martedì 9 febbraio 2021

L'EPOPEA DELLA CIVIDALESE

















Il più antico sodalizio calcistico cividalese è stato l'Associazione Calcio Cividalese, più brevemente - la Cividalese - Club, all'inglese, sorto nel 1923 adottando i colori biancorossi dello stendardo comunale e  annoverabile tra i primi nati nella nostra regione e in Italia: basti pensare che l'A.S. Roma, è stata fondata nel 1927 come risultante dalla fusione di altri tre club capitolini. Ho usato il termine sodalizio perché quello era il vocabolo che veniva utilizzato al tempo per definire i gruppi organizzati in vista della pratica e del raggiungimento di uno scopo comune, adottando un vocabolo direttamente acquisito dal latino sodalicium, che nell'antica Roma individuava in origine le  associazioni , di carattere gentilizio, che esercitavano il culto di una particolare divinità. Questo la dice lunga sul grado di coinvolgimento, di spirito di appartenenza e dedizione quasi mistica che legavano i membri dei Club sportivi nell'epoca pioneristica e forse ci fa comprendere anche il perché quel termine oramai da molto tempo sia caduto in disuso nella nostra società, che fa invece del singolo e del proprio Io il centro del mondo. Lo stesso termine Club utilizzato dagli inventori del calcio moderno, gli inglesi, e quindi finito nel gergo calcistico in primis e associazionistico poi, trova il suo significato originario nella mazza - klub appunto - che veniva inviata ai membri di una congregazione quale segno - noto solo a loro - di convocazione di tutti i sodali. Dopo aver cercato di far sgorgare dall'analisi delle parole lo spirito di tempi lontani e quindi dell'anima di chi quei tempi ha vissuto, voglio in sintesi ricordare quel pezzo di storia svanito nel 2007 quando nacque l'A.S.D. Forum Julii e la Cividalese scomparve per essere incorporata nel secondo - in ordine di fondazione e di merito sportivo -  club cittadino,  l'U.S. Gaglianese, nata nel 1968 per aggregare la "meglio gioventù" della frazione di Gagliano. Nessun intento polemico da parte mia, ma solo il desiderio di ricordare ai concittadini appassionati di calcio e non, una storia che andrebbe adeguatamente ricordata e testimoniata, considerato anche che nel sito dell' Associazione Sportiva Dilettantistica che in qualche maniera ha raccolto la tradizione biancorossa, nella sezione, storia si fa riferimento esclusivo alla bella vicenda sociale e sportiva dell'incorporante, l'Unione Sportiva Gaglianese, i cui primi colori sociali, l'amaranto, sono anche quelli della "neonata" Forum. 
Ritorniamo all'originale biancorosso, che dal 1923 ai primi anni del secondo conflitto ducale vede, sviluppare l'attività calcistica nel campo sportivo di Via Luinis, intitolato, dopo le drammatiche vicende della guerra, ai "Martiri della Libertà" per ricordare di essere stato il luogo in cui nel dicembre 1944 vennero fucilati dai nazi-fascisti 8 giovani partigiani friulani e sloveni. La Cividalese in quei primi anni milita con alterne fortune nei gironi della Venezia Giulia del campionato di terza divisione, ospitando e muovendosi contro sodalizi avversari dell'attuale regione FVG, del Veneto e dell'Istria, ora slovena e croata. Terminata la seconda guerra mondiale riprendono vita tutte le attività civili, tra cui, anche quelle sportive e calcistiche in particolare; sono anni "epici", in cui gli sposamenti avvengono con grande difficoltà su di un territorio segnato dalle devastazioni belliche e in impianti che spesso nulla offrono ai calciatori se non un terreno di gioco segnalato dalle righe in calce, le porte con le reti assemblate alla meno peggio e mettere insieme 11 magliette numerate dello stesso colore non è un dato scontato. In questo panorama di grande approssimazione ma anche di fervente entusiasmo e voglia di vivere, i biancorossi ducali ripartono dai gironi interregionali del campionato di Serie C, che onorano nel triveneto fino al 1948/49 quando vengono retrocessi nel massimo campionato regionale di Prima divisione, serie che mantengono fino al 1955/56, quando vincono il torneo e vengono promossi nel Campionato di IV serie, manifestazione su base interregionale triveneta in cui riescono a militare per due anni, prima di far ritorno nel massimo campionato regionale,  rinominato Prima categoria.
Questa sarà l'epoca d'oro del calcio cividalese, con una società capace di trovare la sua dimensione ai vertici regionali dal 1958/59 al 1967/68, anno concluso con la retrocessione in seconda categoria; in quel decennio i biancorossi occuperanno stabilmente le posizioni di alta classifica (un secondo, un terzo, quattro quarti e un quinto posto), sfiorando la promozione in serie D nel 1959/60, quando vinsero il proprio girone e arrivarono secondi nella poule promozione a tre con le vincenti degli altri due gironi: il Ponziana e l'Edera Trieste. Ironia della sorte, l'anno della nascita dell'U.S. Gaglianese segnò anche l'inizio di un declino dal quale i ducali non si sarebbero più risollevati, nonostante gli sforzi compiuti dai vari mecenati nel corso dei decenni successivi e fino allo scioglimento per incorporazione del 2007: le maglie biancorosse non sarebbero più riuscite a risalire dai campionati di importanza provinciale o di secondo livello regionale. I nomi di giocatori, allenatori e dirigenti che hanno "fatto" la storia del Club sono davvero tanti e il rischio di ometterne di significativi è altissimo, cercando di colmare la mancanza di fonti scritte facendo ricorso solo ai ricordi personali, per cui mi limiterò a citarne uno per categoria. In quanto al giocatore uso il criterio di quello che nel corso della carriera ha raggiunto il traguardo più importante e quindi nomino il centrocampista Lorenzo Suber, nella rosa dell'Ambrosiana-Inter 1938/39, vincitore della coppa Italia di stagione, nato a Bagnaria Arsa il 10/06/1912 e morto a Cividale il 17/04/1987, militò nella Cividalese nei primi anni del secondo dopoguerra.  Tra gli allenatori cito Aristide Dreossi, già capitano della Cividalese degli anni '50, creatore del locale NAGC (Nucleo Addestramento Giovani Calciatori) e a cui generazioni di ex ragazzi cividalesi devono l'apprendimento e l'affinamento dei rudimenti dell'arte ed infine come Presidente ricordo il cav. Mario Virgilio,  cividalese purosangue, veterano dello sport, anch'egli già giocatore biancorosso e poi massimo dirigente negli anni d'oro dell'A.C. Cividalese. Naturalmente molto ancora ci sarebbe da dire e da raccontare e mi auguro che presto qualcuno possa colmare la lacuna molto meglio del sottoscritto, che in gioventù ha avuto il piacere di vestire, pur per breve tempo, con orgoglio quella gloriosa maglia oltre a quella dell' U.S. Gaglianese.     
        

mercoledì 3 febbraio 2021

E DOPO MADRID, CHE NE FU DI LORO?


