giovedì 30 marzo 2023

INVENTARIO ATTIVO-PASSIVO AL VIA DELLA FASE AD OROLOGIO

Sabato primo aprile nel palazzetto di via Perusini, con il match Gesteco Cividale - Urania Milano, si apriranno le danze della seconda fase del campionato di serie A2 che definirà al termine i partecipanti e le modalità per il gran ballo dei play-off che inizierà poi il 13 maggio e che in fondo vedrà l'incoronazione delle due reginette che avranno l'onore e, soprattutto l'onere di salire al piano superiore, quello della serie A, il massimo torneo nazionale di pallacanestro. Le due friulane, APU OWW Udine e UEB Gesteco Cividale, contro ogni pronostico della vigilia si trovano nelle stesso girone assieme ad Urania Milano, Reale Mutua Torino, Fortitudo Bologna e Assigeco Piacenza con i ducali addirittura in avvio primi assieme a Milano e Torino e con due punti in più rispetto ai più quotati bianconeri del capoluogo in virtù di un miglior score negli scontri diretti complessivi pur con un piazzamento inferiore al termine della regular season. Stranezze di un regolamento che sembra inventato dagli scienziati del Cern più che da una federazione sportiva, ma che comunque non ci esime dal fare il punto della situazione e su come arrivano a questo risutato le due compagini della provincia di Udine. Se per la Gesteco il girone blu che già vale il primo turno del play-off, frutto del quinto posto in calssifica al termine della prima fase, è da mandare in archivio con la giusta soddisfazione di essere andati ben oltre l'obiettivo di partenza - la salvezza - per la truppa di coach Finetti essere rimasti fuori dal girone delle prime tre classificate certo non è in linea con i pronostici e le aspettative della vigilia che vedevano la squadra udinese inserita in prima fila ai nastri di partenza da gran parte degli addetti ai lavori. Adesso però più che il tempo per analizzare i percorsi assai diversi di come le due squadre sono arrivate insieme fino ad oggi, è invece il momento di capire quali sono d'ora in avanti i punti di forza, di debolezza e gli obiettivi fino alla fine della stagione. Iniziamo con Udine. Nonostante il travagliato cammino fin qui compiuto - cambio della guida tecnica, inserimento di un senior assistant, taglio di giocatori chiave e inserimento di altri "top player", infortuni a raffica, sconfitte in tutti gli scontri diretti in casa e fuori con le prime tre della classe - l'obiettivo resta la promozione, anche se la strada sarà sicuramente in salita e necessiterà della maturazione rapida di un gruppo che solo nella ultima fase della regular season ha dato segni di ritrovata compattezza, nonchè della capacità di perfezionare un sistema di gioco capace di sfruttare al meglio l'indiscutibile talento diffuso dei singoli che compongono il roster. Se ciò accadrà, Udine sarà davvero un avversario che nessuno vorrà incontrare da metà maggio in poi. Per Cividale l'obiettivo invece è quello di continuare nel progetto che prevede la crescita importante di un gruppo "storico" già affiatato nei suoi elementi chiave e nella guida tecnica dopo da tre anni di successi e quindi di sfruttare in quest'ottica al meglio la grande opportunità che si sono regalati i ragazzi di Pillastrini, ora che l'asticella si alza decisamente. Punti di forza dei gialloblù sono senza dubbio la compattezza del gruppo, l'entusiasmo dell'ambiente, il fattore Via Perusini, l'esperienza e le capacità della guida tecnica e del suo staff unita alla mente libera di chi non deve ottenere risultati ad ogni costo ma solo "divertirsi". Dove in concreto arriverà la squadra del presidente Micalich è davvero difficile da pronosticare: l'ostacolo maggiore ad un cammino ancora esaltante in questa nuova fase della stagione, potrebbe venire oltre che dalla statura nuovi avversari, anche dall'eventuale appagamento per lo straordinario risultato già raggiunto, che non dovrebbe far gridare allo scandalo se via via facesse calare il furore agonistico che fin qui è stato degli ingredienti di base dei successi ducali, assieme al collaudato sistema di gioco. Ruolo decisivo assumerà anche l'apporto di Lucio Redivo, fin qui purtroppo limitato da un infortunio in allenamento: se il "gaucho" sarà pienamente recuperato e capace di esprimersi ai livelli fatti intravedere nelle partite contro Ferrara e Rimini, e se Rota e company avranno ancora voglia di stupire, anche Cividale potrebbe diventare un avversario da tenere alla larga per chi ambisce alla scalata al gradino più alto del podio di fine stagione. Tutto da seguire quindi l'andamento del girone blù che al termine potrebbe "regalare" a tutti i tifosi friulani un evento davvero memorabile: se gli "astri" si allineranno in un certo modo, potremmo trovarci a vivere ai quarti di finale un derby Udine-Cividale (o Cividale-Udine) al meglio delle 5 partite. Senza dubbio i rispettivi cassieri gradirebbero. Good Luck everybody!

venerdì 24 marzo 2023

NUOVO FAN CLUB PER LE AQUILE: MANZANO OMAGGIA STEFANO PILLASTRINI

Una festa, in perfetto stile Eagles, è stata l'inaugurazione del secondo, in ordine di tempo, fan club delle Aquile cividalesi sul territorio della Provincia di Udine: folto pubblico di supporters, dirigenti, tecnico, collaboratori, giocatori e addetti ai lavori tutti mescolati insieme all'interno e all'esterno del centrale Bar Roma in piazza Chiodi a scambiarsi complimenti, pronostici, battute in compagnia di pizza, pasta, vino, birra, torta finale e soprattutto con poca voglia di lasciare il convivio, nonostante la contemporaneità di una partita della nazionale di calcio. L'iniziativa manzanese, ideata e condotta dallo Chef e supertifoso gialloblù Kevin Gaddi, fa seguito a distanza di meno di un mese a quella di Povoletto, dove è sorto il primo fan club dedicato alle gesta della squadra ducale al di fuori di Cividale, dove la passione sportiva si è invece consolidata intorno ai gruppi "Passione Ducale" e "Brigata Rualis" e il tutto fa prevedere nuove e prossime "aperture" sul territorio friulano. I sostenitori di Manzano hanno voluto intitolare il loro Club al coach Stefano Pillastrini, uno dei pilastri su cui è stato costruito il progetto del Presidente Davide Micalich e del suo affiatato staff che tante soddisfazioni ha dato e stà dando a tutti gli appassionati di basket, non solo cividalesi; una scelta davvero azzeccata perchè, quale sarà la storia futura della società gialloblù il nome del tecnico emiliano resterà per sempre scritto nel suo libro d'oro. L'interessato, nel corso della serata, non ha nascosto la soddisfazione per l'attestato di stima ricevuto, dichiarando apertamente che dopo una non felice esperienza dal punto di vista dei rapporti personali e non dei risultati in quel di Reggio Emilia in massima serie e più di 30 anni di carriera spesi con risultati importanti a tutti i livelli, dalle giovanili all'Eurolega, passando per la serie B, l'A2 e la A in piazze storiche della pallacanestro italiana, ha trovato nel progetto Eagles gli stimoli e la situazione ideale per realizzare qualcosa che aveva sempre desiderato e che costituisce un unicum nel panorama nazionale per sportività, crescita dei giovani e unione d'intenti fra tutte le componenti: società, squadra, tifosi dove ognuno svolge con passione e competenza il ruolo che gli spetta senza ingerenze o invasioni di campo varie. E che non vuole smettere di sognare.

