CIVIDALE ON TIME
Sport, Memoria, Pensieri & Arte varia oltre il Natisone dall'antica capitale del Friuli
lunedì 20 marzo 2023
UN'OCCASIONE SFUMATA
Ieri sera in via Perusini l'occasione sfumata non è stata la vittoria contro l'ultima della classe, svanita come all'andata con una brutta gestione dell'ultimo possesso dopo una spettacolore rimonta nell'ultimo quarto che aveva portato i gialloblù di Cividale a recuperare 17 lunghezze ai pugliesi e addirttura mettere per due volte il naso avanti negli ultimi due minuti di gara; come ha detto al termine dell'incontro con evidente disappunto coach Pillastrini, l'opportunità scupata dai suoi ragazzi è stata quella di dimostrare di aver compiuto un ulteriore importante salto di qualità nel loro processo di crescita: ovvero quello di non farsi contaminare dalla sindrome da "pancia piena", che infetta spesso gli sportivi quando si devono cimentare in prove che non hanno valore per la classifica e per il perseguimento degli obiettivi, specialmente se affrontate dopo aver raggiunto risultati importanti contornati da svariate manifestazioni di apprezzamento e complimenti piovuti da ogni dove.
Diversamente non si può spiegare come mai, in casa propria, abbiano subito 50 punti in due tempi da una compagine che all'andata era riuscita ad infilare nel canestro ducale 56 punti in 40 minuti, ricordandosi solo nell'ultimo periodo che una delle armi più affilate sulle quali si sono fondate le tante vittorie di questa brillante stagione per la neopromessa di Cividale è l'intensità difensiva e la sua feroce applicazione.
Il coach ha espresso il concetto senza troppi giri di parole, affermando che la differenza tra chi vuole continuare a crescere e il mediocre nello sport è proprio questa: non avere mai la pancia piena; il Presidente Davide Micalich, allineandosi sul concetto con il tecnico, ha dichiarato di essere certo che per i suoi ragazzi si sia trattato di solo di "un infortunio fisiologico", un "peccato di gioventù" per un gruppo che fino a ieri non ha mai alzato il piede dall'acceleratore delle motivazioni e della voglia di stupire, ribadendo che nelle prossime fasi del torneo costituiranno un avversario molto pericoloso per tutti.
Chi invece neppure ieri ha dimostrato di voler neanche per un attimo tirare il fiato all'entusiasmo e alla voglia di divertirsi è stato il pubblico, il quale ha riempito il palazzetto come fosse una partita di play-off, con un tifo da play-off, che ha avuto l'effetto di "svegliare" la squadra nell'ultimo periodo ed accompagnarla in una rimonta tutto orgoglio (e difesa) nella quale si è rivista tutta la pasta di cui sono fatti i Pilla Boys, con una menzione particolare per la straripante energia di Aristide Mouaha e di come questo gruppo non possa neanche prescindere dalla costanza e dalla "silenziosa" concretezza di Dalton Pepper, ieri per lunghi tratti in panchina.
Alle quali vanno anche le attenuanti dell'assenza di Lucio Redivo e delle percentuali da NBA dei pugliesi per tre quarti di gara.
domenica 19 marzo 2023
LA RIMONTA SFUMA NEL FINALE E SAN SEVERO VINCE 83-85
L’ultima partita casalinga della regular season serviva sia alla Gesteco che all’Allianz San Severo come test per mettere a punto ed oliare i meccanismi in vista della prossima fase del torneo che già alla vigilia del match vedeva i friulani inseriti nel girone blu per la classificazione nei play-promozione mentre i pugliesi incasellati nella poule salvezza per evitare la serie B.
Se per San Severo l’occasione era buona per accogliere il nuovo arrivato Mihajlo Jerkovic da Ferrara, i cividalesi erano invece privi di Lucio Redivo, costretto a guardare i compagni dalla panchina in seguito ad un infortunio patito in settimana durante gli allenamenti, ma comunque determinati a cancellare la bruciante sconfitta patita in Puglia all’andata per 55-53.
La sfida alla fine ha premiato i pugliesi, capaci di piazzare per tre quarti di gara percentuali stellari da tre punti e poi resistere da un’ultima frazione tutta orgoglio con cui le Aquile hanno sfiorato la vittoria finale.
