mercoledì 31 maggio 2017

SPETTACOLO "IO DICO CHE DOMANI ITALIA VINCE" - PROLOGO

Io sono stato sempre convinto della sua innocenza, ma non è questo il punto.
La giustizia aveva stabilito che era colpevole e lui pagava il suo debito senza invocare sconti. Ci pensai a lungo quell’inverno che precedeva il Mondiale di Spagna. Prima ancora di affrontare la questione in termini tecnici, mi prospettai il problema morale.

Alla fine decisi che terminata la squalifica lo avrei portato con me.

Mandare in campo Paolo Rossi è una bestemmia!!
In quelle condizioni un giocatore va spedito in montagna!!

Qualcuno ha scritto che per Paolo Rossi ho rischiato la vita.

 Non so cosa darei per tornare indietro, solo per il gusto di poterlo rifare!

PROLOGO DELLO SPETTACOLO "IO DICO CHE DOMANI ITALIA VINCE"

Io sono stato sempre convinto della sua innocenza,
ma non è questo il punto.
La giustizia aveva stabilito che era colpevole
e lui pagava il suo debito senza invocare sconti.
Ci pensai a lungo quell’inverno che precedeva il Mondiale di Spagna.
Prima ancora di affrontare la questione in termini tecnici,
mi prospettai il problema morale.
Alla fine decisi che terminata la squalifica lo avrei portato con me.

Mandare in campo Paolo Rossi è una bestemmia!!
In quelle condizioni un giocatore va spedito in montagna!!

Qualcuno ha scritto che per Paolo Rossi ho rischiato la vita.
 Non so cosa darei per tornare indietro, solo per il gusto di poterlo rifare!

lunedì 29 maggio 2017

NOTTI PRIMA DEGLI ESAMI

16 giugno 1985 - La prima notte "prima" degli esami è arrivata anche per me! Nella testa c'è un indescrivibile vorticare di pensieri e un'impressionante quantità di immagini e di ricordi che si susseguono a ritmo continuo.Vedo Roma e sento la musica di Antonello, vedo Tina che su quel treno, da fresca diplomata in ragioneria, tra le altre cose, mi racconta dei suoi esami, penso ad un anno scolastico stile "universitario" e non so se maledire tutti quei momenti (e sono stati tanti!) in cui ho accantonato i libri con la frase "faremo" per uscire e cercare il divertimento. Poi penso alla gita a Monaco e mi viene quasi da piangere per la nostalgia e vedo Silvia alla stazione di Venezia  che in una mattina di maggio mi saluta dal treno che fa ritorno a Milano e penso che da allora non l'ho più vista; poi vedo la panchina davanti alla casa di Livio con me e lui che ci rifiutiamo di parlare della maturità e progettiamo con speranza una grande vacanza da fare in bici dopo gli esami. Sento anche avvicinarsi il momento della "grave" decisione: Università o Militare? e sento davanti a me il futuro ostico e difficile e quasi quasi mi viene da dire: "Magari potessi tornare indietro di 5 anni!". Le vere difficoltà arriveranno dopo questi esami che, in fondo, rappresentano l'ultimo atto di un periodo di certezze e soddisfazioni. 
04 luglio 1985 - Eccoci qua! Ultima notte prima degli esami: domani questa avventura sarà finita; mi sento naturalmente agitato e anche un po' teso ma il fatto che non mi abbiano "cambiato" la materia mi ha parecchio rasserenato. Poi c'è forte la sensazione che oramai sia finita, nonostante tutto; non lo so se domani il mio orale produrrà gli effetti sperati e gli scritti saranno stati eccellenti, io me lo auguro anche se sarà necessaria una buona sorte oltre che il ricorso a tutto l'estro di cui sono capace. Penso all'anno scolastico che si sta definitivamente concludendo e provo già tanta nostalgia. Penso all'ambiente della classe, delle tante genuine cazzate, delle tante e tante sincere risate, a quel vivere ognuno a modo suo ma tutti insieme lo stesso "problema" dell'esame che non vivrò più. Quanti ricordi affiorano! Le tante "marine": alla "Bussola", da "Narda", a Udine, mattinate interminabili che si concludevano dopo lazzi e risate con la frase "Non potrà finire bene!". Ecco, quel monito detto ridendo suona strano e beffardo ora che il momento tanto atteso di "farla finita" è infine giunto. Domani tutti si aspettano da me grandi cose; io mi aspetto da me stesso di non tradirmi proprio sul traguardo: 5 luglio 1985, ore 12: sarà un momento davvero indimenticabile, comunque vada.
   

domenica 28 maggio 2017

DOMANDE CON RISPOSTE ANCORA INCERTE

13 gennaio 1985 - Al mattino sono andato a Gorizia con un amico ad assistere ad una partita di pallamano che vedeva impegnata la squadra bolognese dei suoi cugini e qui ho potuto assistere ad uno spettacolo a dir poco allucinante. Gli spettatori goriziani hanno dato vita ad uno show di grida, insulti e volgarità di vario genere che, tralasciando le regole del buon vivere, ha superato anche il buon senso e gli usi del "tifo" che si può concepire per una partita di pallamano di serie B! Ad un certo punto si è superato il limite quando un giovane ha gridato all'indirizzo della squadra bolognese e dei suoi sostenitori (parenti e amici dei giocatori!): "La prossima bomba in piazza Maggiore". Pazzesco. Per uno spettacolo sportivo che dovrebbe essere sana manifestazione di forza e vigore nel perimetro delle regole, si è giunti persino a richiamare e augurare, pur irresponsabilmente, una strage! Di seguito, naturalmente, è mancato poco che finisse in una rissa vera tra giocatori e spettatori con la rabbiosa reazione dei bolognesi (Slavi di merda - la prossima volta non vi liberiamo più). Sono rimasto veramente deluso dai goriziani ma più in generale anche da tutti gli altri. Perché tutto questo odio e tutta questa diffidenza?  

sabato 27 maggio 2017

LA CHIAMATA

03 maggio 1983 - In questi giorni mi sono ritornate alla mente le immagini di due anni fa, quando esisteva la Compagnia Teatrale e stava per andare in scena, incontro a quello che fu poi un grande successo. Ricordo con grande nostalgia quei momenti, così significativi, di un bellissimo anno; purtroppo per una serie sfavorevole di circostanze, come il trasferimento del professore che ci guidava, la Compagnia si spense dopo qualche mese di agonia.
Non sapemmo dare seguito a quell'esperienza come desideravamo e così finì tutto miseramente[1]; ma sento, veramente, che devo fare qualcosa per rifondare quella "gloriosa" Compagnia ed ora mi sento anche maturo e capace di farlo, nonostante l'enorme responsabilità che questo comporta. Ora lascio terminare le lezioni, poi ne riparleremo.




[1] Quando le lezioni ricominciarono nel settembre del 1981, preso atto del trasferimento dell'insegnante che aveva curato la Regia del Gruppo e del rifiuto o del disinteresse degli altri docenti a guidare la Compagnia, i fondatori Giuseppe Passoni e Roberto Calligaris cercarono di riprendere l'attività con una nuova commedia (IL BURLONE BURLATO di Leo Fax) ma il tentativo cadde nel nulla dopo due sedute di prova.

giovedì 25 maggio 2017

PADRE E FIGLIO

27 luglio 1983 - Questa sera ho parlato con mio padre della scelta che ho fatto; quale scelta? quella meditatissima di lasciare definitivamente il calcio agonistico, la Cividalese, per il mondo del Teatro. Mio padre ha sollevato questi interrogativi: "E' conveniente lasciare un'attività senza troppe incognite e che quest'anno tanto ti ha dato, per un mondo che non conosci e che è colmo di incognite. In poche parole: ti senti di fare questo salto nel buio? e ancora: ti rendi conto che potresti tentare un passo più lungo della gamba?". Questi presunti problemi me li ero già posti prima di prendere la decisione e, rileggendo le pagine indietro, ho la conferma che non sono affatto dei problemi: AVANTI!

mercoledì 24 maggio 2017

POMODORI E DINTORNI

16 luglio 1984 - Oggi voglio raccontare un episodio inedito e particolarmente curioso.
Mancava circa mezz'ora all'apertura del sipario de "L'EQUIVOCO" e nervosamente camminavo su e giù per il palco quando improvvisamente mi si avvicinò Zippo e tutto serio mi disse: "Che cosa facciamo se ci tirano i pomodori?" Ridendo, gli risposi: "Niente, li mangiamo!" La sua faccia, che si faceva di momento in momento sempre più preoccupata, mi guardò e mi disse: "Guarda che non sto scherzando, Emanuela l'ha saputo per certo da suoi amici. Sono venuti apposta per tirarci i pomodori!" Categorico replicai: "Sei impazzito? non vorrai mica credere a queste cazzate?"

