giovedì 29 giugno 2017

A PROPOSITO DI AMORE

Nelle lingue Occidentali la parola Amore non distingue i vari significati di cosa si intenda. Per esempio: "Amo Dio" "Amo mio marito o mia moglie" "Amo la pizza". Ha la parola amo, in questi 3 casi, lo stesso significato? Certamente No. Il Greco invece ha 5 differenti parole e/o espressioni per la nostra "Amare":

- AGAPE - ἀγάπη: è l’amore di intelligenza, di ragione e comprensione, accoppiato con il corrispondente proponimento. In questo, il suo concetto, è superiore a qualsiasi altra forma d’amore. In sostanza "Agape" è una permanente attitudine di benevolenza verso gli altri, senza alcuna condizione. È amore disinteressato, che non si aspetta nulla in ritorno.

- PHILOS - φίλος: esprime l’amore di affetto personale, o di piacere, includendo anche le passioni dove il contenuto lo richiede, senza coinvolgere però intelligenza o alti proponimenti; questo concetto pone il verbo "amare" ad un livello inferiore di Agape. Philos esprime un sentimento che trova attrazione nell’altra persona e che si aspetta necessariamente una qualche forma di ritorno.

- TELOS – τέλος è il desiderio di fare una cosa, di voler fare, il desiderio anche ardente di mettersi in mostra in vista di un fine ben specificato.

- EROS - ἔρως invece esprime il desiderio sensuale e sessuale, di copulare, fare sesso. Eros è attrazione fisica, spesso confusa con amore nel significato di Philos. Per esempio, le persone spesso si sposano per Eros, qualche volta per Philos, raramente per Agape e purtroppo non sempre (o quasi mai?) per Agape, Philos ed Eros insieme.

- STORGE’ - στοργή è infine l’affetto fra familiari, fra compagni, fra i soldati in trincea, indica anche il piacere nel giocare assieme.

La parola "Amore" e le sue coniugazioni, appaiono 290 volte nel Nuovo Testamento, di cui: Agape 258 volte, Philos 31 volte e Telos 1 volta sola, nel Vangelo di Marco (Mar 12:38) a proposito degli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti ed essere salutati nelle piazze.

L’Amore nel senso di Agape dunque è paziente, è benigno, non reca invidia, non si mette in mostra, non fa tendere alla ricerca delle cose proprie, al sospetto del male, non permette di rallegrarsi innanzi all’ingiustizia, ma fa gioire con la Verità, fa tollerare ogni cosa, sperare e sopportare ogni cosa e, soprattutto, non viene mai meno.


Quando però si dissolve Agape e sfuma Philos ciò che resta produce quanto segue


Non c’è rimedio alle tempeste dell’anima.
Non c’è riparo che ti possa mettere in salvo.
Non c’è luogo in cui tu possa essere al sicuro.
Nessun esercito può difenderti.
Nessuna corazza.
Nessun ombrello.
Nessun paracadute.
Nessuna rete di salvataggio.
Nessun salvagente.

Fino a che lei non si placa, non c’è salvezza.

E tu non puoi sapere né quando né come lei si placherà.
Puoi solo mettere in campo coraggio e rassegnazione.

L’Amore è come il Demonio.
Una volta che gli hai liberamente donato l’anima,
lui non te la rende più,
se non prima di averti completamente distrutto.

Cambridge, 30 ottobre 2010

mercoledì 28 giugno 2017

OSSERVAZIONI "NUMEROLOGICHE"

Chi ha avuto la fortuna di leggere "Il Pendolo di Foucalt" di Umberto Eco ha visto una chiara dimostrazione di come i numeri si prestino alla perfezione per validare - spesso arbitrariamente - qualsiasi tentativo di creare legami e/o nessi di causalità tra fatti e/o fenomeni che non hanno in superficie - ma il più delle volte anche in profondità -  alcun nesso causale o legame. In quest'epoca caratterizzata da una crescente e mastodontica disponibilità di dati ed informazioni, chiunque, dotato del "minimo sindacale" in fantasia e creatività,  utilizzando i numeri può "partorire" qualsiasi tipo di teorema, spesso dotato di grande fascino. Per questo sempre maggiore deve o dovrà essere l'attenzione per la fonte delle notizie, non solo in relazione alla sua competenza, ma anche - o soprattutto - ai processi di creazione e diffusione di notizie e "teoremi" e delle finalità, palesi o meno, del "Creatore".  Vi propongo un esempio, basato su mere osservazioni fenomenologiche. Impressionante la presenza del numero cinque in natura: oltre ai 5 sensi nei mammiferi, 5 è il numero delle dita di mani e dei piedi nell’uomo, 5 sono le specie degli essere viventi (animale, vegetale, funghi, monere, protisti), 5 sono le classi in cui è diviso il regno animale (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci), 5 sono le droghe di origine naturale prodotte dal mondo vegetale (i derivati dalla cannabis, la morfina dall’oppio, l’alcool dalla vite, la nicotina dal tabacco e la cocaina  dalle foglie di coca),  5 sono gli strati che formano l’atmosfera terrestre (troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera ed esosfera) nonché 5 sono gli strati che formano la Terra (crosta o litosfera, mantello superiore, mantello inferiore, nucleo esterno e nucleo interno), così come 5 sono le fasce climatiche riscontrabili nel nostro pianeta: zona climatica fredda, tra il polo Nord ed il circolo polare Artico, zona climatica temperata tra il Circolo polare Artico ed il tropico del Cancro, zona climatica calda o equatoriale tra il tropico del Cancro e quello del Capricorno, zona climatica temperata tra tropico del Capricorno e circolo polare Antartico e zona climatica fredda tra Circolo polare antartico e polo Sud.
Cinque sono le vocali nella lingua latina così come 5 sono le declinazioni dei sostantivi; 5 sono le righe del pentagramma musicale, 5 sono ancora le più diffuse religioni (Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo, Buddismo ed Induismo) così come 5 sono i libri contenuti nella prima parte della Bibbia, noti come Torah per gli Ebrei e Pentateuco (Genesi, Esodo, Numeri, Levitico e Deuteromio) per i Cristiani. Cinque ancora sono le regole costituenti i pilastri dell’Islam, ovvero le regole che ogni mussulmano deve mettere in pratica: confessare l’esistenza di un unico Dio (Allah), Pregare 5 volte al giorno in direzione di La Mecca, Osservare il Ramadan, Praticare l’elemosina per i poveri e i bisognosi e Recarsi in pellegrinaggio a La Mecca almeno una volta nella vita. Il monumento  che caratterizza l’arte buddista,  lo stupa, è composto da 5 parti fondamentali: la base, quadrata, che rappresenta la terra, la parte centrale a forma di cupola è l’acqua, la parte piramidale indica il fuoco, la parte a forma di luna crescente è l’aria mentre la parte a terminale a forma di sole rappresenta lo spazio. Nella dottrina induista, infine, l’uomo che riesce a contemplare l’identità tra Brahman e Atman raggiunge la liberazione, ovvero la salvezza dal ciclo di reincarnazioni in cui l’anima è costretta dal Samsara e la migrazione delle anime avviene attraverso 5 fuochi sacrificali. 
Volendo dare un Senso a tutto questo concludo citando le parole del mistico indiano Shri Ramakrishna:

