Dopo il clamoroso arrivo a Udine del fuoriclasse brasiliano Zico nell’estate del 1983, nell’ottobre 1984 l’ambiente sportivo udinese balzò nuovamente agli onori della cronaca, ottenendo ancora una volta l’insolita attenzione dei media nazionali. Protagonista questa volta non fu l’Udinese Calcio targata Zanussi, bensì l’Associazione Pallacanestro Udinese – APU, targata Australian; la società udinese, ai cui vertici c’erano due ex giocatori dell’epoca d’oro arancione quali Gianni Fiorini come presidente e Giambattista “Nino” Cescutti in veste di direttore sportivo, era ritornata nella massima serie dopo 7 stagioni dalla retrocessione e dall’abbandono del Cav. Rino Snaidero, sorprese tutti annunciando un acquisto sensazionale dal mondo dell’NBA, dopo un’estate turbolenta dal punto di vista tecnico-societario con la partenza del general manager Andrea Fadini, dell’allenatore Lajos Toth ed il ritiro dello sponsor Gedeco 5-3-5. L’avvio della stagione era stato difficoltoso, con la sollecita eliminazione dalla coppa Italia e due sconfitte nelle prime tre gare di campionato, e così alla decisione di “tagliare” il centro americano Andrè Gaddy dimostratosi non all’altezza del compito di sostituire uno degli artefici della promozione e beniamini della tifoseria, il pivot James Percival Hardy trasferitosi anche lui a Siena insieme a Fadini e Toth, si accompagnò quella di rinforzare il roster con un autentico “crack” per il nostro torneo. Per centrare il difficile obiettivo della permanenza nella massima serie, allora retrocedevano le ultime 4 della classifica sulle 16 partecipanti, in estate la dirigenza dell’APU aveva ingaggiato per la guida tecnica nientemeno che il sessantenne “santone” serbo-bosniaco Aza Nikolić, meglio noto come il “Professore”, coach carico di gloria, di scudetti e coppe dei campioni in quel di Varese affidandogli un roster che ai confermati Dražen Dalipagić, Lorenzo Bettarini, Tiziano Lorenzon, Claudio Luzzi Conti e Achille Milani aggiungeva la “vecchia volpe” Fabrizio “Ciccio” Della Fiori da Cantù, Davide Turel da Gorizia, il cavallo di ritorno Luigi “Gigi” Cagnazzo da Siena e gli emergenti Giuseppe “Beppe” Valerio, Michele Buosi e Giampaolo Graberi a completare la rosa. Il lavoro estivo di costruzione del team si era incartato sulla figura ritenuta determinante per rendere l’Australian competitiva in A1, ovvero quella del secondo straniero a cui affidare il ruolo di “califfo” sotto canestro e dopo infinite trattative con gli agenti di oltreoceano e la prova fallita con il centro Ken Bannister, a ridosso dell’inizio del campionato veniva tesserato l’esordiente Andrè Gaddy, un venticinquenne di Brooklin di 2,08 m, proveniente dagli Albany Patroons, squadra militante nel campionato CBA. Una scommessa, insomma. La scommessa non pagò, con il giovane americano, travolto forse dalle eccessive aspettative e dalla mancanza di una valida spalla che lo aiutasse ad ambientarsi, “tagliato” dopo tre sole partite alla vigilia della trasferta di Pesaro contro la Scavolini. E a questo punto, ecco l’annuncio: direttamente dai Los Angeles Lakers arriva Swen Nater, il cambio di Kareem Abbdul Jabbar!!! Un pivottone di 211 cm con alle spalle uno score di 13 punti e 13, 1 rimbalzi in 233 partite nell’ABA e di 12,2 punti e 10,8 rimbalzi in 489 partite nell’NBA e il titolo di miglior rimbalzista sia nell’ABA per il 1975 e nell’NBA per il 1980, a cui aggiungere due titoli conquistati nell’NCCA con la mitica UCLA di Los Angeles.!!! Il “re” della “doppia doppia” che durante il l’All Star Game ABA del 1974 in meno di mezz’ora di gioco aveva messo a segno 29 punti e catturato 22 rimbalzi!!
