mercoledì 22 settembre 2021

RICORDO DI ANTONIO FONTANA


Il 2021 porta via un altro uomo che è stato capace di lasciare un segno importante nella comunità cividalese: il dottor Antonio Fontana, stimato e conosciuto titolare dell'omonima farmacia che già da tempo è condotta dal figlio Alessandro, prima nel centralissimo corso Mazzini e poi "fuori dalle mura", nei pressi di piazza della Resistenza. Ho avuto la fortuna di conoscerlo grazie all'amicizia che mio padre aveva con lui fin da quando frequentavo le scuole superiori e spesso il "dottore" capitava a casa nostra in compagnia del babbo insieme ad altri loro comuni amici per passare serate in allegria. Ho sempre avuto grande ammirazione per l'amicizia che nel tempo li ha legati, perché quando erano insieme non c'era mai spazio per le tristezze e le fatiche del quotidiano ma solo per risate, lazzi, sfottò reciproci e sul gran teatro del mondo, come avrebbe detto Shakespeare e ricordo Antonio come un uomo di grande umanità e generosità,  un concreto sostenitore della nostra compagnia teatrale di giovani cividalesi di "belle speranze", ai quali permetteva anche di utilizzare la macchina da scrivere elettronica che aveva nell'ufficio della farmacia per permetterci di trascrivere i copioni più rapidamente, molti anni prima che comparissero sulla scena i personal computer. Ai miei occhi e a quello degli amici più intimi, Antonio Fontana - "Toni", mio padre e i loro "amigos" più stretti incarnavano alla perfezione la versione friulana degli "Amici Miei" di Germi e Monicelli e di cui Toni faceva più che degnamente le veci del Prof. Sassaroli - Adolfo Celi. E nel giorno tristissimo della sua morte, voglio ricordarlo con il "capolavoro" che lui e la combriccola misero in atto per il 1 aprile 1988: quello "dell'inaugurazione" del nuovo ponte sul Natisone, paragonabile al cinematografico intervento di Tognazzi & co. in un paese toscano per annunciarne la prossima demolizione per consentire il passaggio di una costruenda autostrada. 
Nella città ducale in quel periodo forte era la polemica per i ritardi nell'esecuzione dei lavori di ultimazione del secondo ponte sul Natisone, che già in bella vista da molti mesi tardava ad essere aperto al traffico e per molte sere di marzo vedevo spesso nel salotto di casa gli "Amci miei" entrare in gran segreto, confabulare a lungo e poi concludere le riunioni tra brindisi e risate.
Cosa stessero facendo lo scoprii la mattina del primo aprile, quando Cividale risultava letteralmente invasa di volantini distribuiti nottetempo e con il seguente tenore: CITTA' DI CIVIDALE - INAUGURAZIONE UFFICIALE DEL NUOVO PONTE SUL NATISONE "GUGLIELMO PELIZZO" - MERCOLEDI' 1 APRILE - ORE 11.00 IN VIA FIORE DEI LIBERI - IL SINDACO PASCOLINI - TUTTA LA POPOLAZIONE E' INVITATA AD INTERVENIRE.
Scoppiò il finimondo: telefonate su telefonate in Comune per chiedere spiegazioni, persino un preside a chiedere se poteva inviare la scolaresca e tanti curiosi che arrivarono alle ore 11,00 in via Fiore dei Liberi, ai margini del cantiere. Il Sindaco non la prese affatto bene e sporse denuncia contro ignoti al locale Commissariato di P.s.; il fatto ebbe un clamore sovracomunale e tenne impegnati i corrispondenti locali de "Il Messaggero Veneto" e "Il Gazzettino" per tutto il mese di aprile per seguire l'eco e gli sviluppi della vicenda.
La Polizia non ci mise molto a "smascherare" gli autori del fatto, tanto che Toni affisse sulla vetrina della sua Farmacia un avviso, con la sua foto in bella mostra e l'inciso: Taglia 5 Tagli; la vicenda giudiziaria si concluse qualche mese più tardi con il pagamento di una pena pecuniaria di 200 mila lire (con la rivalutazione pari a 232,61 euro correnti) a carico di ciascuno dei quattro "Amigos" per violazione delle normative in materia di pubbliche affissioni.
Circostanza che comunque non li fermò dal ripetere, negli anni a seguire gesti magari meno "clamorosi", ma sempre infarciti dagli ingredienti più succosi della satira e dell'ironia.
Naturalmente il dottor Antonio Fontana è stato molto altro rispetto a quanto narrato e ha lasciato ricordi di ben altro peso specifico nella comunità ma, per come l'ho conosciuto, sono certo che avrebbe gradito  questo racconto e ora, dovunque si trovi, se la riderà di gusto.
Che la terra ti sia lieve, Dottore.          