“Un lago ha diverse rive. Ad una gli indù con vasi attingono il liquido e la chiamano jal, ad un’altra i mussulmani l’attingono con otri e la chiamano pani, ad una terza i cristiani la chiamano acqua. La sostanza è una con nomi differenti e perciò ognuno va ricercando la stessa sostanza; solo il clima, l’indole ed il colore creano differenze. Lasciate che ogni uomo segua la sua Via.”

lunedì 26 giugno 2017

VIAGGIO NELLA " LIBERTA' "

Come mia abitudine inizio il viaggio partendo da un analisi, ancorchè sommaria e parziale, del significato etimologico della parola LIBERTA’, allargando il raggio dell’indagine a diversi idiomi spinto dall’assunto che nel linguaggio si celino molto spesso i valori e la cultura di un popolo.
Presso i popoli latini il concetto di libertà in tutte le sue varie accezioni (politica, di pensiero, di parola ecc.) è espresso da un unico vocabolo che deriva dal termine latino LIBERTAS a suo volta originato dal nome LIBER che anticamente serviva per identificare, tra le altre cose, i figli di colui che aveva lo status di pater familias e godeva dei diritti di civis romanus.
E così abbiamo LIBERTE’ in francese, LIBERTAD in spagnolo, LIBERDADE in portoghese, LIBERTATE in rumeno e naturalmente LIBERTA’ nella nostra lingua madre.
Il concetto di LIBERTA’ nei popoli latini trova quindi matrice comune in uno status personale che attraverso l’appartenenza  alla cellula di quella società, LA FAMIGLIA, garantisce l’esercizio delle facoltà personali che sono permesse dal PATER FAMILIAS in prima battuta e dal DIRITTO codificato dall’AUTORITA’ STATALE poi.
Alla luce di ciò, qui se da un lato il concetto di LIBERTA’ si origina da una situazione in cui l’individuo è ammesso a godere di pieni diritti rispetto a chi nella stessa società non ne gode (gli schiavi) o ne gode solo parzialmente (gli schiavi affrancati) dall’altro tale godimento trae origine dalla concessione del PATER FAMILIAS prima e dall’autolimitazione del potere del sovrano poi.
Anche nei popoli slavi il concetto di Libertà nelle sue diverse declinazioni trova espressione con un unico termine: SVOBODA invariabilmente in russo, ceco, slovacco, sloveno, bulgaro, SLOBODA in croato e serbo e WOLNOSC in polacco.
L’origine del vocabolo è SWOBHO-DHYOS, termine composto in slavo antico di derivazione indoeuropea che indicava il “membro di una stessa tribù” e quindi come tale, soggetto agli usi della “singola tribù” per ciò che attiene l’esercizio dei diritti e l’assolvimento dei doveri.
Nelle lingue germaniche e scandinave il termine che qui ci interessa è unico per definire il concetto: FREIHEIT in tedesco, FRIHET in norvegese e svedese, FRIHED in danese, FREEDOM in islandese e deriva dall’antico sassone FREIHALS che indicava coloro che avevano libero il collo, ovvero che non erano proprietà di alcuno e facevano anche qui parte a pieno titolo dell’unità cellulare in senso normativo, che non era la Famiglia ma bensì la tribù.
L’unica popolazione che utilizza due termini diversi per riferirsi alla Libertà è quella inglese, ovvero LIBERTY o FREEDOM; se i due termini siano da considerare sinonimi o meno è questione ancora controversa e assai dibattuta tra gli studiosi di linguistica.
Mi limito a riportare che l’esistenza dei due termini si spiega con la peculiarità della lingua inglese che per ragioni storiche si trova composta per il 30% di termini derivanti dal sassone antico, dal 60% dal franco-normanno e dal restante 10% dal greco antico e dal latino medioevale; evidente che il termine LIBERTY risulta dall’importazione del franco-normanno a base latina e FREEDOM di stretta derivazione sassone-scandinava.
Come abbiamo notato il diverso significato originario del termine LIBERTA’ nel mondo latino rispetto a quello slavo-sassone, sembra dar maggior credito alla teoria per cui i tue termini in lingua inglese descrivano sfumature diverse a seconda della classe sociale che utilizzava il vocabolo: la classe nobiliare che usava la lingua di corte (ovvero il franco-normanno e il latino) ed il popolo che utilizzava il sassone.
Concludo queste riflessioni con una veloce, ma credo significativa, puntata nel mondo arabo, ove l’unico termine in qualche modo traducibile con Libertà è HORRIYAH che significa in realtà AFFRANCAMENTO in senso giuridico; infatti il vocabolo HORRIYAH è comparso per la prima volta nel testo di un accordo commerciale datato 1774 intervenuto tra russi e turchi in riferimento a schiavi che venivano emancipati (Hurr).

