martedì 29 giugno 2021

MI RITORNI IN MENTE: ITALIA-BELGIO

Per ingannare l'attesa del match da dentro o fuori di venerdì, vediamo un po' che cosa ci porta alla memoria l'incrocio calcistico fra Italia e Belgio; va subito detto che se da una parte il computo totale delle sfide tra azzurri e diavoli rossi ci vede nettamente in vantaggio con 14 vittorie a fronte delle sole 4 dei nostri avversari nei 22 precedenti, tra i quali ci sono ben 5 partite combattute durante il Campionato Europeo per Nazioni e in questo contesto le cose cambiano decisamente con un bilancio che tende alla parità e con i ricordi che diventano più agri che dolci.

Iniziamo con il primo, brutto ricordo e facciamo subito gli scongiuri perché si trattava dei quarti di finale dell'edizione 1972 e finì male per i nostri colori. La formula prevedeva che le 8 vincenti degli 8 gironi eliminatori da 4 nazioni ciascuno si sfidassero nei quarti di finale con partite di andata e ritorno nei rispettivi paesi con le vincenti qualificate per le semifinali in gara secca e le successive finali per il titolo e per il terzo posto tutte in Belgio, negli stadi di Bruxelles-Heysel, Bruxelles-Anderlecht, Liegi e Anversa.    

 Il 29/04/1972 a Milano, Stadio San Siro ci presentammo da vice-campioni del mondo in carica e favoriti per il passaggio alle semifinali ma finimmo invece imbrigliati nelle maglie difensive della difesa belga in un match avaro di emozioni, che finì 0-0 e che segnò l'esordio in azzurro di Franco Causio, che giocò tutto il secondo tempo subentrando ad uno degli eroi di Mexico '70 Angelo "Domingo" Domenghini.

La gara di ritornò fu disputata il 13/05/1972 nello stadio dell'Anderlecht e segnò la fine dei "messicani" di Ferruccio Valcareggi, che uscirono sconfitti ed eliminati per 2-1 dopo che un rigore di Rombo di Tuono Gigi Riva all'86' fu utile solo per limitare il passivo fissato in precedenza dalle reti di Van Moer e Van Himst. 

I diavoli rossi poi persero la semifinale di Anversa per 2-1 contro la Germania Ovest e vinsero a Liegi la finalina per il terzo posto battendo per 2-1 l'Ungheria, mentre il titolo venne poi vinto dai tedeschi dell'ovest che strapazzarono per 3-0 l'Unione Sovietica nella finale di Bruxelles.  

Il secondo incrocio avvenne nell'edizione 1980, quella disputata in Italia, in stadi semideserti dopo il primo grande scandalo scommesse scoppiato il 23 marzo di quell'anno con gli arresti di calciatori e dirigenti effettuati direttamente negli stadi al termine delle partite e che determinò la perdita per il CT Bearzot di attaccanti del calibro di Paolo Rossi e Giordano, rispettivamente squalificati per 2 e 3 anni.

Le otto qualificate alla fase finale erano divise in due gironi all'italiana da giocarsi a Roma, Napoli, Milano e Torino e le vincenti dei due raggruppamenti a giocarsi il titolo in finale secca all'Olimpico di Roma e le seconde classificate il terzo posto al San Paolo di Napoli.

Il gruppo A, quello dell'Italia, era composto oltre che dagli azzurri dall'Inghilterra, dalla Spagna e appunto dal Belgio mente nell'altro si contendevano il passaggio alle finali Germania Ovest, Olanda, i campioni uscenti della Cecoslovacchia e la Grecia.

Italia e Belgio incrociarono le armi nell'ultima partita del girone, il 18 giugno 1980 allo stadio Olimpico di Roma, arrivando appaiate con tre punti in classifica frutto per l'Italia della vittoria per 1-0 contro l'Inghilterra e del pareggio 0-0 con la Spagna  mentre per il Belgio della vittoria per 2-1 contro gli iberici e dell'1-1 contro gli inglesi.