Vidi chiaramente che invece ci credeva ed che era molto preoccupato, tanto che concluse: "Non lo so, ma questa notizia mi preoccupa, mi fa star male" e poi sparì nei camerini. Poco dopo tutto il cast era agitato, causa questa notizia,  mentre mancavano solo venti minuti all'inizio dello spettacolo e si sentiva prepotente il vocio del pubblico in sala; fra di noi c'era chi, come Gerry dicendo: "Ma siete tutti rincoglioniti?" negava categoricamente un a simile possibilità,  chi ci credeva, come Zippo e chi, come Emanuela, diceva: "Me lo hanno dato per certo", come se la cosa non la riguardasse. Insomma,  pochi attimi prima di andare in scena, tra le mie ultime indicazioni a tutto il cast riunito dissi, in perfetto stile "politico": "Il problema non esiste, non c'è alcun pericolo; se tuttavia l'ipotesi dovesse verificarsi, faremo chiudere il sipario ed io uscirò in proscenio per i ringraziamenti di rito." Sapete come andò a finire: furono solo applausi e gli ortaggi... non si erano mai mossi dal banco del fruttivendolo!

martedì 23 maggio 2017

ANCORA A PROPOSITO DI DEBUTTI - LA GIARA DI LUIGI PIRANDELLO


3 gennaio 1985 - Finalmente ci siamo, dopo erculee fatiche di ogni genere ci siamo: nella stagione in cui tutto stava per finire ingloriosamente nel nulla, siamo giunti alla vigilia del momento più atteso, più ambito: il debutto al teatro Ristori, il "grande" teatro dove vengono a recitare i "grandi" del Teatro. In un attimo così importante e cruciale per il futuro della Compagnia, sono moderatamente tranquillo, nonostante la lite di stasera con Sgo', problemi di salute che assillano un po' tutti e l'esposizione finanziaria che ci siamo assunti per la produzione dello spettacolo[1]. Come sarò domani? felice mi auguro. Sono fiducioso e respiro a pieni polmoni quella stupenda aria di "prima", un'aria carica di sensazioni forti, ritornano alla mente tutte le fatiche, i sacrifici e tutte le situazioni passate nei mesi di preparazione; tutti sentimenti che sfociano nella soddisfazione di essere arrivati ugualmente in fondo e fra poco ci si cimenta con il giudice supremo: il pubblico, un pubblico che potrebbe essere un gran pubblico!
Non si deve confondere l'aria magica della "prima" con la preoccupazione, niente di più errato: se spesse si sente dire dagli attori "E se va male?", non è preoccupazione vera e propria, ma solo spirito scaramantico, perché ogni attore sa in cuor suo che non potrà andar male.



[1] Queste le voci più rilevanti dei costi di produzione: luci e scenografia Lit. 650.000, costumi e trovarobato Lit. 200.000, giara Lit. 295.000, saldo dell'affitto del teatrino di prova Lit. 150.000 per un totale complessivo di Lit. 1.295.000 (pari a 2.072.907 lire del 1994).
A fronte di tali spese, le risorse della Compagnia ammontavano a Lit. 400.000 (pari a Lit. 640.280 lire del 1994) disponibili il 01 gennaio 1985, il Comune era già intervenuto finanziando la campagnia pubblicitaria (200 manifesti e 500 programmi di sala) e mettendo a disposizione gratuitamente il teatro. Il disavanzo poteva essere coperto solo dall'incasso: considerato che l'amministrazione comunale aveva posto il limite di Lit. 2.000 (3.201 lire 1994) al prezzo del biglietto d'ingresso, era necessaria l'affluenza di almeno 447 persone su 600 posti disponibili (il 74,5%); un obiettivo da far venire i brividi ai polsi, visto che si trattava di avere un pubblico pari agli standard della stagione teatrale per un gruppo come il nostro, che vantava un audience di 200 persone.

6 - IL CAMMINO DELL'Isonzo/Soča - GIORNO/DAN 6 Ronchi dei Legionari - Isola della Cona, Punta Spigolo, Mar Adriatico

18 luglio 2015, Sabato/Sobota - L'ultima tappa inizia alle 4,30 del mattino con presa di coscienza che nell'Hotel c'è un black-out della corrente elettrica che verrà risolto alle 4,50; questo pregiudica la qualità della prima colazione, anche a causa dell'unico addetto presente nell'albergo non completamente capace di gestire in modo adeguato la situazione - Alle 5,20 siamo in marcia e poco dopo un termometro nei pressi dell'Areoporto di Ronchi ci segnala che la temperatura ha già raggiunto i 27° - Vediamo albeggiare e il sole, una grande palla infuocata color arancione, salire molto rapidamente da dietro le colline del Carso alla nostra sinistra - Il passo è spedito, grazie anche alla scelta di lasciare gli zaini in Hotel e alternarci nel carico di uno zainetto acquistato la sera prima per portare lo stretto indispensabile: rifornimento d'acqua e costumi da bagno - Superiamo Staranzano e giungiamo ai margini dell'Isola della Cona nei tempi previsti, dopo 2 ore di buon cammino - Ai margini dell'Isola iniziano i problemi: il caldo incomincia a crescere e ci dobbiamo orientare tra mappe poco chiare, la solita segnaletica insufficiente e informazioni incerte e contraddittorie fornite da amatori della corsa e della bicicletta incontrati lungo la strada - Dopo aver chiarito finalmente e definitivamente che la foce si raggiunge attraversando l'Isola della Cona e non oltrepassando l'Isonzo per raggiungere il Caneo e che l'automobile che ci permetterà di rientrare prima in albergo e poi a Grado ci aspetterà nel parcheggio del Centro Visite della riserva naturale, riusciamo ad arrivare all'inizio dell'ultimo tratto da fare per raggiungere la meta; sono le 8,50 e abbiamo già percorso quasi 17 Km e la temperatura ha già superato i 33° - All'apertura della Riserva (9,00), sistemate pressanti esigenze fisiologiche, rifocillati con abbondante bevuta e gelati, preso a prestito un berretto che va a sostituire quello perso nei primi minuti di marcia mattutina, rinfrancati da un "NON POTETE SBAGLIARE, E' TUTTO DIRITTO", attacchiamo finalmente l' "autostrada" che in un'ora e mezza dovrebbe condurci al termine del nostro viaggio - Come da copione le aspettative ottimistiche vengono subito spazzate via: l'arrivo a Punta Spigolo (Foce) sarà possibile solo dopo 2 ore di attraversamento di una vera e propria riproduzione di "SAVANA SELVAGGIA" - Il sentiero non  è segnato e si perderà anche nella palude, continuamente ostruito da escrementi di cavalli e animali vari -  Vacche e tori liberi e allo stato brado, centinaia di ragni stile "spiderman" con relative ragnatele, mosche e insetti urlanti in processione con noi, caldo torrido, renderanno la marcia su quell' "autostrada" un sequel degno anche dell'ultimo Indiana Jones - Punta Spigolo viene raggiunta alle 11,00 dopo ulteriori 6 km dal Centro Visite e quasi 2 ore di cammino, per complessivi 23 km di tappa per 5 ore effettive di marcia a 4,7 km/h - Ce l'ABBIAMO FATTA!!! Un bagno nelle acque dove il fiume e mare si mescolano suggella l'impresa che in 6 giorni e 159 Km ci ha portati dalle cime alpine alla palude - la sensazione di pace e l'acqua fresca ci ripagano della fatica ed in particolare di quella accumulata negli ultimi 6 km, mentre cerchiamo di ricaricarci e prepararci a rifarli in senso inverso per trovare l'automobile e fare ritorno a casa - Coraggio e sorte però ci regalano l'ultima bella sorpresa del nostro cammino: veniamo raccolti da un motoscafo a bordo del quale risaliamo l'Isonzo "volando" a pelo d'acqua fino all'auto gustando la "Birra della Vittoria"! - Il nostro nocchiero era un discendente di una locale famiglia di pescatori, diversi dei quali servirono la Marina dell'Impero Austro-ungarico: inutile scrivere qual era il suo pensiero in merito! - Restituito il berretto al Centro Visite, ebbri di gioia per la riuscita dell'Impresa ma soprattutto per aver evitato in un modo così bello ed inaspettato il ritorno in mezzo alla savana, preleviamo la vettura e raggiungiamo l'Albergo, previo fortuito recupero lungo il tragitto del cappello smarrito al mattino - Doccia, saldo del conto in Hotel senza sovrapprezzo per compensare il disagio causato dal black-out ed infine... ritorno a casa.      

domenica 21 maggio 2017

5 - IL CAMMINO DELL'Isonzo/Soča - GIORNO/DAN 5 Gorizia/Gorica - Ronchi dei Legionari

17 luglio 2015, venerdì/petek - Partenza alle 7,20 del mattino dall'Hotel Entourage dove abbiamo consumato una ghiotta colazione nonostante le imprecisioni e le gaffes del personale non italiano - Uscita da Gorizia: via dei Rabatta, Via dei Cappuccini, Via Vittorio Veneto (con errore di direzione costato 0,5 Km!), Piazza San Francesco, Via Filzi, Via Duca d'Aosta, Piazzale Saba, Via San Michele e Sant'Andrea direzione Savogna d'Isonzo/Savodnje ob Soči - Passanti sorpresi e divertiti dal nostro passaggio che non è passato inosservato - Finale di tappa all'Hotel Major a Ronchi dei Legionari nei pressi dell'Areoporto e "in the middle of nowhere" - Struttura perfetta per i nostri fini con colazione che da domani viene servita a partire dalle 5,00 del mattino e che noi useremo per raggiungere la meta finale e superare il caldo afoso (anche oggi 35°) che costituisce il vero ostacolo - Meta odierna raggiunta alle 13,30 dopo 22 km e 4 ore e 40 minuti di marcia effettiva con una media di 4,40 km/h e consumo di 2600 calorie - Soste intermedie: Poggio III Armata - Bar del campo sportivo - Sagrado - Bar al Ponte - Cimitero Austro-ungarico di Fogliano e Bar dell'Ossario di Redipuglia - Località attraversate: Savogna d'Isonzo/Savodnje ob Soči - Peteano/Petovlje - Poggio III Armata/Zdravščine - Sagrado, Fogliano e Redipuglia - Dalle 10,30 caldo afoso davvero molto opprimente, con nostra grande sorpresa parzialmente limitato da ombra per lunghi tratti - Bell'incontro al Bar del campo sportivo di poggio III Armata / Zdravščine con tre anziani sostenitori dell'Austria-Ungheria che ci hanno intrattenuti con toccanti racconti storici e familiari risalenti al primo conflitto mondiale - Bell'incontro con automobilista locale che ci ferma temendo che fossimo nella direzione sbagliata - Emozioni forti al Cimitero militare Austro-ungarico di Fogliano e alla vista dell'Ossario di Redipuglia nonostante il caldo fosse davvero divenuto insostenibile - Il nostro Compagno di Viaggio è finalmente riapparso nei pressi di Peteano alla confluenza con il Vipacco/Vipava e poi nel tratto Poggio III Armata /Zdravščine - Sagrado: a tratti vecchio e stagnante, con il corso modificato e la portata regolata da un sistema di chiuse - La tappa finale del nostro Viaggio, la foce dell'Isonzo/Soča è ancora avvolta dall'incertezza circa km da fare, percorso e modalità di rientro a casa - Unica certezza: sveglia domani alle 4,30 per fare colazione alle 5,00 e partire subito per limitare il caldo che domani prevede una temperatura intorno ai 38° e finire l'avventura intorno alle 11,00 del mattino . Previsione: 15/20 km. 