A tale proposito giova ricordare le tremende difficoltà che nel 1799 ebbero i comandanti dell’armata napoleonica in Egitto per spiegare invano ai notabili locali il reale significato e la portato di uno dei tre pilastri che costituivano il trinomio della rivoluzione francese.

domenica 25 giugno 2017

MUTAMENTI

« Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma »

Una prima chiave di lettura, potrebbe essere la seguente: ogni Entità cela dentro di sé non solo il germe del suo sviluppo ma anche quello della sua putrefazione, sia questa Entità l’Individuo oppure un’Organizzazione di singoli individui. Ci siamo mai chiesti perché in tutte le cose c’è un inizio ed una fine ? E come se la natura ogni volta si preoccupasse di voler terminare un ciclo in cui però la fine non è esattamente identica all’inizio, anzi la sua unicità è tale che non potrà essercene un altro nelle stesse condizioni. Ma la fine di un ciclo potrebbe essere appunto l’inizio di un nuovo ciclo che procede in natura con una sorta di “finalismo”. Quando Giovanni, nell’Apocalisse, fa dire al suo Cristo:”Io sono il Primo e l’Ultimo, l’Alfa e l’Omega, l’Inizio e la Fine, l’Origine e il Punto d’arrivo”, voleva forse dirci che questo processo lo si riscontra nell’esistenza dell’uomo e degli organismi viventi  in generale? A dissolvere la materia ed interrompere il funzionamento meccanico di un organismo vivente possono certo concorrere incidentalmente anche agenti esterni imprevedibili, si pensi ad esempio il proiettile sparato da un’arma da fuoco che lede gli organi vitali oppure agli esiti di un incidente stradale o più in generale tutte le volte in cui l’organismo non è in grado di fronteggiare forze naturali di origine a lui esterna (un crollo, un naufragio ecc..). Escludendo però tali eventi incidentali scopriremmo che in tutti gli altri casi, che rappresentano una netta maggioranza, la putrefazione del corpo è causata da malattie originate da agenti interni all’organismo stesso; la Vita che un giorno è germinata grazie alla fusione degli elementi maschile e femminile nel mondo animale e dalla fusione del seme con gli altri elementi della Natura nel mondo vegetale, anche si potessero neutralizzare tutte le cause incidentali, è già stato codificato e programmato ad origine che un giorno la Vita stessa abbandoni ineluttabilmente la materia che temporaneamente l’ha ospitata.
Gli uomini muoiono e le istituzioni si sciolgono, ma ciò accade senza che individui e organizzazioni svaniscano nel nulla: l’Umanità continua a sussistere con la necessità invariabile di progredire e il progresso avviene sempre incorporando e integrando necessariamente  “la putrefazione” del singolo o di una comunità.
“Nulla si crea o si distrugge, tutto si trasforma” .


venerdì 23 giugno 2017

LO STUDIO DELLA STORIA HA VALORE INFORMATIVO O FORMATIVO?

Nessuno si conosce, fin quando è soltanto se stesso e non è insieme anche un altro.
August W. Von Schlegel citato da H. von Hofmannsthal ne “Il Libro degli Amici”

Di norma il titolo di qualsiasi elaborazione e/o contributo intellettuale, tende ad anticipare la tesi che sostiene o che nega l’autore e a cui lo stesso perviene dopo lo svolgimento del ragionamento-opera personale che lo conduce a tale conclusione; l’incipit del lavoro che segue invece lascia al fruitore il dubbio su quello che  possa essere il pensiero dell’autore e lo stimola ad una duplice riflessione preventiva: quale potrà essere la personale risposta data alla quaestio e quale quella di chi scrive. Al termine, quando il dubbio verrà sciolto, sia che lettore/uditore e autore si trovino in sintonia o meno, il destinatario della domanda potrà aver rafforzato, modificato e/o addirittura creato ex novo il suo convincimento sulla questione posta grazie al lavoro altrui. Già nella forma – interrogativa - in cui si propone il titolo si cela dunque un possibile universo da scoprire per coloro che si riconoscono nei seguenti versi di Dante Alighieri:

 «O voi ch’avete l’intelletti sani

Mirate la dottrina che s’asconde

 Sotto il velame delli versi strani! »

(Inf. IX, 61-63)


Nella comunità scientifica lo studio della psiche ha conosciuto un grande sviluppo dal momento in cui il medico ebreo di nascita morava Sigmund Freud intuì che, spingendo l’individuo a narrare a lungo e in profondità  i suoi vissuti utilizzando il metodo delle libere associazioni, era possibile far salire dall’oscurità dell’inconscio verso la luce della consapevolezza quanto necessario per elaborare i traumi e migliorare lo stato di salute della persona.
Se avviciniamo questa osservazione dal microcosmo individuale al macrocosmo collettivo non possiamo non interrogarci sulla possibile e formidabile valenza dello studio della Storia di una qualsiasi comunità o aggregazione regolamentata tra esseri umani, quale metodo per comprendere non solo chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando, hic et nunc, ma anche per elaborare i traumi passati e quindi migliorare lo stato di benessere sociale.
E sottolineo, non la Storia in sé (l’insieme dei fatti, dei personaggi, dei luoghi, degli eventi, delle date ecc. ecc e neppure il compendio delle conclusioni degli studi sui processi storici) ma lo studio stesso della Storia: ciò che conta è il processo formativo e non il risultato informativo a cui si perviene in un dato momento storico, sempre suscettibile di acquisire nuovi e anche imprevedibili significati successivamente, proprio in virtù della continua opera che sviluppa il processo.
Se la formazione è il processo dinamico di acquisizione verificata della Conoscenza e invece  l’informazione è il dato statico della conoscenza hic et nunc soggetto all’usura senza la continua opera di formazione, credo che quale sia il mio pensiero circa il quesito posto in cima al presente scritto non abbia bisogno di una manifestazione esplicita.

