martedì 14 gennaio 2020

TERMINATOR GENESI(S)



Da giovane avevo sempre odiato la matematica;  oggi so che quell'odio non è solo dipeso dal professore che ebbi alle superiori e che non si curava delle nostre turbe emotive, dei nostri vissuti personali, delle nostre motivazioni, delle famiglie di origine: se riuscivamo a risolvere le equazioni in pagella c'era la sufficienza, altrimenti no. E non c'erano santi in paradiso in grado di fargli cambiare idea. Interpretava, ai miei occhi, la sua materia alla perfezione: 1+1 fa 2 in estate come in inverno, non c'è spazio per variazioni sul tema. E non importava se a quel risultato ci arrivavi dopo un'ora di ragionamento, di preghiere oppure in un secondo mangiando un panino, se lo scandivi con prosa perfetta e sorriso suadente (meglio sarebbe dire da paraculo) oppure con voce stentorea e con lo sguardo rivolto al pavimento. Alla fine si doveva pervenire alla soluzione indicata a pag. x del libro degli esercizi, a quella e solo a quella. Niente spazio alla fantasia per giungere a qualcosa che nessuno ancora aveva scoperto. Per me, amante della storia e della letteratura, dove invece si poteva obiettare praticamente su tutto e l'ora di lezione era il regno delle sfumature del grigio, in cui ogni argomento non era mai solo bianco o solo nero, e dove non solo contavano i contenuti ma anche il "come" quei contenuti venivano esposti, la matematica non solo mi risultava odiosa, ma addirittura intollerabile. La matematica per me era gelida nella sua astrattezza, impietosa nelle sue certezze e spietata nel suo focalizzarsi sul risultato senza ammettere requie e la consideravo quindi qualcosa di “non umano”, idea che trovava modo di rinforzarsi, sempre ai miei occhi, osservando il comportamento di tutti i compagni che eccellevano nella materia: per lo più taciturni, poco inclini alla risata stupida, scarsamente empatici, sempre pronti a dare giudizi di merito sul comportamento altrui, poco inclini ai compromessi e mai indulgenti, sempre molto interessati a capire come funzionavano le cose invece delle persone. E quanto li “odiavo” nel vederli risolvere in fretta e con naturalezza problemi che invece impegnavano la mia mente fino allo sfinimento, per arrivare poi a soluzioni del tipo “f(x) tende a infinito quando x > (2-a) e invece tende a 0 quando x tende a 0 e perde di significato per tutti gli altri valori di x appartenente all’insieme dei numeri reali.” – “E ‘sti cazzi! Chi se ne frega! Vuoi mettere il piacere della scoperta del mondo che c’era dietro le rime di Dante, i versi Foscolo, i testi di Goldoni o di Molière? Per non dire dei contenuti, che a loro volta erano in grado di aprire universi sulla imprevedibilità del comportamento umano e sulla finitezza del suo pensiero, altro che “f(x) che tende a infinito.”
In realtà chi era privo di fantasia ero io e non “loro”. Sono loro che hanno cambiato il mondo, che dietro quegli X > (2-a) hanno saputo trovare il modo con cui “obbligarci” a doverci confrontare ogni giorno con la loro logica binaria maneggiando gli strumenti con cui le loro invenzioni hanno riempito il nostro quotidiano.
E chi se frega poi se questo ha fatto alzare alle stelle lo stress da lavoro correlato e le malattie connesse, se le loro invenzioni stanno sostituendo gli uomini dai posti di lavoro, se la logica del risultato ad ogni costo è penetrata in maniera cancerogena in ogni ambito delle relazioni umane, se i gingilli figli delle loro f(x) hanno “aumentato” le nostre facoltà dematerializzando e destrutturando i rapporti tra le persone di ogni età, sesso e censo, distribuendo indiscriminatamente a tutti poteri extrasensoriali che non avevano neanche gli dei dell’Olimpo e che stanno trasformando tutti gli adolescenti in degli analfabeti emotivi?
“Loro” cosa rispondono? Rispondono gelidamente e senza empatia, più o meno come facevano a scuola quando erano i primi della classe, guardandoti come si può guardare un “minus” e con l’aggravante anche di essere pigro e con poca voglia di studiare: “E cosa c’entriamo noi con tutto questo? E’ colpa dell’uomo che usa male le cose che abbiamo inventato. Siete voi che non volete studiare, che siete troppo emotivi, che utilizzate le nostre invenzioni in modo irrazionale.”
Hanno ragione anche adesso, come ce l’avevano allora. E’ l’uomo a essere fragile. Irrimediabilmente fragile. Disfunzionalmente fragile. Come me.
Meglio le macchine.
Appunto.
Ma i matematici non sono forse uomini anche loro? Oppure hanno delle funzioni cerebrali che provengono da un’altra specie, come ho spesso pensato durante gli anni della scuola, quando proprio non riuscivo a capire perché il loro cervello sembrava programmato nel risolvere integrali e studi di funzione come lo era il mio quando si trattava di mangiare perché avevo fame. Un giorno domandai a uno di questi “superdotati” se non considerasse paradossale il tipo di risposta che davano quando qualcuno osava mettere in discussione l’utilità delle loro scoperte, ovvero che la colpa è dell’irrazionalità e della fragilità dell’uomo se poi i social media diventano il sottobosco della specie. La risposta fu come sempre risolutiva, senza possibilità di repliche: “Me lo domandi perché non conosci la materia, la matematica è piena di paradossi; ti basta andare su wikipedia e ne troverai almeno 24.”
Anche in questo caso avevano ragione loro.
Siamo già immersi in una società che chiede sempre di più agli umani prestazioni da macchina, da valutarsi come lo si farebbe per un tornio o per uno smartphone (pratiche/ora piuttosto che pezzi/minuto o clienti conquistati/clienti contattati mentre nel contempo si perfeziona l’aggiornamento professionale, si leggono mail, si effettuano pagamenti on-line e si è disponibili a riempire ancora la nostra memoria a lungo termine senza appesantire troppo quella di lavoro) mentre allo stesso tempo s’investono miliardi di dollari per sviluppare macchine sempre più “intelligenti”, in grado di riconoscere persino le emozioni, e provare empatia per risultare “più umane”.
Più paradossale di così.
Appunto.
Hanno sempre ragione loro.
Terminator genesis.              
O, più semplicemente, Terminator genesi?