lunedì 20 marzo 2023

UN'OCCASIONE SFUMATA

Ieri sera in via Perusini l'occasione sfumata non è stata la vittoria contro l'ultima della classe, svanita come all'andata con una brutta gestione dell'ultimo possesso dopo una spettacolore rimonta nell'ultimo quarto che aveva portato i gialloblù di Cividale a recuperare 17 lunghezze ai pugliesi e addirttura mettere per due volte il naso avanti negli ultimi due minuti di gara; come ha detto al termine dell'incontro con evidente disappunto coach Pillastrini, l'opportunità scupata dai suoi ragazzi è stata quella di dimostrare di aver compiuto un ulteriore importante salto di qualità nel loro processo di crescita: ovvero quello di non farsi contaminare dalla sindrome da "pancia piena", che infetta spesso gli sportivi quando si devono cimentare in prove che non hanno valore per la classifica e per il perseguimento degli obiettivi, specialmente se affrontate dopo aver raggiunto risultati importanti contornati da svariate manifestazioni di apprezzamento e complimenti piovuti da ogni dove. Diversamente non si può spiegare come mai, in casa propria, abbiano subito 50 punti in due tempi da una compagine che all'andata era riuscita ad infilare nel canestro ducale 56 punti in 40 minuti, ricordandosi solo nell'ultimo periodo che una delle armi più affilate sulle quali si sono fondate le tante vittorie di questa brillante stagione per la neopromessa di Cividale è l'intensità difensiva e la sua feroce applicazione. Il coach ha espresso il concetto senza troppi giri di parole, affermando che la differenza tra chi vuole continuare a crescere e il mediocre nello sport è proprio questa: non avere mai la pancia piena; il Presidente Davide Micalich, allineandosi sul concetto con il tecnico, ha dichiarato di essere certo che per i suoi ragazzi si sia trattato di solo di "un infortunio fisiologico", un "peccato di gioventù" per un gruppo che fino a ieri non ha mai alzato il piede dall'acceleratore delle motivazioni e della voglia di stupire, ribadendo che nelle prossime fasi del torneo costituiranno un avversario molto pericoloso per tutti. Chi invece neppure ieri ha dimostrato di voler neanche per un attimo tirare il fiato all'entusiasmo e alla voglia di divertirsi è stato il pubblico, il quale ha riempito il palazzetto come fosse una partita di play-off, con un tifo da play-off, che ha avuto l'effetto di "svegliare" la squadra nell'ultimo periodo ed accompagnarla in una rimonta tutto orgoglio (e difesa) nella quale si è rivista tutta la pasta di cui sono fatti i Pilla Boys, con una menzione particolare per la straripante energia di Aristide Mouaha e di come questo gruppo non possa neanche prescindere dalla costanza e dalla "silenziosa" concretezza di Dalton Pepper, ieri per lunghi tratti in panchina. Alle quali vanno anche le attenuanti dell'assenza di Lucio Redivo e delle percentuali dall'arco stile NBA dei pugliesi per tre quarti di gara.

domenica 19 marzo 2023

LA RIMONTA SFUMA NEL FINALE E SAN SEVERO VINCE 83-85

L’ultima partita casalinga della regular season serviva sia alla Gesteco che all’Allianz San Severo come test per mettere a punto ed oliare i meccanismi in vista della prossima fase del torneo che già alla vigilia del match vedeva i friulani inseriti nel girone blu per la classificazione nei play-promozione mentre i pugliesi incasellati nella poule salvezza per evitare la serie B. Se per San Severo l’occasione era buona per accogliere il nuovo arrivato Mihajlo Jerkovic da Ferrara, i cividalesi erano invece privi di Lucio Redivo, costretto a guardare i compagni dalla panchina in seguito ad un infortunio patito in settimana durante gli allenamenti, ma comunque determinati a cancellare la bruciante sconfitta patita in Puglia all’andata per 55-53. La sfida alla fine ha premiato i pugliesi, capaci di piazzare per tre quarti di gara percentuali stellari da tre punti e poi resistere da un’ultima frazione tutta orgoglio con cui le Aquile hanno sfiorato la vittoria finale. Si parte con Rota, Mouaha, Pepper, Battistini e Miani da una parte e Raivio, Fabi, Bogliardi, Lupusor e Daniel dall’altra con Battistini a ripagare la fiducia subito con la bomba del 3-0 e poi con il piazzato del 5-3 a 7’50” in un avvio molto equilibrato e caratterizzato da tanti errori al tiro su entrambe in fronti (7-6 a 5’26”). Nella seconda parte della frazione gli ospiti, sospinti da un Sabatino autore da tra triple consecutive, reggono il ritmo trovando percentuali importanti dall’arco (6/11) e chiudono avanti 18-20. La musica non cambia nel secondo parziale con i pugliesi avanti di 8 punti (24-36) dopo due triple di Raivio (6’18”) e nell’ultimo minuto respingono anche la paziente opera di riavvicinamento dei ducali, andando a riposo sul + 12 (30-50) con il notevole score di 12/20 dall’arco. Nel terzo quarto Cividale, spronata da Pepper, cerca di rimettere in careggiata l’incontro ma le percentuali dei pugliesi dalla lunga, salite nel frattempo a 17/27 non danno spazio al tentativo di rimonta e la penultima sirena suona con il tabellone fermo sul 57-74 per gli ospiti. All’inizio dell’ultimo periodo Cividale prova ad alzare subito l’intensità difensiva e con il sostegno del pubblico riduce a 65-74 il parziale a 6’40” e si porta sul meno 6 (72-78) a 3’36” dalla sirena finale grazie ad una tripla di Cassese che infiamma il Palazzetto e costringe coach Pillot a chiamare minuto per fermare l’inerzia. Al rientro però Rota firma la tripla del 75-78, poi Pepper completa la rimonta con la bomba del 78-78 a 2’22” e poi Mouaha dà il prima vantaggio sul 81-79 e poi sul 83-81 a 55”. Nell’ultimo giro di lancette il ferro ributta fuori una tripla di Rota e poi in un azione confusa sotto il canestro ducale San Severo mette ancora la freccia (83-85) a 20” con Cividale che non riesce a costruire l’ultimo tiro e portare a casa una vittoria che avrebbe avuto il sapore dell’impresa. UEB GESTECO CIVIDALE – ALLIANZ PAZIENZA SAN SEVERO 83 - 85 (18-20, 38-50, 57-74) UEB GESTECO CIVIDALE Redivo n.e., Miani 8, Cassese 7, Rota (k) 11, Mouaha 17, Furin 6, Battistini 7, Balde n.e., Pepper 18, Barel n.e., Dell’Agnello 7, Micalich 2. Allenatore: Stefano Pillastrini Vice: Federico Vecchi e Alessandro Zamparini Tiri liberi 8/9, Tiri da due 24/43, Tiri da tre 9/28, Rimbalzi 36 (24 dif. 12 off.) ALLIANZ PAZIENZA SAN SEVERO Tortù 15, Lupusor 3, Sabatino 11, Ly-Lee, Fabi 14, Bogliardi 13, Jerkovic 5, Daniel 12, Petrushevski, Raivio 12. Allenatore: Damiano Pillot Vice: Nicolas Panizza, Edoardo Rabbolini Tiri liberi 8/9, Tiri da due 13/39, Tiri da tre 17/27, Rimbalzi 42 (26 dif. 16 off.) Arbitri: Daniele Foti, Jacopo Pazzaglia, Umberto Tallon Spettatori

martedì 14 marzo 2023

BACHECA (MISERA DI TROFEI E RICCA DI BALDORIA)

“Il palmares dei bianconeri (La Juventus) sarà forse ricco di trofei, ma in quanto a baldoria, lì sono veramente pessimi! Bisognava giocare, vincere e basta! Ogni tanto avevo l’impressione di andare al lavoro in fabbrica.” ammise qualche anno fa Zbigniew Boniek. L’impressione del polacco di certo non riguarda i primi bianconeri d’Italia che, sicuramente, hanno avuto più occasioni per fare baldoria che di mettere trofei in bacheca nella loro più che centenaria storia. Questo è un po’ il cruccio dei pazienti e appassionati tifosi friulani che nonostante ben 57 partecipazioni al massimo campionato nazionale (50 di serie A, 2 di Prima divisione e 5 di Prima categoria tra il 1913/14 e il 2022/23) non sono mai riusciti a cogliere un alloro da appuntare sullo stendardo. I migliori piazzamenti sono stati il secondo posto del campionato di serie A 1954/55, poi declassato all’ultimo per delibera del CAF in seguito ad un illecito sportivo di alcune stagioni prima, due terzi posti (1997/98 e 2011/12) e tre quarti posti (1955/56, 2004/2005, 2010/11). Non molto meglio le partecipazioni alla Coppa Italia, dove si perse la possibilità di essere la prima società a conquistare il trofeo nel 1922, perdendo per 1-0 nei tempi supplementari la finale contro il Vado Ligure. Di seguito i migliori risultati sono state le 5 semifinali perse contro il Parma (2000/01), la Roma (2004/05, 2009/10) l’Inter (2005/06) e la Fiorentina (2013/14). Particolarmente bruciante la sconfitta contro la Roma del 2004/05, quando ai bianconeri di Spalletti quarti in campionato e qualificati ai preliminari di Champions League sarebbe bastato uno 0-0 nella gara di ritorno al Friuli contro i giallorossi che navigavano addirittura in zona retrocessione; Totti e compagni invece s’imposero per 2-1 e guadagnarono la finale contro l’Inter. Per cui, nelle competizioni nazionali, l’Udinese si deve accontentare di iscrivere nel proprio palmares la vittoria dei campionati di serie B 1955/56, 1978/79 e la Coppa Italia Semi-professionisti 1977/78. A livello interregionale invece ci sono le vittori dei gironi di Serie C 1977/78 e 1948/49, mentre le rappresentative giovanili hanno conquistato il tricolore “Primavera” nel 1980/81 e la Coppa Italia 1992/93 e la Coppa Italia di serie B nel 1963/64. Sul piano internazionale ci sono ben 3 partecipazioni alla UEFA Champions League, 11 tra UEFA e UEFA Europa League e 1 alla coppa Intertoto. Qui la bacheca s’arrichisce della vittoria della Coppa Intertoto nel 2000, battendo in finale i cechi del Sigma Olomouc (2-2, 4-2 dts) e poi i migliori piazzamenti risultano un passaggio alla fase a gironi della Champions 2005/06, avendo superato nel preliminare i campioni portoghesi dello Sporting Lisbona (1-0, 3-2) e i quarti di finale della coppa UEFA 2008/2009, quando i friulani furono eliminati dal Werder Brema (1-3, 3-3) nel doppio confronto, dopo aver eliminato Borussia Dortmund, Tottenham, Spartak Mosca, Dinamo Zagabria, Arnhem, Lech Poznan e Zenit San Pietroburgo. Sempre sul piano internazionale, ma in competizioni riservate a squadre semi-pro oppure vincitrici del torneo di secondo livello, i bianconeri hanno iscritto il loro nome nell’albo d’oro della MITROPA Cup (1979/80) e del Torneo Anglo-Italiano (1977/78). Nonostante le poche occasioni per festeggiare la vincita di qualche competizione rispetto ai bianconeri torinesi, i tifosi di quelli friulani, come ci suggerisce Boniek, hanno comunque fatto baldoria ogni fine partita… o quasi. Spesso con un buon bicchiere di vino, pane e salame.