«Quando mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,

né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,

vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;

ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.

L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
e l'altre che quel mare intorno bagna.

Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov' Ercule segnò li suoi riguardi

acciò che l'uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra già m'avea lasciata Setta.

"O frati", dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d'i nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".



Dante Alighieri – Inferno, canto XXVI, 90-120

mercoledì 21 giugno 2017

LIBERTA' E RESPONSABILITA'

Essere Uomo è precisamente essere responsabile
Antoine de Saint-Exupéry – Terra degli Uomini

Il termine Responsabilità è declinato in molteplici ambiti e assume via via significati diversi a seconda del contesto in cui viene usato: si pensi all’ambito giuridico dove è sinonimo di imputabilità oppure al mondo delle scienze naturali in cui il termine assume invece il significato di causalità o ancora alle scienze sociali dove si fa riferimento direttamente ai risultati prodotti da un determinato agire di carattere razionale. Come mio costume, nel tentativo incompleto di trovare una sorta di significato unificante ad un concetto o un principio che costituisce un frammento del Logos, procedo in principio orientandomi con la bussola del significato etimologico che in sé cela e conserva tale frammento. Nella nostra lingua il termine Responsabilità deriva in prima battuta dal tema latino di responsus – participio passato di respondere - rispondere  e dalla terminazione bilem – facoltà di operare. Più a fondo il verbo latino respondere richiama a sua volta il prefisso re (ripetere) al tema spons – volontà, impulso. Risulta subito evidente quanto il concetto di Responsabilità sia, prima di ogni altra considerazione, legato indissolubilmente a quello di Libertà. Solo l’Uomo libero è responsabile.Infatti, l’Uomo Libero è colui che, avendo scelto in piena libertà di coscienza di aderire ad un insieme di valori e ad un sistema di regole a supporto, esercita con piena volontà il suo agire, modulandolo in aderenza a tali principi nella piena consapevolezza che del risultato della sua condotta, sia commissiva che omissiva, sarà tenuto a dare sempre conto in prima persona, senza possibilità alcuna di trasferire ad altri le cause degli esiti che si manifestano in concreto.Dunque prima avviene la scelta deliberata, poi l’agire conforme con l’obbligo di assumersi la responsabilità in caso di risultati o di condotta non coerente alle ragioni o agli obiettivi della scelta e quindi l’assunzione di responsabilità non va intesa come mera imputazione a scopo sanzionatorio della non coerenza ma nel senso invece del sorgere del dovere di ripetere la volontà iniziale tradita per eliminare o correggere il risultato non desiderato che è stato conseguito. All’opposto del senso di colpa, che mira alla punizione fine a se stessa e porta alla paralisi del soggetto che ha agito, l’assunzione di responsabilità induce a ripristinare con maggior vigore gli obiettivi di partenza, definendoli eventualmente al meglio ed eliminando ciò che nel cammino ne ha nel frattempo ostacolato il raggiungimento ed accettando con dignità l’eventuale sanzione connessa, sia questa di ordine giuridico, materiale, sociale e/o spirituale.    A mente di ciò, molti hanno concluso che laddove si neghi all’Uomo la possibilità di scegliere liberamente i principi etici e morali su cui fondare il proprio agire, lo si renda di fatto non responsabile delle sue azioni e c’è chi si è spinto ancora più oltre stabilendo che dei risultati della condotta attuata non debba rispondere colui che si è uniformato con esattezza alle regole fondanti impartite dalla comunità a cui appartiene più o meno liberamente, ma lo debba fare tutta la comunità indistintamente. Quindi nessuno.
A mio avviso non si può accettare questa conclusione.Se è vero che l’Uomo Libero è responsabile è necessariamente vero che solo l’Uomo Responsabile è Libero.Come suggerisce l’incipit, essere Uomini significa dover continuamente e necessariamente fare delle scelte, le più disparate e per essere Uomini Liberi tutte le scelte debbono essere compiute con Responsabilità, ovvero valutando le implicazioni di ogni natura che queste hanno per noi stessi e per gli altri, in ragione del fatto che ogni scelta, anche per paradosso quella di non scegliere, genera sempre un mutamento prima nel nostro microcosmo e in seguito quindi anche nel macrocosmo che ci circonda. Delegare ad altri le scelte che ci competono non ci leva dalla responsabilità e men che meno ci assolve dalle eventuali conseguenze negative o indesiderate provocate dall’agire del delegato ma ci rende solamente Uomini zoppi che a fatica si muovono al buio nel loro quotidiano, come piume sospinte dove capita dal capriccio delle correnti.   Solo l’attitudine, coltivata con pazienza e determinazione, a saper compiere le scelte  in modo responsabile e la piena assunzione delle responsabilità per le proprie azioni permettono all’Uomo di vivere nella Verità e quindi, in estrema analisi lo rendono Libero.Se nel mondo antico si riteneva che il destino dell’Uomo fosse legato al volere e spesso anche ai capricci degli Dei e per questo egli non fosse responsabile del suo agire, se nell’età di mezzo s’insinuò in Europa grazie agli scritti di San Tommaso D’Aquino, di sant’Agostino e di Erasmo da Rotterdam il concetto del libero arbitrio che condusse i primi Umanisti  a statuire che Homo faber ipsius fortunae - Ognuno è artefice della propria sorte, solo nel 1916 Max Weber nel suo saggio Tra due leggi evidenziò l’esistenza del dualismo tra l’etica dei principi (Gesinnungsethik) - anche detta etica delle intenzioni o delle convinzioni - e l’etica della responsabilità (Verantwortungsethik). La prima forma di etica fa riferimento a principi assoluti, che assume a prescindere dalle conseguenze a cui essi conducono: di questo tipo sono, ad esempio, l’etica del religioso, del rivoluzionario o del sindacalista, i quali agiscono sulla base di ben precisi principi non negoziabili, senza porsi il problema delle conseguenze che da essi scaturiranno anche in capo a coloro che non condividono i loro assunti. Si ha invece l’etica della responsabilità in tutti i casi in cui si bada al rapporto mezzi/fini e alle conseguenze in generale. Senza assumere princìpi assoluti, l’etica della responsabilità agisce tenendo sempre presenti le conseguenza del suo agire per tutti i destinatari: è proprio guardando a tali conseguenze che essa agisce. In conclusione, se mai fosse possibile codificare "un’etica della responsabilità", io credo che questa possa scorgersi proprio dalla fusione di questi due principi che Max Weber riteneva inconciliabili, ovvero che nessuna Istituzione o Comunità umana possa propinare un unico principio assoluto da seguire a prescindere da ogni conseguenza, anche la più nefasta: non ci sono principi assoluti che permettono di spogliarsi del dovere di assumersi personalmente la responsabilità del proprio agire nel senso che ho cercato di dare in questo scritto.