Si parte con Rota, Mouaha, Pepper, Battistini e Miani da una parte e Raivio, Fabi, Bogliardi, Lupusor e Daniel dall’altra con Battistini a ripagare la fiducia subito con la bomba del 3-0 e poi con il piazzato del 5-3 a 7’50” in un avvio molto equilibrato e caratterizzato da tanti errori al tiro su entrambe in fronti (7-6 a 5’26”). Nella seconda parte della frazione gli ospiti, sospinti da un Sabatino autore da tra triple consecutive, reggono il ritmo trovando percentuali importanti dall’arco (6/11) e chiudono avanti 18-20. La musica non cambia nel secondo parziale con i pugliesi avanti di 8 punti (24-36) dopo due triple di Raivio (6’18”) e nell’ultimo minuto respingono anche la paziente opera di riavvicinamento dei ducali, andando a riposo sul + 12 (30-50) con il notevole score di 12/20 dall’arco. Nel terzo quarto Cividale, spronata da Pepper, cerca di rimettere in careggiata l’incontro ma le percentuali dei pugliesi dalla lunga, salite nel frattempo a 17/27 non danno spazio al tentativo di rimonta e la penultima sirena suona con il tabellone fermo sul 57-74 per gli ospiti. All’inizio dell’ultimo periodo Cividale prova ad alzare subito l’intensità difensiva e con il sostegno del pubblico riduce a 65-74 il parziale a 6’40” e si porta sul meno 6 (72-78) a 3’36” dalla sirena finale grazie ad una tripla di Cassese che infiamma il Palazzetto e costringe coach Pillot a chiamare minuto per fermare l’inerzia. Al rientro però Rota firma la tripla del 75-78, poi Pepper completa la rimonta con la bomba del 78-78 a 2’22” e poi Mouaha dà il prima vantaggio sul 81-79 e poi sul 83-81 a 55”. Nell’ultimo giro di lancette il ferro ributta fuori una tripla di Rota e poi in un azione confusa sotto il canestro ducale San Severo mette ancora la freccia (83-85) a 20” con Cividale che non riesce a costruire l’ultimo tiro e portare a casa una vittoria che avrebbe avuto il sapore dell’impresa.
UEB GESTECO CIVIDALE – ALLIANZ PAZIENZA SAN SEVERO 83 - 85
(18-20, 38-50, 57-74)
UEB GESTECO CIVIDALE
Redivo n.e., Miani 8, Cassese 7, Rota (k) 11, Mouaha 17, Furin 6, Battistini 7, Balde n.e., Pepper 18, Barel n.e., Dell’Agnello 7, Micalich 2.
Allenatore: Stefano Pillastrini
Vice: Federico Vecchi e Alessandro Zamparini
Tiri liberi 8/9, Tiri da due 24/43, Tiri da tre 9/28, Rimbalzi 36 (24 dif. 12 off.)
ALLIANZ PAZIENZA SAN SEVERO
Tortù 15, Lupusor 3, Sabatino 11, Ly-Lee, Fabi 14, Bogliardi 13, Jerkovic 5, Daniel 12, Petrushevski, Raivio 12.
Allenatore: Damiano Pillot
Vice: Nicolas Panizza, Edoardo Rabbolini
Tiri liberi 8/9, Tiri da due 13/39, Tiri da tre 17/27, Rimbalzi 42 (26 dif. 16 off.)
Arbitri: Daniele Foti, Jacopo Pazzaglia, Umberto Tallon
Spettatori
martedì 14 marzo 2023
BACHECA (MISERA DI TROFEI E RICCA DI BALDORIA)
“Il palmares dei bianconeri (La Juventus) sarà forse ricco di trofei, ma in quanto a baldoria, lì sono veramente pessimi! Bisognava giocare, vincere e basta! Ogni tanto avevo l’impressione di andare al lavoro in fabbrica.”
ammise qualche anno fa Zbigniew Boniek.
L’impressione del polacco di certo non riguarda i primi bianconeri d’Italia che, sicuramente, hanno avuto più occasioni per fare baldoria che di mettere trofei in bacheca nella loro più che centenaria storia.
Questo è un po’ il cruccio dei pazienti e appassionati tifosi friulani che nonostante ben 57 partecipazioni al massimo campionato nazionale (50 di serie A, 2 di Prima divisione e 5 di Prima categoria tra il 1913/14 e il 2022/23) non sono mai riusciti a cogliere un alloro da appuntare sullo stendardo.
I migliori piazzamenti sono stati il secondo posto del campionato di serie A 1954/55, poi declassato all’ultimo per delibera del CAF in seguito ad un illecito sportivo di alcune stagioni prima, due terzi posti (1997/98 e 2011/12) e tre quarti posti (1955/56, 2004/2005, 2010/11).
Non molto meglio le partecipazioni alla Coppa Italia, dove si perse la possibilità di essere la prima società a conquistare il trofeo nel 1922, perdendo per 1-0 nei tempi supplementari la finale contro il Vado Ligure. Di seguito i migliori risultati sono state le 5 semifinali perse contro il Parma (2000/01), la Roma (2004/05, 2009/10) l’Inter (2005/06) e la Fiorentina (2013/14).
Particolarmente bruciante la sconfitta contro la Roma del 2004/05, quando ai bianconeri di Spalletti quarti in campionato e qualificati ai preliminari di Champions League sarebbe bastato uno 0-0 nella gara di ritorno al Friuli contro i giallorossi che navigavano addirittura in zona retrocessione; Totti e compagni invece s’imposero per 2-1 e guadagnarono la finale contro l’Inter.