UDINESE 1954/55: LO SCUDETTO SFIORATO CON "RAGGIO DI LUNA"

“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione.” - disse Nelson Mandela. Se è vero, come è vero, quanto sostenne Nelson Mandela qui sopra citato, il calcio durante la primavera 1955 fece sognare un’intera regione, dando entusiasmo, speranza e slancio agli abitanti di una terra di confine pesantemente segnata dall’essere stata un tragico “palcoscenico” per ben due guerre mondiale, di cui l’ultima terminata nel 1945 aveva lasciato in eredità profonde lacerazioni, divisioni e devastazioni ancora ben presenti e visibili, oltre che la presenza di 2/3 dell’esercito italiano a difesa di confini ancora fragili. Basti pensare che Trieste, era rientrata a pieno titolo sotto l’amministrazione italiana solamente qualche mese prima, nell’ottobre del 1954, a seguito del Memorandum di Londra firmato da Italia e Jugoslavia, status sancito in via definitiva addirittura nel 1975 con il Trattato di Osimo. In un contesto economico-sociale di grande fermento e che stava preparando il “miracolo italiano” del boom economico del decennio seguente, il calcio stava acquisendo una popolarità straordinaria svolgendo un’importantissima funzione di coesione nazionale, favorito dal fenomeno di crescente urbanizzazione legata all’industrializzazione che iniziava a trasformare la società italiana del dopoguerra. Nel panorama delineato gli squadroni delle metropoli del Nord, il trittico Juventus, Inter e MIlan, negli anni ’50 come oggi dominavano la scena grazie ai capitali che i vari “cumenda” e la famiglia Agnelli incominciavano a far circolare nel pianeta “calcio”, anche se ogni tanto qualche squadra dalla provincia spuntava dall’anonimato per tentare scompaginare i piani. Nel torneo 1954/55 fu l’Udinese presieduta dall’industriale friulano del legno Dino Bruseschi (Palmanova UD 12 marzo 1921 – Udine 13 novembre 1997) e guidata in panchina dall’allenatore Giuseppe Bigogno (Albizzate VA 22 luglio 1909- Firenze 22 giugno1978) a sorprendere tutti e a far innamorare di sé i tanti tifosi della penisola di fede diversa da quella nerazzurra, rossonera o juventina, costringendo il Milan di Nordahl, Liedholm, Schiaffino Cesare Maldini e Lorenzo Buffon a battagliare fino alla penultima giornata per prevalere sui friulani e conquistare il loro quinto scudetto, dopo che i rossoneri allenati da Hector Puricelli avevano perso in un’epica e rocambolesca partita il primo maggio 1955 per 3-2 contro l’Udinese allo stadio Moretti, quando mancavano 5 giornate alla fine. Impresa incredibile quella compiuta dai bianconeri friulani, giunti infine secondi con 44 punti dietro ai 48 del Milan, considerando anche che l’anno prima erano arrivati addirittura16mi, occupando l’ultimo posto utile per evitare la retrocessione in serie B; un risultato che, nonostante quello che si dirà più avanti, rappresenta ancor oggi il miglior piazzamento di tutta la storia pluricentenaria del club udinese davanti ai terzi posti ottenuti con le panchine di Zaccheroni (1997/98) e Guidolin (2011/12). Il ruolino di marcia di quella stagione registrò 16 vittorie, 12 pareggi e 6 sconfitte con 58 gol all’attivo e 42 subiti e fa venire i brividi ai polsi il pensiero che tutte le 6 sconfitte furono patite nelle prime 11 giornate di campionato e di cui 3 nelle prime 3. (0-2 dall’Inter alla prima, 3-1 a Napoli nella seconda, 5-0 a Catania nella terza, 3-1 a Firenze alla settima, 0-1 dalla Juventus alla decima e 2-0 a Genova, sponda Samp all’undicesima). Altro doppio rimpianto di quell’annata fuori dall’ordinario furono i punti persi con i “cugini” della Triestina, dodicesimi a fine torneo, che imposero ai friulani due pareggi, 0-0 ed 1-1, nel derby regionale. Alla fine del girone d’andata i friulani erano ottavi con 18 punti dietro a Milan (28) Bologna (24) Roma (22) Fiorentina (22) Inter, Juventus e Torino tutte a 19 punti mentre nel girone di ritorno, senza sconfitte, furono protagonisti di un’incredibile rimonta facendo più punti di tutti: ben 26 sui 34 disponibili ed il centravanti Bettini si piazzò secondo con 20 reti nella classifica marcatori dietro lo svedese Nordhal (26centri). Ma il grande protagonista di quell’epopea fu il centrocampista Arne Selmosson (Goetene 1931 – Stoccolma 2002), soprannominato “Raggio di Luna” sia per la chioma biondissima, quasi bianca che per la grande visione di gioco e l’abilità nell’ultimo passaggio; lo svedese, acquistato dall’Udinese nel 1952 era stato inattivo per un anno, visto il divieto emesso addirittura dalla Presidenza del Consiglio per l’acquisto di giocatori stranieri – qualcosa di familiare ripensando all’arrivo contrastato di Zico nel 1983 – per poi finalmente mostrare tutto il suo talento nella magica stagione 1954/55, conclusa giocando tutte le 34 partite e mettendo a segno 14 reti, l’ultima nel 3-1 casalingo all’Atalanta nel match che chiudeva il campionato. Al termine della stagione fu ceduto alla Lazio dove rimase per tre stagioni (101 presenze e 31 reti) per poi varcare la sponda del Tevere ed accasarsi per due annate alla Roma (87 presenze 30 reti) per l’astronomica cifra – per i tempi – di 135 milioni di lire. nel 1961 ritornò all’Udinese e chiuse la carriera dopo due campionati di A e uno di B, inanellando 73 gettoni e 18 marcature, partecipando al declino del Club che l’aveva lanciato. A testimonianza della grande popolarità che godette Selmosson dopo quell’incredibile stagione in maglia bianconera, si pensi che due dei più grandi autori del teatro di rivista di quell’epoca, Garinei e Giovannini, diedero alle scene una commedia intitolata: “La padrona di Raggio di Luna”, interpretata allora da Delia Scala. Purtroppo quella grande impresa sportiva, che portò una piccola squadra di provincia a sfiorare lo scudetto, non trova traccia nella classifica ufficiale perché conclusa la stagione e alla soglie della seguente, il primo settembre 1955 la CAF condannò l’Udinese alla retrocessione per un presunto illecito sportivo compiuto il 31 maggio 1953, ultima giornata del campionato di due anni prima. L’amarezza per tutto l’ambiente fu grande, ma il club friulano non si perse d’animo e, prima vinse il campionato di serie B 1955/56 e poi si piazzò al quarto posto di quello di serie A 1956/57. Con il senno di poi, meno male che fu “solo” secondo posto, altrimenti vincere uno scudetto e vederselo soffiare ex-post sarebbe stato troppo anche per la dura scorza del popolo friulano. Passi quello non riconosciuto del 1896, ma la revoca di questo sarebbe stato un altro terremoto. Poi seguirono 4 campionati di salvezze sofferte con rose che ogni anno venivano depauperate dei migliori elementi per necessità di bilancio, prima dell’ultimo posto nel campionato 1961/62 con retrocessione prima in B e poi in serie C, dove iniziò un lungo peregrinare nei gironi infernali della terza serie fino alla resurrezione di fine anni ’70. Di seguito la classifica finale del magico torneo 1954/55 e i protagonisti dell’insuperata impresa bianconera. Nella classifica, tra parentesi, i risultati ottenuti dall’Udinese contro l’avversaria. Milan 48 (2-2, 3-2) Udinese 44 Retrocessa in serie B per delibera della CAF Roma 41 (1-1, 1-0) Bologna 40 (2-1, 4-2) Fiorentina 39 (1-3, 2-1) Napoli 38 (1-3, 3-0) Juventus 37 (0-1, 1-1) Inter 36 (0-2, 2-2) Sampdoria 34 (0-2, 2-1) Torino 34 (3-0, 1-1) Genoa 31 (3-0, 1-1) Catania 30 (0-5, 1-0) Retrocesso in serie B per delibera della CAF Lazio 30 (2-0, 1-1) Triestina 30 (0-0, 1-1) Atalanta 28 (2-0, 3-1) Novara 28 (1-0, 3-3) Spal 23 (3-0, 4-1) Pro Patria (2-2, 2-2) Udinese 1954/55 Allenatore Giuseppe Bigogno Romano P (34, -42), Degl’Innocenti D (34, 0), Azimonti D (22, 0), Zorzi D (17, 0), Morelli D (4,0), Travagini D (3, 0), Sant D (2, 0), Magli C (26, 0), Pinardi C (22, 5), Snidero C (31, 1), Ardit C (1, 0), Selmosson C/A (34, 14), Menegotti C (31, 5), Perissinotto C (15, 1) Szoke C (12, 0), La Forgia A (30, 5), Castaldo A (26, 6), Bettini (31, 20).