martedì 20 giugno 2017

RITI D'INIZIAZIONE - LA VISITA DI LEVA

16 marzo 1984 - Ed anche questa è superata! La visita di leva da stasera è solo un ricordo anche se ora c'è la forte impressione che da oggi la mia vita avrà un cambio netto, senza dubbio a livello psicologico; è solo una sensazione, per cui si vedrà! Cosa dire di questi tre giorni? Sono stati il primo importante approccio con la vita militare che tra non molto mi coinvolgerà per intero. Debbo dire che sono un po' preoccupato per il mio futuro in grigioverde: ho chiesto di entrare nell'Arma dei carabinieri o nella Polizia di Stato, attirato dal guadagno di 900 mila lire al mese in luogo delle 70 mila che spettano al soldato di leva; la contropartita però è il reale rischio della propria vita per un anno intero, dati i tempi che corrono. Questo pensiero mi impedisce il sonno stasera. Devo stare calmo, ancora non è arrivato il momento. In ogni caso questi tre giorni di leva sono stati anche un inatteso divertimento e sono serviti per conoscere altre persone e rafforzare altre amicizie. Non vi scorderò tre giorni di leva.
E se proprio non dovessi riuscire ad arruolarmi nelle forze dell'ordine, durante il colloquio finale ho chiesto al maggiore che mi intervistava di segnalarmi per i Granatieri di Sardegna; lui mi ha guardato con occhi sgranati e m'ha detto: "Un friulano che non vuol fare l'Alpino? E poi perché proprio i Granatieri di Sardegna?" "Perché se proprio devo dare una anno alla Patria preferisco andare lontano da casa e da quello che so i Granatieri hanno la caserma a Roma, fanno i picchetti al Quirinale e per me Roma è la città più bella del mondo." Il maggiore mi ha sorriso e mi ha "congedato" dicendomi: "Lasci perdere i Granatieri, resti in Friuli e vada a Roma e al Quirinale come turista. Mi creda." 

P.S.: prima di terminare gli studi universitari e discutere la tesi di laurea un paio di mesi dopo il congedo, fui arruolato nell'Arma dei Carabinieri, 170° corso ACA, Scuola Allievi Carabinieri di Torino, II Btg. di Fossano (CN) e trasferito, al termine dei tre mesi di corso, alla Regione CC "Friuli Venezia Giulia", Stazione di Codroipo, la stessa località dove mio padre, nella foto, aveva svolto dodici dei 15 mesi del suo servizio militare come caporal maggiore nei Lancieri di Novara.