venerdì 17 settembre 2021

ABEL BALBO E DINTORNI

Tra i tanti giocatori stranieri che hanno vestito la maglia bianconeri lasciando tracce importanti sul terreno di gioco e nel cuore dei tifosi c'è sicuramente Abel Eduardo Balbo, centravanti argentino di chiare origini italiane che militò nell'Udinese in un periodo caratterizzato da sali-scendi tra la serie A e B.

Balbo, nato a Villa Constitucion il 1 giugno 1966, giunse a Udine assieme al connazionale Nestor Sensini nell'estate del 1989 per rinforzare l'attacco delle zebrette che avevano appena conquistato la promozione in serie A dopo aver concluso al terzo posto il campionato di serie B 1988/89 agli ordini di Nedo Sonetti e grazie ai gol del bomber Antionio "Toto" De Vitis; l'arrivo in Friuli concretizzava il sogno di Abel di giocare nella nostra serie A e che era svanito l'anno precedente quando Newell's Old Boys e Verona si erano accordate per il trasferimento e l'allenatore degli scaligeri Osvaldo Bagnoli, il "mago della Bovisa", aveva fatto saltare tutto non ritenendo il giovane argentino ancora pronto per il campionato italiano.

Per la verità anche l'arrivo in Friuli non fu proprio lineare, essendosi l'acquisto di Balbo perfezionato solo dopo la rescissione del contratto tra l'Udinese e l'attaccante israeliano Ronnie Rosenthal, già prelevato dal Direttore Sportivo Marino Mariottini addirittura dai "Reds" di Liverpool; si trattava dunque di una seconda scelta che certo non scaldò la tifoseria friulana che ben poco sapeva di Balbo, presentatosi con una folta chioma riccioluta nel ritiro precampionato a disposizione del nuovo tecnico Bruno Mazzia, anch'egli "mago" zonarolo esordiente nel massimo campionato, dopo aver guidato in serie A la Cremonese.

Il progetto del Presidente Pozzo di conquistare prima una tranquilla salvezza per poi consolidare la categoria grazie ad un mix di giocatori esperti (il portiere Garella, il terzino Oddi, l'ex madrilista Ricardo Gallego e Riccardo Mattei per il centrocampo) e di talenti di belle speranze (Sensini, De Vitis, Branca e lo stesso Balbo) guidati tutti da un allenatore emergente con il credo dell'innovazione tattica e del "bel gioco",  fallì invece dal principio, con i friulani retrocessi all'ultima giornata dopo aver vanamente inseguito sempre dai bassifondi della classifica la zona salvezza e con il tecnico Mazzia esonerato già la vigilia di Natale per far posto ad un allenatore non proprio emergente e ricco di stimoli come Rino Marchesi.

Nel suo primo campionato in Italia Abel Balbo pur disputando 28 dei 34 incontri mettendo a segno 11 reti e risultando il miglior cannoniere della squadra, si era dimostrato ancora acerbo per poter reggere il confronto con i migliori bomber del calcio internazionale e che allora militavano ancora quasi tutti in Italia. (Van Basten, Klinsmann, Careca, Maradona, Gullit ecc.).  