Per cui, nelle competizioni nazionali, l’Udinese si deve accontentare di iscrivere nel proprio palmares la vittoria dei campionati di serie B 1955/56, 1978/79 e la Coppa Italia Semi-professionisti 1977/78.
A livello interregionale invece ci sono le vittori dei gironi di Serie C 1977/78 e 1948/49, mentre le rappresentative giovanili hanno conquistato il tricolore “Primavera” nel 1980/81 e la Coppa Italia 1992/93 e la Coppa Italia di serie B nel 1963/64.
Sul piano internazionale ci sono ben 3 partecipazioni alla UEFA Champions League, 11 tra UEFA e UEFA Europa League e 1 alla coppa Intertoto.
Qui la bacheca s’arrichisce della vittoria della Coppa Intertoto nel 2000, battendo in finale i cechi del Sigma Olomouc (2-2, 4-2 dts) e poi i migliori piazzamenti risultano un passaggio alla fase a gironi della Champions 2005/06, avendo superato nel preliminare i campioni portoghesi dello Sporting Lisbona (1-0, 3-2) e i quarti di finale della coppa UEFA 2008/2009, quando i friulani furono eliminati dal Werder Brema (1-3, 3-3) nel doppio confronto, dopo aver eliminato Borussia Dortmund, Tottenham, Spartak Mosca, Dinamo Zagabria, Arnhem, Lech Poznan e Zenit San Pietroburgo.
Sempre sul piano internazionale, ma in competizioni riservate a squadre semi-pro oppure vincitrici del torneo di secondo livello, i bianconeri hanno iscritto il loro nome nell’albo d’oro della MITROPA Cup (1979/80) e del Torneo Anglo-Italiano (1977/78).
Nonostante le poche occasioni per festeggiare la vincita di qualche competizione rispetto ai bianconeri torinesi, i tifosi di quelli friulani, come ci suggerisce Boniek, hanno comunque fatto baldoria ogni fine partita… o quasi.
Spesso con un buon bicchiere di vino, pane e salame.
UDINESE 1954/55: LO SCUDETTO SFIORATO CON "RAGGIO DI LUNA"
“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione.” - disse Nelson Mandela.
Se è vero, come è vero, quanto sostenne Nelson Mandela qui sopra citato, il calcio durante la primavera 1955 fece sognare un’intera regione, dando entusiasmo, speranza e slancio agli abitanti di una terra di confine pesantemente segnata dall’essere stata un tragico “palcoscenico” per ben due guerre mondiale, di cui l’ultima terminata nel 1945 aveva lasciato in eredità profonde lacerazioni, divisioni e devastazioni ancora ben presenti e visibili, oltre che la presenza di 2/3 dell’esercito italiano a difesa di confini ancora fragili. Basti pensare che Trieste, era rientrata a pieno titolo sotto l’amministrazione italiana solamente qualche mese prima, nell’ottobre del 1954, a seguito del Memorandum di Londra firmato da Italia e Jugoslavia, status sancito in via definitiva addirittura nel 1975 con il Trattato di Osimo.
In un contesto economico-sociale di grande fermento e che stava preparando il “miracolo italiano” del boom economico del decennio seguente, il calcio stava acquisendo una popolarità straordinaria svolgendo un’importantissima funzione di coesione nazionale, favorito dal fenomeno di crescente urbanizzazione legata all’industrializzazione che iniziava a trasformare la società italiana del dopoguerra.
Nel panorama delineato gli squadroni delle metropoli del Nord, il trittico Juventus, Inter e MIlan, negli anni ’50 come oggi dominavano la scena grazie ai capitali che i vari “cumenda” e la famiglia Agnelli incominciavano a far circolare nel pianeta “calcio”, anche se ogni tanto qualche squadra dalla provincia spuntava dall’anonimato per tentare scompaginare i piani.
Nel torneo 1954/55 fu l’Udinese presieduta dall’industriale friulano del legno Dino Bruseschi (Palmanova UD 12 marzo 1921 – Udine 13 novembre 1997) e guidata in panchina dall’allenatore Giuseppe Bigogno (Albizzate VA 22 luglio 1909- Firenze 22 giugno1978) a sorprendere tutti e a far innamorare di sé i tanti tifosi della penisola di fede diversa da quella nerazzurra, rossonera o juventina, costringendo il Milan di Nordahl, Liedholm, Schiaffino Cesare Maldini e Lorenzo Buffon a battagliare fino alla penultima giornata per prevalere sui friulani e conquistare il loro quinto scudetto, dopo che i rossoneri allenati da Hector Puricelli avevano perso in un’epica e rocambolesca partita il primo maggio 1955 per 3-2 contro l’Udinese allo stadio Moretti, quando mancavano 5 giornate alla fine.