 

Enzo Bearzot aveva confidato, qualche anno prima della morte, che la vittoria di Madrid era risultata  indigesta ai "poteri forti" del calcio italiano (parte della dirigenza federale, un nome su tutti Antonio Matarrese, un bel po' di giornalisti che prima avevano massacrato gli azzurri, poi costretti alla clamorosa retromarcia e diversi politici che avevano cavalcato il malcontento popolare nella prima fase del mundial) e che alla lunga, questa malcelata avversione nei confronti dei membri del gruppo che aveva trionfato in Spagna, ne aveva condizionato negativamente le future carriere una volta appese le scarpe al chiodo. "I miei ragazzi oggi commentano, vengono ancora celebrati come reduci ma sono tenuti sempre a debita distanza dalle stanze e dei ruoli di vero comando del sistema."

A 10 anni di distanza dalla scomparsa del Grande Vecjo, proviamo a verificare la sua confidenza, contenuta nel libro di Luigi Garlando - "L'Amore ai tempi di Pablito", uscito nel 2007.

Procediamo in rigoroso ordine di numerazione.

Nr. 1 Dino Zoff. Il capitano degli azzurri, sempre titolare in Spagna e protagonista assoluto di quel trionfo, si ritirò un anno dopo vincendo una coppa Italia con la Juventus ma perdendo sanguinosamente la Coppa dei Campioni nella fatale notte di Atene del 25 maggio 1983. Preparatore dei portieri juventini nelle due stagioni successive, affiancò nel ruolo il CT Bearzot al mondiale messicano del 1986, per poi assumere l'incarico di Commissario Tecnico della Nazionale Olimpica, che guidò alla qualificazione per le Olimpiadi di Seul 1988 eliminando nel girone la Germania Est, uno dei mostri sacri delle competizioni olimpiche pre-caduta del muro di Berlino. Non partecipò al torneo olimpico in quanto nel frattempo accettò la chiamata del presidente Boniperti per sedersi sulla panchina della Juve, sulla quale rimase nelle stagioni 1988/89 e 1989/90, prima di venire accantonato assieme allo stesso Boniperti, dalla nuova dirigenza guidata da Luca di Montezemolo che aveva deciso di votarsi al calcio "champagne" dell'emergente Gigi Maifredi. Nei due anni bianconeri, in piena era Sacchi-Berlusconi e Maradona-Ferlaino, guidò una squadra senza individualità di grido rispetto alle milanesi e al Napoli e nella seconda stagione riuscì a vincere Coppa Italia e Coppa UEFA. Assorbita l'onta del benservito di Madama, Zoff si accasò nella capitale, sponda Lazio, dove allenò i biancazzurri per quattro stagioni consecutive dal 1991 al 1994 e poi in corso d'opera nel 1996/97 subentrando a Zeman e nel 2000/01 subentrando ad Eriksson, sfiorando lo scudetto. L'avventura in biancazzurro, nella quale Zoff assunse anche il ruolo di Presidente del Cda, terminò con un esonero dopo 3 giornate nella stagione 2001/2002. Dopo il mondiale francese del 1998, l'ex capitano azzurro fu chiamato dal Presidente federale Nizzola alla guida della nazionale maggiore, con la quale si qualificò al campionato europeo del 2000 e portò gli azzurri a sfiorare la vittoria finale, venendo sconfitto dalla Francia solamente al golden gol nei supplementari della finalissima, dopo che la sua Italia aveva condotto in vantaggio sino all'ultimo dei 3 minuti di recupero concessi dall'arbitro. Attaccato da Berlusconi al rientro in Italia per come aveva gestito la squadra nella finale, Dino Zoff diede le dimissioni e ritornò a ricoprire la carica di Presidente della Lazio, carica che dovette abbandonare a seguito della crisi societaria che investì la proprietà della squadra capitolina. Da lì un lungo oblio, interrotto solo dalla estemporanea chiamata al capezzale della Fiorentina per le ultime 18 gare della stagione 2004/05, conclusa con la salvezza dei gigliati all'ultima giornata. Considerato ancor oggi il Monumento del calcio nazionale, interpellato e intervistato in ogni snodo critico del movimento calcistico italiano, è però "fuori" da ogni incarico federale ormai da 20 anni. Probabilmente non solo per ragioni anagrafiche.

N. 2 Franco Baresi. Turista in Spagna, mai impiegato e neanche mai inserito nella lista dei panchinari, non ebbe molta fortuna nei successivi quattro anni della gestione Bearzot che, invece di considerarlo l'erede di Scirea, lo provò con scarsi risultati nel ruolo di mediano, tanto da non convocarlo nemmeno per il mondiale messicano del 1986. "Franz" si rifece alla grande con Vicini prima e Arrigo Sacchi poi, divenendo una pedina insostituibile della retroguardia azzurra nel successivo decennio, guadagnando la semifinale agli europei di Germania 1988 e ai mondiali di Italia 1990, perdendo ai rigori il titolo mondiale nella finale di Pasadena a USA 1994. Infinito il palmares di vittorie nazionali e internazionali con il Milan, con il quale sfiorò il pallone d'oro in più occasioni e con cui disputò tutta la sua carriera fino al ritiro nel 1997. Ritiratosi dall'attività agonistica, nell'immediato fu chiamato nei quadri dirigenziali nel Milan senza reali poteri decisionali per poi cimentarsi in una breve esperienza in Inghilterra come direttore sportivo del Fulham. Nel 2002 ritorna a Milanello per allenare la Primavera e nel 2006 viene incaricato della guida tecnica della formazione Berretti. Dal 2008 ricopre incarichi di secondo piano nella dirigenza rossonera, fino a essere nominato nel 2020 Vicepresidente Onorario.

N. 3 Giuseppe Bergomi. Tre presenze, comprese semifinale e finale da titolare, per l'allora diciottenne "Zio" nerazzurro. Titolare fisso anche nel quadriennio successivo, poi raccoglie la fascia di capitano da Antonio Cabrini nella gestione Vicini di cui diventa perno insostituibile nella difesa azzurra fino ad Italia 90; accantonato dal 1991 nella gestione di Arrigo Sacchi e richiamato infine da Cesare Maldini a disputare il suo terzo ed ultimo mondiale nella rassegna iridata di Francia nel 1998. Ultima presenza, la sfortunata sfida persa ai rigori contro i padroni di casa allo Stade de France ai quarti di finale. Dopo il mundial spagnolo tutta la carriera di Beppe Bergomi vestirà i colori nerazzurri meneghini, con i quali vincerà lo scudetto dei record 1988/89 e tre coppe UEFA (1990/91, 1993/94 e 1997/98). Appese le scarpe al chiodo lo "Zio" diventa un apprezzato commentatore per le emittenti satellitari sportive e dal 2008 ha curato le squadre giovanili dell'Inter, dell'Atalante e del Como.
 
