sabato 30 dicembre 2017

ERAVAMO DUE AMICI AL BAR


Caro collega, come diceva Paul Valery, due pericoli costantemente minacciano il mondo: l’ordine e il disordine! 
Ma per questo, esimio collega, la Natura ha creato il sonno per eliminare il disordine e l’uomo la birra per abbattere l’ordine.
E la donna, caro collega? 
Be’ ... la donna è il miracolo: ordine e disordine insieme nello stesso istante, ingenuo collega.
Shakespeare?
No, Anonimo. 

mercoledì 27 dicembre 2017

LA VERGOGNA: DIRITTO O DOVERE?



ROMA - tempo non precisato.


PRESIDENTE In fin dei conti, caro Commissario Tecnico, lei non è nè uno scrittore nè un giornalista e neppure, credo, un aspirante salvatore della patria, ma un allenatore, puramente e semplicemente un allenatore e anche di grande valore, per cui io non voglio perderla e farò di tutto per tenerla qui con noi, ma lei mi deve aiutare e ritrattare quel suo articolo sulla nuova legge di ripartizione dei diritti TV... Ci tiene così tanto?

CT Presidente, si figuri, è la cosa al mondo cui tengo di meno!

PRESIDENTE In ogni caso non capisco tutte queste insistenze per far ritrattare pubblicamente le opinioni, che significa poi “ritrattare”? Sembra di essere ripiombati nel tempo della Santa Inquisizione, della caccia alle streghe. Un opinione nell’era moderna può essere soltanto confutata e pertanto, caro Mister, essendo qualcosa di impossibile ritrattare un’idea, non vedo motivo per cui lei non debba fare ciò che le hanno chiesto di fare.

  CT Presidente, Lei ha sicuramente ragione....

PRESIDENTE Eppure la vedo esitante. Mi creda, non deve! In una società retta dalle menzogne e dalla corruzione le dichiarazioni non hanno alcun valore, perchè sono estorte con l'inganno o il ricatto... le persone per bene lo sanno e di certo non ne tengono conto.

  CT Presidente...

PRESIDENTE Caro Mister, io Le dico nel mio interesse di Presidente Federale, nel suo interesse di Commissario Tecnico della Nazionale, di allenatore professionista e in quello dei suoi ragazzi...

CT  Presidente... io capisco... ma...

PRESIDENTE Ma? Di che ha paura?

CT Ho paura di provare vergogna...

PRESIDENTE Vergogna? davanti a chi poi? non mi dirà che ha una così alta opinione delle persone che le stanno attorno per farsi cruccio di ciò che pensano? Eppoi senta: mi hanno assicurato che non è necessaria una dichiarazione pubblica... rimarrà solo qualcosa tra Lei, me e il Presidente della Lega Professionisti. Caro Mister, in fondo è solo burocrazia, necessitano solo di un pezzo di carta da conservare nei loro schedari.

 CT Nei loro schedari?

PRESIDENTE Ma si, tanto per dimostrare che lei non è contro il Governo e che se domani qualcuno  dovesse attaccare il Presidente della Lega, e anche me, perchè l’ho lasciata qui al suo posto, Lega e Federazione possano scagionarsi. Solo burocrazia, mi creda, è solo burocrazia.

CT Non si preoccupi per la burocrazia Presidente, avrà oggi stesso la firma delle mie dimissioni.

mercoledì 20 dicembre 2017

L'INTRAMONTABILE LEZIONE DI MILAN KUNDERA. E LA MENO APPRESA.



PRAGA, gennaio 1970

AMICO          Non ci posso credere! Tu sei un pazzo… e adesso? Che fai?

PAVEL           Per adesso il facchino. In una cooperativa, beninteso.

AMICO       Ma perché tutto questo Pavel? In nome di Dio, cosa può essere così importante per distruggere una vita, la tua vita!

PAVEL        Mio caro Milo, in primo luogo non volevo essere complice della condanna di quel Edvard Vodla, un innocente che tra l’altro, non ho mai visto né conosciuto… E quindi dovevo anticipare le mie dimissioni, per non dare alla polizia nessuna possibilità di ulteriore ricatto.

AMICO          Ed in secondo luogo?