4 - IL CAMMINO DELL'Isonzo/Soča - GIORNO/DAN 4 Kanal ob Soči/Canale d'Isonzo - Gorizia/Gorica

16 luglio 2015, giovedì/četrtek - Partenza da Kanal alle ore 7,10 dopo "sontuosa" colazione (2 croissant con marmellata, cappuccino e noci) nella bella pasticceria con vista su fiume, ponte e campanile della chiesa - Risveglio ore 5,23 agevolato dalla luce che filtrava dalle persiane come Rummenigge nell'area della Cavese - destinazione finale odierna: Gorizia, Borgo Castello, Hotel Entourage, struttura molto charming ricavata in un antico palazzo in fronte al Monastero di Santa Chiara - Dimora elegante individuata dopo vano tentativo di contattare un B&B - Destinazione raggiunta alle ore 15,00 dopo 5 ore e 33 minuti di marcia effettiva (media 4,3 Km/h) per complessivi 25 km percorsi e consumo di 3.000 calorie, con soste a Plave e diverse lungo la splendida ciclabile che da Plave porta direttamente al ponte di Solkan/Salcano e sosta di un'ora abbondante a Solkan per pranzare con un'ottima suppe ed un piatto d'insalata - Tappa conclusa con attraversamento del limite ovest di Nopva Gorica e ingresso a Gorizia dalla Piazza Transalpina dopo visita delle celebre Stazione - L'equipaggio oggi si è comportato splendidamente, dando prova di recupero fisico non disprezzabile dopo la batosta del giorno prima - Passo lievemente più lento dei giorni precedenti dovuto al gran caldo sofferto a partire dalle 10,00 del mattino su di un bellissimo tratto di strada costeggiante il fiume e per almeno 18 km completamente in battuta di sole - Ci addormentiamo felici per quanto fatto e per le condizioni psico-fisiche che percepiamo buone ed in netto recupero - Cena vegana "al sangue" (una mostruosa fiorentina) conusmata nel Ristorante del Chiostro di santa Chiara e rapida salita al Castello di Gorizia per favorire la digestione e gustare ancora dall'alto il territorio sloveno che ci ha visto protagonisti dall'inizio del Viaggio - Destinazione di domani: Redipuglia per 19 Km previsti su di un territorio pianeggiante ma inesplorato, senza probabili ripari dal sole e con un caldo che si prevede ancora più afoso ed opprimente (oggi la temperatura all'arrivo sfiorava i 40°) e perciò domani partenza al più presto possibile! - Insegnamento odierno: dai nomi delle vie di Nova Gorica e Gorizia (nella prima praticamente solo nomi e date riferibili al periodo della lotta di liberazione dal nazi-fascismo e nella seconda nomi e date richiamanti la prima guerra mondiale e l'italianità) è seguito un bel discorso sui valori antitetici che espongono le due città e i loro abitanti, valori divenuti ai nostri occhi delle vere e proprie reciproche Nevrosi collettive - Soddisfazione: fino ad oggi un cammino fisico, simbolico e metafisico tra storia militare, politica ed economica del '900, filosofia e una Natura che spesso ti toglie il fiato e colma il cuore e che ha completamente riposto alle speranze e perché no, alle aspettative della vigilia.     

sabato 20 maggio 2017

3 - IL CAMMINO DELL'Isonzo/Soča - GIORNO/DAN 3 Kobarid/Caporetto - Kanal ob Soči/Canale d'Isonzo


15 luglio 2015, mercoledì/sreda -Partenza da Kobarid alle ore 7,20 dopo ottima colazione nel bar all'angolo della piazza principale e sonno sempre turbato da eventi onirici meritevoli di studio - destinazione Kanal raggiunta alle 19,30 dopo 8 ore e 45 minuti di marcia effettiva via Tolmin - Most na Soči per totali Km 39 e 950 metri percorsi con una media di 4,5 km/h - Da Kobarid a Most na Soči/Santa Lucia di Tolmino un vero incanto e da Tolmin a Most na Soči percorso su sentiero accanto al fiume nella sua maturità - imperdibile - Sosta di un'ora e un quarto assolutamente perfetta presso una taverna sul "lago" a Most na Soči - a seguire un calvario: i previsti ulteriori 10 km si sono allungati di altri 7, tutti fatti, nonostante lunghi tratti all'ombra, con un caldo torrido e su di una stretta e trafficata strada statale - caldo, stanchezza, incertezza su tempi e modalità di "fabbrica" proprie dei componenti dell'equipaggio hanno causato nel paese di Doblar una lite che ha pesato non poco nel rendere i già complicati ultimi 9 km un vero calvario con morale della truppa finito all'arrivo sotto le suole, nonostante l'impresa compiuta - condizioni fisiche messe a prova da grande affaticamento - Riposo a partire dalle 22,40 nell'Hotel a due stelle (evidenti) nel centro di Kanal a 18 Euro cadauno - cena squisita alla Fontana di Nettuno per 15 euro a testa - Obiettivo di Domani: Nova Gorica (stimati 24 km) con sveglia alle 6,00 e partenza alle 7,15 per evitare il gran caldo - pericoli: il gran caldo e i nostri stretti tempi di recupero dopo una tappa stile "maratona" - da non rifare! - Insegnamento: mai credere alle indicazioni anche del più gentile degli sloveni, senza prima verificare di persona - Doveva essere il nostro Italia-Brasile ed invece è stato Italia-Peru': dopo uno splendido "primo tempo" a seguire è stato un mezzo disastro; comunque siamo arrivati a destino rispettando la tabella di marcia - restano 3 tappe e teoricamente ancora 65 km contro i 91 già percorsi in altrettanti giorni ma il caldo che si prevede sempre più terribile, la stanchezza accumulata e la scarsa conoscenza delle ultime 2 tappe da fare in territorio italiano rendono i pensieri di questa notte un po' complicati. Speriamo che l'equipaggio sappia riscattarsi dopo la brutta prova del "secondo tempo" di oggi: Sarà fondamentale per la riuscita dell'impresa. Buonanotte! Lahko noč!    

giovedì 18 maggio 2017

2 - IL CAMMINO DELL'Isonzo/Soča - GIORNO/DAN 2 Bovec/Plezzo - Kobarid/Caporetto

14 luglio 2015, martedì/torek - Partenza alle 8,20 dall'Hotel Mangart di Bovec dopo una notte di sonno "turbato" da attività onirica degna di approfondimenti; ottima colazione, nonostante l'infruttuoso tentativo di smarrimento della chiave della camera. Smarrimento invece riuscito del pigiama. - Destinazione Kobarid raggiunta alle 15,20 dove nel locale INFO point una gentilissima ragazza ci trova una camera "cheap" presso la trattoria-pizzeria Fedrig per 40 Euro senza la colazione, rendendo così vana la trattativa in sospeso con l'Hotel Hvala (100 euro con colazione) - Km percorsi 23, compreso 1 km di giro in tondo per errore di interpretazione delle indicazioni in tedesco di una gentile signora slovena, poi corretta dal figlio, di un'altra signora slovena, stavolta parlante un buon italiano a Log Čezsoški _Velocità media 4,5 km/h, calorie 2.800, altitudine max 466 m.s.l.m. altitudine min 198 m. s.m.l. - Tappa ben condotta, da Bovec a Boka su asfalto poi da Log Čezsoški a Trnovo ob Soči su sentiero molto bello che per lunghi tratti costeggia il nostro fiume, poi nuovamente breve tratto di strada asfaltata per scendere infine gli ultimi 6 km a ridosso della Soča fino al Napoleonov Most di Kobarid e quindi nei pressi dell'arrivo - Caldo sopportabile, grazie anche a lunghi tratti percorsi nel bosco - Il nostro compagno di viaggio oggi si è divertito a giocare a nascondino (40% del percorso vicino a noi) ma quando faceva capolino ci stordiva sempre con il suo color smeraldo - Buona sosta e buon pranzo "Pit stop" nel camping di Trnovo ob Soči, che ci ha ben ricaricati per la volata finale - Ottimo riposo a Kobarid dove prima abbiamo curato le "ferite" della tappa (in primis le spalle macinate da zaini oramai chiaramente sovraccarichi rispetto alle esigenze), doccia imperiale, cena di pesce al Ristorante dell'Hotel Hvala con tentativo fallito (di poco) di soffocamento grazie ad una spina di Orata finita di traverso - Gelato alle noci, con rimprovero del gelataio adiacente e concorrente alla gelateria prescelta - Domani prevediamo di lasciare la camera alle 6,30 depositando in trattoria parte dei bagagli che contiamo di recuperare dopo la fine del viaggio, in modo da permetterci un carico meno pesante degli zaini - la colazione è prevista alle 6,30 nel bar Cinca Marinca di Kobarid per iniziare il cammino prima delle 7,30 e riuscire a raggiungere Kanal/Canale via Tolmin/Tolmino  - Km previsti 31 su fondo stradale pianeggiante - Pericoli: il caldo e la distanza complessiva che richiederà molte ore di marcia - Premio: la certezza di riuscire ad arrivare al "traguardo" sabato ... in qualche modo - Luoghi della tappa odierna: caverne e resti di bunker militari tra Log e Trnovo, malghe e piccoli abitati abbandonati sempre nel bosco tra Log e Trnovo - ragazza olandese maleducata che per lunghi minuti ha impedito la visuale del Napoleonov most poco prima dell'arrivo - ponti, gommoni, canoe sospesi tra lo smeraldo della Soča, il verde del bosco selvaggio e l'azzurro che più azzurro non si può del cielo odierno - unicorno bianco senza corno incontrato libero nel bosco tra Log e Trnovo.   