N. 4 Antonio Cabrini. Il "Bell'Antonio" in Spagna giocò tutte le sette partite segnando il gol del raddoppio contro l'Argentina, con l'aggiunta del rigore sbagliato al 25' del primo tempo della finale di Madrid. Nei quattro anni successivi fu uno dei pilastri su cui Bearzot cercò di ri-assemblare la nazionale in vista della difesa del titolo ai mondiali messicani e uno dei pochi sopravvissuti al fallimento del progetto, vestendo ancora per un anno la maglia azzurra con i gradi di capitano nella nazionale di Vicini impegnata nelle qualificazioni a Euro 88. Ultima presenza nell'ottobre 1987, Svizzera-Italia 0-0.
Con la Juventus nei quattro anni successivi al trionfo mundial vinse una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe, la Coppa Intercontinentale, la Supercoppa Europea, 2 scudetti e una coppa Italia.
Lasciato il club torinese nell'estate 1989, disputò le ultime due stagioni della carriera nel Bologna, retrocedendo in serie B con i felsinei al termine del campionato 1990/91. Nel 2000 inizia la carriera di allenatore e tra il 2000 e il 2006, senza fortuna e qualche esonero, siede sulle panchine di Arezzo (C1), Crotone (B), Pisa (C1) e Novara (C1). Nel 2007 accetta l'incarico di guidare la nazionale siriana, per poi dimettersi un anno dopo a seguito della scarsa programmazione della nazionale mediorientale.
Dal 2012 al 2017 guida la nazionale femminile e con le azzurre partecipa agli europei del 2013 e del 2017 e, senza riuscire a qualificarsi, alle qualificazioni per il mondiale del 2015. Possiamo aggiungere anche una partecipazione alla trasmissione televisiva "L'Isola dei Famosi".

N. 5 Fulvio Collovati. Stopper titolare ai mondiali spagnoli, presente in tutte le partite e sostituito per infortunio solo nel primo tempo del match storico con il Brasile. Impiegato a singhiozzo nei quattro anni successivi da Enzo Bearzot, viene comunque convocato per il mondiale di Messico 1986 dove disputa, da titolare, solo l'ultima partita del primo turno, quella vittoriosa per 3-2 contro la Corea del Sud, match che sarà anche l'ultimo con la maglia azzurra. Dopo Madrid Collovati vestirà, senza riportare vittorie, la maglia dell'Inter per  4 stagioni, quella dell'Udinese per una, quella della Roma per due  e quella del Genoa per altri quattro tornei, appendendo le scarpe al chiodo al termine del campionato 1992/93.
Dopo il ritiro ha prodotto e condotto assieme alla moglie Caterina numerose trasmissioni sportive su emittenti private e svolto fino ad oggi il ruolo di opinionista nelle reti RAI; dal 2001 al 2004 è stato direttore sportivo del Piacenza e dal 2015 è nei quadri dirigenziali della Pro Patria di Busto Arsizio. (Lega PRO).

N. 6 Claudio Gentile. Lo spietato ed efficace marcatore di Maradona e Zico, pilastro della retroguardia azzurra, fu sempre in campo e saltò la sola semifinale con la Polonia per scontare una squalifica per somma di ammonizioni "spese" nell'opera di contrasto dei due fuoriclasse sudamericani. Rientrati dalla Spagna, venne convocato saltuariamente dopo le prime disastrose partite delle qualificazioni all'Europeo di Francia 1984, fino all'ultima partita disputata nel maggio 1984, un'amichevole contro il Canada disputata a Toronto. Dopo Madrid Gentile conquistò una Coppa delle Coppe, una Coppa Italia e uno scudetto con la Juventus prima di trasferirsi alla Fiorentina per 3 stagioni e chiudere infine la carriera in serie B, con il Piacenza nel campionato 1987/88. Appese le scarpe al chiodo Gentile ricopre alcuni incarichi dirigenziali nelle serie minori, prima di essere incaricato nel 2000 come allenatore dell'Under 20 e vice di Giovanni Trapattoni sulla panchina della nazionale maggiore. Chiamato nell'ottobre dello stesso anno a sostituire il vecchio compagno Marco Tardelli alla guida dell'Under 21, vi resta fino al 2006, ottenendo 1 titolo europeo (2004), 1 medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 2004, una semifinale europea (2002) e un quarto di finale europeo (2006). Nell'estate 2006 è il candidato numero uno per sostituire il dimissionario Marcello Lippi alla guida della nazionale maggiore fresca campione del mondo, tanto da rifiutare la chiamata della Juventus; invece i vertici federali nelle persone di Guido Rossi e Demetrio Albertini nominano Roberto Donadoni quale CT della nazionale A e Pierluigi Casiraghi alla guida dell'Under 21, lasciando così al terzino che aveva fermato sia Maradona che Zico la sola via della giustizia civile per vedere, senza frutto, ristorato il torto subito. Da allora Claudio Gentile è "uscito" dal giro, se si esclude nel 2014 l'aver prima accettato e poi subito rinunciato alla guida del Sion nel massimo campionato svizzero.  

N. 7 Gaetano Scirea. Titolare sempre presente e colonna della nazionale azzurra del trionfo madrileno, venne richiamato con i gradi di capitano per i mondiali messicani da Enzo Bearzot, che invano aveva cercato un suo erede nel biennio 1983/85. Ultima partita in azzurro il 17/06/1986 a Città del Messico, quando la Francia di Le Roi Platini ci eliminava senza tanti fastidi agli ottavi di finale e poneva fine al ciclo storico del CT friulano. Dopo la Spagna altri 6 campionati con la maglia dei bianconeri torinesi, chiudendo nella stagione 1987/88 aggiungendo in bacheca 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Intercontinentale, 1 Supercoppa Europea, 2 scudetti e 1 Coppa Italia. Chiamato da Boniperti a fare da vice sulla panchina juventina al suo ex compagno e amico fraterno Dino Zoff per la stagione 1989/90, muore nel settembre del 1989 in un incidente d'auto mentre si trovava in Polonia a studiare i prossimi avversari  di coppa UEFA della Juve. Mai troppo rimpianto, Enzo Bearzot dichiarò che "rubarci Scirea fu una carognata del Padre Eterno".   

N. 8 Pietro Vierchowod. Altro "turista", mai schierato e neppure mai in panchina durante i mondiali spagnoli a causa di una caviglia malmessa già all'arrivo nel ritiro pre-mondiale di Alassio. Una volta accertata l'eliminazione agli europei di Francia 1984, dall'estate 1983 il "russo" diventa lo stopper titolare della nazionale azzurra costruita da Bearzot per difendere il titolo in Messico. Resiste al fallimento della spedizione ed entra a far parte, quale comprimario, anche delle gestioni di Azeglio Vicini e di Arrigo Sacchi. Partecipa al Mondiale di Italia 1990 e rifiuta invece la convocazione ad Usa 1994. Ultima partita in azzurro il 1 maggio 1993 a Berna, Svizzera-Italia 1-0, Qualificazioni Mondiali. Eterna è stata invece la carriera nelle squadre di club, dove Vierchowod fu un longevo vagabondo: Roma 1982/83, Sampdoria dal 1983/84 al 1994/95, Juventus 1995/96, Milan 1996/97, Piacenza dal 1997/98 al 1999/00. Il tutto gli fruttò la conquista di 2 scudetti, 4 coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 Uefa Champions League e 1 Coppa delle Coppe. Terminata la carriera di giocatore si dedica, senza grossi risultati alla carriera di allenatore, avendo collezionato solo esoneri alla guida di Catania (C1), Florentia Viola (C1), Triestina (B),  Honved (A ungherese). Nel 2018 allena gli albanesi del Kemza.
A queste sfortunate esperienze in panchina si possano aggiungere alcuni incarichi come opinionista RAI e la perdente candidatura nel 2012 a Sindaco di Como.(2,53%).

