse il Guerin d'Oro come miglior giocatore del campionato e si riguadagnò la fiducia di Enzo Bearzot che lo convocò nei 22 che poi vinsero il mondiale di Spagna, quello più bello della storia sportiva nazionale.
Ma torniamo a quel grigio pomeriggio d'autunno sul terreno del Friuli.
La squadra friulana, consapevole della necessità di raccogliere i due punti ed invertire la rotta, giocò una partita "garibaldina", schiacciando i granata nella loro metà campo per due terzi di gara e dove il Barone fece il bello e il cattivo tempo: calciò la punizione per la testa di Cesarone "Armaron" Cattaneo che valse il vantaggio sul finire del primo tempo, fece ammattire ininterrottamente il suo marcatore Salvadori con tutto il suo repertorio di dribbling, finte assassine e cambi di ritmo, raccolse un retropassaggio di Dossena e s'involò verso la porta torinista, freddando Terraneo in uscita  con un sopraffino tocco di esterno destro a incrociare il pallone a filo d'erba nell'angolino opposto per il 2-0 ad inizio ripresa e siglando così il suo primo centro in maglia udinese.
L'Udinese rallentò il ritmo e venne subito colpita da un gol del neo-entrato Bonesso che per un attimo parve rimettere in discussione l'andamento del match: fu solo un lampo, perché l'Udinese riprese a macinare gioco e a 10 minuti dalla fine chiuse i giochi con un'inzuccata in tuffo di Carletto Muraro, anch'egli alla prima marcatura con i colori friulani.
Un'altra rete di Bonesso allo scadere servì solo per le statistiche e ad accorciare le distanze, fissando il risultato sul 3-2 finale per l'Udinese e rendere meno amaro il secondo ritorno a Udine da avversario di Massimo Giacomini, l'indimenticato tecnico artefice del salto triplo dalla C alla A delle zebrette friulane dopo 17 anni di purgatorio.
Anche questa volta sonoramente fischiato, dopo il precedente di due anni prima quando l'allenatore udinese purosangue sedeva sulla panchina del Milan: il popolo bianconero, brillando per ingratitudine, non gli aveva perdonato aver abbandonato dopo aver raggiunto la promozione in serie A  la panchina friulana per quella milanista . 
 
Udine, stadio Friuli
Domenica 11 ottobre 1981, ore 15,00

UDINESE - TORINO 3-2

Marcatori: Cattaneo 35', Causio 52', Bonesso 65', Muraro 77', Bonesso 87'

UDINESE: Della Corna, Gerolin, Tesser, Papais (85' Pancheri), Cattaneo, Orlando, Causio (cap.) (80' De Giorgis), Pin, Miano, Orazi, Muraro. Allenatore: Enzo Ferrari

TORINO: Terraneo, Danova, Salvadori (71' Ermini), Van de Korput, Giacomo Ferri, Beruatto, Bertoneri, Zaccarelli, Sclosa (55' Bonesso), Dossena, Pulici (cap.). Allenatore: Massimo Giacomini

Arbitro: Maurizio Mattei della Sezione di Macerata
Spettatori: 25 mila circa.

mercoledì 7 aprile 2021

LA PRIMA LEGIONE STRANIERA DELL'ERA "MODERNA": UDINE ARRUOLO' HERBERT NEUMANN

 








La stagione 1980/81, quella che seguì il primo grande scandalo delle scommesse terminato con la retrocessione a tavolino di Milan e Lazio in serie B e la squalifica pluriennale di campioni del calibro di Paolo Rossi e Bruno Giordano, è passata alla storia come quella della "riapertura delle frontiere" e il ritorno degli stranieri nel massimo campionato di serie A, grazie alla revoca di un blocco federale che durava dalla fine degli anni '60. La decisione giunse quanto mai opportuna per ridare stimoli e interesse al mondo degli appassionati, ancora frastornati e delusi da quanto era emerso durante il processo sportivo, con tante partite finite sotto il mirino degli inquirenti per il sospetto di combine e frode sportiva.