L'impressione era quella di un giocatore dotato di ottimi fondamentali, bravo ad aprire gli spazi, non abile nello stretto, con un'eccellente progressione che si concludeva spesso con mortiferi e vincenti tiri ad incrociare ma con un carattere mite e poco confacente allo stereotipo dell'argentino "figlio di puttana". 

Impressione confermata dalla convocazione in nazionale da parte di Carlos Bilardo per difendere nei mondiali di Italia '90 il titolo conquistato quattro anni prima a Città del Messico dalla "mano de Dios" e compagni: Abel fece si parte dei 22 che persero l'alloro nella finale di Roma contro i tedeschi ancora solo dell'Ovest dopo aver fatto fuori gli Azzurri nella sanguinosa - per noi - semifinale di Napoli, ma fu impiegato però solo nel match inaugurale perso dall'albiceleste contro il Camerun a Milano, con il CT che gli preferì addirittura il più esperto ma non trascendentale Gustavo Dezotti.

Superata la doppia delusione della retrocessione e dei mondiali italiani, Abel si ritrovò in ritiro per affrontare una stagione in serie B con l'Udinese, ai nastri di partenza addirittura zavorrata di 5 punti di penalizzazione per un presunto tentativo di "combine" denunciato dal Presidente Calleri della Lazio, una volta saputo che la telefonata ricevuta dal Presidente Pozzo che chiedeva di restituire un favore concesso ai biancazzurri  durante la serie B 1987/88, era stata intercettata. 

Dopo un avvio difficoltoso e l'esonero di Rino Marchesi a favore di Adriano Buffoni, Abel Balbo inizia ad ingranare e con 22 reti in 37 incontri e guida i friulani in un'imperiosa rimonta che li porta addirittura ad un passo dalla clamorosa promozione, svanita solo a qualche giornata dal termine in quel di Padova, dove i padroni di casa ribaltano nel finale il vantaggio udinese conseguito grazie al suo ennesimo gol griffato con un diagonale di destro ad incrociare dopo aver superato in progressione il diretto marcatore, che gli valse il titolo di capocannoniere della serie B 1991/92.

L'estate del 1991 è di nuovo rovente in casa udinese, con il Paròn Pozzo che, dopo aver ceduto nell' autunno 1990 la Presidenza nientemeno che a Ferruccio Saro con il mandato di vendere la proprietà a chi offriva le migliori garanzie per la piazza,  prima firma un preliminare di cessione delle azioni dell'Udinese a Maurizio Zamparini e poi si rimangia tutto riprendendo in mano le redini della società affidando al Prof. Franco Scoglio la panchina dell'Udinese con l'obiettivo di risalire in serie A.

Naturalmente per il raggiungimento dell'obiettivo non si può prescindere del bomber argentino, punta di diamante di una squadra che annovera giocatori di categoria superiore come il connazionale Sensini, il veterano interista Mandorlini, il portiere scudettato Giuliani, il talentuoso "Ciccio" Dell'Anno, Antonio Manicone e il veloce e biondissimo "Nippo" Nappi.

E infatti la prima parte della stagione sembra una marcia trionfale, con l'Udinese che conquista sollecitamente la prima posizione e Balbo a mitragliare le porte avversarie come nella stagione precedente; nel ritorno invece vengono a galla le magagne di una preparazione atletica insufficiente che portano la squadra - e Abel - a flettere ed incepparsi. Le scarso feeling del "Professore" con il gruppo e con l'ambiente non vengono più sopiti dai buoni risultati e così la squadra continua a perdere incontri e posizioni in classifica, sino a finire pericolosamente fuori dalla zona promozione.

La misura è colma a metà del girone di ritorno, quando il Cosenza, ridotto in 9 e sotto per 2-0 recupera sul 2-2 e nel finale sfiora addirittura il clamoroso K.O., con la "curva Nord" inferocita che scavalca le protezioni e viene fermata nei suoi intenti bellicosi sulla pista di atletica dalle forze dell'ordine.