mercoledì 17 maggio 2017

1 - IL CAMMINO DELL'Isonzo/Soča - GIORNO/DAN 1 IZVIR Soče/Sorgenti - Bovec/Plezzo

13 luglio 2015, lunedì/ponedeljek - Jan viene a prenderci puntualissimo alle otto punto zero zero davanti al Dom di Trenta (624 m s.l.m.) e ci porta con la sua "nasty car" al rifugio di IZVIR Soče ( Koča pri Izviru Soče - 886 m s.l.m.) - Colazione frugale e poi ascesa (20 minuti) alla fonte (1.007 m. s.l.m.) attraverso il sentiero nel bosco - SPETTACOLO INDESCRIVIBILE - Alle 9,00 inizia la discesa che si dovrà concludere sabato alla foce del fiume nel Mar Adriatico. - Destinazione della prima tappa: Bovec, che viene raggiunta alle 19,00 circa - Pernottamento all'Hotel Mangart in camera Superior: ce lo siamo meritati anche perchè io non avevo più "birra" per cercare un posto meno "expensive" - (Euro 110) - Km percorsi 28, ore di marcia 7 e 30 min, velocità media 3,7 Km/h, calorie burciate 2.144 - altitudine max 1.007 m. s.l.m. e min 408 m. s.l.m. - Tappa impegnativa che ci ha visti arrivare stremati a destinazione - Dalla sorgente fino al paese di Soča abbiamo seguito il Soška pot e questo ci ha penalizzato non poco, sentiero fatto di continue salite e discese con radici e sassi che rendono complicato il cammino - pochi incontri sulla via e zaino troppo pesante - A Soča ci ha colto la pioggia e ci siamo riparati nella chiesa che era aperta e deserta mentre poi, ripreso il cammino, la pioggia ci ha di nuovo costretti, vista l'intensità, ad interrompere la marcia e trovare riparo di fortuna sotto il ballatoio di un'abitazione lungo la strada - Da Soča, lasciato il Soška pot, abbiamo proseguito la marcia lungo la strada asfaltata aumentando la nostra velocità (11-13 min/km) con un cielo plumbeo e umidità molto elevata che creava un effetto nebbia su fiume e strada - Domani l'obiettivo sarà Kobarid/Caporetto, il tempo previsto è bello e sicuramente più caldo; pensiamo di fare meno km per riprenderci un po' - LUOGHI della tappa odierna: cimiteri austro-ungarici di Soča e Bovec, Izvir Soče e Chiesa di Soča - COLORE: lo smeraldo purissimo del nostro compagno di Viaggio, che per quasi tutta la giornata non ci ha mai abbandonato.

FONTANA MAGICA

12 luglio 1984 - Dalla lettura odierna del quotidiano, due articoli mi hanno interessato particolarmente: uno sull'esame di maturità, definito dall'autore come una corsa olimpica per la vita ed uno biografico su Nico Pepe, attore, autore e critico teatrale.
... Leggendo la vita di Nico Pepe ho provato tanta ammirazione, ho visto allo specchio quella che vorrei fosse la mia vita... una frase di questo personaggio mi ha fatto meditare: "NEL MAGICO MONDO DEL TEATRO IL TEMPO ESISTE SOLO PER MODO DI DIRE, DATO CHE AUTORI, REGISTI E SOPRATTUTTO INTERPRETI SI ABBEVERANO ALLA  FONTANA CHE  GETTA FUORI SENZA INTERRUZIONE L'ACQUA DELLA FANTASIA, LIMPIDA E CHIARA".

Sono d'accordo, perché la persona che possiede il fuoco sacro per quest'arte, non sarà mai vecchia per fare Teatro e la fiamma, se coltivata, brucerà per sempre con la stessa intensità e con la stessa luminosità, senza spegnersi mai.

C'ERA UNA VOLTA IN UN LUOGO DIMENTICATO ...

09 luglio 1984... voglio iniziare rievocando il momento più bello, fra i tanti, vissuto in Teatro: quello legato all'esordio della mia Compagnia, il 17 dicembre 1983, con "I DUE SORDI".
Lo spettacolo era appena terminato, in sala si sentivano scroscianti gli applausi, nei nostri volti c'era solo tanta gioia, dal primo all'ultimo, persino in quello di Manlio, aggregatosi nella settimana precedente  come suggeritore-presentatore.
Il sipario si riaprì e gli attori si disposero in mezzo al palco per l'applauso finale e dopo l'inchino di rito dalla porta di fondo uscii io per il discorso finale, dove rendere pubblici gli obiettivi ed i "perché" del nostro gruppo; in quei brevissimi istanti, così intensi da far sciogliere come neve al sole quelli ben più lunghi di difficoltà, litigi ed incomprensioni, non vi dico la gioia che percorreva il mio animo.

Cosa accadde dietro la tela quando questa si chiuse definitivamente tra l'acclamazione generale, fa parte della leggenda: Michele mi saltò in groppa esultante, urlando come un pazzo,  intorno a me sentivo solo grida di tripudio e vedevo grandi abbracci tra tutti; nel giro di pochi minuti il palco ed i camerini furono letteralmente invasi da amici ed estimatori, fra cui fecero spicco i complimenti dell'indimenticato prof. Mangani e del prof. Frisani, coordinatore del nostro Istituto...

martedì 16 maggio 2017

DEDICATO AGLI AMICI TORI E ... OLTRE.

Metà maggio: ormai fuori da ogni rigore invernale ma ancora lontani dalle giornate afose e dal Sol Leone dell'Estate; un momento di Vita assoluta, di slanci che tendono verso l'infinito, di vera Luce: tersa e luminosa ma non ancora accecante. Il periodo delle partenze e mai degli arrivi, la stagione per sognare intensamente Itaca sulla tolda di una nave in viaggio e mai di contemplazione dell'approdo. 
Stagione dagli intensi profumi serali, di luce gialla che sfuma nell'arancio mentre un vento caldo, ma non soffocante, ti avvolge e ti coccola.
Tutto questo è ancor oggi, seppure manchi Itaca e ciò rende tutta questa atmosfera strana; sentire addosso l'energia per correre, saltare, cantare, gridare, volare ... ed essere invece immobili e statuari, con la Vita che invece è l'unica a correre maledettamente veloce continuando a mordere, strappare e divorare. Che ne sarà di tutta questa energia, di tutta questa vita latente e incompiuta? In cosa si trasforma? Che ne è di lei? Nulla scompare, nulla sparisce nel nulla senza liberare e mutare qualcosa.
E dunque? 

domenica 14 maggio 2017

SAPERE

Adesso so cos'è la Vita.
Ora so cos'è la Morte.
E ora che so?

Adesso che so
la parola è perduta.
Rimane la penna.

E poi?
Nero. Nero. Nero.
Come questo inchiostro
in cui voglio annegare.

venerdì 12 maggio 2017

DEDICATO A TUTTI COLORO CHE SANNO SOGNARE ANCORA

In occasione del 51° compleanno voglio regalare a tutti gli amici un po' della mia fragilità, in particolare l'incapacità nell'aver saputo difendere il proprio sogno.

16 gennaio 1985
... tornando al Teatro, sono preoccupato perché sono consapevole che questo mio grande amore è destinato a diventare platonico: a Cividale non ci sono sbocchi, mi ci vorrebbe uno di quei colpi di fortuna che quando ti capitano ti cambiano la vita; un vero peccato, perché sento forte dentro di me la "vocazione" per il Teatro.Devo continuare, ma come? ci saranno gli esami di maturità, poi il servizio militare ed infine il lavoro a fare in modo che, come scrisse Dante nella Divina Commedia "il mar fu, sopra di noi richiuso". Che rabbia! In ogni modo, cercherò di giocare tutte le mie carte sino in fondo: ora che ho capito qual è la mia "missione" sarebbe da stronzi mollare, prima che il destino avverso si dimostri più forte dei miei sogni.


mercoledì 10 maggio 2017

PENSIERI PRIMA DEL DEBUTTO ASSOLUTO

16 dicembre 1983
Il momento è davvero arrivato, siamo alla vigilia. Sono esausto, questa vigilia tormentata ha davvero lasciato il segno; tutto ci sembra avverso, ma proprio tutto.
La giornata è iniziata con una fitta nevicata che ha ammantato di bianco la città[1] e poi è continuata con una continua pioggia battente con folate di vento gelido, impedendo così il trasporto del mobilio[2] per l'ultimazione della scena.
Livio ha problemi di voce, Michele ha il mal di denti, Emanuela è febbricitante, Zippo è più evanescente che mai ed il freddo attanaglia la sala[3]! E l'ultima prova generale è stata... meglio non continuare. Guarda un po' sotto quali auspici sta arrivando il tanto atteso giorno del debutto; stiamo lottando contro tutto e tutti e nessuno, ma proprio nessuno ci potrà aiutare: abbiamo sfidato "il mondo" ed ora, viste le premesse, pensate un po' in che condizioni psicologiche ci troviamo.
Ma se vinceremo, e vinceremo, non dovremo dire grazie a nessuno, ma solo a noi stessi!
IN BOCCA AL LUPO!!!!




[1] Evento assai raro nella Cividale degli ultimi decenni.