La differenza reti era pure in equilibrio, ma il computo delle reti segnate dava ai Diavoli Rossi del CT Guy Thys il non trascurabile vantaggio di poter giocare per il pareggio mentre per gli azzurri di Enzo Bearzot solo la vittoria li avrebbe portati alla finale per il titolo.

Fu una serata stregata, con l'Italia per lunghi tratti incapace di trovare il bandolo della matassa per vanificare la sistematica trappola del fuorigioco praticata con grande maestria dai belgi e con il pubblico romano che non lesinò i fischi per testimoniare il disappunto dovuto alle continue interruzioni del gioco. In più ci si mise la serata di grazia del portiere Pfaff capace di neutralizzare una conclusione ravvicinata a botta sicura di Causio e l'arbitro portoghese Antonio Garrido a "vedere" fuori area un netto fallo di mano di Meeuws ben dentro la linea dei sedici metri, negandoci così un rigore "solare".

Finì 0-0 con i Diavoli Rossi qualificati per la finalissima di Roma e battuti ancora una volta dalla Germania Ovest per 2-1 grazie ad una doppietta del Panzer Horst Hrubesch, capace di infilare per la seconda volta al 90' la porta difesa da Pfaff e sbloccare l'1-1.

Per gli azzurri un mesto quarto posto, arrivato dopo un'interminabile serie di calci di rigore al San Paolo di Napoli contro la Cecoslovacchia a seguire l'1-1 del campo al termine dei 120 minuti: una sinistra anteprima di un'altra e ben più dolorosa serie sfortunata di calci di rigore sul terreno del San Paolo, quella del 3 luglio 1990 contro l'Argentina di Maradona che ci tolse la finale mondiale di Roma.

Decisamente migliori gli ultimi due incroci, quelli delle edizioni 2000 nella fase finale a 16 squadre disputato in Belgio-Olanda e del 2016 a 24 squadre in Francia.

Nel girone eliminatorio assieme a Turchia e Svezia, 14 giugno 2000 battemmo a Bruxelles il Belgio con un sonoro 2-0 sul loro terreno di casa, il vecchio Heysel rimodernato e ribattezzato "Re Baldovino", grazie alle reti di Totti e Fiore che ci spalancarono la qualificazione ai quarti di finale mentre condannarono i padroni di casa ad una sollecita eliminazione.

Gli azzurri, guidati magistralmente da Dino Zoff, di seguito fecero fuori la Romania ai quarti, l'Olanda ad Amsterdam in semifinale nell'epica serie di rigori finita alla storia per le parate di Toldo ed il cucchiaio di Totti, prima di vedersi sfilare dalla Francia un titolo già vinto, quando nella finale di Rotterdam un gol di Wiltord nell'ultimo dei 3 minuti di recupero pareggiò l'1-0 di Del Vecchio e ci condannò ai supplementari e alla beffa atroce del golden gol di Trezeguet per il 2-1 decisivo a favori dei galletti francesi.

L'ultima puntata della saga, ed anche l'ultima volta che le due nazionali si sono incontrate in assoluto, risale alla gara d'esordio del gruppo E del torneo 2016, a Lione il 13/06/2016 quando ancora una volta punimmo per 2-0 i favoriti belgi grazie alle reti di Giaccherini al 32' e Pellè al 93'.

Entrambe le nazionali, assieme all'EIRE, passarono il turno per finire la corsa ai quarti di finale: gli azzurri di Conte, soccombendo per la prima volta in una competizione internazionale alla Germania, seppur solo ai calci di rigore dopo aver eliminato i campioni in carica della Spagna agli ottavi, mentre i belgi si dovettero arrendere a sorpresa per 3-1 contro il Galles  dopo che avevano fatto a fette i malcapitati ungheresi per 4-0 agli ottavi.