E ora tutti si chiedono: cosa sarà ora in grado di fare la
neopromossa udinese adesso che al cannoniere di Mostar Dražen “Praja” Dalipagić si
è unito sotto le plance “The Swan” Swen Nater??? Persino la Gazzetta dello
Sport, solitamente refrattaria a dare luce a tutto ciò che non sia calcio
metropolitano – immaginiamoci una notizia di basket che arriva dalla provincia – titola,
di spalla, in prima pagina: “A Udine arriva lo Zico del basket”. E chi fa notare
che il centro americano di origini olandesi viaggia oramai verso le 35
candeline e le ginocchia sono ormai logorate da tante battaglie, viene tacciato
subito di essere il solito “menagramo massa passȗt”. La leggenda narra che
quando sbarcò a Ronchi dei Legionari proveniente da Los Angeles, via Fiumicino,
chiese se l’aeroporto fosse quello di proprietà del Presidente del suo nuovo
club, osservando la totale assenza di aerei sulla pista dell’impianto. Di certo
invece chiese, e ottenne, dietro la minaccia di non disfare neppure le valigie
e rientrare subito negli States, di cambiare l’alloggio che gli era stato
destinato per la sua permanenza in Friuli: una villetta a schiera in un
complesso residenziale appena sorto in quel di Moimacco. La dirigenza, capita l’antifona,
lo trasferì in località Morena dove si trovava la residenza di Zico, quello del
calcio. Ci schieriamo totalmente dalla parte del buon Swen: il salto da San
Diego a Moimacco sarebbe stato difficile anche per Bob Beamon, specialmente in
una uggiosa giornata ottobrina dopo un volo transatlantico. L’avvio in
campionato fu entusiasmante con l’Australian capace di espugnare il 21 ottobre
1984 il difficile campo della Scavolini Pesaro per 107 – 94 nel giorno in cui l’Udinese
di Zico interrompeva al Friuli una serie di 3 sconfitte consecutive battendo
per 1-0 la Sampdoria di Vialli e Mancini. E la domenica successiva, in un “Carnera”
pieno come un uovo e alla fine in visibilio, gli udinesi si issavano al terzo
posto della classifica strapazzando per 110 – 85 i malcapitati marchigiani dell’Honky
Fabriano. I sogni di gloria finirono lì, con l’Australian sconfitta
consecutivamente per le successive 11 partite, la panchina del Prof. Nikolić “saltata”
già il 9 dicembre e con il direttore sportivo Nino Cescutti che si mise il
cappello di capo allenatore fino alla fine di una stagione che si concluse al
penultimo posto con un record di 7 vittorie e 23 sconfitte e una retrocessione
in A2 divenuta praticamente certa già alla fine del girone d’andata. Con una
nota curiosa, quella di essere la prima e probabilmente l’unica squadra al
mondo a retrocedere potendo vantare il vincitore della classifica dei
marcatori, Dalipagić, con una media di 30,8 punti a partita e quella dei
rimbalzisti, Nater, con una media 13,6 carambole a partita. In ogni caso Swen,
le cui ginocchia logore e il fiato corto non consentirono di salvare una
squadra troppo fragile in difesa e serva del “fucile” di Dalipagić che si
azionava a ripetizione, fece la sua parte più che dignitosamente concludendo la
stagione confermandosi anche in Italia come il “signore” della “doppia doppia” –
17,2 punti e 13,6 rimbalzi di media nelle 27 partite disputate, con una percentuale
del 59,2% dal campo e del 87,3% dai liberi e una media di 1,2 stoppate date a
partita.
L’annata, peraltro, non fu fortunata neanche per il Zico del
calcio, tormentato dagli infortuni e a segno solo 3 volte in 16 gare disputate,
con l’Udinese in lotta per la salvezza fino a tre giornate dalla fine e con la
necessità di lasciare l’Italia prima dell’ultima di campionato con sei giornate
di squalifica e un’accusa di evasione fiscale.
Memorabile in quella stagione fu la prestazione che Swen Nater
offrì al Palalido di Milano il 17 marzo 1985 contro la capolista e futura
vincitrice dello scudetto, l’Olimpia di Dan Peterson targata Simac;
probabilmente stimolato dalla sfida diretta con Joe Barry Carroll, il giovane
astro proveniente dall’NBA, il centro dell’Australian annichilì l’avversario
mettendo a segno 37 punti e portando l’ormai derelitta compagine friulana ad un
passo dal clamoroso successo esterno, solo sfiorato nel 87-83 finale a favore
dei milanesi.
Il 28 marzo 1985 davanti a qualche centinaio di tifosi presenti
sulle gradinate del “Carnera”, con una onorevole sconfitta per 90-98 contro i
campioni uscenti della Virtus Granarolo Bologna e 28 punti infilati nel
canestro dei felsinei, si concluse l’avventura di Swen Nater in Italia il quale,
fatte questa volta per davvero le valigie, nei giorni successivi ritornò a San
Diego per godersi il sole e la pensione, avendo deciso di chiudere la sua
carriera professionistica.
Concludo il racconto “regalando” agli amanti delle statistiche il
tabellino del vittorioso debutto dello “Zico del Basket” in quella memorabile,
quanto lontana, domenica 21 ottobre 1984
Arbitri Di Lella e Maggiore di Roma
Gracis 4, Magnifico 11, Pietkiewicz 3, Del Monte, Tillis 19,
Zampolini 21, Costa 6, Silvester 30, Minelli, Dimatore.
Allenatore Don Casey
Dalipagić 33, Nater 11, Lorenzon 11, Della Fiori 25, Milani 4, Cagnazzo
9, Bettarini 14, Turel, Luzzi Conti.
Allenatore Nikolic
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