PAVEL           Non voglio una vita protetta da una menzogna! Che me ne faccio del mio lavoro, della mia carriera quando debbo essere la maschera di me stesso? In una società in maschera…

AMICO          …e così meglio fare il lavavetri senza violentare sé stessi? Più ti ascolto e più mi convinco tu sia un pazzo scatenato. Perché non te sei andato allora? Perché non hai abbandonato subito il paese per esercitare la tua professione all’estero?

PAVEL           … perché io lo amo il mio paese… e non lo cambierei con nessun altro posto al mondo, anche così imprigionato… perché dovrei andarmene? Credi che saranno in grado di rubarmi anche i colori del tramonto quando illuminano fiammeggianti le cupole dei palazzi della città d’oro? O pensi che possano pure mettere sotto vuoto gli odori di Malastrana dopo una nevicata? è qui che voglio vivere ed è qui che voglio morire! Io non voglio fuggire.. né dal mio paese né da me stesso, caro Milo: possono cercare di togliermi tutto: il mio lavoro, i miei amici… ma non avranno mai il mio paese ed il mio diritto di dire no, quando voglio dire no. Mi costerà la vita dici? Non lo so, ma di una vita in maschera o peggio, di muta rassegnazione, non so che farmene. Meglio “essere” un medico che per vivere in pace con la sua anima ha deciso di fare il lavavetri… che perdere la stima di se stessi per “fare” il medico ed evitare di “fare” il lavavetri!

AMICO          Non so che dire Pavel, non so se provare vergogna per la mia piccola anima che non riesce a seguirti o sentire sollievo, sapendo di essere in grado di vivere in pace con me stesso. come dici tu, avendo imparato a nuotare bene nel mare del conformismo. Se tu veramente ritieni di aver fatto la cosa giusta…

PAVEL           La cosa giusta? Qual è il metro per misurare qual è la cosa giusta? Nel 1618 la nostra nobiltà decise di gettare dalla finestra del Castello i delegati imperiali e per mantenere il diritto alla propria libertà di religione causarono l’inizio della guerra dei trent'anni…

AMICO          Che si risolse con lutti e distruzioni in tutta Europa e per la nostra nazione significò la perdita della sovranità per 300 anni… Come sempre non ti seguo…

PAVEL           Questa volta non mi segui perché vai di fretta: nel 1968, 350 anni dopo, abbiamo deciso che resistere ad un’invasione avrebbe causato inutilmente lutti e distruzioni e abbiamo di nuovo perso la nostra sovranità; 350 anni fa abbiamo creduto più nel coraggio che nella prudenza, oggi più alla voce della prudenza che a quella del  coraggio…

AMICO          … ma il destino della nostra sovranità non è cambiato… e dunque?

PAVEL           … e dunque ognuno deve seguire la “sua” strada senza mai voltarsi indietro e senza mai dimenticare nulla…

AMICO          .. e senza cercare scorciatoie o deviazioni…


PAVEL         Proprio così, perché tanto scorciatoie o deviazioni ci riporterebbero inevitabilmente sulla nostra strada…. Finalmenti mi segui… (ESTRAE DALLA TASCA UNA LATTINA DI BIRRA E LA APRE)… Na Zdravi!!!



