venerdì 7 febbraio 2020

ISTRUZIONI DI VOLO


Ancora valige da disfare e panni sporchi da lavare in Calle Magdalena, questa volta con profumi e odori provenienti dalla Côte d’Azur, dove Rubén si era ritirato alcuni giorni a iniziare la penosa opera di elaborazione del lutto generato dalla fine emotivamente rovinosa della storia con la signora Beauvais. Lo spagnolo non si dava ancora pace per le accuse di “pesantezza” che la donna gli aveva rivolto durante tutti i mesi in cui si erano frequentati, ogni volta in cui lui le chiedeva di assumersi la responsabilità e di dare un nome ai suoi sentimenti. “Non essere pesante Rubén, vivi leggero, prendi quello che c’è, domani è un altro giorno. Io ho bisogno di leggerezza.”  - ripeteva sempre Dominique Beauvais, allora Dominò, sgusciando via prima come un’anguilla, alzando poi un muro di silenzio dietro cui celare le disfunzioni del suo ménage familiare che, agli occhi di Rubèn, solo adesso avevano assunto i tratti più scontati dei rituali in uso presso l’alta borghesia della provincia francese.   
Su questo concetto aveva consumato quasi tutto il pomeriggio in cui aveva ricevuto a Nizza la visita della sua amica del cuore, Dolores Sabadell, giunta come tante altre volte al “capezzale” del pittore spagnolo ogni volta che questo si era “frantumato” emotivamente per ragioni sentimentali.
Avevano passeggiato per ore sulla Promenade des Anglais, interrompendo la via crucis sedendosi ogni tanto ai tavolini di alcuni bistrò lungo la via, solo per dare ristoro alla gola di Rubèn che, come suo solito, vomitava fiumi di parole e di ragionamenti che non portavano a nulla. Dolores ascoltava in paziente silenzio, rivolgendogli talvolta qualche carezza, qualche abbraccio affettuoso ed accogliente; la donna conosceva Rubèn sin dall’infanzia e nutriva verso di lui un sentimento di amicizia puro, che si era mantenuto tale da sempre e ricambiato nella stessa maniera dal suo amico. Tra di loro c’era sempre stata una grande intesa intellettuale ma Eros si era sempre tenuto alla larga, perché troppo diverse erano le loro pulsioni in materia. Rubèn in amore era governato da Marte e da Venere, mentre Dolores incarnava perfettamente l’archetipo di Estia, la dea vergine tutta tesa alla conservazione del calore del focolare. Il legame era forte perché erano perfettamente consapevoli della loro incompatibilità erotica e nel contempo ammiravano nell’altro le qualità che a ciascuno di loro facevano difetto: Dolores era affascinata dalla curiosità insaziabile, dal dinamismo, dalla forza taurina e dal coraggio indomabile di Rubèn, mentre lui ammirava nella donna la temperanza, la pazienza, la capacità di accoglienza, la gioia per la cura quotidiana delle piccole cose e la facilità di concentrazione sull’obiettivo senza farsi turbare dalle emozioni.
Terminata la lunga passeggiata, prima di congedarsi con un lungo e forte abbraccio, Dolores aveva detto a Rubèn che presto gli avrebbe fatto avere il suo commento in merito a quanto aveva udito; Rubèn, non si era scomposto, la conosceva bene, sapeva che lei prima di aprire la bocca aveva bisogno, al suo contrario, di ruminare a lungo il lauto pasto di parole e concetti che ogni volta lui gli serviva puntualmente e in abbondanza.
Così non si era sorpreso per nulla quando appena rientrato a Toledo dalla Costa Azzurra, nella cassetta delle lettere di Calle Magdalena 23 aveva trovato una lettera per lui inviata da Dolores. Prima di aprire e leggere aveva pensato che forse era meglio svuotare le valigie per dedicarsi con la giusta attenzione alla lettura prima di coricarsi a letto, ma naturalmente non aveva resistito e così aveva aperto la busta ed estratto la lettera mentre la piccola soffitta era ancora invasa da valige e borse semi-aperte e vestiti sporchi sparsi qua e là. Iniziò a leggere.   

Caro Rubèn,
a volte può capitare di confondere il desiderio di leggerezza con la voglia di sentirsi liberi di comportarci superficialmente, e da quell’allucinazione iniziale si compiono poi a cascata una serie di disastri, sia per sé stessi sia per i malcapitati che non sono in grado di smascherare prontamente il “travisamento” o il “travestimento”.
Per volare “leggeri” bisogna avere l’animo “leggero” e l’animo leggero è privilegio di chi conosce le sue profondità ed è capace di scendervi il più possibile, affrontando con coraggio sia i petali meravigliosi, che le spine pungenti che si celano nell’intimo di ciascuno di noi.
Può volare “leggero” chi è consapevole delle possibili conseguenze del volo per sé e per gli altri, chi responsabilmente le accetta e tale consapevolezza, repetita juvant, è solo di chi sa viaggiare con sicurezza e competenza nelle sue profondità più … “profonde”.
Per volare “leggeri” bisogna sapere che si può anche cadere e se succederà potrà fare pure molto male e nonostante questo saremo comunque in grado di guardare le ferite contratte, curarle in modo compassionevole e rialzarci.
Se non abbiamo questa consapevolezza, questa capacità di essere responsabili delle nostre azioni perché abbiamo paura di affrontare le spine e le ferite nascoste nel nostro intimo, se non abbiamo profondità, resteremo sempre in superficie, ovvero destinati a rimanere incatenati al suolo e quindi condannati ad essere incapaci di volare. Né con leggerezza, né senza leggerezza.
Amico mio, non farti cruccio più del tempo necessario: tu non eri pesante, tu eri leggero perché sei diventato profondo come un abisso. Tu potevi e potrai volare leggero, mentre la donna che hai incontrato era pesante come il piombo, incollata alla superficie. Era lei a non poter alzarsi in volo. Né con leggerezza, né senza leggerezza. Più o meno come te, vent’anni fa.

Ti voglio bene.
Dolores

P.S.: ogni tanto chiamami anche quando non hai solo bisogno di curare le ferite.

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