L'esonero è servito e il "sergente di ferro" Adriano Fedele viene chiamato sulla panchina per rianimare il gruppo e tentare di riacciuffare la serie A; la "missione impossibile", dopo tremendi scontri nello spogliatoio ed esclusioni eccellenti, viene compiuta all'ultima giornata vincendo per 2-0 sul campo della già promossa Ancona e a seguito di una serie di vittorie consecutive nelle giornate finali in cui Abel riesce solo a dare qualche timido risveglio, concludendo con un bottino di 11 reti in 37 incontri, metà di quelle dell'anno precedente e segnate quasi tutte nel girone di andata.     

Per la permanenza nella riconquistata seria A il Paròn ritiene sufficiente la riconferma in toto del gruppo e del mister, con qualche piccolo innesto di qualità, come il ritorno di Marco Branca a fare coppia con Balbo; il precampionato però non dà segnali confortanti e Pozzo liquida Adriano Fedele nella settimana che precede l'esordio in campionato contro l'Inter alla prima giornata, sostituendolo con l'esperto e scudettato - appena due anni prima a Napoli - Albertino Bigon.

La stagione 1992/93 è quella della definitiva consacrazione per Abel Balbo, che disputerà un campionato superlativo, fugando tutti i dubbi su carattere e continuità di rendimento: 32 incontri su 34 e 21 reti segnate che lo posizioneranno addirittura al secondo posto della classifica marcatori dietro il laziale Beppe Signori. Il tutto impreziosito dalla rete di apertura nello spareggio di Bologna contro il Brescia, che consentirà ai bianconeri con il 3-1 finale di conquistare la salvezza e con cui Abel saluterà il Friuli per diventare uno dei pezzi pregiati del mercato estivo in vista della stagione 1993/94.

Il trasferimento estivo alla Roma per 18 miliardi di lire più i cartellini di Petruzzi e Statuto, chiuderà la storia bianconera di Abel, fatta di 61 presenze e 33 reti nella massima serie e 74 presenze e 33 reti in serie B, a cui aggiungere 9 presenze e 3 reti in Coppa Italia.

La sua carriera vedrà confermare le sue doti realizzative nella capitale dove con la maglia giallorossa disputerà dal 1993 al 1998 148 partite in serie A segnando 78 reti, 16 presenze e 3 reti in cappa Italia e 16 presenze con 6 reti nelle coppe europee. A fronte di tutte queste presenze e marcature il bilancio fu avaro di trofei: Balbo può "vantare" la conquista dello scudetto e della Supercoppa italiana del 2001 con tre presenze nella stagionali quando rientrò alla Roma dopo un'annata a Parma condita con la conquista della Coppa UEFA e della Coppa Italia (44 presenze e 12 reti tra campionato, Coppa Italia e Coppe europee) e una Firenze (31 presenze e 7 reti nelle tre competizioni). Lasciata la capitale nell'estate 2002 per rientrare in Argentina, disputò le ultime 4 partite della sua carriera nella stagione 2002/2003 con la maglia del Boca Juniors.

Con la maglia della nazionale sudamericana giocò dal 1989 al 1998 in 37 incontri segnando 11 reti e partecipò a 3 edizioni del campionato del mondo (Italia 90, Usa 94 e Francia 98), conquistando il secondo posto nell'edizione del 1990.

Terminata la carriera di giocatore Abel tentò quella di allenatore senza troppa fortuna (e probabilmente senza troppa convinzione): rileva per qualche giornata un giovanissimo Luca Gotti sulla panchina del Treviso nel 2009 per lasciare a fine stagione, così come terminerà la sua avventura nell'Arezzo nel 2012 a 5 giornate dalla fine. Neppure la professione di procuratore sportivo gli darà grosse soddsfazioni, tanto da abbandonarla nel 2015.

Abel risulta attualmente risiedere a Boston dove gestisce la scuola per calciatori "Balbo Soccer Academy".