[2] Il traporto dalle varie abitazioni al Teatro doveva  effettuarsi con un carretto, visto che nessuno dei membri del gruppo era automunito.

[3] Per la già menzionata mancanza del riscaldamento, la temperatura nel teatro doveva essere assicurata da due vecchie stufe a gas!!

LA PRIMA VOLTA IN UEFA NON SI SCORDA MAI

Roma, stadio Olimpico, Tribuna Monte Mario, 1 giugno 1997 ore 18,20
Il momento più bello, l'apice, della mia quasi ventennale "carriera" di tifoso dell'Udinese: Roma-Udinese si è appena conclusa con un trionfale 3-0 per i bianconeri, dominatori assoluti della gara e le bandiere friulane sventolano festose nel settore riservato agli ospiti così come rimbombano nel catino dell'Olimpico i cori dei tanti tifosi giunti con ogni mezzo da Udine e che ora inneggiano alla conquista della qualificazione UEFA, mentre nella "mitica" curva Sud gli arrabbiatissimi tifosi giallorossi bruciano qua e là i loro vessilli. Ecco, in quel momento avrei voluto fermare il tempo per poter assaporare a lungo quella splendida sensazione, quel brivido lungo la schiena, quel groppo in gola, quella vera genuina e stupida gioia invece di accontentarmi di "cogliere" l'attimo fuggente.
Nella mia mente ho rivissuto tutta la "storia" da tifoso da quando nell'estate del 1978, dodicenne, andai la prima volta allo stadio friuli per un'amichevole (Udinese-Milan - giocava ancora Gianni Rivera) fino a questo "attimo d'immenso", passando per Causio, Zico, Edinho, Ciccio Graziani e i -9 di penalizzazione, le salvezze e le retrocessioni negli ultimi minuti dell'ultima giornata, le stagioni anonime in serie B e le tante, innumerevoli, delusioni che hanno costellato questa lunga storia. Lo so che è stupido, ma insieme ho rivisto tutta la mia vita che da sempre è scandita dagli eventi sportivi, i quali le fanno da rumoroso sfondo e ho capito che per certi versi sono rimasto il bambino di 19 anni fa che s'infiamma quando l'attaccante della propria squadra del cuore supera il portiere avversario come se fosse egli stesso a centrare il bersaglio. In tanti anni mai l'Udinese era riuscita a "volare" così in alto, mai l'avevo vista vincere lontano dal friuli,m mai l'avevo vista concludere da protagonista assoluta il campionato di serie A e qualificarsi per una competizione europea. Un sogno a lungo accarezzato e raggiunto proprio quando sembrava sopito per sempre. Un sogno che invece si è realizzato nella maniera più bella, sul campo della Capitale, a Roma, quella città che più di ogni altra custodisce ricordi ed attimi fra i più belli di tutta la mia vita. Così, ancora incredulo per l'indimenticabile giornata, quando i tifosi giallorossi, prima di iniziare le contestazioni verso i loro "beniamini" e la loro dirigenza,  hanno tributato alla nostra squadra un lungo applauso al termine della partita, ho percepito quegli applausi come se fossero diretti anche a me, alla mia stoica fedeltà ad un'ideale - l'attaccamento alla squadra della propria terra - probabilmente stupido, ma in grado di svilupparsi da solo dentro di me e che mi ha regalato oggi un attimo "d'immenso". Grazie Udinese, non importa più quello che sarà.
 

PENSIERI ALL'ARRIVO A SANTIAGO

Santiago de Compostela, 27 agosto 2012 - Pension Girasol, ore 19,40
Dunque mi sono inginocchiato innanzi la tomba dell' "Apostolo Giacomo" e ho ricevuto la Compostela. Non potrò scordare l'emozione provata nel guadagnare con passo svelto Praza do Obradoioro e vedere spuntare la facciata Catedral coperta dal muschio giallo che la fa risplendere di riflessi d'oro, mentre il suono di una gaita galiziana inondava il mio cuore.
Non mi sento di aggiungere molto di più ora che sto recuperando le forze dopo la doccia nella camera di un "vero" albergo, finalmente! Gioia e tristezza insieme per aver raggiunto la meta... 
Nella mente si alternano le immagini e nel corpo le sensazioni provate durante il Cammino e forte arriva il pensiero di casa, del ritorno e del desiderio di riabbracciare i miei affetti. Sono certo che quando sarò di nuovo a casa il Senso di questo cammino mi sarà molto più chiaro e via via i suoi insegnamenti si sveleranno aprendosi dentro di me come un seme che inizia a germogliare.
Ecco, credo che il seme del cammino ora sia dentro di me, pronto per crescere, trasformarsi e trasformarmi quando verrà a contatto con l'aria di casa, con i tempi del mio quotidiano.
ora non resta che svuotare il proprio zaino, purificarsi e bruciare nella giornata di Finisterre gli indumenti e il peso retto durante la Via e continuare a vivere in questo stato di grande fertilità di Spirito che sento dopo aver chinato il capo e piegato le ginocchia davanti alla "Tomba dell'Apostolo Giacomo". Passati 30 anni dal 1982 un altro italiano e friulano ha vinto il suo "Mundial" in terra di Spagna.
   

martedì 9 maggio 2017

PENSIERI SULLA VIA DI SANTIAGO

Palas de Rei, 24 agosto 2012 - Albergue Benito, ore 17,20
Oramai mancano solo 3 giorni e 65 km per raggiungere la meta finale, lasciando alle spalle i tanti km di cammino compiuto con passo spedito in un'alternanza di paesaggi meravigliosi, sole, vento, pioggia, nebbia ... altipiani assolati e percorsi in cui le salite e le discese si alternano in mezzo a boschi di querce tappezzati di felci, piccoli villaggi con case dai tetti di pietra, antiche chiese, pascoli e odori di bosco. Un passo dietro all'altro con le braccia che accompagnano il movimento in modo armonico, testa e corpo che si fondono in questa dimensione mai provata ... di pace, di annullamento automatico di qualsiasi cattivo pensiero. In superficie le giornate sono di una monotonia stucchevole: sveglia all'alba provocata dai rumori della camerata, in velocità preparare sempre allo stesso modo lo zaino, rapida toeletta, stessi vestiti e via per 7-8 ore di cammino, arrivo a destinazione alla meno peggio negli angusti spazi consentiti per i propri effetti personali, doccia ristoratrice, riposo, passeggiata defaticante nel paese di arrivo, cena comunitaria e notte più o meno agevole tra zaini, odori e rumori umani vari, sacchi a pelo che se indossati ti fanno risvegliare per il calore e se non indossati ti fanno poi risvegliare per il freddo ed il giorno dopo si ricomincia il copione trovando sulla strada le persone che avevi incontrato sin dal primo giorno di cammino. Credo che nello stupore a cui ogni giornata porta comunque questo ripetersi incessante risieda uno dei segreti rivelati del cammino compiuto fino ad oggi. Il resto? E' presto per svelare altre carte, ci sono ancora da "giocare" le giornate finali di questo "Mundial" di Spagna 2012. Il viaggio alla ricerca di "San Giuseppe" è ben lontano dall'essere terminato: posso però già dire che l'idea, tanto sofferta e contrastata, di fare questo Viaggio è stata un'idea meravigliosa.


lunedì 8 maggio 2017

SPAGNA 1982. PERCHE' PENSARCI ANCORA.

Può un gruppo che non riesce a vincere una partita da più di un anno, criticato e sbeffeggiato dal mondo intero trasformarsi d’incanto in una squadra imbattibile e capace di sbaragliare tutti sino alla vittoria finale di un Mondiale che sembra inesorabilmente destinato ad altri?
Può un giocatore fermo da due anni per squalifica, acciaccato, fuori condizione, che tutta l’Italia vorrebbe togliere dal campo trasformarsi d’incanto nell’attaccante più spietato del Mondo che inizia a segnare senza fermarsi più e a trascinare i suoi compagni sino alla vittoria finale?
Può un allenatore andare contro tutto e tutti, forse anche contro l’evidenza, per difendere il suo gruppo e vedere premiata la sua convinzione e ripagata la sua fiducia?
La ragione ci dice di no, che tutto ciò è possibile solo nelle favole.
Chi ha avuto la fortuna di vivere nel 1982 i giorni del Mondiale di Spagna ha vissuto una favola.

Perché parlarne ancora? Per trasmettere allo sfiduciato lettore del nostro tempo la carica e l’energia delle emozioni di quei giorni: per chi c’era risvegliare qualcosa che si è forse perso negli anni e per chi non c’era lo slancio per inseguire i propri sogni. 

domenica 7 maggio 2017

DEA MATER oppure DEA E MATER?

Ci sono donne che diventano madri e interpretano quel ruolo. Sono prima donne e poi madri e restano donne anche dopo la nascita dei loro figli. Dare la Vita, accudirla e crescerla rappresenta un aspetto importante, fondamentale della propria esistenza da svolgere assieme al loro compagno fino al momento in cui verrà tagliato il cordone,  ma non l’unico scopo di vita a cui votarsi. La Vita è anche molto altro.
Ci sono altre donne che invece non interpretano il ruolo di Madre perché sono Madri ben prima di mettere al mondo dei figli: il diventare poi effettivamente Madre non fa altro che costituire la realizzazione della pienezza della loro Vita e la giustificazione della loro esistenza.
I figli costituiscono il Sole che alimenta le loro vite e determina il corso delle loro stagioni, non importa che marito  sia vicino o meno e cosa faccia o non faccia. In ogni caso loro ritengono di poter /dover assolvere a qualsiasi mancanza. E’ la loro missione. E’ la loro ragione di vita. Il meglio per i loro figli. Ogni spiffero che filtra dalle finestre della camera del figlio è vissuto come l’imminenza di una tromba d’aria. Sono donne che non riescono a tagliare mai il cordone, neppure quando saranno forse i figli a farlo.
Tutti i figli maschi da giovani desiderano una mamma del secondo tipo, salvo poi rammaricarsi da adulti di non averne avuta una del primo. Per le figlie femmine è invece l’esatto contrario.