Il titolo lo vinse poi, ancora più sorprendentemente, il Portogallo che riuscì a beffare per 1-0 nei supplementari allo Stade de France gli strafavoriti Blues di Didier Dechamps.

Venerdì 2 luglio a Monaco di Baviera il Belgio potrà schierare ben 6 superstiti di quell'ultima volta (Lukaku, Courtois, Hazard, Witsel, De Bruyne e Mertens) mentre i reduci per gli azzurri saranno solo Benucci e Chiellini.

Tutti noi ci accontenteremmo del medesimo risultato, anche di un minor scarto.           


venerdì 25 giugno 2021

ONCE UPON A TIME: ITALIA-AUSTRIA

 

Sabato 26 giugno, per gli ottavi di finale del campionato europeo scenderanno sul prato di Wembley Italia ed Austria, e questa circostanza, anziché portarmi a fare valutazioni su come andrà il match di domani mi ha subito fatto viaggiare con la mente a 31 anni fa, quando fui "partecipe" di un altro Italia-Austria. 

Era l'anno dei mondiali, quelli del 1990. Quelli delle Notti Magiche, quelli che avremmo dovuto vincere e che, ex post, avremmo anche potuto e meritato vincere e che invece finirono con il trionfo della Germania, ancora solo dell'Ovest, in finale sull'Argentina dopo che Maradona ci "cojonò" ai rigori nella semifinale di Napoli, complici anche alcune scelte tecniche errate del CT Vicini, fino a quel momento perfetto nella gestione del gruppo. La prima partita di quel mondiale fu per noi proprio la sfida con l'Austria, che inaugurava il 9 giugno 1990 lo stadio Olimpico appositamente ammodernato per la rassegna iridata. Sorvoliamo per carità di patria su costi, tempi, modi e risultati di quella ristrutturazione ma ritorniamo per un attimo a quella serata, la prima di cinque vittorie consecutive senza subire reti prima dell'infausto trasloco degli azzurri al San Paolo di Napoli. Le famose, quanto effimere, Notti Magiche romane.

Personalmente uno dei ricordi più belli di gioventù. Avevo 24 anni appena compiuti e gli studi universitari prossimi alla conclusione, i mondiali di calcio in Italia, il muro di Berlino "caduto" esattamente 7 mesi primi e il mondo che si era messo in movimento con promesse e aspettative di libertà e prosperità economica come mai prima di allora.

La notte della vigilia della partita la passai con due amici sul treno "Romolus" l'Intercity che collegava Vienna a Roma, sul quale eravamo saliti alle 22,00 del 8 giugno dalla stazione di Udine e dal quale scendemmo alle 7,00 del mattino seguente a Roma Termini assieme alla "soldataglia" austriaca che aveva condiviso con noi, tra i fumi dell'alcol e canti smargiassi, gran parte del viaggio: fu come essere scesi assieme ai Lanzichenecchi in procinto di compiere il Sacco di Roma del 1527 o se, preferite, con Alarico e i suoi Visigoti nel 410 d.c.

Durante la mattinata in via dei Fori Imperiali fui vittima di un furto con destrezza ad opera di uno sciame di zingarelli guidati ad arte dalla madre o sedicente tale, che mi asportarono dalla tasca esterna della camicia il portafoglio contenente 154.000, la prenotazione dell'albergo e soprattutto i biglietti della partita, di cui vi risparmio i particolari della lunga e perigliosa operazione compiuta durante i mesi precedenti per riuscire a procurarmeli. Mancò veramente poco per perdere i sensi. Mi sentii morire, fino alla rinascita quando l'accoppiata composta da un vigile urbano e un netturbino che avevano visto tutta la scena dall'altro lato della strada intervennero prontamente e costrinsero gli zingarelli, tra il disappunto della madre, a restituire prontamente la refurtiva. Rieccheggiano ancora nella mente le parole in romanesco che mi rivolse il netturbino, terminata la missione di salvataggio: "Aò!! Vatte subbito a giocà quei sordi che je capita a uno sun mijardo che je torneno quello che je fregheno!".