Impresa incredibile quella compiuta dai bianconeri friulani, giunti infine secondi con 44 punti dietro ai 48 del Milan, considerando anche che l’anno prima erano arrivati addirittura16mi, occupando l’ultimo posto utile per evitare la retrocessione in serie B; un risultato che, nonostante quello che si dirà più avanti, rappresenta ancor oggi il miglior piazzamento di tutta la storia pluricentenaria del club udinese davanti ai terzi posti ottenuti con le panchine di Zaccheroni (1997/98) e Guidolin (2011/12).
Il ruolino di marcia di quella stagione registrò 16 vittorie, 12 pareggi e 6 sconfitte con 58 gol all’attivo e 42 subiti e fa venire i brividi ai polsi il pensiero che tutte le 6 sconfitte furono patite nelle prime 11 giornate di campionato e di cui 3 nelle prime 3. (0-2 dall’Inter alla prima, 3-1 a Napoli nella seconda, 5-0 a Catania nella terza, 3-1 a Firenze alla settima, 0-1 dalla Juventus alla decima e 2-0 a Genova, sponda Samp all’undicesima). Altro doppio rimpianto di quell’annata fuori dall’ordinario furono i punti persi con i “cugini” della Triestina, dodicesimi a fine torneo, che imposero ai friulani due pareggi, 0-0 ed 1-1, nel derby regionale.
Alla fine del girone d’andata i friulani erano ottavi con 18 punti dietro a Milan (28) Bologna (24) Roma (22) Fiorentina (22) Inter, Juventus e Torino tutte a 19 punti mentre nel girone di ritorno, senza sconfitte, furono protagonisti di un’incredibile rimonta facendo più punti di tutti: ben 26 sui 34 disponibili ed il centravanti Bettini si piazzò secondo con 20 reti nella classifica marcatori dietro lo svedese Nordhal (26centri).
Ma il grande protagonista di quell’epopea fu il centrocampista Arne Selmosson (Goetene 1931 – Stoccolma 2002), soprannominato “Raggio di Luna” sia per la chioma biondissima, quasi bianca che per la grande visione di gioco e l’abilità nell’ultimo passaggio; lo svedese, acquistato dall’Udinese nel 1952 era stato inattivo per un anno, visto il divieto emesso addirittura dalla Presidenza del Consiglio per l’acquisto di giocatori stranieri – qualcosa di familiare ripensando all’arrivo contrastato di Zico nel 1983 – per poi finalmente mostrare tutto il suo talento nella magica stagione 1954/55, conclusa giocando tutte le 34 partite e mettendo a segno 14 reti, l’ultima nel 3-1 casalingo all’Atalanta nel match che chiudeva il campionato.
Al termine della stagione fu ceduto alla Lazio dove rimase per tre stagioni (101 presenze e 31 reti) per poi varcare la sponda del Tevere ed accasarsi per due annate alla Roma (87 presenze 30 reti) per l’astronomica cifra – per i tempi – di 135 milioni di lire. nel 1961 ritornò all’Udinese e chiuse la carriera dopo due campionati di A e uno di B, inanellando 73 gettoni e 18 marcature, partecipando al declino del Club che l’aveva lanciato.
A testimonianza della grande popolarità che godette Selmosson dopo quell’incredibile stagione in maglia bianconera, si pensi che due dei più grandi autori del teatro di rivista di quell’epoca, Garinei e Giovannini, diedero alle scene una commedia intitolata: “La padrona di Raggio di Luna”, interpretata allora da Delia Scala.
Purtroppo quella grande impresa sportiva, che portò una piccola squadra di provincia a sfiorare lo scudetto, non trova traccia nella classifica ufficiale perché conclusa la stagione e alla soglie della seguente, il primo settembre 1955 la CAF condannò l’Udinese alla retrocessione per un presunto illecito sportivo compiuto il 31 maggio 1953, ultima giornata del campionato di due anni prima. L’amarezza per tutto l’ambiente fu grande, ma il club friulano non si perse d’animo e, prima vinse il campionato di serie B 1955/56 e poi si piazzò al quarto posto di quello di serie A 1956/57.
Con il senno di poi, meno male che fu “solo” secondo posto, altrimenti vincere uno scudetto e vederselo soffiare ex-post sarebbe stato troppo anche per la dura scorza del popolo friulano. Passi quello non riconosciuto del 1896, ma la revoca di questo sarebbe stato un altro terremoto.
Poi seguirono 4 campionati di salvezze sofferte con rose che ogni anno venivano depauperate dei migliori elementi per necessità di bilancio, prima dell’ultimo posto nel campionato 1961/62 con retrocessione prima in B e poi in serie C, dove iniziò un lungo peregrinare nei gironi infernali della terza serie fino alla resurrezione di fine anni ’70.
Di seguito la classifica finale del magico torneo 1954/55 e i protagonisti dell’insuperata impresa bianconera. Nella classifica, tra parentesi, i risultati ottenuti dall’Udinese contro l’avversaria.