MITROPA CUP 1979/80

"Il calcio italiano mette a segno un filotto incredibile! Vince la coppa UEFA con la Juventus, finalista la Fiorentina, la Coppa delle Coppe con la Sampdoria, la Coppa dei Campioni con il MIlan e, già che c’era, ha vinto anche la Mitropa Cup con il Bari!" Così chiosava Bruno Pizzul, 23 maggio 1990, Vienna, al termine di Milan-Benfica 1-0, finale di Coppa dei Campioni. Il 9 aprile 1980, con una retrocessione sul campo praticamente già acquisita, con una doppietta del bomber di Nerio Ulivieri, l’Udinese guidata dal tecnico Dino D’Alessi da poco subentrato a Corrado Orrico, sconfisse gli ungheresi del Debrecen in uno stadio Friuli deserto e mise nella sua “misera” bacheca una coppa europea tra l’indifferenza generale, tifosi compresi. Il motivo è semplice: si trattava di una coppa che da quell’anno veniva contesa tra le vincitrici del campionato di seconda serie dell’anno precedente nelle nazioni dell’area danubiana-mitteleuropea, area che in quel periodo era priva di appeal internazionale, anche per il fatto di far parte del sistema socialista di oltrecortina, sistema politico-sociale che non prevedeva il professionismo nello sport. Pochi sapevano che in realtà quella coppa era carica di storia e di antico prestigio, essendo stato il primo torneo europeo per squadre di club. Di seguito riporto il tabellino della stagione 1979/80 e poi cercherò di soddisfare i più curiosi fornendo alcune note sulla storia di questa manifestazione che ha “chiuso i battenti” nel 1991. Partecipanti: Rudá Hvězda Cheb (1º campionato di Cecoslovacchia 2. liga gruppo A 1978-79), Udinese (1º campionato d’Italia serie B 1978-79) Čelik Zenica (1º campionato di Jugoslavia Druga Liga Girone Ovest 1978-79) Debreceni VSC (1º campionato d’Ungheria Nemzeti Bajnokság II 1978-79) Gare giocate il 19 settembre Udinese - Rudá Hvězda Cheb 3–2; Čelik Zenica - Debreceni VSC 2–0 Gare giocate il 3 ottobre Rudá Hvězda Cheb - Debreceni VSC 2–1; Udinese - Čelik Zenica 0-0; Gare giocate il 24 ottobre Debreceni VSC - Udinese 0–0; Čelik Zenica - Rudá Hvězda Cheb 3–1 Gare giocate il 7 novembre Rudá Hvězda Cheb - Udinese 2–0; Debreceni VSC-Čelik Zenica 0–0 Gare giocate il 19 marzo Čelik Zenica - Udinese 2–3; Debreceni VSC - Rudá Hvězda Cheb 2–1 Gare giocate il 9 aprile Udinese - Debreceni VSC 2–0; Rudá Hvězda Cheb - Čelik Zenica 2–1 Classifica finale Udinese 8, Čelik Zenica 6, Rudá Hvězda Cheb 6, Debreceni VSC 4. Capocannoniere con 4 reti Nerio Ulivieri (Udinese) Tutti gli appassionati del gioco del calcio, gli addetti ai lavori ed anche i profani sanno come oggi la massima competizione europea tra squadre di club sia la Champions League, anche se molti e tra questi chi vi scrive, continuano a chiamarla Coppa dei Campioni, ovvero con la denominazione che questo Torneo, riservato esclusivamente alle migliori squadre di ciascuna nazione d’Europa, aveva mantenuto dalla sua prima edizione disputata nel 1955 sino al 1992. Altrettanto è noto come il più importante torneo calcistico internazionale per squadre nazionali sia la Coppa del Mondo e che dalla prima edizione organizzata nel 1930 sino al 1970 questa manifestazione fosse denominata Coppa Rimet, in onore del suo ideatore il francese Jules Rimet. La conoscenza diffusa di queste “curiosità” sportive dipende dalla grande popolarità che il gioco del calcio ha avuto ininterrottamente in Europa dalla sua comparsa, risalente agli anni che vanno a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, ad oggi. Questa popolarità è via via cresciuta esponenzialmente un po’ in tutti gli angoli del pianeta a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, parallelamente alla diffusione dei sistemi di comunicazione di massa ed in modo particolare della radio prima e della televisione poi. Tale enorme popolarità ha fatto si che oggi questi eventi e le competizioni calcistiche in genere, abbiano perso la connotazione sportiva che li aveva caratterizzati sino alla fine degli anni ’90, per diventare principalmente un business miliardario (anche in Euro e non solo in vecchio conio), in cui gran parte dei lauti proventi sono appannaggio di un ristretto numero di operatori economici e di sedicenti sportivi… ma questa è un’altra vicenda. Pochi invece sanno che il primo torneo internazionale della storia calcistica è stato la Mitropa Cup, la cui prima edizione ebbe luogo nel 1927 e sicuramente il numero di coloro che conoscono quali siano state le ragioni che hanno portato alla nascita di questa competizione è ancora minore. L’idea di organizzare una manifestazione internazionale permanente tra squadre di club fu dell’austriaco Hugo Meisl, un ex arbitro di passaporto austriaco ma moravo di nascita ed ebreo d’origine, che propose alle federazioni calcistiche dei neonati stati nazionali sorti dalla dissoluzione dell’Austria-Ungheria dopo la fine del primo conflitto mondiale, di permettere la continuazione degli incontri di calcio e delle relazioni tra i clubs delle città che sino a poco tempo prima si sfidavano regolarmente e con grande seguito, anche in considerazione del fatto che all’epoca, l’area danubiana era in Europa probabilmente la più “evoluta” in campo calcistico. A questo proposito giova ricordare che, sempre all’ appassionata opera di Hugo Meisl, la prima nazione europea ad introdurre il professionismo nel gioco del calcio fu l’Austria nel 1924, seguita poi dalla Cecoslovacchia nel 1925 e dall’Ungheria nel 1926.Il 17 luglio 1927 almeno nello sport, gli effetti e le clausole di Saint-Germain vennero completamente annullate, quando a Venezia fu formalmente deciso di organizzare annualmente un Torneo calcistico fra le migliori squadre delle federazioni calcistiche di Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Jugoslavia e con efficienza ed affidabilità “absburgica” già un mese e mezzo dopo, il 14 agosto 1927 i giocatori boemi dello Sparta Praha sollevarono per la prima volta il trofeo, avendo largamente sconfitto nella finale per 6-2 gli austriaci del Rapid Wien. La manifestazione, che vide già nel 1929 l’allargamento della partecipazione anche ai migliori club italiani, rappresentò il più importante e prestigioso trofeo calcistico europeo per squadre di club e venne disputata ininterrottamente ogni anno sino al 1940, quando fu sospesa per motivi bellici. Il torneo fu ripreso nel 1955 e disputato ogni anno fino al 1978 perdendo progressivamente importanza, in relazione alla nascita della Coppa dei Campioni e di altre manifestazioni che contemplavano la partecipazione di club provenienti da tutta Europa, nonché dalla crisi di risultati che colpì i paesi dell’area danubiana a partire dagli anni 70’.Dal 1980 al 1992 la manifestazione fu riservata alle squadre vincenti i campionati di seconda divisione delle federazioni di Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Italia: la Mitropa Cup, quella che fu la Champions League degli anni 30’, era diventata definitivamente una coppa di serie “B”, una materia per pochi cultori di curiosità calcistiche. Se la dissoluzione dell’Impero Asburgico era stata la molla che aveva spinto gli organizzatori a creare la prima competizione calcistica internazionale negli anni 20’, la disintegrazione della Jugoslavia, la separazione tra cechi e slovacchi, nonché le turbolenze economico-sociali nell’Est Europa immediatamente successivi alla dissoluzione di un altro Impero, quello sovietico, decretarono nell’indifferenza generale, la fine della Mitropa Cup. Gli ultimi ad aggiudicarsi il piu’ antico trofeo calcistico internazionale europeo furono, nel maggio del 1992, allo stadio Zaccheria di Foggia davanti a spalti deserti, gli ex-jugoslavi (dati i tempi) del Borac Banja Luka, che nella finale sconfissero per 5-3, dopo i calci di rigore, gli ungheresi del VSC Budapest. Per gli amanti delle statistiche, nelle 49 edizioni disputate, 16 volte la vittoria arrise a squadre ungheresi, 11 volte a clubs italiani, 8 volte a compagini cecoslovacche e 7 volte a testa ad team austriaci e jugoslavi, mentre il club che si aggiudicò piu’ volte la manifestazione fu il Vasas Budapest, capace di vincere 6 edizioni (1956, 1957, 1959, 1965, 1970, 1983); per quanto riguarda la partecipazione delle squadre italiane, queste hanno fatto la parte del leone solamente negli anni in cui il torneo stava “agonizzando”: ben 7 degli 11 successi complessivi sono stati ottenuti nelle ultime 12 edizioni, ovvero quelle riservate a squadre di seconda divisione. In ogni caso, le squadre di “casa nostra” che possono vantare nella loro bacheca la Mitropa Cup sono: il Bologna, vincitore di tre edizioni (1932, 1934, 1961), il Pisa, vittorioso nei tornei 1986 e 1988 ed infine, con un successo ciascuno, la Fiorentina (1966), l’Udinese (1980), il Milan (1982), l’Ascoli (1987), il Bari (1990) ed il Torino (1991).