La serata ripagò tutte le peripezie; già fuori dallo stadio l'aria era elettrizzante con migliaia di tifosi provenienti da ogni parte d'Italia con le bandiere tricolori e le maglie azzurre che sciamavano sorridenti facendo sentire voci, canti e gli accenti di tutti i dialetti della penisola.

All'interno il colpo d'occhio era mozzafiato: a parte la curva nord occupata dai colori biancorossi dei Lanzichenecchi austriaci che erano calati in più di 10.000 alla volta di Roma, tutto il resto era uno sventolio di bandiere tricolori e il boato "ITALIA-ITALIA" all'ingresso dei giocatori sul prato mi fa venire ancor oggi i brividi.

L'attesa del fischio d'inizio fu accompagnata dalla visione sul maxi-schermo dello stadio delle fasi finali della finale femminile del Roland-Garros, dove la serba Monica Seles con una fantastica rimonta ebbe ragione della tedesca, dell'Ovest, Steffi Graf e l'inno di Mameli cantato a squarciagola assieme ai 65.000 dell'Olimpico. Brividi.

La partita sembrava stregata, con gli azzurri che entusiasmavano con le loro brillanti e ariose trame di gioco, ben guidati dai tocchi "der Principe" Giannini, dalle serpentine di Roberto Donadoni e dagli scatti continui in profondità di Gianluca Vialli ma che poi si perdevano negli ultimi 16 metri e nella foga di sbloccare subito il risultato sbagliavano occasioni clamorose con lo stesso Vialli e soprattutto con il bomber del Napoli Andrea Carnevale.

La difesa guidata con sapienza da Kaiser Franz Baresi e dal capitano Beppe Bergomi, già campione del mondo a Madrid nel 1982, anticipava regolarmente l'ariete austriaco Tony Polster e non faceva correre pericoli al portierone Walter Zenga.

Ma i minuti passavano, il risultato non si sbloccava, gli azzurri diventavano sempre più nervosi e ad un quarto d'ora dalla fine il punteggio era ancora inchiodato sullo 0-0, con i Lanzichenecchi che prendevano sempre più coraggio nel farsi sentire per incitare i loro "beniamini" d'Oltrebrennero e il tifo azzurro che continuava incessante ma nel quale incominciava a serpeggiare un misto di rassegnazione e delusione.

E così Azeglio Vicini, forse non sapendo più cosa fare, ordinò al 75' a Salvatore Schillaci di alzarsi dalla panchina e rilevare Andrea Carnevale al centro dell'attacco. Il pubblico applaude, c'è curiosità e grande simpatia nei confronti di questo piccolo (di statura) ventiseienne siciliano nato  e cresciuto nel quartiere Zen di Palermo che ha esordito in serie A nella Juventus da meno di un anno dopo diversi campionati a Messina nelle serie inferiori e che al momento è alla sua terza apparizione in maglia azzurra.

Passarono appena tre minuti e Salvatore Schillaci divenne "Totò": scatto sulla destra di Vialli che appena un metro prima che la palla varchi la linea di fondo in prossimità della bandierina riesce a far spiovere in area un pallone qualche metro avanti al disco di rigore dell'area austriaca, dove perfettamente appostato in mezzo a due "granatieri" imperiali in maglia bianca, Schillaci in perfetta elevazione "inzucca" la sfera a la manda ad infilarsi sotto la traversa, vanificando il plastico tentativo di parata di Klaus Lindenberger.

L'Olimpico esplose come una polveriera e gli ultimi dodici minuti di gara furono un continuo, incessante, sventolio di tricolori e di cori, una manifestazione di giubilo incredibile che continuò poi per tutta la notte in una sorta di Sabba itinerante per le strade di Roma. Unforgettable.