N. 9 Giancarlo Antognoni. Sei presenze da titolare, dalla prima alla penultima partita, il gol del possibile 4-2 al Brasile ingiustamente annullato per un fuorigioco inesistente e la finale saltata per i tacchetti polacchi infilati nel collo del piede durante il primo tempo della semifinale: questo il ruolino del fantasista viola durante il vittorioso mundial. Conseguita la rapida eliminazione dagli europei del 1984, Bearzot non ritiene più utile Antognoni al progetto messicano e gli fa disputare l'ultima partita in azzurro il 16 novembre 1983 a Praga, un'inutile 0-2 contro la Cecoslovacchia nel penultimo match del girone eliminatorio a Francia 1984. Al ritorno da Madrid "Antogno" gioca altre 5 stagioni nella Viola fino al 1987, prima di emigrare per due stagioni nel campionato elvetico, al Losanna dove nel 1989 chiude la sua carriera. Nessuna vittoria dopo Madrid e ancora tanta sfortuna, con un altro grave infortunio subito nella stagione 1983/84. Dal 1990 al 2001 svolge incarichi di supporto alla dirigenza viola e alla guida tecnica dei gigliati come osservatore e team manager, per poi ricoprire dal 2005 al 2017, incarichi nel settore delle nazionali giovanile della FIGC e rientrare alla fine, con compiti di rappresentanza, nell'organigramma della Fiorentina.

N. 10 Giuseppe Dossena. Un altro dei "turisti" spagnoli, mai sceso in campo ma a differenza degli "inoperosi" è inserito tra i panchinari per la finale al Bernabeu. Dopo Madrid Bearzot lo prova, con poca convinzione, come sostituto di Antognoni per lasciarlo infine a casa a beneficio del veronese Di Gennaro in vista di Mexico 1986. Conclusa l'era Bearzot viene ripescato da Vicini per le qualificazioni ad Euro 88 dove è titolare fisso, prima di lasciare il posto ai più giovani in vista del traguardo. Ultima presenza, l'amichevole di lusso vinta dagli azzurri a Zurigo il 10/06/1987 per 3-1 contro l'Argentina di Maradona campione del mondo in carica. Dopo Madrid disputa 5 stagioni con il Torino, una in serie B con l'Udinese, tre con la Sampdoria, prima di chiudere in C1 a Perugia nella stagione 1991/92. Con la Sampdoria conquisterà uno storico scudetto, una coppa Italia, una Supercoppa italiana e una coppa delle coppe. Finita la carriera di giocatore inizia una girandola di esperienze tra scrivania, panchina e televisione, che lo portano ad essere un vero e proprio globe-trotter. In panchina si segnalano le avventure con le nazionali del Ghana dal 1998 al 2000, successivamente alla guida di squadre saudite e libiche, vice di Cesare Maldini sulla panchina del Paraguay ai mondiali nippo-coreani del 2002, per alcuni mesi CT albanese, tecnico della Lodigiani in serie C2 e infine nel 2010 allenatore per una stagione della squadra etiope del Saint-George. Dal 2004 inizia una lunga carriera di opinionista nelle trasmissioni sportive delle reti RAI.

N. 11 Gianpiero Marini. Due presenze da titolare nella prima fase a Vigo e poi altri tre spezzoni di partita a Barcellona contro i mostri sacri sudamericani e nella semifinale con la Polonia; con la sconfitta per 1-0 in Romania il 16/04/1983 e la virtuale eliminazione degli azzurri campioni del mondo dalla corsa verso Francia 1984 si chiude la carriera azzurra del mediano interista. Dopo Madrid altre 4 stagioni in nerazzurro, senza successi, per chiudere nella stagione 1985/86. Appese le scarpe al chiodo inizia ad allenare la primavera dell'Inter, subentrando in prima squadra all'esonerato Osvaldo Bagnoli nella stagione 1993/94 vincendo la Coppa UEFA e salvando i nerazzurri all'ultima giornata. Seguono alcune esperienze tra serie C1 e B sulle panchine di Como e Cremonese, fino all'addio definitivo al mondo del calcio nel 2001, mettendo in bacheca una coppa Italia di Serie C vinta con i lariani nel 1996/97.

N. 12 Ivano Bordon. Turista per destino, essendo il vice di Zoff, con l'ebbrezza di seguire tutte e sette le partite mondiali dalla panchina. Quando nel maggio del 1983 Superdino decide di ritirarsi, Bearzot inizialmente gli consegna l'eredità, alternandolo poi con gli emergenti Giovanni Galli e Franco Tancredi fino alla dismissione totale, con un anno d'anticipo rispetto ai mondiali messicani. Ultima apparizione tra i pali azzurri il 02/06/1985 allo stadio Azteca di Città del Messico per un 1-1 con i padroni di casa in una sorta di torneo pre-mondiale. Dopo il vittorioso mondiale spagnolo Bordon gioca ancora una stagione con l'Inter, prima di trasferirsi a Genova, sponda Samp, per tre campionati escendere poi nel torneo 1986/87 in C2 con la Sanremese ed essere infine ripescato dal Brescia per disputare due stagioni in serie B e chiudere nel 1988/89. Dal 1993 inizia ad Udine la carriera di preparatore dei portieri con lo staff tecnico dell'Udinese ed in questa figura raccoglierà grandi soddisfazioni successivamente nell'equipe di Marcello Lippi prima alla Juventus e poi nel Club Italia, e assieme al quale il quale vincerà scudetti, UEFA Champions League e un altro titolo mondiale con la nazionale italiana a Berlino nel 2006.

N.13 Gabriele Oriali. Il mediano per antonomasia, cantato persino da Luciano Ligabue, in Spagna fu riserva di Marini nei primi due incontri di Vigo prima di entrare e non uscire più fino alla finale dove epici restano ancora i duelli in "punta di tacchetti" con tutti i centrocampisti teutonici. Bearzot lo congeda il 29/05/1983, quando la stessa formazione che neanche un anno prima aveva battuto il Brasile, viene bastonata per 2-0 a Goteborg dalla Svezia e tagliata fuori definitivamente dalla corsa per l'europeo del 1984. Dopo Madrid per Oriali un'altra stagione all'Inter e poi le ultime quattro alla Fiorentina, senza più vincere nulla né a Milano né a Firenze. Terminata nel 1987 la carriera di giocatore, inizia subito la carriera di dirigente come direttore generale in successione di Solbiatese, Bologna e Parma, prima di rientrare all'Inter nel 1999 e rimanervi come team manager e dirigente accompagnatore sino al 2010. Stesso incarico gli viene conferito dalla FIGC nel 2014 per la nazionale maggiore, affiancando prima Antonio Conte e poi Gianpiero Ventura e Roberto Mancini. Dal 2019 l'incarico è stato accettato di nuovo anche all'Inter. Durante la carriera da dirigente Oriali, sin dagli esordi nella Solbiatese, ha raggiunto importanti traguardi in tutti club per cui ha lavorato, come promozioni, vittorie di campionati e coppe internazionali. 