La libertà di movimento all'inizio fu timida, con il permesso di tesserare un solo giocatore straniero per squadra e facoltà limitata alle sole squadre di serie A, i tesserati sarebbero saliti a 2 nelle stagioni dal 1982/83 al 1987/88 e a 3 dalla 1988/89; la sentenza "Bosman" abolì ogni vincolo per i giocatori comunitari a partire dal 1996 e a tappe forzate la situazione si è capovolta e si è arrivati all'ultimo decennio in cui 2 o 3 al massimo sono i giocatori italiani che militano nelle squadre del massimo campionato. Questa però è un'altra storia, ritorniamo all'estate 1980, in cui la novità fu accolta altrettanto timidamente dalle società, che neppure tutte sfruttarono la possibilità concessa e ancora meno furono quelle che ingaggiarono giocatori di livello e fama internazionale.

I campioni d'Italia uscenti dell'Inter inserirono il nazionale austriaco Herbert Prohaska, la Juventus la promettente mezz'ala irlandese dell'Arsenal  Liam Brady mentre la Roma il centrocampista brasiliano Paulo Roberto Falcao; la Fiorentina ingaggiò il campione del mondo argentino Daniel Bertoni e sempre in sudamerica guardarono le penalizzate Bologna, Avellino e Perugia, costrette a partire con 5 punti di penalizzazione avuti "in eredità" dallo scandalo scommesse, pescando rispettivamente i brasiliani Eneas e Juary e l'argentino Fortunato, quest'ultimo solo di nome ma non di fatto. Il Torino e il Napoli puntarono invece sui tulipani olandesi: i granata su uno di primo pelo,  il libero Van de Korput, mentre i partenopei su uno stagionato, ma di fama mondiale, il libero della grande Olanda, il mitico Ruud Krol, prelevato negli ultimi giorni di mercato dai canadesi del Vancouver, dove aveva iniziato una sorta di prepensionamento simulato. La neo-promossa Pistoiese, esordiente in serie A, non volle privarsi dal mettere un tocco esotico nel motore e ingaggiò quello che fu destinato a diventare l'archetipo del "bidone" d'oltremare: il brasiliano Luis Silvio Danuello dal Ponte Preta, preso per fare il centravanti e per scoprire poi che non era una "punta" ma una "ponta", ovvero un centrocampista di fascia. E neppure particolarmente talentuoso.

E l'Udinese? Che fece la società friulana, oramai da decenni divenuta "patria" per giocatori stranieri provenienti da ogni parte, anche la più improbabile, del pianeta? La società in cui i giocatori italiani sono divenuti "un tocco di esotico?"  

La società friulana, allora presieduta dal "Re" dei gelati Teofilo Sanson e gestita come Direttore Sportivo dal rampante Franco Dal Cin, ripescata in estate dopo la retrocessione in appello della Lazio, si trovò nella necessità di potenziare una rosa pensata per la serie B e quindi cercò sul mercato estero un giocatore in grado di alzare il tasso tecnico dell'undici titolare. Piccola perentesi: la retrocessione dei capitolini biancazzurri determinò l'annullamento dell'ingaggio di uno dei celebri fratelli Van de Kerkhof già in ritiro con i romani, stante il divieto perdurante di tesseramento ex novo di giocatori stranieri nella serie cadetta.

Torniamo ai bianconeri friulani, il cui allenatore neo-arrivato Marino Perani chiede con urgenza un regista di qualità a centrocampo, dopo il definitivo rifiuto del perugino Butti al trasferimento in Friuli; Dal Cin si mette al lavoro e dopo aver trattato l'ingaggio dello stagionato centrocampista olandese Notten del Feyenoord, preleva l'unico tedesco (occidentale, data l'epoca) di tutta la "Legione straniera": dal Colonia fa arrivare in Friuli la ventisettenne e biondissima mezz'ala Herbert Neumann.

L'arrivo è accolto con grande interesse ed entusiasmo dalla tifoseria friulana, ancora su di giri per aver ritrovato la serie A persa subito alla fine del primo anno dal salto triplo dalla C alla A compiuto nientemeno che 17 anni dopo la retrocessione del 1961/62, di cui ben 14 consecutivi di serie C.