Milan 48 (2-2, 3-2)
Udinese 44 Retrocessa in serie B per delibera della CAF
Roma 41 (1-1, 1-0)
Bologna 40 (2-1, 4-2)
Fiorentina 39 (1-3, 2-1)
Napoli 38 (1-3, 3-0)
Juventus 37 (0-1, 1-1)
Inter 36 (0-2, 2-2)
Sampdoria 34 (0-2, 2-1)
Torino 34 (3-0, 1-1)
Genoa 31 (3-0, 1-1)
Catania 30 (0-5, 1-0) Retrocesso in serie B per delibera della CAF
Lazio 30 (2-0, 1-1)
Triestina 30 (0-0, 1-1)
Atalanta 28 (2-0, 3-1)
Novara 28 (1-0, 3-3)
Spal 23 (3-0, 4-1)
Pro Patria (2-2, 2-2)
Udinese 1954/55
Allenatore Giuseppe Bigogno
Romano P (34, -42), Degl’Innocenti D (34, 0), Azimonti D (22, 0), Zorzi D (17, 0), Morelli D (4,0), Travagini D (3, 0), Sant D (2, 0), Magli C (26, 0), Pinardi C (22, 5), Snidero C (31, 1), Ardit C (1, 0), Selmosson C/A (34, 14), Menegotti C (31, 5), Perissinotto C (15, 1) Szoke C (12, 0), La Forgia A (30, 5), Castaldo A (26, 6), Bettini (31, 20).
MITROPA CUP 1979/80
"Il calcio italiano mette a segno un filotto incredibile! Vince la coppa UEFA con la Juventus, finalista la Fiorentina, la Coppa delle Coppe con la Sampdoria, la Coppa dei Campioni con il MIlan e, già che c’era, ha vinto anche la Mitropa Cup con il Bari!" Così chiosava Bruno Pizzul, 23 maggio 1990, Vienna, al termine di Milan-Benfica 1-0, finale di Coppa dei Campioni.
Il 9 aprile 1980, con una retrocessione sul campo praticamente già acquisita, con una doppietta del bomber di Nerio Ulivieri, l’Udinese guidata dal tecnico Dino D’Alessi da poco subentrato a Corrado Orrico, sconfisse gli ungheresi del Debrecen in uno stadio Friuli deserto e mise nella sua “misera” bacheca una coppa europea tra l’indifferenza generale, tifosi compresi. Il motivo è semplice: si trattava di una coppa che da quell’anno veniva contesa tra le vincitrici del campionato di seconda serie dell’anno precedente nelle nazioni dell’area danubiana-mitteleuropea, area che in quel periodo era priva di appeal internazionale, anche per il fatto di far parte del sistema socialista di oltrecortina, sistema politico-sociale che non prevedeva il professionismo nello sport.
Pochi sapevano che in realtà quella coppa era carica di storia e di antico prestigio, essendo stato il primo torneo europeo per squadre di club. Di seguito riporto il tabellino della stagione 1979/80 e poi cercherò di soddisfare i più curiosi fornendo alcune note sulla storia di questa manifestazione che ha “chiuso i battenti” nel 1991.
Partecipanti: Rudá Hvězda Cheb (1º campionato di Cecoslovacchia 2. liga gruppo A 1978-79), Udinese (1º campionato d’Italia serie B 1978-79) Čelik Zenica (1º campionato di Jugoslavia Druga Liga Girone Ovest 1978-79) Debreceni VSC (1º campionato d’Ungheria Nemzeti Bajnokság II 1978-79)
Gare giocate il 19 settembre
Udinese - Rudá Hvězda Cheb 3–2;
Čelik Zenica - Debreceni VSC 2–0
Gare giocate il 3 ottobre
Rudá Hvězda Cheb - Debreceni VSC 2–1;
Udinese - Čelik Zenica 0-0;
Gare giocate il 24 ottobre
Debreceni VSC - Udinese 0–0;
Čelik Zenica - Rudá Hvězda Cheb 3–1
Gare giocate il 7 novembre
Rudá Hvězda Cheb - Udinese 2–0;
Debreceni VSC-Čelik Zenica 0–0
Gare giocate il 19 marzo
Čelik Zenica - Udinese 2–3;
Debreceni VSC - Rudá Hvězda Cheb 2–1
Gare giocate il 9 aprile
Udinese - Debreceni VSC 2–0;
Rudá Hvězda Cheb - Čelik Zenica 2–1
Classifica finale
Udinese 8, Čelik Zenica 6, Rudá Hvězda Cheb 6, Debreceni VSC 4. Capocannoniere con 4 reti Nerio Ulivieri (Udinese)
Tutti gli appassionati del gioco del calcio, gli addetti ai lavori ed anche i profani sanno come oggi la massima competizione europea tra squadre di club sia la Champions League, anche se molti e tra questi chi vi scrive, continuano a chiamarla Coppa dei Campioni, ovvero con la denominazione che questo Torneo, riservato esclusivamente alle migliori squadre di ciascuna nazione d’Europa, aveva mantenuto dalla sua prima edizione disputata nel 1955 sino al 1992. Altrettanto è noto come il più importante torneo calcistico internazionale per squadre nazionali sia la Coppa del Mondo e che dalla prima edizione organizzata nel 1930 sino al 1970 questa manifestazione fosse denominata Coppa Rimet, in onore del suo ideatore il francese Jules Rimet. La conoscenza diffusa di queste “curiosità” sportive dipende dalla grande popolarità che il gioco del calcio ha avuto ininterrottamente in Europa dalla sua comparsa, risalente agli anni che vanno a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, ad