N. 14 Marco Tardelli. Uomo simbolo della vittoria mundial, partito titolare in tutte sette le gare e autore del gol che sblocca gli azzurri contro l'Argentina e di quello del 2-0 nella finale contro i tedeschi, con l'iconica e sempiterna esultanza successiva. Titolare a singhiozzo nel quadriennio che porta a Mexico 1986, Bearzot lo vuole sempre in gruppo anche sulle alture messicane per condividere l'ultimo atto del suo ciclo, pur senza concedergli neppure un minuto di gioco. Ultime corse in azzurro il 25/09/1985 a Lecce, contro la Norvegia per uscire sconfitto 1-2 nella prima delle amichevoli pre-mondiali. Dopo il trionfo spagnolo altre 3 stagioni alla Juventus per vincere ancora uno scudetto, una coppa Italia, una coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e una Coppa dei Campioni. Trasferitosi poi all'Inter nel 1985/86 disputa due campionati con i nerazzurri in cui evidenzia solo l'inizio del declino che lo porterà a chiudere come calciatore in Svizzera, al San Gallo nel 1987/88. Lasciato il calcio giocato iniziò la carriera di allenatore che svolgerà fino al 2013, con risultati altalenanti e contrastati. I successi furono la conquista del titolo europeo Under-21 alla guida degli azzurrini nel 2000 e la promozione dalla serie C1 alla B con il Como nel 1993/94. Infelice l'esperienza all'Inter nel 2000/01 e diversi gli esoneri: con il Cesena, il Bari, l'Arezzo e dalla guida della nazionale egiziana dopo neanche un anno. Dal 2008 al 2013 ha affiancato il suo vecchio allenatore Giovanni Trapattoni come vice sulla panchina della nazionale d'Irlanda e breve è stata anche l'esperienza come consigliere d'amministrazione della Juventus dal 2006 al 2007. Costante invece la presenza come opinionista nelle trasmissioni sportive della RAI sino ad oggi e a partire dai primi anni '90 del secolo scorso. 

N. 15 Franco Causio. Ripescato dopo due anni di esilio dall'azzurro e un grande campionato all'Udinese, il Barone partecipa al trionfo spagnolo sostituendo uno spaesato Paolo Rossi nel secondo tempo del match di Vigo contro il Perù e poi per la passerella che Bearzot gli concede negli ultimi 2 minuti della finale di Madrid, mentre assiste il Vecjo in panchina in tutte le altre gare. Entra nell'immaginario collettivo di una generazione partecipando, da vincente, alla più immortalata partita a scopone della storia d'Italia, quella disputata sull'aereo presidenziale in coppia con Bearzot contro Pertini e Zoff, con la coppa del mondo sul tavolino in bella mostra. Ancora tre presenze dopo il titolo mondiale, con la carriera in nazionale che si conclude nel febbraio 1983 a Cipro, da titolare, in un incontro pareggiato 1-1 con i dilettanti isolani per le  qualificazione a Euro 84 e che evidenzia in maniera tremenda come il gruppo mundial sia ormai giunto a fine corsa. Ancora due stagioni da capitano e protagonista assoluto con l'Udinese, di cui l'ultima a deliziare le platee italiche nientemeno che assieme a Zico, prima di alcuni cambi di casacca: 1984/85 all'Inter, 1985/86 al neopromosso Lecce e infine due stagioni in serie B a Trieste, chiudendo la carriera a 39 anni portati splendidamente. Uscito dal terreno di gioco Causio si dedica prima come dirigente della Triestina, poi rientra a Udine come Team manager nelle stagioni vincenti di Zaccheroni e del primo Guidolin, per continuare poi come osservatore della Juventus. Il tutto accompagnato da una prolungata esperienza di commentatore per i canali sportivi delle emittenti satellitari.

N. 16 Bruno Conti. Definito da Pelè il miglior giocatore della rassegna spagnola e Marazico dai tifosi romanisti, il folletto di Nettuno in Spagna dà il meglio della sua carriera e gioca tutti i minuti che portarono dalle nebbie di Vigo alle stelle di Madrid. Nei quattro anni successivi Bearzot continua a puntare decisamente su di lui, sino al triste epilogo di Città del Messico, quando Bruno gioca la sua ultima partita in azzurro e affonda assieme al suo CT contro la Francia negli ottavi di finale del mondiale messicano. Dopo il Mundial Marazico gioca ancora 9 stagioni in giallorosso, vincendo lo storico scudetto del 1983  e tre coppe Italia, ma portando per sempre con sé anche la sconfitta nella finale casalinga di Coppa dei Campioni ai rigori contro il Liverpool nel maggio 1984. Uscito dal terreno di gioco, Conti dal 1991 al 2016 si muove tra incarichi dirigenziali e tecnici nel settore giovanile della Roma, con una breve, ma significativa esperienza sulla panchina della prima squadra nel 2005 quando, subentrando a Gigi Delneri riesce a prima a portare in salvo una Roma in grande difficoltà e poi a qualificarla alla finale di Coppa Italia. Dal 2016 ricopre l'incarico onorifico di "ambasciatore" del Club romanista.   
   
N. 17 Daniele Massaro. Ecco qui il "turista" DOC della spedizione mondiale, mai sceso né in campo né in panchina, messo ai margini dal gruppo dei senatori e divenuto con la sua Canon il fotografo ufficioso degli azzurri durante la permanenza in Spagna. Tagliato fuori da Bearzot dopo improvvide dichiarazioni alla stampa a seguito dell'ultima amichevole pre-mundial contro i portoghesi dello Sporting Braga in cui il CT lo aveva provato tra i titolari, Daniele Massaro verrà chiamato in qualche rara occasione nei quattro anni che precedono i mondiali messicani, senza poi far parte dei 22, per poi rivedere la maglia azzurra solo nel 1994, convocato da Arrigo Sacchi per i mondiali statunitensi. Ultima, sciagurata, presenza in nazionale nella finale di Pasadena persa ai calci di rigore contro il meno brillante Brasile di tutta la storia, dando il suo contributo sbagliando uno dei tre rigori fatali ai nostri colori. Dopo Madrid Massaro disputò ancora 4 stagioni alla Fiorentina, prima di passare nel 1986/87 al Milan berlusconiano, con il quale, ad eccezione di una parentesi alla Roma (1988/89), giocò fino al 1995 partecipando a suon di gol decisivi all'incredibile abbuffata di trofei nazionali e internazionali vinti dai rossoneri in quella lunga stagione agli ordini di Sacchi prima e Capello poi. (4 scudetti, 2 coppe dei campioni, 2 coppe intercontinentali,  3 supercoppe europee e 3 supercoppe italiane). Chiude la carriera nel lontano Giappone nel 1996, dopo due stagioni nello Shimizu S-Pulse, mettendo in bacheca anche una Coppa della J-League.  Conclusa la carriera calcistica Daniele si tiene lontano dal mondo del pallone, dedicandosi allo sport automobilistico, gareggiando sia a livello nazionale che internazionale nel Rally. 
 
