giovedì 15 febbraio 2018

VENTITRE. PIAZZA DI SPAGNA.

Ogni volta che Ruben veniva a Roma non rinunciava mai ad una sosta al numero 23 di Piazza di Spagna, dove all'immediata sinistra della scalinata di Trinità dei Monti si trova il Babingtons Tea Room, la storica sala da tè che aveva fatto conoscere ai romani la bontà di una bevanda che, fino al 1893, si poteva acquisire solo in farmacia. Sorseggiandola, in quella fredda mattinata di novembre, ripensava a ciò che aveva appena letto sulla Carta: "Quasi tutte le strade portano a Roma. Ma tutte, assolutamente tutte le strade di Roma portano a Piazza di Spagna. Alla Scalinata. Alla fontana del Bernini. Dei due Bernini (padre e figlio). E quindi da Babingtons. Fateci caso." Era vero anche per lui. Tutte le sue strade finivano per portarlo a Roma e a portarlo in quel luogo. Perché? Forse era la storia particolare di quel posto ad affascinarlo e a fare da calamita? Sicuramente valeva per Roma. Ma perché proprio Babingtons? Forse perché anche la storia delle origini di Babingtons lo affascinava e gli risuonava in qualche modo familiare:  nel 1893, due giovani signorine inglesi di buona famiglia, Isabel Cargill, figlia del capitano Cargill, fondatore della città di Dunedin in Nuova Zelanda e Anna Maria Babington, discendente di quell’Antony Babington impiccato nel 1586 per aver cospirato contro Elisabetta I avevano decise di "sbarcare" nella Città Eterna e di investire tutti  i loro risparmi per aprire nella capitale una sala da tè e di lettura da destinarsi alla comunità anglosassone. In realtà c'era dell'altro e proprio in quell'altro bisognava cercare rispondere alla domanda. Lui lo sapeva bene, ma in quella mattinata non voleva cercare, trovare la risposta gli provocava un moto di fastidio e poi l'attenzione della sua mente si era spostata sulle rovine del tempio di Hera a Olimpia, dove un mese prima un grumo del suo inconscio sembrava uscito da quei ruderi e lo aveva accompagnato per tutto il suo soggiorno, tra ciò che rimaneva della città delle Olimpiadi. Rientrato a casa, a Madrid, quel frammento d'inconscio era ridisceso nel Mare Magnum senza tempo, senza pensieri e senza parole che si celava dentro di lui. Naturalmente quella "libera uscita" non autorizzata non era stata indolore per il mondo della sua coscienza dominato da Kronos. In verità era stata un'esplosione: l'equilibrio precario che in un paio d'anni era riuscito a costruire sentimentalmente e proprio a partire da dove stava bevendo adesso quell'impareggiabile Tè indiano, si era completamente dissolto. - Quando materia e antimateria vengono a contatto l'esplosione non può che essere potentissima - considerò tra sé e sé mentre sentiva il calore della bevanda scendere nello stomaco. Ammise a sé stesso che non era stato sufficiente e né tanto meno utile tenere il più possibile a distanza la materia nigra, i grumi onirici, le pulsioni ancestrali dal Regno di Athena. Kairos chiedeva spazio a Kronos. - E ora? che farò ora? - s'interrogava Ruben posando gli occhi sulla finestra che faceva intravedere il via vai di turisti che salivano e scendevano la più celebre scalinata del Pianeta. Forse la migliore decisione da prendere era quella di "non decidere", di farsi guidare in quella nuova fase del Viaggio dai segreti che da sempre si celavano dentro la sua Anima. - Cercherò di intralciarla il meno possibile con i pensieri  - si convinse. Non desiderava più imporre le ragioni della Ragione. - Mia cara Athena, hai fatto molto in questi anni e mi hai visitato a lungo: è ora che tu lasci un po' di posto anche alle altre divinità che decideranno di farmi visita - Ruben voleva attenderle e accoglierle, con un ottimismo nuovo perché percepiva di poter e voler dare fiducia alle immagini che avevano iniziato a salire sempre più frequentemente dal suo inconscio. A partire dalla più ricorrente in quel periodo, quella in cui si vedeva bambino, qualche settimana prima di iniziare la scuola elementare, per la prima ed ultima volta in vacanza a Venezia con i suoi nonni paterni. In quell'immagine lui era seduto sulla poppa del vaporetto che da Piazza san Marco era in navigazione verso il Lido e ammirava una grande nave da crociera battente bandiera tedesca. Era un bambino colmo di gioia e di stupore. Felice di essere alla scoperta dei segreti e delle bellezze del mondo. Forse aveva capito perché si trovava per davvero in quel momento a Roma, e più precisamente al numero 23 di Piazza di Spagna.
     

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