LA SUPERLEGA DEL 1896

Nel giorno in cui i club più danarosi d’Europa avevano deciso di fondare e gestirsi una loro Lega fuori dalle federazioni internazionali ufficiali dell’UEFA e della FIFA, per contrappasso andai con la memoria agli albori del calcio nel nostro paese. Quando neppure le regole erano molto precise e non esisteva ancora la F.I.G.C., la federazione italiana giuoco calcio; sembra che all’epoca i falli venissero decisi dai due capitani e che l’arbitro intervenisse solamente nei casi più gravi, ovvero quando i disaccordi erano insanabili e che le partite si concludessero quando una delle due squadre aveva maturato due gol di vantaggio. Ebbene, il primo torneo nazionale di questo calcio primordiale venne disputato a Treviso dal 6 all’ 8 settembre 1896, organizzato dalla Federazione Ginnastica d’Italia assieme alle gare di Ginnastica, Scherma e altre discipline sportive come l’atletica ed il tennis. Alla competizione partecipava anche la Società Udinese di Ginnastica e Scherma, la cui sezione calcistica formata da studenti diciasettenni delle scuole tecniche udinesi guidati dal Maestro Antonio Dal Dan, autore di una doppietta in finale, vinse la manifestazione battendo prima i padroni di casa dell’Istituto Turazza di Treviso per 2-0 (altre fonti riportano 3-1) e poi in finale il Ferrara per 2-0. Il primo “scudetto” della storia fu rappresentato da un gonfalone in seta bordato oro che portava la seguente dicitura: ” Pri­ma gara nazionale di giuochi gin­nasti – campionato nel giuoco del calcio (Foot Ball)”; la sua storia fu alquanto sfortunata perchè oltre a non essere mai riconosciuto dalla Federazione Italiana Gioco Calcio che fu fondata 2 anni dopo, fu persino trafugato dalle truppe austro-ungariche che calarono su Udine nei giorni immediatamente successivi alla rotta di Caporetto del 24 ottobre 1917, facendo perdere per sempre le sue tracce. Vani sono sempre risultati i diversi tentativi messi in atto negl’anni per rendere “giustizia” all’evento e dare lustro alla bacheca dell’attuale Udinese Calcio del primo tricolore nazionale, ma in compenso hanno fatto decretare dalla FIGC quale data ufficiale di fondazione del Club il 30 novembre 1896, rendendola così la seconda squadra d’Italia per anzianità dopo il Genoa Cricket and Football Club 1893. E quindi ad essere i primi bianconeri d’Italia, alla faccia della Juventus F.C. Ad onor del vero se da un lato la Società Udinese di Ginnastica e Scherma era stata fondata nel 1889 e già nel settembre 1895 la sezione calcistica si era esibita innanzi al Re Umberto I e alla Regina Margherita al Velodromo “Salario” di Roma in un incontro amichevole contro la Società Rodigina di Ginnastica Unione e Forza (Altre fonti indicano Virtus Bologna) negli anni successivi alla vittoria del “primo tricolore” l’attività ufficiale fu assolutamente episodica tanto che l’affiliazione alla FIGC avvenne solo il 5 luglio 1911, assumendo la denominazione di Associazione Calcio Udinese. A beneficio dei posteri ecco gli undici e primi “campioni d’Italia” del 1896: Bissantini, Chiussi, Kosnapfel, Pellegrini, Milanopulo, Del Negro, Plateo, Spivach, Dal Dan, Tam, Tolu. Si noti che Tam che vinse anche le gare di corsa e tennis.

UN DERBY AMMUFFITO

"Per i tifosi di pallone il calcio è più di uno sport, lo vivono in maniera più intensa, sembra più una religione", disse un giorno Kobe Bryant. Chissà cosa avrebbe pensato il povero Kobe se il ragionamento l’avesse portato a chiosare su come i tifosi del calcio vivono i derby: probabilmente, a ragione, si sarebbe spinto alla ricerca di termini come “fanatismo rafforzato” o sinonimi di “follia senza controllo”. A questi concetti non sfuggono neppure i sostenitori di Udinese e Triestina che, tutto sommato considerati tra i più miti della penisola, perdono tutto il contegno e raggiungono vette di follia assolutamente in grado di competere con le tifoserie più torride d’Italia quando va di scena il derby tra Udine e Trieste. A ben vedere la valutazione necessiterebbe di una revisione sul campo, perché a livello di competizioni ufficiali la sfida tra bianconeri e rosso-alabardati manca dall’estate del 1991, quando il 24 agosto allo stadio Grezar di Trieste le due formazioni conclusero sull’ 1-1 la gara di ritorno del primo turno della Coppa Italia 1991/92 con i gol di Nappi al 66′ per i friulani e di Romano su rigore al 90′ per la Triestina; per la storia, il turno fu superato dall’Udinese in virtù del 3-1 ottenuto tre giorni prima allo stadio Friuli grazie alle reti di Balbo su rigore al 45’+1′ e di Mandorlini (49′) e Dell’Anno (52′) nella ripresa, dopo l’iniziale vantaggio triestino siglato da Romano al 45′. L’ultima sfida in campionato risale invece al 2 giugno 1991 per la penultima giornata della serie B 1990/91, quando al Friuli Udinese e Triestina impattarono sull’1-1 dopo i gol di Mattei per i bianconeri nel primo tempo ed il pareggio del capitano triestino Cerone a 5 minuti dalla fine. Un pareggio inutile per entrambe le compagini, con i friulani estromessi dalla lotta per la promozione in serie A e i “cugini” retrocessi addirittura in serie C. Se poi dobbiamo riferirci alle sfide nella massima serie, la macchina del tempo deve caricarsi un bel po’, prima di ritornare all’ultimo incontro disputato nientemeno che allo stadio Moretti di Udine il 15 marzo 1959 e terminato ancora senza vinti e vincitori con un modesto 0-0; anche in questa occasione il torneo finì male per i rosso-alabardati, retrocessi in serie B e mai più ritornati in serie A. Sono trascorsi quindi ben più di 30 anni senza il derby regionale, ma siamo sicuri che il giorno in cui si dovesse mai ripresentare l’occasione, la rivalità sarebbe ancora “degna di nota”, perché il desiderio di infliggere una batosta al tifoso avversario non si basa su ragioni sportive significative e consolidate, ormai risalenti a mezzo secolo fa, ma affonda le sue ragioni nella diversa storia del Friuli e della città giuliana e nelle differenze socio-culturali che tutt’oggi esistono, nonostante alcuni decenni di globalizzazione e di mutamento violento della carta geo-politica dell’Europa. La rivalità si è esasperata nel secondo dopoguerra, quando la capitale della neonata Regione Friuli-Venezia Giulia (creata rigorosamente con il trattino, tolto solo con Legge Regionale proposta dell’amministrazione Illy dopo il 2003) fu istituita a Trieste, rientrata a pieno titolo per il diritto internazionale sotto la sovranità italiana solo con il trattato di Osimo del 1975. Genti troppo diverse i friulani e i triestini per “andare d’accordo”: forgiati nei secoli da dominazioni straniere, stanziali, indissolubilmente legati alla terra che richiede duri sacrifici per dare frutti i primi mentre i secondi gente di mare dalle spiccate attitudini mercantili e abituata a vivere tra mille etnie i secondi, che conobbe ricchezze e fasti sconosciuti tutt'oggi nel territorio friulano, durante il lungo periodo in cui Trieste era il porto di un Impero, quello di Francesco Giuseppe. Per cui lo stereotipo del triestino fancazzista, inaffidabile, solo dedito al divertimento a spese altrui è ancora ben radicato nel pensiero friulano, al di là del politicamente corretto, così come la visione del Friuli popolato da contadini tendenzialmente ignoranti, dediti solo alla cura del proprio orticello, di scarsi orizzonti culturali e incapaci di riconoscere ciò che di meglio possa offrire la vita è idea altrettanto viva nello spirito dalle parti di Barcola, in Piazza Unità e sulle Rive. Lo strapotere calcistico udinese iniziato negli anni ’80 del secolo scorso grazie all’arrivo nella proprietà della società calcistica della Zanussi prima e della famiglia Pozzo poi, a cui hanno fatto da contro altare diversi fallimenti societari e il navigare a stento tra la serie D (diverse volte) la C (quasi sempre) e la B (di rado) sulle sponde dell’Adriatico, ha di fatto reso il calcio un terreno su cui non aveva più senso sfogare la “pancia” della reciproca antipatia che invece ha trovato un po’ di terreno più fertile nel basket, dove invece i giuliani si sono fatti preferire quanto a prestigio e risultati rispetto ai rivali friulani.

