L'avventura di Zico in Italia non realizzò il sogno di chi aveva progettato e concluso il sensazionale, storico e irripetibile colpo di mercato dell'estate 1983, ossia quello di portare uno dei campioni assoluti più conosciuti al mondo in una squadra di una località nota in Italia ai più solo per essere "il posto dove si faceva il militare" e individuabile nel resto del pianeta come "a city 150 km north-east far away from Venice". Il sogno era quello di sfidare nella lotta scudetto, la Juventus di Platini, la Roma di Falcao e le altre big metropolitane e, in subordine, conquistare almeno il pass per le coppe europee entro i 3 anni della durata del contratto con l'asso brasiliano.
Come noto, se la partenza fu in linea con le ambizioni, strada facendo i sogni iniziarono a vacillare già alla fine del primo anno per poi svanire brutalmente nella seconda stagione, quando Zico accusò una serie di infortuni muscolari che lo tennero a lungo fuori dal campo e riuscì a disputare solo 16 gare, segnando la miseria di 3 reti e dovette assistere spesso impotente al declino dell'Udinese, impegnata fino a tre giornate dal termine per conquistare la salvezza.
Così nella primavera del 1985 era già chiaro a tutti i tifosi friulani che finita la stagione Zico sarebbe tornato in Brasile, considerata anche l'indagine penale avviata dalla Procura di Udine per evasione fiscale e costituzione di capitali all'estero in relazione all'architettura giuridico-finanziaria che era stata posta in essere per il suo arrivo in Friuli: indagine che si concluse con un'assoluzione, dopo la condanna di primo grado.
Nonostante tutto questo, il campione brasiliano è rimasto nel cuore di tutti i friulani per come si era calato con grande umiltà, professionalità e dedizione alla causa, lui asso planetario, nella "piccola" Udine; rapporto peraltro ricambiato da Zico che, insignito della cittadinanza onoraria di un comune dove ha sede un Udinese Club a lui intitolato, sovente compie delle rimpatriate e non perde occasione di ricordare con orgoglio i suoi trascorsi in Friuli e nel nostro campionato, nonostante i risultati inferiori alle attese.
Il destino si divertì a preparare la scena per la sua ultima esibizione in serie A il 12 maggio 1985, il giorno che incoronò nientemeno che il Verona di Bagnoli campione d'Italia, incrociando i "bulloni" con quelli di Diego Armando Maradona, l'asso argentino che, insieme a "Le Roi" Michel Platini, contendeva a Zico lo scettro di "più forte del mondo".
Il match non aveva nessun valore per la classifica, l'Udinese si era già salvata matematicamente la domenica precedente ed il Napoli viaggiava in un'insipida posizione di metà classifica, dopo aver navigato a lungo in "zona pericolo", nonostante l'arrivo sotto il Vesuvio del Pibe de Oro; eppure, fu una gara altamente spettacolare in cui i due fuoriclasse deliziarono la platea ogni volta che toccavano la palla e, premiando oltre ogni merito i partenopei, si concluse e si sviluppò proprio com'era stata segnata da sfortuna e torti arbitrali vari oltre che da colpi di gran classe tutta l'avventura italiana del Galinho di Rio.
UDINESE - NAPOLI 2-2 (1-1)
Udinese: Brini, Galparoli, Cattaneo (69` Tesser ), Gerolin, Edinho, De Agostini, Montesano, Miano, (62` Pasa), Carnevale, Zico, Criscimanni.
Napoli: Castellini, Bruscolotti, Ferrara, Celestini, Ferrarlo, Marino, Bertoni , Favo (67` De Vecchi ), Caffarelli, Maradona, Dal Fiume (78` Penzo ).
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