Cosa determini l’inclusione in una o l’altra delle categorie non lo so.. se sia un fattore genetico, una predisposizione acquisita dalla famiglia di origine, i "casi" della vita, un po' di tutto questo mescolato insieme ...

mercoledì 3 maggio 2017

LETTERA DI UNO ZIO ALLA NIPOTE


Vivere, mia cara, è una forma di arte: si cerca di modellare con la nostra testa, il nostro cuore e il nostro corpo il destino che ci è stato riservato; non abbiamo scelto i nostri genitori, non abbiamo scelto il posto dove siamo nati e la storia, gli usi e la religione della Comunità in cui viviamo e tutto questo disegna in modo importante il sentiero della nostra Vita.
E durante il cammino su questo nostro sentiero ci muoviamo prima accompagnati dalle nostre famiglie, poi dagli amici e infine da tutti coloro che compongono la Comunità in cui viviamo.
Non sempre è facile sentirsi in armonia con gli altri durante questo cammino: non sempre siamo disposti a comportarci come gli altri si aspettano che noi lo facciamo.
Scoprirai che abbiamo bisogno degli altri e gli altri hanno bisogno di noi ma che anche vogliamo fare a modo nostro e spesso le regole e gli impegni che la Comunità ci ha fissato ci sembrano troppo stretti, ingombranti e vogliamo ribellarci.
Scoprirai che è una bella lotta e che la sera quando si va a dormire in ogni caso si resta soli a dover decifrare le urla o i canti o i sussurri che ci vengono dal profondo del cuore.
Con gioia Ti dico che ogni volta che lungo il tuo cammino ti troverai in difficoltà ad ascoltare e a capire quello che la tua testa e il tuo cuore ti urla o ti sussurra, non aver paura a chiamarmi.

Ovunque sarò io nel mio cammino mi avvicinerò a Te e in ogni modo cercherò di aiutarti a capire… ogni volta che lo vorrai.   

Tuo zio

IL GARZONE DI SMICHOV

Si presenti...

Mi chiamo Miroslav Berger... ma potrei essere anche Herbert Neumann, Franjo Oblak, Mustafà Handanovic, Sandor Sallai o Furio Grion... sono nato a Praga, in Boemia, il 12 maggio 1895,  ma poco cambierebbe se fossi nato in quell'anno a Graz, a Zagabria, a Sarajevo, a Budapest o a Pola.
Sono boemo, ma il cognome già dice che i miei avi erano tedeschi... più precisamente ebrei di lingua tedesca...

Si potrebbe dire dunque che lei condivide le origini di Franz Kafka...

Certo, ma anche di molti altri! A differenza di Kafka però, io non sono né un poeta e né sono in grado di  scrivere in tedesco... di mestiere facevo il garzone in un birrificio nel quartiere di Smichov!...Eppoi sono morto nel maggio del 1915 lontano dalla mia Praga: più precisamente nei pressi di una località che si chiama Cervignano, dove una granata del Regio Esercito italiano mi fece a pezzi...

E' morto a vent'anni.. si sentirà particolarmente sfortunato!

Lei dice? Certo mi ha dato molto fastidio lasciare quella valle di lacrime così presto... ma non mi sento particolarmente sfortunato, visto che ho diviso la stessa sorte di qualche milione di miei coetanei tra il 1914 ed il 1918... ad Herbert in Galizia, a Franjo sul Carso, a Mustafà a Caporetto, a Sandor sul Grappa e a Furio sul Piave non è andata meglio!

Cambio la domanda allora..  vi sentirete una generazione alquanto sfortunata..

Non molto più sfortunata di quella di mio nonno... che morì a Custoza nel 1866 colpito da un colpo di cannone piemontese... per non parlare dei nonni di Herbert e Sandor, che morirono a Sadowa, uccisi nello stesso anno dai proiettili dei prussiani... Adesso però vorrei farle io una domanda, se me lo consente: com'è andata alla generazione di suo nonno?

La generazione di mio nonno? Si è persa nell'inverno del 1942 nelle pianure della Russia meridionale...

Vede? Anche lei non mi dà motivo per far sentire la mia generazione particolarmente sfortunata... purtroppo!

Purtroppo?

Si, purtroppo. Perchè se la mia generazione si dovesse sentire particolarmente sfortunata, vorrebbe dire che molte altre generazioni del passato e del futuro hanno avuto sorte migliore. Lei mi conferma che così proprio non è stato.
La mia vita terrena è stata sicuramente breve, ma le garantisco, particolarmente intensa e vissuta in una città meravigliosa: in questo mi sento maledettamente fortunato. Vuole forse confrontare un'adolescenza vissuta assieme ai propri coetanei tra i vicoli della Città d'Oro, con quella di Mustafà in un disperso villaggio sulle inospitali montagne interne della Bosnia? Oppure è convinto che corteggiare una cameriera nella birreria U Fleku a Praga sia eccitante come in una bettola ai confini del Regno di Serbia? Lei crede che avere 18 anni nella città degli alchimisti sia proprio lo stesso che compierli nella Puzsta ungherese? Mi creda, ho di che sentirmi fortunato!

Ne prendo atto. Ma le domande le faccio io! Sento in lei scorrere forte il sangue del nazionalismo.. una brutta bestia, non trova? Soprattutto per chi doveva vivere in uno stato multietnico, come allora era l'Impero Asburgico...

Si vede che lei parla e pensa proprio come tutti i suoi contemporanei, che valutano le cose della storia con le lenti del proprio tempo... appartenere ad uno stato multietnico non significa rinunciare alla propria identità e a manifestare con orgoglio la ricchezza della propria terra! Semmai significa metterla in gioco assieme a tutte le altre, in un'armonica fusione: solo così l'intero sarà maggiore della somma delle singole parti.
Certo, l'amore per la propria terra e per la propria cultura e le proprie tradizioni non devono trasformarsi nella negazione o nella sopraffazione dei valori altrui.

Quindi lei vorrebbe negare che la prima guerra mondiale fu causata anche dal nazionalismo, dominante in tutte le nazioni europee alla vigilia dell'attentato di Sarajevo?

Lei continua a parlare come un libro stampato e a mettermi in bocca parole che non ho neanche pensato! Io non ho detto questo... io ho detto solo che essere orgogliosi della propria identità nazionale non significa essere nazionalisti! E che solo l'orgoglio dell'appartenenza tra le varie etnie può permettere ad uno stato multietnico di continuare a vivere ed anzi trovare in questo la sua ragione di esistere: la pacifica e proficua convivenza tra esseri umani necessariamente diversi.
Nella mia epoca l'orgoglio per la propria identità nazionale era degenerato in qualcosa di chiaramente pericoloso e che voi avete definito “nazionalismo”: la negazione dell'altro per la supremazia del nostro... in tutta Europa, e dico tutta, la mia generazione è stata mandata al fronte tra ali di folla esultante,  tra Parroci, Pastori o Pope benedicenti, tra madri e fidanzate che lanciavano fiori!

E tutti convinti di essere dalla parte giusta: a Vienna come a Berlino, ma anche a Parigi come a Londra e a Mosca come a Belgrado.. Giusto?

Si questo è corretto. Questo è potuto accadere perchè le etnie si sono chiuse in se stesse, hanno cessato di dialogare e le “elités” intellettuali ed i governi hanno ceduto progressivamente alle lusinghe  dell'irrazionale, al mito della supremazia, chi della propria razza, chi della propria storia e chi della propria economia. Ma un errore ancora più grande è stato fatto alla fine di quella carneficina.. ed è stato un errore molto grave, tale da porre le basi per una catastrofe ancora più grande... dove ha perso la vita anche la generazione di suo nonno... giusto?

Si riferisce alla seconda guerra mondiale? Lei mi sembra conoscere fin troppo bene la storia europea per essere stato il garzone di un birrificio di Smichov!

Potrei essere stato anche un pastore bosniaco o un pescatore dalmata se per questo... ho avuto molto tempo per osservarvi bene da quassù!! Siete cambiati si.. ma solo nel senso che fate errori sempre diversi! E scambiate spesso le cause con gli effetti... come nel 1918, quando avete smembrato gli stati multietnici, ritenendoli colpevoli di soffocare le identità nazionali e di aver causato la guerra.
La causa non erano gli stati multietnici, in quanto tali, ma il diffondersi nelle elitès politiche, economiche e culturali  di tutti gli stati di allora, di quel clima “filosofico” di cui dicevo prima e che voi oggi chiamate come “nazionalismo”. Aver diviso l'Europa, alla fine della guerra, in tanti piccoli stati nazionali, “ritagliati” grossolanamente e tutti caratterizzati da una difficile convivenza tra un'etnia dominante e minoranze assai numerose, è stato semplicemente un suicidio.

Certo, abbiamo continuato a fare molti errori, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, se per questo. Ma non può negare che oggi, grazie all'Unione Europea, abbiamo posto le basi per una convivenza pacifica duratura tra quasi tutti i popoli dell'Europa... forse qualcosa abbiamo imparato dallo scorso secolo.. non Le pare?

Non voglio sembrarle pessimista se Le dico che è presto per dirlo... sa com'è, da quassù ne ho viste talmente tante.. e in così poco tempo! Però posso dirvi che Vi siete incamminati sulla strada giusta... questo si... ovvero sulla costruzione di un grande Stato multietnico, a patto però di averne compreso a fondo la missione, che è quella di dar vita ad un'Unione dove le singole culture vengano esaltate e lasciate libere di confrontarsi attivamente e di mescolarsi senza paura.

Concludiamo l'intervista con la sua “benedizione” allora: siamo sulla strada giusta?