L'UDINESE DEL TRIPLETE

I nuovi inizi sono spesso mascherati da finali dolorosi, sentenziava Lao Tzu. Correva l’estate 1977 e l’Udinese, con tutto il Friuli, sembrava caduta in una crisi senza fine. La squadra, che aveva riscosso simpatia in tutta l’Italia calcistica per le brillanti stagioni disputate in serie A durante gli anni ’50, era retrocessa prima in serie B nel 1961/62, poi nel 1963/64 negli inferi della serie C (al tempo la serie C contava 3 gironi e venivano promosse in B solo le prime classificate di ogni girone a 20 squadre!) e da allora non era mai più riuscita a risalire la china, nonostante sfiorasse ripetutamente la promozione, mentre il Friuli intero era ancora sotto shock per il violento terremoto del 6 maggio 1976 e alle prese con la tremenda sfida di ricostruire un tessuto economico-sociale fatto a pezzi dal sisma. L’ennesimo tentativo di tornare in serie B era sfumato nel maggio 1977, con un altro secondo posto alle spalle della Cremonese quando il neo Presidente Teofilo Sanson, già sponsor nel Rugby e nel ciclismo e “Re dei gelati”, che aveva raccolto il testimone da Pietro Brunello l’8 giugno 1976 giorno in cui l’Associazione Calcio Udinese divenne Udinese Calcio società per azioni , sostituì alla guida tecnica Livio Fongaro con Massimo Giacomini. Massimo Giacomini, udinese purosangue e già giocatore dell’Udinese a fine carriera dopo aver militato a lungo in serie A nelle file del Milan, raccolse il testimone e con pochi, ma importanti ritocchi alla rosa, mise insieme un gruppo che fu capace di compiere l’impresa “impossibile” e straordinaria di riportare in due anni Udine e tutto il Friuli in serie A, aggiornando quel patrimonio di simpatia che si perso nel tempo anche grazie ai risultati strabilianti e ad un innovativo modulo di gioco per quegli anni. Nella stagione 1977/78 i friulani vinsero il girone A di serie C con 8 punti di vantaggio sulla seconda, lo Juniorcasale, dominandolo dall’inizio alla fine con uno score di 22 vittorie 14 pareggi e 2 sole sconfitte, 57 gol fatti e 17 soli subiti. La promozione fu matematica a tre giornate dalla fine, il 28 maggio 1978 quando in uno Stadio Friuli stracolmo con 18.000 spettatori, le reti di Ulivieri e De Bernardi mandarono al tappeto la Pro-Vercelli. Ma non finì lì: i bianconeri si aggiudicarono anche la Coppa Italia semi-pro battendo in finale il 17 giugno 1978 a Reggio Calabria per 2-0 la Reggina (reti di De Bernardi e Bonora) dopo aver superato nell’ordine Treviso, Montebelluna, Triestina, Forlì, Trento e Novara. L’incredibile cavalcata portò anche al primo successo internazionale dell’Udinese, la vittoria nel Torneo Anglo-Italiano, grazie al sonoro 5-0 inflitto al Bath City nella finale disputato il 28 giugno 1978 allo stadio Friuli con le doppiette di Ulivieri e Claudio Pellegrini e al gol di Palese. Durante la manifestazione i bianconeri avevano incontrato e superato il Maidstone UTD (1-1), il Wealdstone (1-0), il Bath City (3-1) ed il Minehead (4-0). Ecco i protagonisti di quel dimenticato Triplete definito “minore” solo perché ottenuto a livello di terza serie, ma non per questo meno difficile dal punto di vista sportivo e straordinario considerando il contesto economico-sociale in cui si realizzò. Portieri: Della Corna, Paleari Difensori: Bonora, Fanesi, Apostoli, Osti, Riva, Soro Centrocampisti: Leonarduzzi, Gustinetti, Galasso, Palese, Bencina, Canduzzi, Giuriati Attaccanti: Ulivieri, De Bernardi, Claudio Pellegrini, Boito Staff Tecnico: Massimo Giacomini (allenatore) Giuliano Zoratti (allenatore in seconda) Cleante Zat (preparatore atletico), Fausto Bellato e Giuseppe Girola (medici sociali) Gianfranco Casarsa (massaggiatore) L’anno seguente, la cavalcata terminò con la vittoria del campionato di serie B e la promozione in serie A assieme al Cagliari e al Pescara; anche in quell’anno un ruolino di marcia che parlò da solo: 21 vittorie 13 pareggi e 4 sole sconfitte, 52 gol fatti e 22 subite.

venerdì 10 marzo 2023

I SOGNI SON DESIDERI: CIVIDALE AI PLAY-OFF DI SERIE A2

La favola sportiva della Gesteco Cividale continua senza sosta e forse un giorno qualcuno più autorevole. seguito e preparato di chi vi scrive si prenderà la briga di studiarne la storia per bene, dandogli lo spazio che si merita Se al primo anno di serie A2 conquistare la salvezza con quattro giornate d'anticipo per una società neopromossa debuttante assoluta con alle spalle una storia di due soli campionati di B voleva dire vincere uno scudetto, conquistare i play-off per la promozione nella massima serie nazionale - con due giornate ancora da giocare in una piazza vergine che è tutt'altro che una città metropolitana - può essere tranquillamente paragonabile a vincere una coppa europea. La matematica certezza per il nuovo prestigioso traguardo tagliato dalla Gesteco Cividale è stato raggiunto dopo il sonoro 93-70 rifilato alla diretta concorrente RivieraBanca Rimini, formazione che tallonava i gialloblù a due sole lunghezze e che arrivava sulle sponde del Natisone gasata da una striscia di 3 vittorie consecutive e con il preciso intento di far saltare il nido delle Aquile per coronare il medesimo obiettivo. Per l'occasione, nonostante le scorie di un derby perso dopo una combattuta battaglia al Carnera in cui Cividale era stata indicata come favorita alla vigilia e con uomini importanti assai limitati dalla febbre, la banda dei Pilla Boys, sospinta come sempre senza sosta da una marea gialla che si allarga ogni volta di più, ha sciorinato una delle migliori performance stagionali, abbinando al consolidato sistema di gioco collettivo anche notevoli prestazioni da parte dei singoli. A partire dall'americano Dalton Pepper che alla fine ha fatto segnare uno score di 31 punti con un sontuoso 7/8 dall'arco e 5/7 da due e dell'impatto di Lucio Redivo che, benchè francobollato dalla difesa romagnola e a secco di punti a fine gara, ha messo a referto ben 13 assist con cui ha dato la possibilità ai compagni, Battistini, Mouaha e il solito Rota su tutti, di centrare con continuità il canestro avversario. Una vera e propria prova di mauturità insomma, che come è stato confermato anche dal Coach ducale a fine match, rappresenta un ulteriore importante salto di qualità per un gruppo che in diverse occasioni si era fatto rimontare parziali consistenti per non aver avuto la capacità di "ammazzare le partite", peccando in discontinuità. E adesso? Il Presidente Davide Micalich, raggiante in sala stampa, dopo aver elogiato i suoi ragazzi e il pubblico di via Perusini e ringraziato Stefano Pillastrini - definito tout court un grande Maestro di Basket oltre che persona straordinaria - ha subito mandato, nel suo stile, un preciso avviso ai naviganti: "Stia molto attento chi incrocierà la Gesteco ai play-off".