N. 18 Alessandro Altobelli. Tre sole presenze entrando a gara iniziata in Spagna, ma praticamente in campo per tutta la finale, in cui mette la firma siglando il terzo e splendido gol con cui gli azzurri schiantano i tedeschi dell'ovest al Bernabeu, facendo esclamare in tribuna al Presidente Pertini il celeberrimo "Non ci prendono più!" agitando l'indice della mano destra alzata in segno di vittoria. Punto fermo nei successivi quattro anni, gioca un grandissimo mondiale a Messico 1986 segnando tutte e quattro le reti messe a segno dagli azzurri, avendo la sfortuna di non essere assecondato in quell'occasione da una squadra all'altezza della sua condizione. Entra nella gestione Vicini con il ruolo di "chioccia" per gli emergenti Vialli e Mancini, chiudendo la carriera in azzurro a Stoccarda, nella semifinale di Euro 88 persa  dalla bella Italia del CT romagnolo contro l'Unione Sovietica per 2-0. Rientrato da Madrid giocherà ad alto livello, senza aggiungere nessun trofeo in bacheca, ancora 6 stagioni all'Inter, prima di passare nel 1988/89 alla Juventus allenata dal suo vecchio capitano azzurro Dino Zoff e chiudere la carriera nella stagione successiva in serie B, in quel di Brescia, città che lo aveva visto nascere come professionista.  Dopo il ritiro si dedica al Beach soccer con la nazionale italiana, vincendo la classifica marcatori ai mondiali 1995 e 1996. Viene eletto consigliere comunale a Brescia nel 1991 e perde la sfida per diventare deputato nel 1996. Breve una parentesi come Dittere Sportivo del Padova dal 1995 al 1998 e invece lunga la carriera come commentatore sportivo per le reti televisive private e più recentemente per la RAI.

N. 19 Francesco Graziani. "Ciccio" il "generoso" affianca dall'inizio  Pablito Rossi per tutte e sette le partite, lottando sempre come un leone e macinando kilometri su kilometri tra centrocampo e attacco, segnando una rete al Camerun e uscendo dopo soli sette minuti per infortunio nella finale di Madrid. Dopo il trionfo Bearzot lo conferma nell'undici titolare che deve cercare la qualificazione ad Euro 84 e lo congeda con la sconfitta di Goteborg del maggio 1983, quando con un perentorio 2-0 gli svedesi decretano il fallimento del progetto. Rientrato dalla Spagna, Graziani disputa ancora una stagione con i viola prima di aggregarsi nel 1983/84 alla Roma scudettata di Liedholm per rimanervi fino al 1985/86, prima di passare all'Udinese con la missione di cercare, invano, la disperata rincorsa alla salvezza partendo da nove punti di penalizzazione e concludere poi l'anno seguente in Friuli la carriera disputando dieci giornate in serie B.  Dopo Madrid porta a casa due coppe Italia con la Roma ma anche le tremende delusioni della sconfitta ai rigori, con annesso errore dal dischetto, nella finale di Coppa Campioni con i giallorossi all'Olimpico e lo scudetto perso alla penultima giornata, sempre con la Roma, nel disastro 2-3 casalingo contro il Lecce già retrocesso. Terminata la carriera sportiva "Ciccio" si è dato per lo più al mondo dello spettacolo televisivo, prima come allenatore del Cervia nel Reality Show "Campioni" e poi partecipando direttamente all'altro show "Reality Circus". Innumerevoli le partecipazioni come opinionista, conduttore, commentatore di trasmissioni sportive sulle reti Mediaset e di altre emittenti private locali. Da ultimo, si segnala, il tentativo fallito di essere eletto nel collegio senatoriale di Arezzo  durante le lezioni politiche del 1994.

N. 20 Paolo Rossi. La vicenda di Pablito "Re" di Spagna è una delle storie umane e sportive più belle che si possano raccontare in assoluto: rientrante dopo 2 anni di squalifica gioca malissimo le primo 4 partite, una specie di corpo estraneo nella squadra per poi risorgere dalle ceneri nella gara più importante del mondiale, infilando 3 reti nella porta del "Divino" e strafavorito Brasile di Falco, Zico, Socrate, Junior ecc. ecc. La resurrezione, che premiò la grande fiducia di Bearzot che lo aspettò e lo difese contro tutto e tutti, continuò nella semifinale contro la Polonia con altri 2 gol e nella finale di Madrid contro i tedeschi dell'ovest con il gol che sbloccò il risultato al 12' della ripresa. Finale della favola? Il "brutto anatroccolo" Rossi diventa in una settimana il calciatore più famoso del mondo, vince il titolo mondiale e la classifica marcatori della rassegna iridata e il successivo Pallone d'oro, secondo italiano della storia dopo Gianni Rivera. Il suo volto sorridente diventa per gli anni a venire il miglior biglietto da visita nel mondo per tutta l'Italia pallonara e non. Raggiunto in maniera così veloce e sorprendente l'apice, nei quattro anni successivi lento e inesorabile sarà invece il declino, con Pablito bersagliato dagli infortuni ma lo stesso coccolato e proposto dal Mentore Bearzot con continuità, prima di convocarlo solo come turista per i mondiali messicani. Ultima partita in azzurro a Napoli nel maggio 1986 contro la Cina, ultima amichevole vinta per 2-0 prima di prendere il volo verso Città del Messico e i non memorabili mondiali in altura. Migliore fu la sorte dopo Madrid nella squadra di club, dove nelle tre successive stagioni juventine, Pablito vinse una coppa dei campioni, una coppa delle coppe, una supercoppa europea, uno scudetto e una coppa Italia, prima di passare al Milan senza lasciare traccia nel 1985/86 e chiudere a soli 31 anni al Verona, altrettanto anonimamente nel campionato 1986/87. Terminata la carriera, Paolo Rossi uscì completamente dal mondo del calcio dedicandosi ad alcune attività imprenditoriali tra cui la gestione di un'azienda agrituristica in Toscana, affiancandole con apprezzate apparizioni come opinionista nelle reti sportive satellitari e come "ballerino" nella trasmissione RAI "Ballando con le Stelle". Breve e sfortunato fu anche il tentativo di avvicinarsi alla politica nel 1999, con la mancata elezioni al Parlamento Europeo. Ci ha lasciati prematuramente lo scorso 10 dicembre, nell'anno in cui era stato insignito della cittadinanza onoraria di Vicenza, la città della squadra che l'aveva lanciato nel grande calcio.

N. 21 Franco Selvaggi.  "Spadino" rientra nella schiera dei turisti, convocato da Bearzot all'ultimo minuto dopo che il CT aveva sperato oltre ogni ragionevole possibilità di poter recuperare dall'infortunio uno dei suoi giocatori preferiti: Roberto Bettega. Il ruolo del centravanti di Matera, in forza al Cagliari, chiamato al posto del capocannoniere uscente del campionato Roberto Pruzzo facendo infuriare oltre ogni limite di decenza la stampa romana, fu quello di non mettere pressione a Paolo Rossi impegnato in un delicato recupero forzato dopo due anni di attività. La leggenda narra che quando Selvaggi, all'arrivo nel ritiro di Alassio, ringraziò Bearzot per la chiamata dicendo che in Spagna ci sarebbe venuto anche a piedi, Enzo gli rispose: "Per me va tutto bene, basta che non porti le scarpe da calcio." Dopo Madrid "Spadino" non riuscì ad aggiungere una sola presenza alle 3 che aveva collezionato prima di partire come turista per i mondiali spagnoli e al rientro si trasferì al Torino, dove giocò 2 discrete stagioni, prima di arrivare a far coppia con Zico nell'attacco dell'Udinese 1984/85 senza lasciare grandi ricordi e senza lasciare traccia neppure l'anno successivo all'Inter, per chiudere definitivamente in serie B alla Sambenedettese nel 1986/87.  Dal 1992 al 2002 lo vediamo allenatore, con alterne fortune nelle serie minori, sulle panchine di Catanzaro (C2), Matera /C2), Taranto (C2), Castel di Sangro  (B) e Crotone (B). Da segnalare qualche incarico federale come docente del settore tecnico e di capo delegazione dell'Under-16, oltre che il ruolo di capo-osservatore per il Cagliari.