P.S.: immagino i volti pieni di compassione e misericordia degli amici matematici mentre leggeranno il testo, molto simili a quelli di un giudice che assolve per "manifesta incapacità di intendere e di volere" l'imputato reo confesso.

sabato 4 gennaio 2020

SPECCHIO, SPECCHIO DELLE MIE BRAME


« Chi vede correttamente la figura umana? Il fotografo, lo specchio, o il pittore? » Domandò Pablo Picasso ordinando un rojo andaluso. « Più faccio il mio lavoro, più mi rendo conto che gli esseri umani sono sprovvisti di buoni specchi. E’ durissima per gli altri spiegare a noi come ci vedono e durissima per noi spiegare agli altri come ci sentiamo » Replicò sconsolato il regista John Green. A quel punto intervenne Paulo Coelho « Lo specchio riflette esattamente ciò che vede: non sbaglia perché non pensa. » « Balle! » interruppe l’oste mentre stava servendo il bicchiere di cachaça che aveva ordinato lo scrittore « Anche lo specchio migliore non riflette il lato al buio delle cose! » « In ogni caso meglio non romperli gli specchi! Altrimenti ci aspettano 7 anni di disgrazie! » s’intromise la giovane e bella cameriera mentre passava di lì per servire il tavolo a fianco. « Vi prego con tutto il cuore, allora: rompete tutti gli specchi che potete » fece di colpo sentire la voce l’arzillo vecchietto che al bancone stava festeggiando il suo novantesimo compleanno.

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