Il giocatore che arriva, nato il 14/11/1953, vanta ben 184 presenze condite con 35 reti nelle fila di una delle più prestigiose squadre della Bundesliga  anni '70: il Colonia, la società della sua città natale e con la quale ha esordito, dopo la trafila nelle giovanili, nella stagione 1972/73 vincendo la coppa di Germania nel 1976/77 e 1977/78, abbinando anche la vittoria in campionato nel 1977/78.

Dopo diverse presenze nell'Under 21, debutta in nazionale il 22/02/1978 a Monaco di Baviera in un'amichevole di lusso contro l'Inghilterra vinta per 2-1 in preparazione del Mondiale argentino del 1978, chiamato da Helmut Schoen assieme a campioni del calibro di Sepp Maier, Berti Vogts, Reiner Bonhof e Kaarl Heinz Rummenigge.

Complice un grave infortunio, dal quale Neumann fece grande fatica a riprendersi, resterà l'unica presenza nella nazionale dell'Ovest, compensata a livello internazionale da una costante presenza nelle competizioni europee di club con i colori del Colonia.

Insomma, sul terreno del Friuli, giunse un giocatore di caratura europea, un centrocampista dotato di eccellente tecnica individuale e ottima visione di gioco, capace di dettare al meglio i tempi di sviluppo dell'azione e in grado di vedere anche la porta con tiri da lontano; il tallone d'Achille, che i tifosi friulani scopriranno fin dall'esordio in campionato il 14 settembre 1980 nella pesantissima debacle casalinga per 0-4 contro l'Inter scudettata di Bersellini, era senza dubbio la falcata lenta e la scarsa propensione alla fase difensiva.  

Soprattutto fu chiaro fin da subito che il biondissimo Herbert avrebbe potuto dare si un contributo importante alla causa, ma senza ulteriori innesti nella rosa la salvezza sarebbe rimasta un miraggio.

La stagione 1980/81 per l'Udinese fu una continua rivoluzione sia in campo che in panchina e si concluse con la permanenza in serie A grazie ad un gol a tre minuti dalla fine dell'ultima giornata che permise di battere il Napoli per 2-1 e un piazzamento utile nella classica avulsa ai danni del Brescia, insieme a Como ed Avellino.

Servirono 3 allenatori, nell'ordine Marino Perani, Gustavo Giagnoni e infine il debuttante Enzo Ferrari per far quadrare i conti dopo la prima rivoluzione al mercato di ottobre ordinata dal subentrante Giagnoni con l'acquisto di 4 giocatori (Zanone, Cinquetti, Bacci e Maritozzi) e lo smantellamento della vecchia guardia con la cessione di Bencina, Bilardi, Vagheggi, Leonarduzzi e Sgarbossa e quella messa in atto da Ferrari all'inzizio del girone di ritorno, quando gettò nella mischia metà squadra primavera facendo esordire Gerolin, Miano, Cinello, Billia e Papais al posto dei deludenti nuovi arrivati.

In tutto questo "caos" tecnico e agonistico Herbert Neumann si distinse per continuità, disputando 25 incontri su 30, al netto di 3 giornate in tribuna per squalifica a causa di un italianissimo "vaffa" rivolto ad uno dei più permalosi arbitri nostrani, il siciliano Rosario Lo Bello, dopo l'ennesimo fischio contrario sul terreno inzuppato del "Del Duca" di Ascoli.

La leggenda - o i maligni - o gli invidiosi - vorrebbe o vorrebbero che a Udine l'unico ricordo che lasciò il centrocampista tedesco, oltre alla biondissima zazzera con riga in mezzo - molto anni 80 fu la moglie Maria, bellissima modella bruna, dalla carnagione olivastra e di origine portoghese. 

Di leggenda, o di invidia, appunto si tratta perché il rendimento in campo fu sempre al di sopra della sufficienza ed Herbert fu il pilastro su cui tutti e tre i tecnici costruirono le loro trame tattiche, tanto che a fine stagione gli valsero l'ingaggio in una piazza allora di maggior prestigio e ambizioni come quella di Bologna, società ancora mai scesa in serie B.