N. 22 Giovanni Galli. Chiude il gruppo l'ultimo dei turisti, quello dal destino più segnato che mai: il terzo portiere. Enzo Bearzot, dopo averlo provato dal 1983  in co-abitazione costante con Ivano Bordon e Franco Tancredi nello scomodo ruolo di erede di Dino Zoff, all'ultimo momento fa cadere la scelta su di lui per difendere la porta italiana nel mondiale messicano. Scelta che non si rivelerà felice, al pari di quella far giocare "Nanu" Galderisi titolare come punta centrale: Giovanni Galli trasmetterà tutta l'incertezza dimostrata dal CT nella lunga scelta, oltre che a se stesso a tutta la squadra, finendo massacrato dalla critica dopo la beffa subita da Diego Maradona in occasione della rete del pareggio argentino, che il Pibe de Oro, infilò nella porta di un immobile e ipnotizzato portiere azzurro. L'ultima partita in nazionale fu per Galli quella che ci costò l'eliminazione a Città del Messico, il 2-0 subito dalla Francia negli ottavi di finale. Al rientro da Madrid il portiere toscano giocherà ancora 4 stagioni nella Fiorentina, prima di traferirsi dal 1986 al 1990 alla corte del Milan di Berlusconi e vincere uno scudetto, due supercoppe italiane, due coppe dei campioni, una coppa intercontinentale e una supercoppa europea. Finito a fare la riserva di Pazzagli chiede e ottiene di essere traferito al Napoli di Maradona nel 1990/91, ignaro che Re Diego sia ormai prossimo a dover fuggire dal Golfo braccato dall'antidroga. Resta a Napoli per tre stagioni, prima di trasferirsi per un anno al Torino (1993/94), al Parma a fare da secondo a Bucci (1994/95) e chiudere la carriera in serie B alla Lucchese nel 1995/96. Tutto questo girovagare gli farà mettere in bacheca una Coppa Uefa vinta con gli emiliani. Appesi i guantoni al chiodo, il terzo portiere di Spagna 1982 inizierà la carriera di dirigente sportivo, nella quale spiccano gli incarichi come Team Manager della Fiorentina (2001-2006) e quello di membro dello staff tecnico del Real Madrid (2006-2007). Nel 2009 si dedica all'attività politica, perdendo prima la sfida a Sindaco di Firenze contro Matteo Renzi, fallendo poi l'elezione a parlamentare europeo nel 2014 e per riuscire nel 2020 infine a centrare l'elezione a consigliere di minoranza nel consiglio regionale della Toscana.

Alla fine di questa lunga analisi la domanda è: aveva visto giusto Bearzot? Di certo finite le loro carriere sportive molti dei suoi ragazzi hanno commentato e commentano ancora. Personalmente resta l'impressione che il tecnico di Aiello fu capace in quei 40 giorni, dal ritiro di Alassio alla finale di Madrid, a fare in modo che quel gruppo riuscisse a dare il 120% del suo potenziale, grazie anche al profilarsi di un contesto irripetibile. Un vero e proprio capolavoro umano, prima ancora che tecnico-tattico. Una lezione che resta "per sempre".
Grazie Enzo e grazie ragazzi. 
        




  

martedì 2 febbraio 2021

CAMPIONI DEL MONDO CHE HANNO VESTITO IL PRIMO BIANCONERO D'ITALIA



Con l'arrivo all'Udinese di Fernando Llorente ha raggiunto le 12 unità la "colonia" dei campioni del mondo che, dalla fondazione del 1896, hanno indossato la maglia dei primi bianconeri d'Italia, di cui 8 con la divisa azzurra e ben 4 friulani e 2 nati proprio a Udine. Di questi 10, però solo due, Franco Causio e Vincenzo Iaquinta, durante la loro permanenza nel capoluogo friulano hanno conquistato il titolo iridato, curiosamente entrambe con il numero 15 sulle spalle rispettivamente nel 1982 a Madrid e nel 2006 a Berlino, mentre tutti gli altri sono arrivati in Friuli già carichi della gloria mondiale.

Facciamo un passo indietro e conosciamoli tutti.

I primi due furono Alfredo Foni e Bruno Chizzo, entrambi nativi udinesi che vestirono il bianconero nel 1927-1929 e nel 1933-1935 per poi di diventare campioni del mondo a Parigi nel 1938 agli ordini di Vittorio Pozzo, mentre indossavano le casacche di Juventus e Triestina.

Alfredo Foni, nato a Udine nel 1911, si formò come calciatore proprio con la maglia bianconera dell'Udinese con la quale esordì a 16 anni per poi trasferirsi alla Lazio e disputò da protagonista il mondiale francese, collezionò in totale 23 presenze in azzurro, vincendo anche l'unico alloro olimpico dei nostri colori a Berlino nel 1936. Appese le scarpe al chiodo nel 1949 in Svizzera iniziò una lunga carriera di allenatore che lo portò anche a dirigere la Nazionale Italiana dal 1954 al 1958 e l'Udinese nel 1961/62.

Bruno Chizzo invece era nato a Udine nel 1916 e dopo essersi formato anche lui nel settore giovanile friulano, disputando 51 partite di campionato dal 1933 al 1935 si traferì alla Triestina prima di essere convocato da Vittorio Pozzo nei 22 che trionfarono a Parigi. Storia curiosa la sua: non disputò mai neanche una partita in nazionale, ma potè fregiarsi ugualmente del titolo di campione del mondo. Chiuse la carriera nel 1950 ad Empoli dopo una breve parentesi di ritorno a Udine nel 1943/44, in pieno conflitto mondiale, totalizzando 11 presenze e una rete.

A seguire il turno del Monumento del nostro calcio: Dino Zoff, il portierone di Mariano del Friuli, il capitano dei capitani che alzò la coppa del mondo consegnata dal Re di Spagna la notte dell'11 luglio 1982 e che sull'areo presidenziale assieme a Bearzot, Causio e il Presidente Sandro Pertini si giocarono lo scopone scentifico più famoso della storia d'Italia con il trofeo in bella mostra sul tavolino del DC-9.
Superdino esordì in serie A con la maglia dell'Udinese contro la Fiorentina, raccogliendo 5 palloni in fondo al sacco al comunale di Firenze durante il campionato 1961/62, vestendo poi la casacca friulana per altri 3 incontri in quella sfortunata stagione conclusasi con la retrocessione e altre 34 volte in serie B l'anno successivo, prima di trasferirsi a Mantova. Con la maglia azzurra dal 1968 al 1983 Zoff disputò 112 incontri, partecipando a 4 mondiali di cui 3 da titolare e 2 da capitano, vincendo da titolare il Campionato Europeo del 1968 e detenendo ancora il record d'imbattibilità di 1.142 minuti. tra il 1972 e il 1974. Dal 1998 al 2000 è stato anche CT della Nazionale in 23 occasioni, sfiorando la vittoria all'Europeo in Belgio-Olanda, sconfitto dalla Francia in finale con un golden gol di Trezeguet nei supplementari, dopo aver condotto in vantaggio fino all'ultimo dei 3 minuti di recupero concessi dall'arbitro Frisk.

