martedì 13 febbraio 2018

COME IL QUATTRO A SAN GOTTARDO

Aveva camminato per giorni e almeno per 8 ore al giorno; i giorni erano stati così tanti che Ruben non ricordava neanche quanti fossero stati esattamente: gli pareva di essere in cammino da... una Vita. Aveva camminato sotto il sole che spacca fino a dare la sensazione di sciogliere pensino i pensieri e quello che invece sembra baciarti la pelle e darti il pieno di energia; era stato bombardato dalla pioggia, quella pesante che pare prenderti continuamente a ceffoni e da quella sottile sottile, quasi invisibile e che ti bagna completamente senza fartelo capire; i suoi passi erano stati a volte sospinti dal vento a favore che metteva le ali ai piedi e a volte ostacolati dal flusso contrario che gli dava la sensazione di non riuscire ad avanzare di un metro senza bruciare tutti gli zuccheri immagazzinati nel corpo. Durante il cammino i suoi occhi erano stati avvolti dalle tenebre di notti così oscure da far risplendere le stelle quasi come fossero dei piccoli soli, altre volte invece accecati da una luce che pareva bruciare persino la retina. Aveva assistito ad albe e tramonti che toglievano il fiato, tanto erano in grado di tacitare persino quella voce dentro di lui che si muoveva tra gli snodi della materia grigia e accendere invece quella proveniva misteriosamente dalle anse dei visceri. Aveva dormito all'addiaccio, talvolta in qualche hotel a 5 stelle e altre volte in mezzo al groviglio informe di altre persone disposte alla meno peggio, come in un ospedale da campo dopo il passaggio dei bombardieri della Luftwaffe. Aveva cantato, da solo e con viandanti occasionali, aveva parlato con sé stesso e con molti sconosciuti incontrati lungo il cammino. E dopo quel tempo imprecisato era arrivato alla fine: l'Oceano si allungava come una enorme coperta sotto la rupe sulla quale si era seduto; una coperta mossa da qualche Essere misterioso che continuamente si muoveva al disotto e si agitava, talvolta in modo lieve e in altri momenti con movimenti imprevedibili ed impetuosi. Il Vento che arrivava da Ovest era dolce e gli accarezzava il viso e i capelli. "Si è più soli con la propria solitudine o vicino a qualcuno che ti fa sentire solo?" S'interrogò Ruben nell'istante in cui il suo Viaggio era arrivato al termine. "E' stata più grande la sofferenza per i propri desideri insoddisfatti o per la costante svalutazione subita da chi ti è stato vicino? E' stato più duro convivere nei e con i propri labirinti della mente o con i muri che ti avevano costruito intorno coloro a cui chiedevi invano attenzione?" La risposta tardava ad arrivare. Quell'Essere che si agitava sotto la coperta dell'Oceano probabilmente era troppo intento a dormire e a muoversi nel suo sonno, realizzò Ruben accendendosi una sigaretta . "Meglio la ghigliottina o la sedia elettrica?" ironizzò mentre un sorriso si dipinse sul volto e gli occhi iniziavano a farsi più umidi. Alzò gli occhi al cielo e rimase intento ad osservare le nubi che molto basse e scure correvano sopra di lui, desiderose di svuotare sopra la terra il contenuto che portavano in grembo. Anche da loro nessuna risposta, troppo indaffarate a compiere la missione che gli aveva affidato Madre Natura. Rivolse allora lo sguardo alle sue mani e ai suoi piedi che, nudi, erano sospesi sopra l'Oceano e la risposta arrivò con la stessa velocità e lo stesso rumore del fulmine che doveva essersi sprigionato qualche chilometro dietro di lui. "Meglio convivere con la propria solitudine.". 
"C'è qualcosa che non va? C'è qualcosa che posso fare per lei?" la voce preoccupata di una ragazza interruppe altrettanto bruscamente quel flusso di pensieri. Ruben si voltò e vide una giovane donna sconosciuta con lunghi e ribelli capelli rossi, mossi come la coperta che avvolgeva il Dio del Mare sotto i suoi piedi, occhi nocciola degni di un cerbiatto, un ampio sorriso capace illuminare la più oscura delle notti, con il piccolo naso all'insù e le guance ornate da efelidi che  sul suo volto avevano lo stesso effetto della prima fioritura primaverile nei prati dopo l'inverno. 
"No, grazie. Tutto a posto. Non c'è proprio nulla che tu possa fare per me." Disse Ruben sorridendo. Mentre due lacrime sgorgarono dai suoi occhi per scendere prima lentamente e poi, come un torrente di montagna, lungo le guance scavate dagli anni e dalla Vita.          

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