martedì 12 dicembre 2017

SOLSTIZIO D'INVERNO

Ruben stava fissando con sguardo assente lo schermo luminescente del pc davanti a sé, mentre i pensieri nella mente correvano all'impazzata all'interno dei meandri di quella sorta di labirinto che era diventato il suo cervello negli ultimi anni, quasi fosse diventato un novello Teseo che giocava a nascondino con il Minotauro, senza però mai affrontarlo e senza mai trovare la via d'uscita. Era sempre riuscito a costruire per la mente giustificazioni valide per quella stasi e in ogni fase di crisi acuta aveva idealizzato momenti di possibile svolta a favore, aggrappandosi a questi con il cuore e con la forza della disperazione. Ma le poche volte che i fattori idealmente utili per decretare le svolte  facevano timidamente capolino all'orizzonte, nuovi e più potenti ostacoli si ergevano per bloccare ogni speranza. Un po’ come la ricerca del Santo Graal: trovato un indizio e svelato l’arcano questo ti rimanda ad un nuovo indizio e ad un'altra prova da superare; e via avanti, senza fine.
Adesso però Ruben si sentiva terribilmente privo di nuovi indizi. Certo, nel mezzo un mare sconfinato d’Amore,  quello si sempre senza se e senza ma, comunque fosse; ma mentre i suoi occhi erano ancora immobili ed inespressivi davanti al fascio di radiazioni luminose emesse dallo schermo del suo computer, ora sentiva salire dal profondo dei visceri solo una lenta e macerante sensazione fisica che si traduceva in una nuova e tremenda certezza per la mente: non ci saranno più nuovi indizi. Era arrivato davvero il tempo della lettera che non avrebbe mai creduto di dover scrivere, nonostante le svariate volte in cui aveva temuto fosse giunta l’ora: le dita tremavano sulla tastiera e ora iniziavano lentamente a digitare le lettere, quasi a voler prolungare gli esiti di un Amore totale condannato invece all'esilio perpetuo, sperando che nel mentre potesse ancora accadere “qualcosa” in grado di risollevare le sorti avverse. Un po’ come aveva vissuto per tanti mesi e invece, come il Sole in quel periodo, aveva viaggiato inesorabilmente verso il Nadir, verso il punto più basso, che oramai era prossimo anche astronomicamente. Il Solstizio d'inverno era vicino e con esso anche il Natale. L’inizio della risalita della Luce e la festa cristiana dell’avvento del Salvatore venuto ad annunciare la buona Novella, momento in cui sin dalla notte dei tempi pagani prima e cristiani poi celebravano la rigenerazione, la trasformazione, il passaggio. Gli ultimi anni era stato così anche per lui, specialmente l'anno prima, in cui aveva avuto l’impressione che fosse davvero iniziata la risalita. Ricordava con tanta nostalgia il pomeriggio passato insieme con Carmen nella cantina dell'Alcazar di Segovia il giorno dopo il suo ritorno da Madrid: era stata la prima volta dopo tanto tempo che proprio Carmen aveva voluto parlare di futuro, di azioni da intraprendere, in un modo che faceva trasparire chiaramente voglia e determinazione. Purtroppo era stata anche l’ultima volta che lo aveva fatto e il moto del suo Sole era rimasto impigliato lì. Nessun Solstizio d’estate, nessuna Pasqua di resurrezione, invece una costante discesa verso l’Abisso in cui l'Amore, secondo Ruben, aveva solo potuto frenare a tratti la velocità della discesa, senza però mai riuscire a ribaltare la rotta.
"Mi verrebbe da dire come gli effetti della chemioterapia che riducono la massa tumorale senza però eliminarla, intossicando il più delle volte irreparabilmente tutto il resto dell’organismo sano" - esclamò a voce alta Ruben, come se avesse scoperto una nuova malattia rara.
Subito dopo quella macabra intuizione però Ruben si sentì avvolto da un forte senso di nausea: l’idea di paragonare l’Amore a qualcosa di tossico-nocivo era troppo ributtante per essere accettata dal suo organismo, prima ancora che dalla sua mente; se proprio voleva cercare una metafora nel campo farmacologico per descrivere l'effetto di quell'Amore sulle loro Vite era probabilmente meglio pensare alla morfina, i cui effetti per un po’ riescono almeno a portare sollievo all'organismo malato,  prima che il male riprenda sempre inesorabile il sopravvento.