Il quarto è stato Franco Causio che, con 2 presenze ai mondiali spagnoli del 1982, fu il primo giocatore dell'Udinese ad essere convocato in maglia azzurra per partecipare ad un campionato mondiale e anche il primo a diventare campione del mondo da tesserato per i colori bianconeri friulani, di cui fu capitano per 83 partite in tre stagioni dal 1981 al 1984, condite anche da 11 marcature in campionato. In nazionale dal 1972 al 1983 vestì per 64 volte la maglia azzurra con 6 reti all'attivo, di cui le ultime 6 da tesserato dell'Udinese, disputando 3 mondiali e un campionato europeo.

Nel campionato 1984/85 fu la volta di Franco Selvaggi, centravanti chiamato a far coppia con Zico in una sfortunata stagione per i friulani, ad indossare il bianconero per 20 volte e con lo score di 5 reti dopo aver trionfato con gli azzurri di Bearzot in Spagna nel 1982 da "turista", con la maglia n. 21 sulla schiena ma senza mai scendere in campo nella competizione mundial. Per il centravanti di Matera tre soli gettoni in nazionale dal 1981 al 1982, di cui quello del debutto proprio allo stadio Friuli di Udine in un'amichevole contro i tedeschi dell'Est finita 0-0 nell'aprile del 1981.

Protagonisti assoluti in Spagna erano invece stati Francesco Graziani e Fulvio Collovati, sempre presenti dalla prima partita di Vigo alla finale di Madrid, prima di arrivare entrambi ad Udine nella stagione 1986/87, quella del disperato tentativo - fallito - di salvarsi nonostante i nove punti iniziali di penalizzazione.

Con i colori bianconeri "Ciccio" Graziani collezionò 22 presenze 7 reti in seie A e 10 gettoni con una rete in serie B, segnando alla Roma la sua ultima rete delle sue 130 complessive nella massima serie e appendendo le scarpe al chiodo nella serie cadetta, al termine di un Brescia-Udinese 2-0 del novembre 1987. In nazionale, dal 1975 al 1983, 64 presenze e 23 reti con la partecipazione a due mondiali ed un campionato europeo.

Fulvio Collovati, proveniente dall'Inter, invece vestì la maglia friulana per 20 volte con l'aggiunta di due reti, prima di passare alla Roma nella stagione successiva. Per lo stopper, nativo di Teor, 50 presenze e 3 reti in azzurro dal 1979 al 1986, con la partecipazione a due mondiali, Spagna e Messico 1986 ed un campionato europeo.

Nel 1986/87, per tentare quella disperata ed impossibile salvezza, il neo presidente dell'Udinese GIanpaolo Pozzo, aveva arruolato, prelevandolo dal Napoli di Maradona, anche il primo campione del mondo non italiano a vestire la maglia bianconera: l'argentino Daniel Ricardo Bertoni, campione con l'albiceleste di Cesar Luis Menotti a Baires nel 1978; l'attaccante si coprì di ben poca gloria in Friuli, chiudendo la carriera e disputando 20 partite, mettendo a segno un unico, inutile, gol all'Empoli nella terz'ultima di campionato con la squadra bianconera già matematicamente retrocessa in serie B. Con la nazionale argentina invece era stato grande protagonista del trionfo mundial del 1978 con 6 presenze e 1 rete nella vittoriosa finale contro l'Olanda a cui vanno sommate altre 24 partite e 10 gol con la maglia della rappresentativa sudamericana dal 1974 al 1982.

La stagione seguente 1987/88, quella del ritorno in serie B, vide vestire i colori bianconeri friulani un altro "turista" di Spagna 1982, campione senza mai scendere in campo: il centrocampista ex granata Giuseppe "Beppe" Dossena. Insignito dei gradi di capitano al suo arrivo a Udine, disputò un eccellente campionato, contribuendo decisamente a far si che la barca bianconera, accreditata alla vigilia di un pronto riapprodo alla serie A non naufragasse invece in serie C, tanto da meritarsi la pronta chiamata nella massima serie da parte della Sampdoria con la quale partecipò da protagonista al ciclo vincente della gestione Mantovani. A fine stagione 28 presenze e 6 reti in Friuli, terreno a cui era legato anche il suo esordio in maglia azzurra il 19 aprile 1981 nell'amichevole contro la Germania Est, a cui seguirono poi fino al 1987 altre 30 presenze e 1 gol e la partecipazione, già detta da "turista", al solo Mundial spagnolo del 1982.

Per vedere in bianconero un altro campione del mondo bisognerà attendere il 2005, quando a "rinforzare" la squadra che aveva guadagnato il diritto ad accedere alla Champions League 2005/2006 fu chiamato, via Roma, il francese Vincent Candela, campione con i cugini transalpini nel mondiale casalingo del 1998. Poca gloria raccolse in Friuli anche l'esperto "stantuffo di fascia", riconvertito poi in regista "davanti alla difesa" da Giovanni Galeone, chiamato da Pozzo a sostituire il duo Sensini-Dominissini che aveva a sua volta già preso il posto di Serse Cosmi per risollevare la navigazione della barca bianconera, che aveva pericolosamente preso rotta verso la serie B dopo l'eliminazione con il Barcellona nel girone di Champions. Ventisei partite ed un bel gol in "pallonetto" alla Lazio nella sola stagione friulana per l'esterno nativo di Bedarieaux e 40 presenze con 2 reti nei "Blues" dal 1996 al 2002 con un titolo mondiale ed uno europeo in bacheca.

Quella stagione iniziata con grandi aspettative e finita in modo mediocre dopo diverse tribolazioni bastò invece al centravanti di quell'Udinese, Vincenzo Iaquinta, per farsi convocare da Marcello Lippi al Mondiale tedesco come primo sostituto in attacco e partecipare, con il numero 15 sulle spalle, al trionfo di Berlino contribuendo con 5 presenze, comprese semifinale e finale partendo sempre dalla panchina, ed una rete al Ghana nella gara inaugurale. Il bomber di Reggiolo legò alla maglia dell'Udinese le sue migliori annate da professionista prima di trasferirsi alla Juventus rompendo definitivamente il già difficile rapporto con la tifoseria friulana. Un vero peccato, perché dal 2000 al 2007 Vincenzo Iaquinta vestirà per 178 volte la maglia bianconera con 58 gol all'attivo, tutti nella massima serie, partecipando alle storiche qualificazioni in Coppa UEFA - 2 volte - e alla Champions League, competizione disputata da protagonista con 9 presenze e ben 6 reti realizzate. Durante il periodo friulano Iaquinta vestì, dal 2005 al 2007 ben 19 delle sue 40 maglie azzurre, segnando 1 delle 6 reti complessive; la carriera azzurra si concluse nel 2010 a Johannesburg il 24/6/2010 con l'eliminazione al primo turno del mondiale sudafricano, il secondo a cui Vincenzo partecipò.

Ultima tappa del viaggio "mondiale" è l'arrivo a Udine nel febbraio 2021 di Fernando Javier Llorente Torres, noto come Fernando Llorente, l'ormai trentaseienne bomber di Pamplona, già campione del mondo in Sudafrica nel 2010 con le furie rosse iberiche. Anche lui arrivò a Udine come diversi suoi predecessori a fine carriera, carico di titoli e di gloria: dal 2008 al 2013 ventiquattro gettoni e 7 reti in nazionale, con l'aggiunta di un titolo europeo, seppure vinto da "turista" in Polonia e Ucraina nel 2012.

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