lunedì 19 giugno 2017

PASSATO, PRESENTE E FUTURO

La vita è adesso - Life is now - qui ed ora - esiste solo il presente ... nella quotidianità si ascoltano spesso "inviti" come questi: esortazioni che giungono da più parti - psicologi, amici, pubblicitari, filosofi, autori - a non andar via con la mente in tempi "morti" perché irrimediabilmente passati e non più raggiungibili e altrettanto a non spostare le attenzioni su ciò che ancora non è "nato". Certo, a passare molto del proprio tempo fissando nostalgicamente ciò che è stato si diventa nel tempo presente dei fantasmi corporei, come ci ricorda lo scrittore serbo Filip David - I nostri cuori e i nostri pensieri sono colmi di ricordi. Cos'altro siamo noi se non spettri - oppure a continuamente favoleggiare nei dettagli le opere e i traguardi che nel futuro ci renderanno la felicità ci trasmuta allo stesso modo in ectoplasmi dotati di carne ed ossa. Vivere concentrati esclusivamente sul tempo presente come se non ci fosse fosse stato un ieri e non ci possa essere un domani ci porta allo stesso modo fuori dal tempo e quindi dalla condizione umana. Non è forse l'idea e l'esistenza del futuro che rende disfunzionali nel presente (e patetiche?) le relazioni tra uomini e donne divisi irrimediabilmente dall'anagrafe pur in presenza di un forte sentimento reciproco nel quotidiano? E cosa può diventare una Vita che, negando il futuro si priva di quella che Aristotele chiamava la "Causa Finale" e quindi di una direzione a cui asservire utilmente la spinta della "Causa Efficiente"? Probabilmente vagabondaggio teso ad un'insaziabile e compulsivo uso e consumo quotidiano di beni materiali e relazioni improntante all' "usa e getta" in una sorta di riedizione del mito di Kronos che divora i suoi figli? Non è inoltre la nostra storia passata che ha determinato in maniera importante assieme al nostro patrimonio genetico ciò che siamo oggi e come agiamo nel presente? E' davvero solo doloroso, inutile e dannoso trarre ispirazione, conoscere, considerare cosa già abbiamo fatto per muoverci con maggiore consapevolezza ed efficacia nel famoso "hic et nunc"? Passato, presente e futuro sono irrimediabilmente avvolti nel medesimo abbraccio con la nostra Psiche e dovrebbero coesistere armoniosamente: privilegiare un tempo o peggio ancora negarne qualcuno non può che avere effetti disfunzionali sulla Vita e sulle relazioni della persona. Abbracciarli di Senso significa far scorrere la linfa vitale. Concludo questi pensieri citando quelli di un uomo a cui, e non è certo un mistero, è andata e andrà sempre tutta la mia stima e la mia ammirazione: Enzo Bearzot: "Life is now è una cosa vergognosa. La vita non è soltanto adesso, è anche adesso, ma deve esserci un po' di passato e tanto di futuro, non si è solo ragazzini, si è stati bambini e saremo vecchi."

venerdì 16 giugno 2017

QUANDO NON C'ERANO I VOUCHER E C'ERA IL LAVORO

10 agosto 1984 - IL LAVORO: ecco il tema dominante del mese di luglio e della prima parte di agosto. E' stata una bella esperienza dove ho capito molte cose, in primis che parlare è facile e lavorare è difficile!! Ho passato tre fasi, anzi quattro. La prima durata un giorno, il primo giorno, di gioia per aver trovato un lavoro estivo in una verniciatura di sedie e quindi per poter guadagnare finalmente una bella somma e potermi pagare la patente di guida; la seconda, durata i primi 10 giorni, di totale sconforto e nella quale volevo smettere per la pesantezza del lavoro e per il clima ostile della fabbrica; la terza durata 2 settimana di totale tranquillità per essermi adattato ai ritmi di lavoro (sveglia alle 7, pranzo in pizzeria senza aver il tempo di digerire, rientro a casa alle 18,00 dopo 9 ore di fatiche assortite) e alle dinamiche tra le persone dentro la fabbrica. L'ultima fase, infine, caratterizzata dalla spasmodica attesa della fine dell'esperienza e del pagamento del salario. Morale della "favola": se durante il lavoro non vedevo l'ora di finire, adesso quasi rimpiango quei momenti; così è la vita. Concludo con una carrellata di immagini significative di questo periodo: l'arrivo in fabbrica con i soliti 5 minuti di ritardo, la vecia che mi sgrida, la sosta per il caffè a metà mattina, le chiacchierate con Paolo mentre assembliamo le sedie, l'orologio della fabbrica che segna le 18,00, i pranzi in velocità leggendo avidamente la Gazzetta dello Sport, la doccia a casa rientrato dal lavoro con addosso l'entusiasmo per l'uscita serale a Cividale per incontrare gli amigos, il momento della paga in cui il paron mi congeda e mi consegna in contanti 12 banconote da 50.000 lire!!!!! - mai viste tutte insieme nella mia mano in tutta la vita!   

giovedì 15 giugno 2017

GITE SCOLASTICHE AI TEMPI DELLA GUERRA FREDDA

23 marzo 1984 - Oggi cercherò di fare in modo che la gita a Vienna rimanga ben impressa anche quando la memoria inizierà a tradirmi. E' stato bello poter agire in libertà, padrone delle mie azioni in un contesto assai diverso dal quotidiano. Mi sono anche entusiasmato a tener alto il nome della mia Terra ma sorprendentemente non quello dell'Italia ma bensì quello del Friuli. Come del Friuli? La presenza contemporanea nell'albergo di comitive di coetanei provenienti più o meno da tutte le parti d'Italia mi ha fatto capire quanto noi italiani siamo proprio diversi e gelosi della propria città, per nulla nazionalisti e tanto ma tanto campanilisti. Ma si può? Essere tutti italiani, all'estero, e passare il tempo a darci l'uno contro l'altro litigando per il calcio?? In ogni caso, in questa lotta "fratricida", siamo riusciti a tenere alta la "friulanità" tra tante e tante risate, in mezzo a romani, milanesi, bergamaschi, pisani e napoletani. Ora basta con le considerazioni e largo alle immagini: la corsa in Vespa la mattina della partenza assieme a Michele al distretto militare di Udine per ottenere il nulla-osta (rivelatosi un'inutile bufala) quale piacevole incipit, i canti nella corriera tutti insieme pregustando il grande evento, la prima fermata in Austria impattando con un ubriaco che impreca contro l'Italia, l'arrivo al Park Hotel Schoenbrunn ed il grande stupore per la sua grandezza ed il lusso certamente inatteso, l'amicizia con Pino e gli altri romani de Roma dopo aver quasi sfiorato la rissa con loro, la radiosa giornata nel parco del castello di Schoenbrunn dove gli scoiattoli si avvicinano quasi fino ai tuoi piedi, la seconda notte in albergo quando tento alle 4 di mattina di addormentarmi mentre sento la voce di Pino che racconta la sua vita a Livio, Zippo e Martina, la poltrona della nostra camera che si disintegra sotto i colpi di Ettore "er Bocchinaro" e Fulvio "er Banana" e Renato "er Dormiente", Carlo che si esalta per le vie di Vienna dando spettacolo, Manzo ed io che ci "perdiamo" al Prater porconando perché abbiamo dovuto abbandonare due ragazze austriache appena conosciute al luna-park per ricongiungerci alla comitiva che ci attendeva impaziente in corriera, le telefonate alla 244, la "Corriera supper culo", le "pipare" della della 953, i romani che staccano dai muri gli estintori a polvere e li svuotano azionandoli penetrando nelle camere all'urlo di "Ao' qui cestànno zanzare",  i terribili pasti al Wortner, le facce stravolte dei camerieri e dei japaner, l'immangiabile pane al finocchio del Grinzing, le telefonate a casa per sapere i risultati dell'Udinese e delle altre partite della serie A e l'improvvisata partita a calcio contro gli austriaci nel parco del Prater e persa per 5-1 ...     

