venerdì 27 luglio 2018

AMORI E OSPITALITA' IN SALSA FRIULANA


Se vuoi comprendere un popolo, inizia a studiarne il linguaggio, perché al suo interno si celano i suoi valori e la sua cultura. E quando faccio questa considerazione, da friulano "purosangue" da almeno 4 generazioni, mi vengono i brividi quando rilevo che in quella che era la lingua madre dei miei genitori e dei loro avi non esistono la parola "AMORE" e la parola "OSPITE": "amor" è recepimento dell'italiano amore e viene scarsamente utilizzato nella lingua parlata; peggio ancora con "ospit", che proprio non si può sentire! Amore è tradotto con: "ti vuei ben" - ti voglio bene. Si capisce subito che questa espressione è completamente vuota di qualsiasi contenuto che possa fare anche un lontano cenno al "sentire" dell'amor cortese o dell'amore romantico. Scordiamoci nella "Piccola Patria" nel corso dei secoli e dei secoli un appassionato "ti amo" in "marilenghe": anche gli eventuali sostenitori e praticanti dello Sturm und Drang, ne erano privi degli strumenti linguistici. Con la questione dell'Ospite la situazione si fa ancora più "ostile". Semplicemente non esiste e non viene neanche mutuata da altra lingue, con buona pace di Zeus che poneva l'ospitalità quale primo dovere di tutti i mortali, puniti in maniera tremenda quando ne violavano la norma.Esiste però il termine "FOREST", con l'accento ben marcato sulla E - che in italiano possiamo avvicinare a Forestiero: ben diverso da Ospite; FOREST è quanto di più lontano esista dal concetto di persona che viene accolta con il piacere dell'ospitalità - appunto.
FOREST indica a priori una persona pericolosa e indesiderata e della quale liberarsi prima possibile.
Friulani introversi, freddi, cattivi e inospitali dunque? Possiamo dire friulani segnati dalla sorte di aver occupato un territorio che nei secoli dei secoli è stato la prima porta d'accesso per tutti coloro che scendevano nella penisola italica e molto raramente lo facevano con intenzioni pacifiche. Anzi. E friulani popolo legato alla terra e che ha sempre trovato conforto alle bizze della natura e degli uomini nella Chiesa cattolica, nei suoi precetti e nelle sue tradizioni, che non proprio vanno in "simpatia" con l'amor cortese e lo sturm und drang. 
Quindi per il friulano il mondo esterno, tendenzialmente sempre ostile a prescindere, iniziava dove finiva il cancello della proprio cortile e tendenzialmente "forest" diventava automaticamente chiunque non facesse parte del proprio nucleo familiare legale. Una "Piccola Patria" divisa in tanti piccoli, microscopici, "feudi" autonomi, autosufficienti e ben poco permeabili gli uni con gli altri.
Tutt'altra storia durante i periodi delle grandi migrazioni, quando un enorme numero di friulani, che oggi chiameremo migranti economici, si trasferirono in massa in Francia, Belgio, Svizzera, nel nord e nel sud America e in Australia; in quelle terre lontane sono stati in grado di creare quello che non hanno mai saputo fare in Patria: una rete comunitaria e di solidarietà strutturata ed organizzata fuori dal comune, con la creazione dei famosi "Fogolars"- focolari.    
Se poi ci avventuriamo nei campi e nei prati, sulle montagne e sulle colline, tra fiumi, rogge  e torrenti, pratiche dell'agricoltura e utensili della casa, troveremo una ricchezza e una varietà di termini propri che ben poco hanno da invidiare alle altre lingue di popoli ben più numerosi e dislocati su territori molto più vasti.  
Ricordo anni fa quando la Regione Friuli Venezia Giulia propose il brand: "FRIULI: OSPITI DI GENTE UNICA" Che dire, unici sicuramente, quanto a ospitalità c'è molto da lavorare anche se la globalizzazione e la secolarizzazione hanno trasformato e continuano a modificare in profondità anche la gens furlana.
Del resto la Regione ha sede a Trieste, tutt'altra storia. Proprio tutta un'altra storia e un'altra lingua. (o dialetto? quello triestino intendo :-)).

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