Unico neo, oltre alla già menzionata e poco teutonica scarsa vena agonistica, fu invece l'impalpabile presenza in zona gol, dove il tedesco centrò una sola volta la porta, infilando nella rete di Poerio Mascella una palla servita dall'esordiente Paolo Miano, dopo un'ubriacante serpentina sulla fascia del biondissimo made in Valli del Natisone, e che valse un importantissimo successo nello scontro diretto con la Pistosiese.

Neumann, come detto lasciò Udine qualche mese dopo e con grande esposizione mediatica sulla stampa sportiva, per raggiungere Bologna e lasciare il posto di "straniero" dell'Udinese ad Orlando Pereira, difensore brasiliano dall'età mai chiarita e dai lineamenti degli anni 80 dell'800.

Quella che fu deludente fu invece proprio la stagione bolognese, conclusa con la prima retrocessione in serie B del glorioso club emiliano, esito nefasto per i tifosi rossoblù a cui Herbert contribuì con 20 pallide presenze, spesso bersagliato da acciacchi muscolari che ne rallentarono oltremodo il passo e non gli diedero la possibilità di servire adeguatamente uno degli astri nascenti del calcio italiano, il diciasettenne Roberto Mancini.

Anche con la maglia del Bologna Neumann segnò una sola volta e, ironia della sorte, mandando di testa un pallone sempre nella rete della porta sud dello Stadio Friuli, raccogliendo un calcio d'angolo e infilando il portiere dell'Udinese Fausto Borin per il momentaneo vantaggio felsineo all'inizio del secondo tempo di un Udinese-Bologna del dicembre 1981.. Per gli amanti delle statistiche seguirono il pari di Causio, il nuovo vantaggio rossoblù siglato da Roberto Mancini ed il definitivo pareggio ad opera di Orazi, lesto a battere Zinetti su assist del Barone.

Conclusa in maniera ingloriosa l'avventura italiana il tedesco rientrò al Colonia, dove mise insieme appena 10 presenze ma a fine stagione alzò per la terza volta la Coppa di Germania assieme ai vecchi compagni, tra cui il portierone Harald Schumacher e l'estroso Pierre Littbarski prima di trasferirsi l'anno seguente in Grecia all'Olimpyakos senza lasciare tracce memorabili oltre a 23 presenze e 4 reti nel campionato ellenico.

Il declino era in fase non ribaltabile e dalla stagione 84/85 fino all'estate 1989 Herbert Neumann svernò ininterrottamente nella serie cadetta svizzera, vestendo la non proprio gloriosa casacca del Chiasso e interpretando anche il ruolo di allenatore-calciatore.

Una volta appese le scarpe al chiodo continuò la carriera di allenatore, guidando senza particolari squilli dal 1989 al 2006 le panchine di Zurigo (CH), Vitesse Arnhem (NL), Anderlecht (B), Istabulspor (TR), Nac Breda (NL) e VVV-Venlo (NL). 

Questa la storia sportiva di Herbert Neumann, per rendere giustizia a uno dei primi "legionari" del 1980, talvolta ingiustamente bollato come uno dei tanti bidoni giunti la prima ora.  

Sempre per gli amanti delle statistiche, di seguito il tabellino del suo esordio in serie A.


Udine, Stadio Friuli

Domenica 14 settembre 1980, ore 16,00

UDINESE - INTERNAZIONALE 0-4

marcatori: Bini 13', Pasinato 28', Muraro 54', Altobelli 73'

UDINESE: Pazzagli, Leonarduzzi (cap.), Miani, Billia, Sgarbossa, Tesser (75' Bilardi), Vagheggi (60' Koetting) Bencina,  Neumann, Vriz, Pradella. Allenatore: Marino Perani

INTERNAZIONALE: Bordon, Oriali, G. Baresi, Pasinato, Mozzini, Bini (cap,) (78' Pancheri), Marini, Prohaska, Altobelli, Beccalossi, Muraro, (73' Caso). Allenatore: Eugenio Bersellini