mercoledì 14 giugno 2017

SCRIVERE

Si dice che scrivere sia un atto simile al parto, perché permette di dare forma all’informe e rendere fruibile all’uomo ciò che arriva direttamente dal mondo platonico delle Idee e quindi da ciò che non è umano ma divino. Chissà, forse perché sono maschio e posso conoscere le gioie e i dolori della maternità al massimo per via indiretta come osservatore partecipe, la scrittura ha sempre esercitato su di me un fascino irresistibile, avendolo scoperto come un atto di creazione nel senso di cui ho accennato più sopra: trasformare il pensiero intangibile di un attimo fuggente in qualcosa di tangibile che lascia una traccia capace di arrivare ai sensi dell’altro, non solo per un istante effimero come fa la parola, ma addirittura di sopravvivere alla morte.

martedì 13 giugno 2017

I SOGNI MUOIONO A FAGAGNA

8 giugno 1983 - Oggi è svanito un sogno. Proprio quando era ad un passo dall'avverarsi si è dissolto del tutto. Peccato. Si, in questa calda serata di giugno in un campo vicino a Fagagna il nostro sogno di arrivare in finale e vincere, dopo il campionato zonale anche quello provinciale, si è sgretolato proprio quando era vicinissimo a diventare realtà. Due immagini su tutte: il nostro portiere, in lacrime, mentre tutto era già finito e le luci dei fari erano spente, solo in mezzo al campo, al buio, che cerca di smaltire la delusione fumando una sigaretta. E poi noi quattro, gli ultimi quattro che sono rimasti davanti all'ingresso degli spogliatoi una volta rientrati a Cividale, che non vogliono andare a dormire e continuano a pensare e recriminare sullo spareggio perso come se fosse possibile tornare indietro e rigiocarlo, vengono zittiti dalle note del "silenzio" che giungono dalla vicina caserma e che ascoltano, senza più fiatare, annegando in un pianto collettivo la delusione. E così l'avventura calcistica della Cividalese Allievi 1982/83 è finita; una cosa è certa: il ricordo di ciò che mi ha insegnato mi seguirà per tutta la vita. 

IL TEMPO PASSA. E NON SENTIRLO.

20 giugno 1983 - E' tempo di elezioni. Anticipate. Come sempre. E' da tempo immemore che una legislatura non termina il suo mandato e questo a mio avviso è specchio fedele della situazione sociale italiana, ovvero un gran casino! La causa, sempre secondo me, si riscontra nel menefreghismo completo dell'italiano medio nei confronti della "cosa pubblica"; la partecipazione alla vita politica del paese è per lo più diventata passiva, un vero spirito democratico manca in larga parte della società civile. Il fatto che esistano poi più di 10 partiti parla da solo, sin troppo chiaramente. Perché manca unità e prevale il "fazionismo"? le ragioni sono diverse: vicende storiche, motivazioni geografiche e bla bla bla. Del resto cosa è lecito aspettarsi da un Paese avviluppato da sempre nei dogmi della religione cattolica, che nelle masse ha accettato supinamente 20 anni di dittatura fascista e che è diventato repubblica da neppure 50 anni e solo a seguito di una guerra persa e di un referendum istituzionale vinto di stretta misura?   

lunedì 12 giugno 2017

TRAGEDIA GRECA

25 maggio 1983 - NIENTE SCONFORTA PIU' DEL FATTO DI PERDERE ALL'ULTIMO SFORZO QUELLO CHE SI E' COSTRUITO DA MESI. - Oggi ho avuto l'ennesima dimostrazione da di come le cose e le situazioni terrene sono indecifrabili e aperte a qualsiasi risultato. La favoritissima Juventus ha perso stasera contro l'Amburgo la finale della Coppa dei Campioni, unico agognato trofeo che ancora manca nella sua bacheca. La squadra italiana, composta da 6 freschi campioni del mondo e da altri fuoriclasse formidabili e quotatissimi è stata sconfitta in maniera netta, come pochi avrebbero osato pensare. Prima della gara tutti a dire, gli juventini - abbiamo già vinto, siamo i più forti - e invece hanno perso senza appello; e ora verranno sonoramente sfottuti da chi ha dovuto subire per mesi e mesi la loro rumorosa presunzione e l'insaziabile vanagloria. Bisogna sempre tener per sé le idee e parlare, urlare e anche sfottere se vogliamo, solamente a risultato acquisito. In tutti i campi, non solo su quelli da gioco.  