martedì 5 dicembre 2017

CAMERA CON (S)VISTA

Ruben era affacciato, completamente nudo, sul balcone della cabina e fissava uno dei panorami più belli che mai l'occhio avesse catturato in tutta la sua vita. "E' davvero terribile non essere in armonia con la Bellezza , sentirsi un intruso nella bellezza della Natura e dell'opera più ispirata dell'Uomo." Davanti a sé il Sole stava salendo dal fondo del Mare e le dita rosa di Aurora si allargavano all'orizzonte allontanando le tenebre a favore della Luce, di minuto in minuto, mentre l'unico rumore che udiva era quello dei flutti del mare calmo che si aprivano al passaggio dello scafo della grande nave che solcava l'Adriatico come una lama nel burro fuso e una brezza gentile accarezzava tutto il suo corpo. "O forse è persino peggio non essere neppure in armonia con Kronos?" La Luce stava inesorabilmente sconfiggendo le tenebre mentre lui ogni minuto che passava si sentiva sprofondare in un'oscurità dell'anima sempre più fitta. Luce e Bellezza accompagnavano delusione e frustrazione per un sentimento negato; quella grande voglia di "sorrisi e di abbracci intorno a lui", quel calore che desiderava sentire risalire e che cercava da troppo tempo e che forse mancava nella sua forma più autentica praticamente da sempre, sentiva che lo stava stritolando in ogni cellula del suo corpo. Ancora sofferenza. Ancora una volta l'incubo ricorrente di essere al posto giusto con la persona sbagliata. Conosceva quella situazione, ma questa volta il dolore pareva insuperabile, amplificato da tutta quella bellezza intorno a Lui come un pugno nello stomaco. Mentre alla vista si avvicinavano le eterne "sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque" e quelle altrettanto immortali della  "petrosa Itaca" e nella sua mente fluttuavano in disordine le immagini dei resti del Tempio di Cnosso, le rovine di Olimpia e del tempio di Apollo a Delfi, un terribile Minotauro lo rincorreva senza sosta nei suoi pensieri e gli pareva di sentire il fegato lacerato dal becco dell'Aquila mandata da Zeus a punire Prometeo. Nei mesi che avevano preceduto quella novella Odissea aveva davvero creduto di aver finalmente trovato ciò che cercava. Aveva scoperto che si poteva davvero essere di nuovo felici e stare bene. Lo aveva "sentito". Ora invece si sentiva sfinito, risucchiato nel nulla, circondato emotivamente da una freddezza glaciale e da una durezza granitica, stesa a pochi metri da lui, all'interno della cabina, completamente nuda. "Non posso e soprattutto non voglio più vivere così!" Uno slancio uscì dalla mente, spinto più dalla disperazione che dalla convinzione. Per ora era solo una specie di "ultimo giapponese" armato fino ai denti nel tentativo di difendere da solo l'ultima isola dallo sbarco di una divisione di Marines. Nel profondo dell'inconscio, nella sua nigredo, ben altre e più potenti visioni intossicavano l'organismo, bloccandolo momentaneamente nel tentativo di abbozzare una qualche forma di riscossa che avesse una qualche minima possibilità reale di invertire la direzione del viaggio che aveva intrapreso. "Ho scoperto che si può stare bene ed essere felici - ripeteva a sé stesso - ma ogni volta è un attimo effimero che non riesce ad attecchire e affonda nelle illusioni e nelle deprivazioni. Non riesco a trovare le condizioni per poter condividere, per dare il tanto che non ho saputo o potuto dare e ricevere il tanto che non saputo o potuto avere. Che poi che cos'è di tanto difficile, tremendo e inafferrabile? "Solo" un po' di calore, solo qualche piccolo frammento di amore incondizionato. Uno sguardo d'amore, un abbraccio d'amore. La condivisione della gioia e della sofferenza che comporta la vita con le sue iperboli ed i suoi pungiglioni affilati."  In lontananza stava comparendo la rada e l'antica città fortificata di Ragusa che per lungo tempo aveva conteso il dominio dei traffici nell'Adriatico e nel Mediterraneo orientale nientemeno che alla Serenissima, conservando nei secoli una fiera indipendenza mescolando la cultura latina nel mare croato che la circondava. Il Sole era alto nel cielo. Gli sembrò una buona idea rientrare in cabina e prepararsi allo sbarco; forse tra quelle possenti mura, qualche immagine di resistenza e riscossa avrebbe potuto penetrare nell'inconscio e fornirgli un po' di sollievo e un'ancora di sicurezza.            