Sempre alle 7,00 del mattino dopo, con gli occhi acrilici e i movimenti ovattati, salimmo di nuovo sul "Romolus" in direzione contraria e assieme ai Lanzichenecchi ritornammo a casa. I nostri compagni di viaggio avevano perso tutta la boria dell'andata e sonnolenti, bivaccavano maleodoranti distesi qua e là nei corridoi del treno e nei suoi scompartimenti. Chissà se un'immagine come questa aveva ispirato il generalissimo Diaz, quando nel vergare il bollettino della vittoria il 4 novembre 1918, fece scrivere riferendosi alle truppe austro-ungariche: "I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.".   

Alle 15,30 circa del 10 giugno 1990, noi scendemmo festanti ad Udine, mentre loro continuarono ancora per qualche ora il loro mesto rientro. 

Quanto a domani sera, 26 giugno 2021, sempre forza azzurri, con il rischio di trovarmi stavolta in quel di Lignano in mezzo ai Visigoti, pur dimezzati dall'era COVID.


Roma, sabato 9 giugno 1990 ore 21.00

ITALIA-AUSTRIA 1-0
Schillaci (78')

Italia: Zenga, Bergomi, Maldini P., Baresi F., Ferri, Ancelotti (De Agostini 46), Donadoni, De Napoli, Vialli, Giannini, Carnevale (Schillaci 75).
Allenatore: Vicini
 
Austria: Lindenberger, Russ, Streiter, Aigner, Pecl, Schöttel, Artner (Zsak 62), Linzmaier (Hörtnagl 77), Ogris, Herzog, Polster.
Allenatore: Hickersberger

Arbitro: Wright (Brasile)


giovedì 24 giugno 2021

ALL'ULTIMA SEMICURVA E' FINITA LA BENZINA.


Da tempo immemore la notte di San Giovanni è considerata nel mondo mitteleuropeo e germanico come una notte magica in cui, nell'aria rischiarata dai fuochi propiziatori, possono accadere fenomeni che hanno del miracoloso. Con la Gesteco purtroppo San Giovanni è stato avaro e non sono bastati neppure i trepidanti voti augurali e le speranze dei suoi tanti tifosi acquisiti ex novo durante il suo primo anno di vita per riuscire a dare contorni di realtà al sogno di guadagnare sul campo il diritto a disputare la serie A2 versione 2021/22. Il viaggio inatteso si è interrotto all'ultima semicurva, quando dopo aver disputato i primi due quarti di gara 5 alla pari con la corazzata e favorita Fabriano, sulle stesse frequenze di gara 3 e 4, facendo scorrere brividi gelidi lungo la schiena al caliente ambiente locale, la "benzina" ha iniziato ad andare a singhiozzo nel terzo quarto per poi segnare riserva fissa nell'ultima frazione, impiantandosi così sul più bello. La delusione è tanta, inutile negarlo, perché chi fa sport non ci sta a perdere neanche la finale del torneo dei borghi, figuriamoci una promozione in serie A. Un vero peccato, insomma, ma non è proprio il caso di recriminare o peggio, gettare la croce addosso a nessuno se all'ultimo miglio Battistini, Rota e Chiera, spremuti all'osso non sono più riusciti sul più bello ad avere la lucidità per trovare con continuità  il canestro, se San Giovanni ha infierito sulla caviglia di Miani privando Cividale del suo pivot nel momento sbagliato e il resto del gruppo non ha potuto o saputo compensare il deficit offensivo: i ragazzi di Pillastrini non si sono mai risparmiati quanto a voglia di vincere e determinazione, mettendoci tutto il cuore possibile e riuscendo a tenere gli avversari sotto i settanta punti, a differenza di quanto era accaduto in gara 1 e 2. A mente fredda, superata la delusione, tutta la società a partire dal Presidentissimo Davide Micalich all'ultimo dei suoi collaboratori volontari, da coach Pillastrini, allo staff tecnico e ai giocatori gialloblù, si meritano da parte non solo dei suoi tifosi ma anche dagli sportivi in genere un lungo, convinto, sonoro applauso e il più sincero Grazie per il viaggio straordinario che si sono regalati e che ci hanno offerto, proprio perché compiuto in uno degli anni più tremendi della nostra storia. Ci hanno regalato spensieratezza, aggregazione, sorrisi e speranze in un tempo in cui trovare motivo per ridere e sperare era arduo come e più di gara 5 e hanno proiettato Cividale verso orizzonti bellissimi e insperati.
Metabolizzata la sbornia, la speranza è quella che, in vista della prossima stagione, sia possibile aggiungere quel po' di benzina che è mancata nell'ultimo miglio, conservando la capacità di sognare, la voglia di vincere, di stupire e quello spirito d'impresa e di coraggio che sono stati e sono, il tratto distintivo delle Aquile Gialloblù: l'ambiente cividalese, orgoglioso di esserne diventato il nido, desidera fare la propria parte in vista del prossimo volo. Ad majora!        
     