oggi. Questa popolarità è via via cresciuta esponenzialmente un po’ in tutti gli angoli del pianeta a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, parallelamente alla diffusione dei sistemi di comunicazione di massa ed in modo particolare della radio prima e della televisione poi. Tale enorme popolarità ha fatto si che oggi questi eventi e le competizioni calcistiche in genere, abbiano perso la connotazione sportiva che li aveva caratterizzati sino alla fine degli anni ’90, per diventare principalmente un business miliardario (anche in Euro e non solo in vecchio conio), in cui gran parte dei lauti proventi sono appannaggio di un ristretto numero di operatori economici e di sedicenti sportivi… ma questa è un’altra vicenda. Pochi invece sanno che il primo torneo internazionale della storia calcistica è stato la Mitropa Cup, la cui prima edizione ebbe luogo nel 1927 e sicuramente il numero di coloro che conoscono quali siano state le ragioni che hanno portato alla nascita di questa competizione è ancora minore. L’idea di organizzare una manifestazione internazionale permanente tra squadre di club fu dell’austriaco Hugo Meisl, un ex arbitro di passaporto austriaco ma moravo di nascita ed ebreo d’origine, che propose alle federazioni calcistiche dei neonati stati nazionali sorti dalla dissoluzione dell’Austria-Ungheria dopo la fine del primo conflitto mondiale, di permettere la continuazione degli incontri di calcio e delle relazioni tra i clubs delle città che sino a poco tempo prima si sfidavano regolarmente e con grande seguito, anche in considerazione del fatto che all’epoca, l’area danubiana era in Europa probabilmente la più “evoluta” in campo calcistico. A questo proposito giova ricordare che, sempre all’ appassionata opera di Hugo Meisl, la prima nazione europea ad introdurre il professionismo nel gioco del calcio fu l’Austria nel 1924, seguita poi dalla Cecoslovacchia nel 1925 e dall’Ungheria nel 1926.Il 17 luglio 1927 almeno nello sport, gli effetti e le clausole di Saint-Germain vennero completamente annullate, quando a Venezia fu formalmente deciso di organizzare annualmente un Torneo calcistico fra le migliori squadre delle federazioni calcistiche di Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Jugoslavia e con efficienza ed affidabilità “absburgica” già un mese e mezzo dopo, il 14 agosto 1927 i giocatori boemi dello Sparta Praha sollevarono per la prima volta il trofeo, avendo largamente sconfitto nella finale per 6-2 gli austriaci del Rapid Wien. La manifestazione, che vide già nel 1929 l’allargamento della partecipazione anche ai migliori club italiani, rappresentò il più importante e prestigioso trofeo calcistico europeo per squadre di club e venne disputata ininterrottamente ogni anno sino al 1940, quando fu sospesa per motivi bellici. Il torneo fu ripreso nel 1955 e disputato ogni anno fino al 1978 perdendo progressivamente importanza, in relazione alla nascita della Coppa dei Campioni e di altre manifestazioni che contemplavano la partecipazione di club provenienti da tutta Europa, nonché dalla crisi di risultati che colpì i paesi dell’area danubiana a partire dagli anni 70’.Dal 1980 al 1992 la manifestazione fu riservata alle squadre vincenti i campionati di seconda divisione delle federazioni di Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Italia: la Mitropa Cup, quella che fu la Champions League degli anni 30’, era diventata definitivamente una coppa di serie “B”, una materia per pochi cultori di curiosità calcistiche. Se la dissoluzione dell’Impero Asburgico era stata la molla che aveva spinto gli organizzatori a creare la prima competizione calcistica internazionale negli anni 20’, la disintegrazione della Jugoslavia, la separazione tra cechi e slovacchi, nonché le turbolenze economico-sociali nell’Est Europa immediatamente successivi alla dissoluzione di un altro Impero, quello sovietico, decretarono nell’indifferenza generale, la fine della Mitropa Cup. Gli ultimi ad aggiudicarsi il piu’ antico trofeo calcistico internazionale europeo furono, nel maggio del 1992, allo stadio Zaccheria di Foggia davanti a spalti deserti, gli ex-jugoslavi (dati i tempi) del Borac Banja Luka, che nella finale sconfissero per 5-3, dopo i calci di rigore, gli ungheresi del VSC Budapest.