CIVIDALE VOLA AI PLAY-OFF

Nel recupero della giornata 23 contro la diretta concorrente per conquistarsi un posto nel girone blu e quindi la certezza di accedere ai play-off, la Gesteco è scesa sul parquet di Via Perusini avendo a disposizione il match point per la conquista del risultato che poteva coronare una regular season condotta al di sopra delle aspettative e sempre lontana dalle sabbie mobili della poule salvezza. I ragazzi di Pillastrini centrano l’obiettivo battendo Rimini che arrivava sull’onda di tre vittorie consecutive con il più rotondo successo della stagione, sempre sospinti dalla marea gialla e con una prova di grande maturità, nonostante non 1abbiano potuto disporre a pieno regime di Dell’Agnello e Cassese scesi in campo con la febbre. Palla a due con Rota, Mouaha, Redivo, Pepper e Miani per Pillastrini e Bedetti, Johnson, Ogbeide, Tassinari e Masciardi per Ferrari e la partenza fa presagire un match equilibrato e spettacolare con entrambe le squadre precise al tiro e Cividale avanti per 18-11 a metà frazione grazie ad un Pepper “on fire” dall’arco e 10 punti già nel bottino personale. Rimini però sfrutta i centimetri di Ogbeide e non consente l’allungo alle Aquile con il tempo che va in archivio sul 26-22 con percentuali importanti sui due fronti (Cividale 60% dal campo e 5/6 da tre mentre Rimini 50% dal campo). I ducali sono più reattivi alla ripresa del gioco e si portano sollecitamente sul + 8 (32-24) ma Rimini risponde subito al nuovo tentativo di break e piazza un parzile di 0-9 a 6’52” e mette per la prima volta la freccia con una schiacciata di Ogbeide per il 32-33; Cividale si aggrappa ad un Pepper in serata di grazia e con tre triple ridà slancio alle Aquile che vanno sul + 9 (46-37) a 2’23” dall’intervallo lungo, con l’americano già autore di 24 punti, 6/6 dall’arco e 3/3 da due, e riescono a mantenere il parziale per il 51-42 con cui si va al riposo con una tripla di Mouaha. La terza frazione inizia sempre con tre punti del camerunense che poi inchioda il 56-45 a 6’50” che spezza diversi attacchi infruttuosi di Cividale, che continua a soffrire la maggiore fisicità sotto le plance dei romagnoli e che impedisce loro di scappare, prima che lo scatenato Pepper li rimandi ancora sotto di 12 punti sul 66-54 a 2’30” e Battistini completi l’opera con la tripla del 71-57 a 1’11” dalla penultima sirena con lo stop che arriva con il tabellone fermo sul 74-61. Nell’ultimo periodo Cividale va subito sul + 17 con la tripla di Battistini per il 77-61 e poi accelera con pregevoli giocate offensive portandosi sul 83-65 a 6’18” dal game-over, per la sgommata decisiva che schianta gli avversari, che escono sconfitti da via Perusini per 93-70. Giuseppe Passoni UEB GESTECO CIVIDALE – RIVIERABANCA BASKET RIMINI 93 - 70 (26-22, 51-42, 74-611) UEB GESTECO CIVIDALE Redivo, Miani 7, Cassese 2, Rota (k) 17, Mouaha 16, Furin 2, Battistini 18, Barel n.e., Pepper 31, D’Onofrio n.e., Dell’Agnello61, Micalich n.e. Allenatore: Stefano Pillastrini Vice: Federico Vecchi e Alessandro Zamparini Tiri liberi 7/9, Tiri da due 19/38, Tiri da tre 16/27, Rimbalzi 34 (26 dif. 86 off.) RIVIERABANCA BASKET RIMINI Tassinari 4, Anumba 5, Meluzzi 8, Scarponi 4, Masciadri 8, D’Almeida, Bedetti, Johnson 13, Ogbeide 19, Landi 9. Allenatore: Mattia Ferrari Vice: Mauro Zambelli e Larry Middleton Tiri liberi 8/12, Tiri da due 22/41, Tiri da tre 6/24, Rimbalzi 32 (21 dif. 11 off.) Arbitri: Enrico Bartoli, Mauro Moretti e Marco Barbiero Spettatori 2.135

lunedì 6 marzo 2023

DERBY DI RITORNO, IL GIORNO DOPO

Esauritasi la lunga vigilia, caratterizzata dalle ripetute e colorite lagnanze sul fronte udinese per la sfortuna che aveva colpito a più riprese l'ammiraglia bianconera sottoforma di squalifiche, infortuni e contrattempi di ogni natura e dal silenzio che invece permeava di fiducia le sponde del Natisone durante l'avvicinamento al big match, l'atteso derby di ritorno si è infine consumato nello storico impianto dei Rizzi in una cornice spettacolare, gremito all'inverosimile ma soprattutto emotivamente partecipe come non si vedeva dai tempi delle sfide contro i "cugini" di Barcola, con un'unica, abissale differenza rispetto alle disfide con Trieste: l'assoulta correttezza di due tifoserie che si sono spremute solamente per incitare i propri beniamini, senza alcun tipo tipo d'invettiva o sfottò nei confronti dei rivali. Sul campo alla fine si è imposta Udine con pieno merito, confermando ancora come i derby siano partite che spesso e volentieri premiano chi appare sfavorito alla vigilia, così come peraltro avvenne nella gara di andata quando ad imporsi furono i gialloblù ducali sui più accreditati bianconeri allora guidati in panchina da Matteo Boniciolli. Il clima da "ultima spiaggia" che aleggiava nell'ambiente udinese, unito probabilmente al "terrore" di venire ancora sconfitti dai "vicini di casa" di periferia con conseguenze negative importanti in vista dell'imminente fase ad orologio che determinerà la griglia per i play-off promozione, deve aver fatto accendere quella miccia di garra, unità d'intenti, orgoglio e voglia di difendere su ogni pallone che ancora non si era visto al Carnera nelle precedenti recite stagionali di Antonutti e compagni mentre, azzardiamo, i ragazzi di Pillastrini che invece hanno nel loro DNA tali qualità, non si sono trovati a loro agio nei panni del tutto nuovi per loro, quello di favoriti e hanno sofferto oltremodo la tensione e pagato il dazio del noviziato per la situazione venutasi a creare. Niente di grave, intendiamoci: rientra nella fisiologia di ogni outsider; le manifestazioni di giubilo sul fronte udinese per la vittoria a cui era stata dato mediaticamente il contorno della "mission impossible" deve inorgoglire ulteriormente la "truppa" ducale e spingerla con rinnovato vigore a chiudere in crescendo un'annata in cui l'obiettivo stagionale - la salvezza - è stato già raggiunto con largo anticipo e questo si veramente "against all odds", come avrebbe detto Phil Collins alla vigilia del torneo. Udine sarà invece subito chiamata a dar prova sul difficile campo di Forlì che il ritrovato spirito di gruppo non è stato solo frutto di circostanze non ripetibili, ma invece il punto di svolta di un torneo fin qui tribolato a tutti i livelli per cercare di rincorrere ancora l'obiettivo dichiarato ad inizio stagione: la promozione nella massima serie. A fine gara abbiamo raccolto i pareri a caldo sul match da parte di due ospiti eccellenti come il prof. Flavio Pressacco, coach scudettato con gli juniores Snaidero nel 1976 e il capitano della nazionale azzurra oro agli europei 1999 di Parigi, "Jack" Galanda; per il primo è stata "una sfida rivedibile sul piano squisitamente tecnico, ma certamente entusiasmante per la bellissima cornice di pubblico presente", mentre per il secondo "una partita operaia in cui l'equilibrio è stato rotto dal talento più diffuso che Udine ha nelle sue fila, come hanno dimostrato le eccellenti performance individuali di Monaldi e Gaspardo e la miglior prestazione stagionale di Udine sul piano difensivo". Infine una menzione speciale va alla "marea gialla" allargata per l'occasione con maglie gialle che spuntavano qua e là ben oltre il settore ospiti e che insieme hanno applaudito, dall'inizio e oltre la fine con il solito entusiasmo, i ragazzi e tutto la staff della UEB a partire dal suo Presidente, confermando una volta di più la bontà e la solidità del progetto gialloblù sul campo e fuori dal campo.