Si, l'ho appena detto... però avete incominciato a fare già qualche passo sbagliato in questo cammino. Il primo lo hanno fatto, al solito, le vostre “elitès”; uno Stato multietnico non può fondare la sua ragione di essere solo sull'economia, sulla moneta o sulla burocrazia comune. Ancora una volta gli uomini che avete scelto come guide dimostrano di aver scambiato il fine con i mezzi.
Ma c'è un pericolo ancora più grande che serpeggia tra di voi, nell'Europa di oggi: credere che una società aperta e multietnica vada costruita rinunciando alle proprie singole identità, nell'accettazione passiva dell'altro in nome di una presunta tolleranza e di una fraterna integrazione.

La “lezione” è finita?

Per oggi si... e pensare che io volevo solo raccontarle com'era la buona la birra del mio birrificio di Smichov e di com'era bella la vita tra le braccia di una cameriera praghese, il giorno prima di partire per il fronte, nel maggio 1915!!! La pensavano e la pensano così anche Herbert, Franjo, Mustafà, Sandor e Furio e sicuramente anche Paolo, Charles, John e Ivan... Ogni tanto, quando siete afflitti dai vostri travagli quotidiani, rivolgete solo per un attimo lo sguardo al cielo e ricordatevi di noi... e dei nostri vent'anni.

martedì 2 maggio 2017

RITORNO AL FUTURO

Cividale del Friuli - Budapest , giugno 2007

Questa intervista è stata particolarmente faticosa: la “vittima”sfuggiva come un’anguilla al mio taccuino, tanto è vero che alla fine, seppur con molta riluttanza, ho dovuto cedere ai suoi metodi, accettando, obtorto collo, di utilizzare la rete internet quale mezzo per le mie domande. 
Rincorrere Molnar Rakosi  è stato molto più complicato persino dei diversi “fantasmi” a cui ho cercato di dare consistenza fino ad oggi: continuare a fissare ed immediatamente annullare e rifissare, per poi annullare e rifissare nuovamente ed ogni volta in luoghi diversi l’appuntamento per l’intervista si stava trasformando nella  frustrante attesa di un naviglio senza sbarco. Preciso subito che Molnar non è una rockstar o un attore giramondo, ma molto più “semplicemente” un’ occupato in quello che gli economisti definiscono, come loro costume per confondere le idee ai non addetti ai lavori,  il settore economico del “terziario avanzato”.  All’ennesimo appuntamento annullato per il suo oramai “classico” improvviso spostamento all’interno dell’Unione Europea, ho alzato bandiera bianca ed accettato di utilizzare Skype per l’intervista; ai lettori, che come me ignoravano cosa fosse “Skype”, dico solo che si tratta di un modo per comunicare, anche a costo zero, attraverso un pc fisso o portatile connesso alla rete telefonica via filo o anche per mezzo di un telefono cellulare: la comunicazione può avvenire in tempo reale per iscritto oppure a voce mediante microfono.Alle 23,45 di giovedì scorso, mentre stavo per coricarmi, la vibrazione del mio cellulare sul comodino,  mi ha avvisato  dell’arrivo di un SMS : “Sono on-line. Se lo desidera ancora ho 20 minuti per la sua intervista. Rakosi.”Il primo istinto è stato quello di spegnere il cellulare, girarmi dall’altra parte ed invocare il rapido arrivo di Morfeo mentre il secondo quello di rispondere “Grazie per la disponibilità, ma ora è tardi” e di attendere ugualmente il sonno; naturalmente alla fine ha prevalso il terzo, ovvero quello di mettere da parte il proprio modo di intendere la vita ed i rapporti interpersonali, infilarsi le ciabatte e, tra mille imprecazioni, precipitarsi in studio, accendere il PC e connettersi a Skype:  troppo poco il tempo che mi rimaneva per cambiare “soggetto” delle mie attenzioni prima di consegnare il pezzo al giornale in tempo utile. Sulla mia “finestra di dialogo” di Skype in modello “chat”  appare la scritta… 

 Buonasera!

 Buonanotte, più che buonasera…

Mi scusi sa, ma non è colpa mia se lei ha deciso di cedere solo ora.. l’avesse fatto prima, invece di intestardirsi per un incontro formale e rifiutarsi di vivere nel XXI secolo, il suo prezioso sonno ora sarebbe salvo…

P.S.: ma lei va già a dormire a quest’ora?

La miglior difesa è l’attacco? Mi pare che il suo sangue ungherese del XXI secolo non tradisca quello dei suoi “avi” dei secoli precedenti…

P.S.: ma  lei non dorme mai?

Permaloso o solo seccato per l’ora “tarda”?

Se lei avesse accettato di entrare nella macchina del tempo, viaggiare a ritroso sino al XX secolo e quindi concedermi un intervista “de visu”, adesso, guardandomi in faccia capirebbe che non si tratta né del mio carattere né dell’ora, ma semplicemente del disagio di condurre questa intervista senza sentire né il timbro della voce né vedere l’aspetto di chi ho di fronte…


Ribadisco: tutto questo perché lei si ostina a vivere nel passato… se il suo PC, per la modica cifra di 50 Euro fosse provvisto, come lo è il mio di una web-cam e di un microfono, ora sarebbe in grado di udirmi o scrutarmi ed io potrei fare altrettanto..  In ogni caso, anche solo così, potrà apprezzare le meraviglie del “futuro”: non ci sarà bisogno di trascrivere registrazioni o di prendere appunti sul suo taccuino, al termine della “conversazione” le basterà stampare il testo e la sua intervista sarà bella che pronta! Non mi dirà che non è dotato di una stampante?

Mi arrendo, proverò ad adeguarmi… anche se i nostri mondi sono distanti anni luce. Altro che XX secolo!!  Dunque… fornisca le sue generalità…


Fornire le mie generalità? Ma lei è un investigatore privato o un giornalista originale? In ogni caso sempre vecchio stampo, s’intende!
Come lei sa già mi chiamo Molnar Rakosi, sono nato il 10 novembre 1982 a Pécs, nell’Ungheria meridionale… per la precisione nella Regione della Baranya; segno zodiacale scorpione. Se vuole le mando per posta elettronica anche le mie foto segnaletiche e via fax il certificato penale.

Si tenga pure le foto, mentre se proprio ci tiene mi mandi pure via fax il certificato penale … non si sa mai! Niente da segnalare circa la sua famiglia di provenienza, a parte i segni zodiacali?


Famiglia di provenienza? Genitori, nonni, zii, robe così? Non perdiamo tempo la prego, rimangono ancora 15 minuti per questa intervista, poi il mio treno sarà arrivato a Budapest e dovrò chiudere la conversazione, sempre che lei non voglia attendere un’altra ora e darmi il tempo di arrivare in albergo e riconnettermi dal mio PC portatile; immagino che piuttosto preferirebbe sedersi sulla poltrona del suo dentista.
In ogni caso nulla di straordinario da segnalare sulla mia “famiglia”, niente odissee tipo quelle che lei è solito raccontare ai suoi sventurati lettori: mio padre è nato nel 1958 a  Pécs ed è un professore di matematica all’Università di Budapest, mia madre è nata nel 1961 a Pécs ed è sempre stata una maestra d’asilo.  Nel 1956 non erano nati, nel 1968 non erano in grado di capire nulla di quello che succedeva a Praga e nel resto del mondo, nel 1989 avevano iniziato a lavorare e sono andati in piazza come tutti a chiedere le riforme e dopo hanno continuato a lavorare in Ungheria, ove tutt’oggi continuano le loro occupazioni di sempre. Cosa facevano i miei nonni me lo risparmi: non pervenuti! 

La capacità di sintesi è una qualità del XXI secolo? Certo che a leggere le sue considerazioni si può confondere la caduta del muro di Berlino con una pallida immagine dipinta sul fondale fisso di un teatrino del dopolavoro…

Senta, nel 1989 io avevo 7 anni e lei mi concederà che non posso considerarmi un esperto della vita nei regimi ex comunisti; se vuole proprio sapere quello che ricordo del periodo immediatamente successivo alla caduta del muro di Berlino sono le continue lamentele dei miei genitori sull’aumento improvviso dei prezzi  e sulla costante perdita di potere d’acquisto del loro salario.
I magazzini si erano riempiti di merci, le vie iniziavano ad illuminarsi con le insegne della pubblicità, ma mancavano quasi del tutto i soldi per gli acquisti.
I soldati russi avevano lasciato l’Ungheria ma in compenso dall’Italia incominciava l’invasione di tanti “giovanotti di belle speranze e buona famiglia”, che con valigie colme di calze e le tasche di marchi tedeschi, giungevano per i loro “acquisti”… quelli si che me li ricordo bene.
Appena ebbi compiuto 18 anni, nel novembre 2000, mio padre mi mise su di un aereo destinazione Cambridge, dove, facendo il cameriere e dando lezioni di ungherese agli studenti inglesi  per mantenermi, ho conseguito la laurea in Scienze Agrarie nel 2005; nel 2006 ho vinto un concorso all’Unione Europea e da allora curo le relazioni internazionali per un’Agenzia della Commissione Europea che si occupa di formulare progetti comunitari nel settore agricolo ed erogare i relativi finanziamenti.

Congratulazioni. Una carriera davvero rapida e brillante… quindi ora risiede a Bruxelles, immagino.

La risposta è si, se per residenza intende quello che c’è scritto sui miei documenti d’identità; se invece lei vuole sapere dove passo la maggior parte del mio tempo la risposta è no: in quel caso la mia residenza è l’abitacolo della mia vettura, seguita molto da vicino dagli scompartimenti di treni sempre diversi; la risposta è ancora no se la sua domanda era rivolta a capire quale sia il mio centro d’interessi personali: in quel caso le risposta è Pécs. Pécs, la pianura ungherese, i suoi colori ed i suoi odori, i volti degli amici, il dialetto… tutto questo è e sempre sarà “casa”, a prescindere da dove mi trovi accidentalmente o anche da dove possa dimorare in futuro.