Arbitro: D'Elia della Sezione di Salerno

Spettatori 40.000 circa

         


venerdì 2 aprile 2021

L'EPOPEA DEL MUNDIAL 1982 A TEATRO




Può un gruppo che non riesce a vincere una partita da più di un anno, criticato e sbeffeggiato dal mondo intero trasformarsi d’incanto in una squadra imbattibile e capace di sbaragliare tutti sino alla vittoria finale di un Mondiale che sembra inesorabilmente destinato ad altri? Può un giocatore fermo da due anni per squalifica, acciaccato, fuori condizione, che tutta l’Italia vorrebbe togliere dal campo trasformarsi d’incanto nell’attaccante più spietato del Mondo che inizia a segnare senza fermarsi più e a trascinare i suoi compagni sino alla vittoria finale? Può un allenatore andare contro tutto e tutti, forse anche contro l’evidenza, per difendere il suo gruppo e vedere premiata la sua convinzione e ripagata la sua fiducia? La ragione ci dice di no, che tutto ciò è possibile solo nelle favole. Chi ha avuto la fortuna di vivere nel 1982 i giorni del Mondiale di Spagna ha vissuto una favola. La finalità di questo spettacolo, pensato a 30 anni di distanza dagli eventi narrati, è quella di trasmettere allo sfiduciato spettatore del nostro tempo la carica e l’energia delle emozioni di quei giorni: per chi c’era risvegliare qualcosa che si è forse perso negli anni e per chi non c’era lo slancio per inseguire i propri sogni.

"E' uno spettacolo che va diritto al cuore. La bravura degli interpreti prende per mano lo spettatore e lo accompagna, in un turbinio di emozioni scaturite anche da storici spezzoni radiofonici, dal deludente esordio in Galizia all'esaltante trionfo al Bernabeu con Zoff che bacia su una guancia Bearzot. Il che è tutto dire..."

LIVIO FORMA - Già radiocronista RAI “Tutto il calcio minuto per minuto”


“In Io dico che domani Italia vince, Passoni utilizza il calcio – attraverso il ricordo di quella “formidabile” esperienza che fu Spagna ’82 – come elemento simbolicamente decisivo per spiegare e capire il modo d’essere nostrano, cercando di proporre un modello positivo per uscire dall’attuale situazione di crisi … Una storia, che, raccontata con ritmo e partecipazione dallo stesso Passoni nei panni di Navarro/Mario Sconcerti (autore de Il racconto dell’Italia, dal quale è tratta la rappresentazione), può dunque essere letta in forma di “frivola” allegoria, piuttosto che di triste stereotipo dell’italiano sempre «pronto a dimenticare» se l’occasione lo richiede. Un rischio che Passoni supera agilmente e con arguzia … A titolo di merito, va poi sottolineato come questo recital, piacevole e lineare rispetto ai canoni del genere, utilizzi – attraverso il personaggio di Raffaella Adani – alcuni interessanti espedienti scenici, riuscendo così ad alzare il livello narrativo (la splendida voce di lei che declama testi poetici di Verlaine, Neruda, Byron e Alceo)..”

DANIELE RIZZO - Persinsala


Spagna '82 diventa teatro, o recital che dir si voglia. Un po' come accadde per Italia-Germania 4-3, 1970. Una narrazione sfilata da un diario di sostanza qual è quello di Mario Sconcerti, allora penna salùbre di Repubblica, ora del Corsera e volto amico delle domenica di Sky. C'è riuscito Giuseppe Passoni, uno che va in scena volentieri quando stacca con la calcolatrice. Io dico che domani Italia vince fa la sua bella calcistica figura al Mittelfest, solitamente refrattario al mondo del balon. Invece...

GIAN PAOLO POLESINI – Messaggero Veneto


“Io dico che domani Italia vince” è il pronostico su Italia Brasile del presidente della federazione calcistica del Mali. E per fortuna ci ha azzeccato. Quella storia che ha avuto due friulani doc tra i protagonisti, l’allenatore Bearzot e il portiere Zoff, è stata qui raccontata da artisti friulani: con passione e precisione. E contiene un esempio chiaro di come resistere e non mollare, continuare a credere nelle proprie possibilità nonostante tutto remi contro, possa essere il segreto del successo. Quanto mai utile di questi tempi.”

CLAUDIO TREVISAN – Il Discorso


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