 

martedì 22 giugno 2021

COMUNQUE VADA SARA' UN SUCCESSO? BALLE!

Spesso alla vigilia di match importanti o della partecipazione a manifestazioni prestigiose succede che alla squadra che ci arriva da outsider e senza i favori del pronostico i terzi rivolgano un pacioso: "Complimenti, comunque vada sarà un successo."  Chi ha fatto sport sa benissimo che quella è la frase più inutile e fastidiosa che si possa sentire perché, poche balle, quando arrivi ad una finale c'è solo un modo per uscirne bene: vincere! e a maggior ragione quando ci arrivi senza averlo programmato ad inizio stagione. Ci sono certi treni che nella vita e nella storia non ripassano, e quando non riesci a salirci su l'unica cosa che puoi sinceramente sentire è una grande delusione che devi vivere fino in fondo. Punto e basta.

Quindi il primo pensiero che va alla Gesteco Cividale in viaggio verso le Marche per l'ultima e decisiva partita che può valere un risultato straordinario, al limite del miracoloso, come la promozione in serie A2 è solo uno: dovete vincere. 

Se questo malauguratamente non dovesse accadere, nell'immediato non ci sarà nessuna consolazione e tutti - dirigenti, staff tecnico, giocatori, tifosi e semplici simpatizzanti - cadremmo nella delusione più nera e la frase: "comunque sia è stata una grande stagione" servirebbe solo ad aumentare il fastidio per il traguardo mancato all'ultimo passo.

Poi, dopo qualche giornata l'umore nero se ne andrà e solo allora tornerà in primo piano la straordinaria, epica impresa di Davide Micalich e del suo entourage: quello di riuscire nel momento storico più avverso che ci poteva essere a dare vita ad un progetto vincente e di grande respiro sportivo in una realtà minuscola per dimensioni anagrafiche, ma grande quanto a sete di sport e passione sportiva come Cividale.

In questo senso davvero potremmo anche dimenticarci di gara 5 e di come andrà: questa stagione resterà per sempre scritta nella storia della pallacanestro regionale - e forse oltre - perché rappresenta, tralasciando pure qualsiasi considerazione sotto l'aspetto squisitamente tecnico, un esempio straordinario di che cosa riesce a fare la passione quando si unisce alla competenza, alla determinazione, allo spirito di gruppo e al coraggio di inseguire un sogno, perché solo chi sogna può dar corpo ad un progetto vincente.

E tutti, dagli addetti ai lavori, ai tifosi e a tutto l'ambiente cividalese e regionale avranno una sola parola da dire quando rivolgeranno lo sguardo alla società di Davide Micalich e agli sponsor che hanno creduto nel progetto: Grazie.

La speranza più profonda è che la stagione 2020/21 sia solo l'inizio di una bella e lunga storia sportiva per la UEB e per Cividale: allora si, sarà veramente un Successo con la Esse maiuscola. Quanto a domani: o si vince o si vince.     

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