   

       


giovedì 16 settembre 2021

ALL'ULTIMO RESPIRO

L'avvio della stagione 2021/22 è scattato con le due massime esponenti del panorama cestistico friulano -l'APU OLD WILD WEST Udine in serie A2 e la GESTECO Cividale in serie B - che sembrano partite con il piede giusto, guadagnandosi entrambe il diritto alla finale che dà l'accesso alle final-eight nazionali delle rispettive Supercoppa di Lega, quest'anno da disputarsi in quel di Lignano.

Le due compagini sembrano smaniose di riprendere il cammino da dove l'avevano lasciato, ovvero dalla mancata promozione in A e in A2, sfumata a gara 4 della finale play-off contro Napoli per la società del Paròn Pedone e addirittura a gara 5 in quel di Fabriano per gli uomini del Presidente Micalich; il compito di migliorarsi è davvero difficile, sia per coach Boniciolli che per il collega Pillastrini, ed in modo particolare per quest'ultimo: fare meglio dell'anno passato vorrà dire solo centrare la promozione.

Per cercare di "dar coraggio" alle due formazioni voglio dedicare ad entrambe il ricordo dell'ultima promozione nella massima serie conquistata da una formazione friulana, ovvero quella della Snaidero Udine al termine della stagione 1999/2000.

Dopo la retrocessione in serie B della Libertas Udine nel 1995, con il fallimento della stessa l'anno seguente e con la massima espressione cestistica friulana che nel frattempo era divenuta la Longobardi Basket Cividale militante in serie B2, nell'estate del 1999 la famiglia Snaidero ritornava tra l'entusiasmo generale per risollevare le sorti del basket udinese acquistando i diritti sportivi del Vicenza basket, società che aveva appena conseguito sul campo il titolo per l'iscrizione al torneo di serie A2 1999/2000.

Il palasport Carnera tornava a vestirsi di arancione dopo l'ultima stagione 1976/77 disputata con il marchio di Majano, terminata con la retrocessione in A2, e nel parterre tornava a sedersi un discendente della famiglia Snaidero, Edi, dopo che il fratello Dario aveva presieduto il club udinese ancora per 3 stagioni  fino al 1980 con i colori biancoverdi del marchio Mobiam, azienda della galassia di famiglia, prima di passare la mano al gruppo Tropic.

Edi Snaidero si affida al "vecchio drago" Giancarlo Sarti in qualità di General Manager che per la panchina scommette su di un allora trentasettenne triestino di belle speranze, cresciuto all'ombra del santone "Boscia" Tanjevic e alla prima esperienza come head coach in serie A2.

La stagione regolare si svolge tra alti e bassi, e più bassi che alti ad onor del vero, con il taglio in corsa di due americani e l'arrivo al sesto posto su undici partecipanti, ma che comunque consente la partecipazione ai play-off promozione con una formula molto generosa: due tabelloni con 4 squadre ciascuno che con semifinali e finali al meglio delle 5 partite permettono la promozione in A1 di 2 squadre, assieme alla già promossa vincitrice della stagione regolare: la Cordivari Roseto.

Ed ecco che nelle ultime partite della regular season il G.M. Sarti cala l'asso vincente: ingaggia Charles "Charlie" Smith, guardia ventiquattrenne già militante nell'NBA con i Miami Heat e i Los Angeles Clippers, strappandolo in quel momento dai Rockford Lightning della CBA; l'impatto del texano di Fort Worth è strepitoso e trasforma una modesta squadra priva di grandi possibilità, in un'outsider temibilissima: a suon di penetrazioni, schiacciate, rimbalzi offensivi e tiri dalla lunga e media distanza quello che per tutti è già divenuto "il Ragno", trascina letteralmente gli "orange" nella semifinale contro la Record Napoli, strapazzata con un perentorio 3-0 nella serie.

L'avversario della finale promozione però è di ben altra pasta: l'INA Assitalia di Barcellona Pozzo di Gotto guidata dal coach Giovanni Perdichizzi ha concluso la stagione regolare al secondo posto, in squadra annovera in cabina di regia un satanasso USA qual era Gerrod Abram, gode del fattore campo e può contare sul clima infuocato del suo palazzetto, dove tutti hanno lascito le "penne".