lunedì 4 dicembre 2017

MAMMA

Mia mamma Nella è nata a Gagliano nel marzo 1937, la carta d’identità recita il giorno 12 mentre lei da sempre sostiene che si trattava dell’11, il giorno del compleanno di sua madre, nonna Augusta detta Gusta, spiegando tale anomalia con il ritardo di suo padre, nonno Igino detto Gino, nel denunciare all’anagrafe l’evento.
Seconda di 6 sorelle e un fratello, ben presto divenne la più anziana per la prematura scomparsa all’età di 5 anni della sorella maggiore, sulla cui tomba ad ogni ricorrenza dei defunti mi portava a pregare sino a che fu in grado di esercitare autorità di su di me.
Come il nonno Gino non evitava mai di rimarcare con soddisfazione, era decisamente la più bella di tutte e questo, credo, non le abbia per nulla semplificato la vita in famiglia: non me lo ha mai detto esplicitamente ma le dinamiche familiari a cui ho assistito nel corso degli anni mi hanno indotto a credere che le sue sorelle avessero mal digerito la circostanza e l’avessero fatta oggetto in gioventù anche di malcelate cattiverie. I suoi studi si erano fermati alla sesta elementare in una scuola di campagna, terminati i quali era stata avviata a diventare un campione dell’economia domestica, competenza da applicare al destino a cui era stata “scientificamente” preparata: diventare la perfetta moglie e la “brava” mamma, incarnando all'ennesima potenza il modello in vigore in quel periodo storico nel luogo in cui era nata. Di come e quando abbia incontrato l’uomo che divenne suo marito e mio padre per me è ancora un mistero, così come il perché e il che cosa la fecero scegliere proprio quell'uomo quale il compagno di tutta una vita: i rapporti strettamente personali tra tutti i membri della famiglia furono sempre argomento tabù per me e mio fratello. La sua bellezza e mezze parole qua e là mi hanno fatto intuire che da giovane fosse molto ambita anche da persone di censo sicuramente più elevato di quello del mio futuro padre e ogni tanto, soprattutto nei momenti più difficili, le scappava di raccontarci di un bell'ufficiale romano che le aveva fatto una corte tanto insistente quanto inutile quando il suo reparto, nel 1954 durante il momento più aspro della crisi italo-jugoslava del secondo dopoguerra, era accampato nella campagna limitrofa a casa della mamma. 
“Sarei potuta andare con lui a Roma!”.
La prima a non crederci era proprio lei, che nonostante tutte le difficoltà e le infelicità che dovette patire in casa, mai la sentimmo dire che se ne volesse andare e che mai vedemmo venir meno l’impegno per “gestire” da sola e per lungo tempo tutti insieme un marito, un suocero, un cognato e due figli maschi.
Se a mia nonna, per aver sopportato il nonno, è andato “l’Oscar della carriera”, credo che mia Madre sia davvero in odore di santità. “Scelsi tuo padre perché fra tutti era quello che mi piaceva di più e perché era il più buono, anche se era il più povero.” Ecco tutto quello che mi ha detto in proposito quando ormai la mia Vita aveva superato i 45 anni e le mie scelte familiari erano state profondamente diverse dalle sue.  “Poveri ma belli”, insomma. Gli aveva giurato amore eterno e fu in grado di declinarlo con i fatti più che nelle forme, compresi i 17 lunghi anni in cui da moglie si trasformò in badante, ovvero da quando mio padre venne colpito da un ictus con conseguente afasia totale ed emiparesi a 64 anni; se lui riuscì a vivere così a lungo quella mezza vita, io credo sia dipeso molto dalla presenza costante e infaticabile di mia madre. Ripensando al rapporto tra i miei genitori mi duole ancora il fatto che, a parte pochi mesi del periodo che vivemmo da soli a Pordenone (1974/75), non riuscirono o non vollero portare la loro famiglia (loro due, me e mio fratello) lontano da Borgo San Pietro a vivere da soli: se lo sarebbero meritato e saremmo usciti tutti, prima e meglio, dal XVIII secolo dove invece rimanemmo prigionieri, incagliati per troppo tempo, a causa del vero Pater Familias che condizionò tutto e tutti: il Nonno. Pace all’anima sua.
Probabilmente tutto questo ha fatto si che, da un certo punto in avanti, io abbia provato e provi tuttora grande simpatia per il movimento femminista; a parte quando confonde o mescola la lotta per i diritti delle donne con il disprezzo dell’uomo in quanto tale. Ovviamente.

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