martedì 12 dicembre 2017

SOLSTIZIO D'INVERNO

Ruben stava fissando con sguardo assente lo schermo luminescente del pc davanti a sé, mentre i pensieri nella mente correvano all'impazzata all'interno dei meandri di quella sorta di labirinto che era diventato il suo cervello negli ultimi anni, quasi fosse diventato un novello Teseo che giocava a nascondino con il Minotauro, senza però mai affrontarlo e senza mai trovare la via d'uscita. Era sempre riuscito a costruire per la mente giustificazioni valide per quella stasi e in ogni fase di crisi acuta aveva idealizzato momenti di possibile svolta a favore, aggrappandosi a questi con il cuore e con la forza della disperazione. Ma le poche volte che i fattori idealmente utili per decretare le svolte  facevano timidamente capolino all'orizzonte, nuovi e più potenti ostacoli si ergevano per bloccare ogni speranza. Un po’ come la ricerca del Santo Graal: trovato un indizio e svelato l’arcano questo ti rimanda ad un nuovo indizio e ad un'altra prova da superare; e via avanti, senza fine.
Adesso però Ruben si sentiva terribilmente privo di nuovi indizi. Certo, nel mezzo un mare sconfinato d’Amore,  quello si sempre senza se e senza ma, comunque fosse; ma mentre i suoi occhi erano ancora immobili ed inespressivi davanti al fascio di radiazioni luminose emesse dallo schermo del suo computer, ora sentiva salire dal profondo dei visceri solo una lenta e macerante sensazione fisica che si traduceva in una nuova e tremenda certezza per la mente: non ci saranno più nuovi indizi. Era arrivato davvero il tempo della lettera che non avrebbe mai creduto di dover scrivere, nonostante le svariate volte in cui aveva temuto fosse giunta l’ora: le dita tremavano sulla tastiera e ora iniziavano lentamente a digitare le lettere, quasi a voler prolungare gli esiti di un Amore totale condannato invece all'esilio perpetuo, sperando che nel mentre potesse ancora accadere “qualcosa” in grado di risollevare le sorti avverse. Un po’ come aveva vissuto per tanti mesi e invece, come il Sole in quel periodo, aveva viaggiato inesorabilmente verso il Nadir, verso il punto più basso, che oramai era prossimo anche astronomicamente. Il Solstizio d'inverno era vicino e con esso anche il Natale. L’inizio della risalita della Luce e la festa cristiana dell’avvento del Salvatore venuto ad annunciare la buona Novella, momento in cui sin dalla notte dei tempi pagani prima e cristiani poi celebravano la rigenerazione, la trasformazione, il passaggio. Gli ultimi anni era stato così anche per lui, specialmente l'anno prima, in cui aveva avuto l’impressione che fosse davvero iniziata la risalita. Ricordava con tanta nostalgia il pomeriggio passato insieme con Carmen nella cantina dell'Alcazar di Segovia il giorno dopo il suo ritorno da Madrid: era stata la prima volta dopo tanto tempo che proprio Carmen aveva voluto parlare di futuro, di azioni da intraprendere, in un modo che faceva trasparire chiaramente voglia e determinazione. Purtroppo era stata anche l’ultima volta che lo aveva fatto e il moto del suo Sole era rimasto impigliato lì. Nessun Solstizio d’estate, nessuna Pasqua di resurrezione, invece una costante discesa verso l’Abisso in cui l'Amore, secondo Ruben, aveva solo potuto frenare a tratti la velocità della discesa, senza però mai riuscire a ribaltare la rotta.
"Mi verrebbe da dire come gli effetti della chemioterapia che riducono la massa tumorale senza però eliminarla, intossicando il più delle volte irreparabilmente tutto il resto dell’organismo sano" - esclamò a voce alta Ruben, come se avesse scoperto una nuova malattia rara.
Subito dopo quella macabra intuizione però Ruben si sentì avvolto da un forte senso di nausea: l’idea di paragonare l’Amore a qualcosa di tossico-nocivo era troppo ributtante per essere accettata dal suo organismo, prima ancora che dalla sua mente; se proprio voleva cercare una metafora nel campo farmacologico per descrivere l'effetto di quell'Amore sulle loro Vite era probabilmente meglio pensare alla morfina, i cui effetti per un po’ riescono almeno a portare sollievo all'organismo malato,  prima che il male riprenda sempre inesorabile il sopravvento.

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