giovedì 23 agosto 2018

OUTSIDER, TRIONFO E MISERIA

Chi è un outsider? Il termine in lingua inglese, importato nella nostra lingua senza che esista un sinonimo di matrice latina, nasce dalla fusione di due vocaboli di origine sassone e nordica ut (fuori) da cui poi "out" e sida (il fianco di una persona ovvero la parte più lunga di un oggetto) da cui poi "side"; letteralmente dunque "outside" esprime il concetto di chi o di cosa si trova ad essere distaccato dal centro, dal contesto principale: non solo genericamente out da qualcosa, ma out dal contesto più importante o protetto per chi in quel momento ci sta parlando. Dell'uso del termine outsider - "chi" è, appunto, "outside" - come nome in lingua inglese si ha notizia nel 1836 per definire i cavalli fuori dalla lista dei favoriti per la vittoria in una corsa e solamente nel 1907 si ha notizia di un uso in senso figurato per definire "a person isolated from conventional society". Il dizionario dell'Enciclopedia italiana Treccani infatti così definisce oggi OUTSIDER: usato in ital. al masch. e al femm. – 1. Nel linguaggio sport., chi abbia conseguito la vittoria in una gara o in un campionato, pur non trovandosi fra coloro che erano considerati come probabili vincitori (in origine, la parola era limitata alle gare ippiche, poi si è estesa anche ad altri sport). 2. Per estens.: a. Chiunque riesca ad imporsi, in politica, nel lavoro e sim., nonostante non sia tra i favoriti o si trovi in una situazione marginale. b. Chi opera in campo letterario, artistico e sim. al di fuori di ogni scuola o movimento. c. Nel linguaggio econ., impresa che resta fuori da un consorzio o cartello costituito fra imprese dello stesso ramo di produzione.
Ho da sempre nutrito naturale, viscerale simpatia per gli Outsider in tutti i campi: nel calcio degli anni '80 del secolo scorso ho vissuto il trionfo di due squadre che hanno incarnato alla perfezione questa figura retorica: l'Italia di Enzo Bearzot, campione del mondo del 1982, ed il Verona di Osvaldo Bagnoli, campione d'Italia nel 1985.
Queste due vicende umane incarnano alla perfezione tutta la parabola dell'Outsider, tanto nella sua grandezza quanto nella sua miseria; si, perché essere Outsider da un lato porta per un attimo a raggiungere vette inarrivabili contro ogni pronostico o meglio, sempre per seguire gli inglesi, against all odds, dall'altro poi ti fa altrettanto velocemente rientrare nei ranghi di ciò che era segnato dal proprio destino originario. Si pensi proprio alla discesa verticale degli uomini di Bearzot e Bagnoli immediatamente dopo, rispettivamente eliminati dal campionato europeo 1984 senza vincere una partita per un anno e alle soglie della zona retrocessione l'anno dopo per poi addirittura fallire come società: nel lungo periodo, sono sempre i favoriti di partenza - i predestinati - che reggeranno il potere o che vinceranno di più. 
Ecco qui la faccia triste dell'Outsider, il conto salato da pagare agli Dei per essere andati contro il proprio destino tessuto dalle Parche, dopo aver raggiunto l'Olimpo - con  pieno merito ma senza destino: quello di trovarsi in una condizione peggiore di quando era iniziata la sfida alla sorte e si era semplicemente outside. Edipo, Laio e Acrisio, per citarne alcuni tra i tanti, conoscono il loro terribile destino ed in ogni modo cercano di allontanarlo: più si ingegnano e si ostinano e più inconsapevolmente gli corrono incontro.
Conclusione: non c'è cosa più bella nella vita che sfidare il proprio destino e spesso farsi beffe di lui, con la consapevolezza che, però, alla fine gli faciliteremmo comunque la strada e la sua vittoria finale. Che ci piaccia o no.

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