domenica 5 marzo 2023

UDINE SI AGGIUDICA IL DERBY DI RITORNO PER 73-66

Lo scorso settembre, per la gara di Supercoppa, le Aquile gialloblù e la loro tifoseria erano planate al Carnera come tante matricole al primo giorno d’Università mentre stasera, prossime le idi di marzo, con una stagione regolare alle spalle, la squadra ducale e il suo ambiente erano chiamate ad un vero esame di maturità in un palazzo stracolmo di correttezza e passione sportiva, al cospetto dell’ APU che le attendeva come una tigre arrabbiata e ferita dal post partita di Chieti, tra squalifiche e infortuni in serie. Ghiotta infatti era per il team cividalese l’occasione per scrivere un’altra impresa della sua prima sorprendente stagione in serie A2 per agganciare e superare i bianconeri e ipotecare i play-off, ma questa volta i ragazzi di Pillastrini hanno patito la pressione e hanno dovuto cedere davanti ad una prestazione tutta orgoglio dei padroni di casa, che hanno beneficiato di prestazioni importanti da parte di Monaldi e Gaspardo, autori rispettivamente di 26 e 16 punti finali. Pillastrini in avvio manda sul parquet Rota, Mouaha, Pepper, Dell’Agnello e Furin mentre Finetti risponde con Monaldo, Nobile, Gaspardo, Antonutti e Pellegrino per una partenza lenta su entrambe i fronti con molti errori in attacco e il punteggio che a metà tempo vede Cividale avanti per 5-6 dopo due punti di Dell’Agnello servito da Pepper sotto canestro; nella seconda parte della frazione i ducali hanno il possesso del + 6, ma il copione non muta e il tempo si chiude con un eloquente 11-13. Il secondo quarto non cambia andamento fino a 6’06” quando prima una tripla di Pepper e poi un canestro da sotto di Battistini danno ai locali il massimo vantaggio (+7) 15-22, ma a stretto giro di posta tre triple consecutive di Udine impediscono la fuga, infiammando il Carnera e il tabellone segna 28-28 a 3’30” dall’intervallo lungo, con le squadre che vanno al riposo sul 35-35. Il terzo periodo si apre con una tripla di Mouaha e un canestro sottomisura di Miani per il +5 ma stasera Monaldi è decisamente “on fire” e in un amen con altre tre triple rimanda avanti i suoi sul 44-40 dando un’importante iniezione di fiducia ad Udine che ora, grazie anche alle triple di un Gaspardo altrettanto preciso dalla lunga distanza, si mantiene costantemente avanti nel punteggio fino a chiudere sul 54-50 la frazione. Nell’ultimo periodo Udine si carica di falli e raggiunge dopo 2 minuti il bonus ma è avanti di 7 lunghezze 60-53 a 7’10” dall’ultima sirena, sfruttando la difficoltà della Gesteco a trovare il canestro per poi dare ancora un lento ma costante allungo (+11 a 4’10”). I ducali con una tripla di Rota e una schiacciata in contropiede di Pepper si rifanno sotto sul 68- 62 a 2’40” e poi sul 68-63 a 1’05” ma un fallo tecnico a Rota a 30” indirizza il derby sul colle del Castello, con l’APU che chiude avanti 73-66. Giuseppe Passoni APU OLD WILD WEST UDINE – UEB GESTECO CIVIDALE 73 - 66 (11-13, 35-35, 54-50) APU OLD WILD WEST UDINE Brescianini n.e., Palumbo 4, Antonutti (k) 4, Gaspardo 16, Cusin 4, Briscoe n.e., Fantoma 2, Bertetti, Esposito 11, Nobile, Pellegrino 6, Monaldi 26. Allenatore: Carlo Finetti Vice: Gabriele Grazzini, Giancarlo Sacco Tiri liberi 13/17, Tiri da due 15/28, Tiri da tre 10/30, Rimbalzi 29 (24 dif. 5 off.) UEB GESTECO CIVIDALE Redivo 5, Miani 6, Cassese 2, Rota (k) 19, Mouaha 6, Furin 2, Battistini 6, Barel n.e., Pepper 14, Cuccu n.e., Micalich n.e., Dell’Agnello 6. Allenatore: Stefano Pillastrini Vice: Federico Vecchi e Alessandro Zamparini Tiri liberi 11/16, Tiri da due 14/29, Tiri da tre 9/25, Rimbalzi 38 (30 dif. 8 off.)

giovedì 2 marzo 2023

UDINE - CIVIDALE NON E' PIU' SOLO IL NOME DI UNA FERROVIA: BUON DERBY-NON DERBY A TUTTI!

Alzi la mano chi aveva pronosticato una vigilia come quella che si sta vivendo per il derby di ritorno tra Udine e Cividale (non derby: vedasi il post dello scorso dicembre)? Se si è intellettualmente onesti non ci troveremmo davanti una una ressa, ma bensì dovremmo limitarci a prendere atto dell'ennesimo granchio preso dai "bene informati" e dai "soloni" che in estate compilano già le classifiche finali con piglio di chi ha la verità in tasca. Perchè, siamo sinceri, se lo scorso mese di agosto un ipotetico viaggiatore del tempo fosse tornato dal marzo 2023 e avesse raccontato che al Carnera era atteso un derby con Udine quarta in classifica dopo aver cambiato mezzo roster, sostituito in gennaio coach Boniciolli affidando la guida tecnica al suo giovane vice Finetti, affiancandolo poi proprio alla vigilia del match con il senior Sacco mentre Cividale sarebbe stata quinta e distanziata di soli due punti ma con una gara in più in calendario rispetto ai bianconeri, già battuti nella gara di andata in via Perusini e già salva con 4 partite ancora da giocare, probabilmente i più gli avrebbero dato del pazzo impostore. Udine veniva additata come una sorta di Dream Team ammazzacampionato mentre Cividale guardata come una Cenerentola invitata quasi per scherzo del destino alla festa di un'altra classe sociale. Invece, come se non bastassero tanti precedenti, lo sport ci ha insegnato ancora quanto il campo si diverta a sovvertire anche i pronostici che paiono più facili perchè "facili" i pronostici non lo sono mai, se non per le analisi superficiali: per il conseguimento dei risultati il mercato conta molto meno di quanto si è disposti ad ammettere rispetto al lavoro sul campo, in palestra e soprattutto nello spogliatoio. Con queste premesse cosa ci possiamo aspettare dalla gara di domenica in campo e sugli spalti? Nessun pronostico, perchè sapori e umori che si respirano nelle due società e tra le rispettive tifoserie in questo momento della stagione costituiscono gli ingredienti di un cocktail davvero saporito e dal gusto davvero imprevedibile ma sul quale ci sentiamo di coltivare qualcosa che è più di una speranza: che si ripeta anche nel palazzo udinese il clima di grande correttezza, sportività e fair-play che hanno accompagnato le precedenti due sfide, quella di settembre in Supercoppa vinta dall'APU e quella di dicembre in campionato che vide invece prevalere le Aquile Cividalesi di un solo punto al termine di match equilibratissimo. Vi risparmio questa volta considerazioni di carattere tecnico-tattico, perchè in partite che nascono con queste premesse, sono quasi sempre gli aspetti psicologici che rivestono alla fine un discrimine determinante su quello che sarà il risultato finale, assieme a come sarà predisposto anche il Dio dei canestri domenica pomeriggio a partire dalle 18,00. Nota a margine finale: nel registrare il fallimento di Ferrara con l'abbandono del torneo da parte degli estensi e relativo conseguente annullamento di tutti i punti ottenuti contro di loro dagli avversari nel corso del campionato e nuova classifica a sole 3 giornate dalla fine della regular season, non è forse il caso di pretendere regole più rigide, garanzie più affidabili e controlli più efficaci nell'iscrizione delle società in estate? Chiedo venia per la ragioneristica domanda retorica. Magari in estate dovremmo occuparci meno a fare pronostici e dare patenti d'infallibilità ai roster e di più a valutare meglio cosa c'è o casa manca dentro le strutture societarie dei contendenti e i Valori che le animano. Quanto a domenica, buon derby-non derby a tutti: chi avrà la ventura di viverlo in campo e sugli spalti potrebbe, tra molti anni da adesso, rievocare il privilegio con il canonico "io c'ero!" perchè forse protagonista di una pagina "senza tempo" nella storia della pallacanestro friulana. Udine - Cividale non è più solo il nome di una linea ferroviaria locale.

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