domenica 11 giugno 2017

RISVEGLIO DA UN SOGNO

13 Maggio 1984 - Udinese - Milan 1-2 - Ultima di campionato - Brini 6, Galparoli 7,5, Cattaneo 6, Gerolin 5, Edinho 5, De Agostini 5, Causio (cap.) 5,5, Miano 5,5, Mauro 6, Zico 6, Virdis 6,5. Allenatore: Enzo Ferrari 5 Subentrati: Marchetti 5, Domnissini s.v. - Che schifezza! L'Udinese mi ha davvero deluso: ha concluso al nono posto dopo aver cullato persino sogni di scudetto in seguito ai risultati e al gioco delle prime giornate di campionato; di quella che doveva essere la "grande" Udinese, la squadra in grado di dar noia alla Juventus e alla Roma oggi resta ben poco e tra non molto è destinata a ritornare nell'anonimato. Ferrari se ne andrà, Dal Cin - l'uomo che ha realizzato il colpo Zico - se n'è già andato da un pezzo, la Zanussi si è defilata, pare che anche Capitan Causio lascerà per l'Inter e persino sua maestà Zico è in odore di addio. Ecco la fine dei sogni di gloria di un'intera regione; pare proprio che Sordillo, il tanto odiato Sordillo avesse avuto proprio ragione la scorsa estate nel voler negare l'acquisto di Zico dicendo che la società friulana non aveva i mezzi necessari per poter far fronte al costo-Zico. Non so che pensare.

venerdì 9 giugno 2017

TORNEO DEI BAR 1984

29 giugno 1984 - Giornata ricca di insegnamenti. Questa sera ho esordito con il "Bar Bellina" al Torneo notturno dei Bar con una squadra composta unicamente da ragazzi diciottenni in una competizione giocata abitualmente e notoriamente da vecchi marpioni del calcio locale; in più l'esordio avveniva contro la squadra favorita per la vittoria finale composta da "professionisti" dei vari tornei. Bene, sorretti da un tifo eccezionale fatto da tutto il resto della "gang" (circa una trentina di ragazzi) mediante l'uso di tamburi, trombe, bandiere, fumogeni e chi più ne ha più ne metta siamo entrati in campo timorosi ma caricatissimi. Nessuno avrebbe scommesso una cicca su di noi e gli stessi avversari negli spogliatoi ci avevano accolto fra sorrisini e commenti neanche tanto velati: insomma saremmo dovuti andare incontro ad una batosta sonora. In campo invece le cose prenderanno una piega diversa: passiamo in vantaggio tra il boato dei presenti e l'entusiasmo dei nostri "tifosi" e teniamo poi l' 1-1 fino ad 8 minuti dalla fine, facendo "sputare pallini" ai nostri increduli avversari, cedendo solamente nel finale per 4-1 ed uscendo dal campo tra gli applausi e il rispetto del "nemico". Insomma, una sconfitta che pesa come una vittoria.      

CITTA' ETERNA

29 agosto 1984 - Oggi ho visitato per la prima volta i Musei Vaticani. Opere d'arte di ogni genere: dalle mummie egiziane così affascinanti nel loro mistero alle statue dell'antichità classica così perfette nella loro armonia, ai magnifici dipinti rinascimentali, alla Cappella Sistina per arrivare all'arte moderna, parente veramente povera al cospetto dei capolavori che l'hanno preceduta. Nel pomeriggio invece, dopo la consueta "pennicchella" ho conosciuto un altro aspetto di Roma, quella che le guide non segnalano e i turisti non vedono: gli ospedali! Visitando il nonno di Stefano ho potuto mettere man o ad una delle piaghe di questa città: le condizioni igieniche ridicole, chi entra in un ospedale così rischia di prendersi qualche altra malattia invece di guarire e per non parlare dell'assistenza medica: dire che lascia a desiderare è un complimento! Insomma un macello al di là di ogni mia aspettativa negativa. Nelle borgate poi si possono trovare ammassamenti di rifiuti, case a volte sovrappopolate, nettezza urbana inesistente, traffico caotico a qualsiasi ora del giorno che ti fa anche pensare: "Ma qui chi è che lavora?". Eppure il fascino di Roma è proprio questo continuum di nobiltà e miseria, di splendore e orrore.   

giovedì 8 giugno 2017

RITORNO ALLE ORIGINI

15 luglio 1984 - Domenica ricca di piacevoli ricordi! Avevo la possibilità, finalmente, di recarmi al mare con gli amici ed invece sono stato costretto a seguire i miei ai al mare, ma al loro guinzaglio! Dopo il viaggio trascorso nel logico sconforto,  sono potuto ritornare sul luogo dove lo scorso anno posi le fondamenta della Compagnia: lo scenario era lo stesso, la stessa calda noia "lignanese" che ti avvolge e persino gli stessi olandesi che loro malgrado avevano visto nascere l'impresa osservando le lunghe e solitarie mattinate che passavo al tavolino, predisponendo lo Statuto. Fu proprio lì che idealizzai il progetto "Palcoscenico" e fu proprio lì che acquistai la necessaria determinazione: chissà, senza quelle giornate terribilmente lunghe, immerse nella quiete (o nella noia, dipende dai punti di vista), lontano da tutto e da tutti, forse non avrei fatto nulla. Chissà!! I primi pensieri, mentre calcavo quel "sacro suolo" sono stati: "Be', dopo un anno l'atmosfera è sempre la stessa: stessa precarietà, stessa incertezza, tanta passione... una cosa è diversa: paradossalmente il fatto di partire da zero mi aiutava, ora invece due stagioni già alle spalle mi hanno logorato e trasferito i loro problemi sulla vita di ogni giorno, rendendo tutto più pesante...

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NOTTI MAGICHE ANTE LITTERAM

25 giugno 1983 – Arrivo al campo mezz’ora prima del fischio d’inizio, di corsa dopo essere riuscito a fuggire da una riunione familiare ...