L'avvio della serie infatti sembra confermare i pronostici a sfavore, con i siciliani che vincono in gara 1 tra le mura amiche per 92-87 nonostante la prova maiuscola del "Ragno"; gara 2 a Udine invece vede gli arancione spazzare via Abram e compagni con un perentorio 98-75 e con l'INA mai in partita.

La svolta è gara 3: in un clima da corrida, con alcune decisioni arbitrali dubbie a favorire Udine, i friulani all'ultimo giro d'orologio s'impongono di un punto, fissando il tabellone finale sul 79-80.

La sera del 25 maggio 2000 l'appuntamento per gara 4 è al Carnera di Udine, stracolmo oltre ogni limite di sicurezza, strabordante e con un tifo caldo quanto quello siciliano; in tutti ci sono una consapevolezza ed una speranza: la prima è che "o stasera o mai più" perché tornare in Sicilia per gara 5 significa lasciarci le penne e la seconda è quella di bissare gara due, dove Barcellona era stata letteralmente spazzata via.

E' la speranza che invece viene subito spazzata via sin dalle prime battute: i siciliani sono con le spalle al muro e lottano con il coltello tra i denti su ogni pallone sin dalla palla a due iniziale, mentre la Snaidero accusa il "braccino corto" e gioca contratta, costellando la prima frazione di errori sia in difesa in attacco. Risultato: le magie di Abram e uno scatenato Li Vecchi portano Barcellona avanti di 11 lunghezze già alla prima sirena (allora i 40' erano divisi ancora da due tempi da 20' ciascuno). chiudendo sul 33-44. L'inizio della seconda frazione è ancora peggiore, con gli uomini di Perdichizzi che arrivano a metà tempo addirittura avanti di 19 punti.

Ed ecco che in quel momento, "against all odds", "il Ragno" si sveglia dal sorprendente torpore in cui era caduto sino allora e inizia ad allungare i suoi tentacoli e si carica gli sfiduciati compagni sulle spalle: coadiuvato da Teo Alibegovic sciorina una serie ininterrotta palle recuperate, rimbalzi, bombe penetrazioni, schiacciate che punto dopo punto riportano Udine prima a contatto e poi, a 5" dalla sirena avanti di un punto sul 82-81.

Saranno gli ultimi 5 secondi più lunghi della storia cestistica udinese: Abram manda una palla a Li Vecchi che dall'angolo lascia partire a 1" dalla fine un comodo tiro da due punti.

Il cuore si ferma, il silenzio cala per un tempo che sembra infinito sul Carnera. 

La palla che sbatte sul ferro e il suono della sirena scatenano poi un boato degno dello Stadio Friuli scosso dalle reti di Zico.

Fu di nuovo serie A1 per Udine dopo 14 anni e durò ininterrottamente sino al 2009, prima del nuovo abbandono della famiglia Snaidero nell'estate 2011 con la squadra che non si iscrisse per un altro campionato di A2.


Palasport "Primo Carnera", Udine

25 maggio 2000 


SNAIDERO UDINE - INA ASSITALIA BARCELLONA POZZO DI GOTTO 82-81 (33-44) 

SNAIDERO UDINE: Pieri 8 (4/6, 0/1), Joerke 15 (5/8), Lazic 5 (0/1), Zacchetti n.e., Alibegovic 16 (5/8), Carraretto 5 (1/3, 1/2), Zambon n.e., Sartori 6 (1/3, 1/2), Cantarello (0/1), Smith 27 (8/12, 2/5) Allenatore: Matteo Boniciolli

INA ASSITALIA BARCELLONA POZZO DI GOTTO: Veneri, Giordano n.e., Bragg 7 (3/9), Abram 21 (4/6, 3/6), Soragna 7 (2/3, 1/2), Piazza 2 (1/1, 0/2), Brembilla 2 (1/1, 0/2), Li Vecchi 29 (6/11, 4/10), La Torre 4 (2/2), Morales 6 (3/4). Allenatore: Giovanni Perdichizzi.


 

            

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