Per gli amanti delle statistiche, nelle 49 edizioni disputate, 16 volte la vittoria arrise a squadre ungheresi, 11 volte a clubs italiani, 8 volte a compagini cecoslovacche e 7 volte a testa ad team austriaci e jugoslavi, mentre il club che si aggiudicò piu’ volte la manifestazione fu il Vasas Budapest, capace di vincere 6 edizioni (1956, 1957, 1959, 1965, 1970, 1983); per quanto riguarda la partecipazione delle squadre italiane, queste hanno fatto la parte del leone solamente negli anni in cui il torneo stava “agonizzando”: ben 7 degli 11 successi complessivi sono stati ottenuti nelle ultime 12 edizioni, ovvero quelle riservate a squadre di seconda divisione. In ogni caso, le squadre di “casa nostra” che possono vantare nella loro bacheca la Mitropa Cup sono: il Bologna, vincitore di tre edizioni (1932, 1934, 1961), il Pisa, vittorioso nei tornei 1986 e 1988 ed infine, con un successo ciascuno, la Fiorentina (1966), l’Udinese (1980), il Milan (1982), l’Ascoli (1987), il Bari (1990) ed il Torino (1991).
LA SUPERLEGA DEL 1896
Nel giorno in cui i club più danarosi d’Europa avevano deciso di fondare e gestirsi una loro Lega fuori dalle federazioni internazionali ufficiali dell’UEFA e della FIFA, per contrappasso andai con la memoria agli albori del calcio nel nostro paese.
Quando neppure le regole erano molto precise e non esisteva ancora la F.I.G.C., la federazione italiana giuoco calcio; sembra che all’epoca i falli venissero decisi dai due capitani e che l’arbitro intervenisse solamente nei casi più gravi, ovvero quando i disaccordi erano insanabili e che le partite si concludessero quando una delle due squadre aveva maturato due gol di vantaggio.
Ebbene, il primo torneo nazionale di questo calcio primordiale venne disputato a Treviso dal 6 all’ 8 settembre 1896, organizzato dalla Federazione Ginnastica d’Italia assieme alle gare di Ginnastica, Scherma e altre discipline sportive come l’atletica ed il tennis.
Alla competizione partecipava anche la Società Udinese di Ginnastica e Scherma, la cui sezione calcistica formata da studenti diciasettenni delle scuole tecniche udinesi guidati dal Maestro Antonio Dal Dan, autore di una doppietta in finale, vinse la manifestazione battendo prima i padroni di casa dell’Istituto Turazza di Treviso per 2-0 (altre fonti riportano 3-1) e poi in finale il Ferrara per 2-0.
Il primo “scudetto” della storia fu rappresentato da un gonfalone in seta bordato oro che portava la seguente dicitura: ” Prima gara nazionale di giuochi ginnasti – campionato nel giuoco del calcio (Foot Ball)”; la sua storia fu alquanto sfortunata perchè oltre a non essere mai riconosciuto dalla Federazione Italiana Gioco Calcio che fu fondata 2 anni dopo, fu persino trafugato dalle truppe austro-ungariche che calarono su Udine nei giorni immediatamente successivi alla rotta di Caporetto del 24 ottobre 1917, facendo perdere per sempre le sue tracce.
Vani sono sempre risultati i diversi tentativi messi in atto negl’anni per rendere “giustizia” all’evento e dare lustro alla bacheca dell’attuale Udinese Calcio del primo tricolore nazionale, ma in compenso hanno fatto decretare dalla FIGC quale data ufficiale di fondazione del Club il 30 novembre 1896, rendendola così la seconda squadra d’Italia per anzianità dopo il Genoa Cricket and Football Club 1893. E quindi ad essere i primi bianconeri d’Italia, alla faccia della Juventus F.C.
Ad onor del vero se da un lato la Società Udinese di Ginnastica e Scherma era stata fondata nel 1889 e già nel settembre 1895 la sezione calcistica si era esibita innanzi al Re Umberto I e alla Regina Margherita al Velodromo “Salario” di Roma in un incontro amichevole contro la Società Rodigina di Ginnastica Unione e Forza (Altre fonti indicano Virtus Bologna) negli anni successivi alla vittoria del “primo tricolore” l’attività ufficiale fu assolutamente episodica tanto che l’affiliazione alla FIGC avvenne solo il 5 luglio 1911, assumendo la denominazione di Associazione Calcio Udinese.
A beneficio dei posteri ecco gli undici e primi “campioni d’Italia” del 1896: Bissantini, Chiussi, Kosnapfel, Pellegrini, Milanopulo, Del Negro, Plateo, Spivach, Dal Dan, Tam, Tolu.
Si noti che Tam che vinse anche le gare di corsa e tennis.
UN DERBY AMMUFFITO
"Per i tifosi di pallone il calcio è più di uno sport, lo vivono in maniera più intensa, sembra più una religione", disse un giorno Kobe Bryant.