Quanta nostalgia “leggo” nelle sue parole…

In quel caso le consiglio l’uso degli occhiali ed una “lettura” meno superficiale… Non ho nessuna nostalgia di Pécs, la vita che faccio è quella che voglio, che sento mia e che mi permette di sentirmi realizzato come uomo… o almeno così è per adesso.
Quello che cercavo di farle capire è che, qualsiasi cosa faccia ciascuno di noi, ovunque si sposti o si trovi a vivere, la sua “Heimat” non lo abbandona… non potrebbe farlo, in quanto è parte di sé come lo sono le sue membra.

Quindi, se ho ben capito il suo ragionamento, si può girare il mondo come delle trottole impazzite, ma rimanere sempre ungheresi o italiani a prescindere da che cosa succeda in Ungheria o in Italia mentre si è impegnati altrove?
P.S.: io non ne sono molto convinto.

Esatto, almeno per quanto riguarda l’Ungheria però… voi italiani invece rimanete essenzialmente romani, milanesi, siciliani, pugliesi, friulani; anche se da Milano vi trasferite a Bari o a Palermo e viceversa… figuriamoci quando vi trasferite all’estero! Non la prenda come un’offesa, mi raccomando, anzi. Per me significa solo che gli orizzonti della vostra “Heimat” sono più ristretti.
Un po’ come quando si è adolescenti, e si considera casa non tutto l’edificio familiare ma solo la propria camera da letto, di cui si è terribilmente gelosi,  in cui non si desiderano intrusioni di sorta, dove si fanno entrare gli amici del momento ma si lasciano fuori i genitori.
P..S.: tra tre minuti sono arrivato. Spari meglio le sue ultime cartucce.

La devo ringraziare per questo pensiero, mi sentivo vecchio ed invece, in quanto friulano, scopro di essere nella pubertà quanto ad “Heimat”, se seguo il suo principio… devo prendere atto però che lei sembra conoscerci bene…

Vi conosco bene… da quando “vi” ho visti arrivare in Ungheria a frotte in cerca di facili conquiste “amorose” , a suon di marchi, dopo la caduta del muro di Berlino; mentre austriaci, francesi e tedeschi acquistavano banche, assicurazioni e fabbriche “voi” eravate indaffarati a farvi spennare dalle mie connazionali dai facili costumi come polli che si atteggiano a pavoni… poi “vi” ho seguiti negli studi universitari in Inghilterra, dove mentre la maggior parte di noi stranieri studiava e lavorava duramente, eludendo di tanto in tanto le regole per assecondare i propri ormoni, voi ogni tanto, e a fatica, eludevate i vostri ormoni per cercare di cavarvela nello studio con il “talento” e così  da tranquillizzare papà che da casa mandava regolarmente i bonifici a fine mese… ed ora “vi” osservo frequentando i “vostri” politici ed i vostri funzionari nelle sedi comunitarie… a differenza del grande dispiegamento di ormoni, siete vecchi, terribilmente vecchi…

Si riferisce al fatto che abbiamo la classe dirigente più “datata” e maschile d’Europa?


Non mi riferisco solo al fatto che mentre in tutta Europa la classe dirigente ha un’età media tra i 50/60 anni, da voi a 60 anni politicamente, ma non solo, cadono i primi denti da latte… E’ il vostro modo di pensare che è vecchio… puzzate di XX secolo da ogni poro… Parlate di tutela del lavoro, di difesa del salario, di ricerca dell’uguaglianza … come se il mondo di oggi fosse quello dominato della grande fabbrica che occupa migliaia di operai sfruttati e non un sistema complesso che occupa le persone in lavori sempre più flessibili e diversi tra loro… I vostri imprenditori considerano l’impresa come un giocattolo a valenza esclusivamente personale, un gadget da utilizzare a proprio piacimento e sono alla continua ricerca di sovvenzioni e privilegi da parte del settore pubblico a cui chiedono solo misure per garantire a se stessi una rendita… I vostri politici invece considerano i lavoratori autonomi non come il motore della ricchezza e del futuro del paese,  ma una sorta di sfruttatori in tuba e marsina dediti all’evasione fiscale e quindi da spremere fino all’ultimo… o almeno di farlo credere; salvo poi concludere con le grandi imprese e le grandi banche ogni tipo di consorteria… Nel vostro parlamento si fa un gran parlare d’innovazione e di tutela del made in Italy, mentre poi si sfornano leggi bizantine che fanno perdere competitività ed appesantiscono le imprese con una miriade di adempimenti burocratici inutili e costosi…. Non volete ancora capire, neanche a parole spesso, che l’uguaglianza non si raggiunge con il livellamento dall’alto ma cercando di dare a tutti le medesime opportunità rispetto al merito e non rispetto ai bisogni…
Vagheggiate utopie sulla conquista di altri mondi migliori possibili ed illuminati dal sol dell’avvenire, quando invece c’è bisogno di creare oggi, nella comunità in cui si vive, qui e subito il possibile miglior mondo…
Ma lo sa qual è la cosa peggiore di tutte?

C’è persino qualcosa di peggio?


Rispetto a noi siete partiti con 40 anni di vantaggio; ai suoi genitori la sorte ha risparmiato il regime comunista dopo la seconda guerra mondiale ed il duro lavoro di ricostruzione ha permesso, non tanto a suo padre e sua madre, ma alla sua generazione di godere di un grande patrimonio accumulato e che vi da ancora una posizione di vantaggio.
Il problema è che quel patrimonio lo state erodendo in fretta e la cosa peggiore di tutte è che, invece di esserne consapevoli, lo ritenete acquisito nei secoli a venire per diritto divino e così avete scambiato anche il concetto di rendita con quello d’impresa… si proprio voi, quelli che con spocchia si atteggiano nei nostri confronti come i depositari, i numi tutelari delle regole dell’economia di mercato ed i campioni del libero scambio!
Dal mio punto di vista fate solo tanta rabbia: avete un talento individuale incredibile e lo state sprecando pensando che questo, da solo, basti sempre per tutto.
Vi faccio tanti auguri per il futuro…

Signor Rakosi, è andato giù pesante…

Lei dice? Provi ad aprire un conto corrente in una banca italiana o stipulare una polizza assicurativa: le chiederanno prima di firmare almeno una ventina di moduli, “naturalmente” a tutela dei suoi diritti e della sua privacy, scritti in caratteri che per essere letti, non dico compresi, lei dovrebbe richiedere al governo americano la possibilità di utilizzare il telescopio di Monte Palomar… salvo poi scoprire che, senza la sua autorizzazione e senza che nessuno l’abbia preventivamente avvertita, il giornale del suo paese ha pubblicato urbi et orbi quanto ha guadagnato lo scorso anno oppure il testo delle sue conversazioni telefoniche…
Però non mi fraintenda, nonostante la rabbia che mi fate, ho grande simpatia per voi italiani… si, ha ragione, forse sono andato giù duro.. ma se l’ho fatto è solo per un eccesso di amicizia: vi conosco, siete capaci di fare male solo a “voi” stessi!
Anzi cancelli tutto e non riporti quello ho scritto, altrimenti penseranno di me come ad un giovane  dell’est imbevuto di luoghi comuni e di retorica a buon mercato, che si mette in cattedra a fare il primo della classe.

In effetti stavo aspettando il riferimento agli spaghetti e al mandolino per la conclusione della sua analisi…

Davvero? Allora scriva questo, che forse potrà risultare più illuminante.
Ogni anno, sino al 1989, io e la mia famiglia d’estate andavamo a trascorrere 2 settimane di vacanze a Pirano, visto che la Jugoslavia era l’unico paese in cui a noi, comuni mortali del Patto di Varsavia, era consentito espatriare. Nell’estate del 1988, avevo 6 anni, “conobbi” Marco, una bambino coetaneo di Trieste, anche lui in vacanza con i suoi genitori; passavamo tutte le giornate insieme a giocare allegramente sulla spiaggia ed una sera in cui la visibilità era particolarmente buona mi fermai a scrutare l’orizzonte, ove si vedeva una striscia di terra con una città in lontananza. Marco mi si avvicinò e mi disse:”Quella è Trieste, è casa mia, è l’Italia. Tu lì non ci potrai mai andare perché non ti lasciano e perché tuo papà non hai i soldi.”. Tra bambini si è sempre sinceri….
Sa cosa fa oggi Marco? Ha un lavoro “precario” a tempo determinato in un call center come telefonista, dopo essere stato licenziato nel 2004 da una casa di spedizioni doganali triestina in seguito alla “caduta” del confine doganale dovuto all’allargamento ad est dell’Unione Europea.
Vive ancora con i genitori perché non è in grado assieme alla sua fidanzata di pagarsi un affitto ed abitare con lei condividendo le spese.
Non se la prenda se adesso la saluto senza troppi indugi. Benvenuto nel XXI secolo. E’ stato un piacere.

 Molnar non mi diede tempo di replicare: si era già disconnesso ed aveva abbandonato la conversazione. Io rimasi intontito a fissare lo schermo del computer per qualche istante prima di coricarmi definitivamente. Durante quella inusuale intervista avevo meditato di sferrare un contrattacco finale che fosse capace di ribattere a tutta quella che a me suonava come una presuntuosa ed aggressiva finta modernità e lasciare il mio giovane interlocutore senza parole. Invece non solo ero “morto” con il colpo in canna, ma addirittura era stata lui a mandarmi definitivamente K.O. con quell’ultimo aneddoto.   

“Bentornato al futuro, mio caro” ho detto a me stesso ed al mio presunto talento, prima di cadere in un sonno molto preoccupato.  

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