Chissà cosa avrebbe pensato il povero Kobe se il ragionamento l’avesse portato a chiosare su come i tifosi del calcio vivono i derby: probabilmente, a ragione, si sarebbe spinto alla ricerca di termini come “fanatismo rafforzato” o sinonimi di “follia senza controllo”.
A questi concetti non sfuggono neppure i sostenitori di Udinese e Triestina che, tutto sommato considerati tra i più miti della penisola, perdono tutto il contegno e raggiungono vette di follia assolutamente in grado di competere con le tifoserie più torride d’Italia quando va di scena il derby tra Udine e Trieste.
A ben vedere la valutazione necessiterebbe di una revisione sul campo, perché a livello di competizioni ufficiali la sfida tra bianconeri e rosso-alabardati manca dall’estate del 1991, quando il 24 agosto allo stadio Grezar di Trieste le due formazioni conclusero sull’ 1-1 la gara di ritorno del primo turno della Coppa Italia 1991/92 con i gol di Nappi al 66′ per i friulani e di Romano su rigore al 90′ per la Triestina; per la storia, il turno fu superato dall’Udinese in virtù del 3-1 ottenuto tre giorni prima allo stadio Friuli grazie alle reti di Balbo su rigore al 45’+1′ e di Mandorlini (49′) e Dell’Anno (52′) nella ripresa, dopo l’iniziale vantaggio triestino siglato da Romano al 45′.
L’ultima sfida in campionato risale invece al 2 giugno 1991 per la penultima giornata della serie B 1990/91, quando al Friuli Udinese e Triestina impattarono sull’1-1 dopo i gol di Mattei per i bianconeri nel primo tempo ed il pareggio del capitano triestino Cerone a 5 minuti dalla fine. Un pareggio inutile per entrambe le compagini, con i friulani estromessi dalla lotta per la promozione in serie A e i “cugini” retrocessi addirittura in serie C.
Se poi dobbiamo riferirci alle sfide nella massima serie, la macchina del tempo deve caricarsi un bel po’, prima di ritornare all’ultimo incontro disputato nientemeno che allo stadio Moretti di Udine il 15 marzo 1959 e terminato ancora senza vinti e vincitori con un modesto 0-0; anche in questa occasione il torneo finì male per i rosso-alabardati, retrocessi in serie B e mai più ritornati in serie A.
Sono trascorsi quindi ben più di 30 anni senza il derby regionale, ma siamo sicuri che il giorno in cui si dovesse mai ripresentare l’occasione, la rivalità sarebbe ancora “degna di nota”, perché il desiderio di infliggere una batosta al tifoso avversario non si basa su ragioni sportive significative e consolidate, ormai risalenti a mezzo secolo fa, ma affonda le sue ragioni nella diversa storia del Friuli e della città giuliana e nelle differenze socio-culturali che tutt’oggi esistono, nonostante alcuni decenni di globalizzazione e di mutamento violento della carta geo-politica dell’Europa.
La rivalità si è esasperata nel secondo dopoguerra, quando la capitale della neonata Regione Friuli-Venezia Giulia (creata rigorosamente con il trattino, tolto solo con Legge Regionale proposta dell’amministrazione Illy dopo il 2003) fu istituita a Trieste, rientrata a pieno titolo per il diritto internazionale sotto la sovranità italiana solo con il trattato di Osimo del 1975.
Genti troppo diverse i friulani e i triestini per “andare d’accordo”: forgiati nei secoli da dominazioni straniere, stanziali, indissolubilmente legati alla terra che richiede duri sacrifici per dare frutti i primi mentre i secondi gente di mare dalle spiccate attitudini mercantili e abituata a vivere tra mille etnie i secondi, che conobbe ricchezze e fasti sconosciuti tutt'oggi nel territorio friulano, durante il lungo periodo in cui Trieste era il porto di un Impero, quello di Francesco Giuseppe.
Per cui lo stereotipo del triestino fancazzista, inaffidabile, solo dedito al divertimento a spese altrui è ancora ben radicato nel pensiero friulano, al di là del politicamente corretto, così come la visione del Friuli popolato da contadini tendenzialmente ignoranti, dediti solo alla cura del proprio orticello, di scarsi orizzonti culturali e incapaci di riconoscere ciò che di meglio possa offrire la vita è idea altrettanto viva nello spirito dalle parti di Barcola, in Piazza Unità e sulle Rive.
Lo strapotere calcistico udinese iniziato negli anni ’80 del secolo scorso grazie all’arrivo nella proprietà della società calcistica della Zanussi prima e della famiglia Pozzo poi, a cui hanno fatto da contro altare diversi fallimenti societari e il navigare a stento tra la serie D (diverse volte) la C (quasi sempre) e la B (di rado) sulle sponde dell’Adriatico, ha di fatto reso il calcio un terreno su cui non aveva più senso sfogare la “pancia” della reciproca antipatia che invece ha trovato un po’ di terreno più fertile nel basket, dove invece i giuliani si sono fatti preferire quanto a prestigio e risultati rispetto ai rivali friulani.
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