martedì 26 gennaio 2021

IL ROMANZO DI ITALIA-ARGENTINA (1974-1990)









Nella storia della coppa del mondo una delle sfide più iconiche del torneo è senza dubbio Italia-Argentina, "scontro" che si è visto per ben 5 edizioni consecutive della manifestazione dal 1974 al 1990, prima di scomparire dal radar, complice il sorteggio prima e il declino italiano dal 2010 in avanti poi. Sfide quasi sempre senza esclusione di colpi, quelle fra gli azzurri e l'albiceleste, degne di un vero e proprio derby, considerato che dal 1871 al 1985 quasi 3 milioni di italiani hanno trovato nel paese sudamericano la loro patria di adozione durante la varie ondate migratorie dal nostro paese verso il resto del mondo, tanto da far dire allo scrittore Octavio Paz:  "Los argentinos son italianos que hablan español y se creen ingleses".

Se gli azzurri sono in vantaggio nel computo degli scontri diretti, essendo usciti sempre imbattuti durante i tempi regolamentari e supplementari, gli argentini in 4 edizioni su 5 sono riusciti a concludere davanti agli italiani nella classifica finale, vincendo addirittura per due volte la coppa del mondo.

Andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro della memoria.

Il primo incrocio avvenne durante il mondiale tedesco del 1974, al primo turno nella seconda partita di un girone che comprendeva anche Polonia e Haiti. L'Italia si presentava ai nastri di partenza quale vice-campione in carica, decisa a recitare il ruolo di protagonista con una rosa composta da tanti "messicani" e imbattuta da più due anni, mentre gli argentini erano considerati poco più che un possibile outsider, già paghi per essersi qualificati alla fase finale dopo l'assenza di quattro ani prima. L'incontro era lo snodo per la qualificazione al turno successivo, in quanto gli azzurri erano reduci da un faticoso 3-1 inflitto ai dilettanti di Haiti mentre i sudamericani dalla sconfitta per 3-2 all'esordio contro i sorprendenti polacchi; per gli italiani anche il pareggio era un risultato non disprezzabile, pensando di poter poi ottenere senza troppi patemi un altro pari con una Polonia già qualificata e quindi paga nella gara successiva e garantirsi così il passaggio matematico del turno. Il 19/06/1974 al Neckarstadion di Stoccarda, davanti ad un pubblico quasi esclusivamente tricolore, finì proprio 1-1 con vantaggio argentino di Houseman al 20' e fortunato pareggio azzurro grazie ad una rocambolesca autorete di Perfumo al 35'; fu una gara dominata dai sudamericani decisi a vincere ad ogni costo contro un'Italia spenta e che giocò per non perdere, con molti dei suoi uomini chiave fuori condizione e al capolinea della loro carriera in nazionale, come Gianni Rivera e Gigi Riva all'ultimo ballo con i colori azzurri. Ci si rammaricò per un gol sfiorato da Mazzola nel finale, rete che ci avrebbe dato la qualificazione e fatto vincere senza gran merito quel match. I calcoli al risparmio degli uomini di Valcareggi furono stravolti qualche giorno dopo sempre a Stoccarda, quando i già qualificati polacchi non ci fecero sconti e, castigandoci per 2-1 - 2-0 già alla fine del primo tempo - ci mandarono a casa permettendo agli argentini, vincenti per 4-1 sui malcapitati caraibici, di passare il turno al posto nostro e piazzarsi ultimi nel girone A di semifinale contro l'Olanda di Cruijff (0-4), il Brasile di Rivelino (1-2) e i tedeschi dell' Est, alla loro prima e ultima recita mondiale (1-1).

Musica assai diversa quattro anni dopo allo stadio Monumental di Buenos Aires, quando le due nazionali incrociarono di nuovo i guantoni al primo turno del mondiale organizzato in Argentina dal Governo dei "Generali" golpisti, in piena dittatura militare e con la tragedia dei "disaparecidos" ancora in corso. Questa volta le due squadre giocavano l'ultima partita del primo girone, a pari punti, avendo vinto entrambe le partite contro Francia e Ungheria e quindi già qualificate per il gruppo di semifinale, con gli italiani in vantaggio nella differenza reti e primi nel raggruppamento. Anche in questa circostanza il pareggio era un buon risultato solo per gli azzurri, che avrebbero conservato il primato e il diritto a disputare a Buenos Aires il girone di semifinale, costringendo i padroni di casa ad "emigrare" a Rosario. Fu un match vero, con Bearzot e Menotti che non diedero spazio alle seconde linee e non vollero rinunciare ai titolari per darsi battaglia, scontro che si concluse con la vittoria italiana grazie al gol a metà del secondo tempo messo a segno da Roberto Bettega dopo un assist di tacco di Pablito Rossi, rete poi votata dalla stampa internazionale come la  più bella di tutta la manifestazione. Il CT Menotti non accettò di buon grado la sconfitta, accusando gli italiani di gioco eccessivamente rude e il Bearzot di essere venuto meno ad un presunto patto che prevedeva l'impiego delle riserve in caso di ininfluenza del match per la classifica finale. Accuse tutte respinte al mittente da parte azzurra sia nella forma che nel merito. In ogni caso il successo, di sicuro prestigio internazionale e dall'alto valore sportivo, si rivelò una vittoria di Pirro: nel girone di semifinale l'Italia a Buenos Aires fu costretta ad affrontare la Germania Ovest e l'Olanda, le due finaliste di Monaco 1974 e costretta a cedere il passo proprio agli Orange per la finalissima, mentre i biancocelesti a Rosario si guadagnarono la finale infliggendo un sonoro - e addomesticato - 6-0 al già eliminato Perù nell'ultima gara in calendario. Finale che poi vide il trionfo dell'Argentina di Kempes e Passarella per 3-1 dopo i tempi supplementari e al termine di un match durissimo contro gli olandesi, talmente furiosi contro i rivali e contro l'arbitro italiano Gonnella reo di aver permesso ogni scorrettezza ai padroni di casa, da non presentarsi neppure alla cerimonia di premiazione. 

A Spagna 1982 il 29 giugno va in scena il terzo atto del romanzo in quel di Barcellona, nel piccolo stadio Sarrià, oggi divenuto un centro commerciale a seguito della sua demolizione. Prima gara del secondo turno di un girone che comprende anche il Brasile e che darà diritto ad accedere alla semifinale alla vincente del raggruppamento definito "il girone della muerte". Il pareggio serve a poco, conta vincere per contendere poi ai favoritissimi verdeoro la strada verso Madrid e, gli argentini campioni del mondo in carica e con il Pibe de Oro Diego Armando Maradona al suo primo mondiale, giungono nettamente favoriti contro una squadra azzurra che sembra capitata lì per caso, senza vincere neanche una partita, per un misero gol in più rispetto al Camerun nel primo turno e destinata per tutti a recitare il ruolo di "materasso" per i due squadroni sudamericani. Invece fu l'inizio della leggenda di Spagna per i colori italiani, che in una partita più simile ad una battaglia corpo a corpo che a un incontro di calcio, stordirono nella ripresa gli argentini e spezzarono i loro furiosi assalti alla porta di Zoff con due gol in contropiede di Tardelli e Cabrini a cui nulla valse una punizione vincente di Passarella a 9 minuti dalla fine. "El partido" finì ancora con le recriminazioni e le accuse di Menotti per la spietata marcatura a uomo di Gentile su Maradona e sulla presunta incapacità italica a creare gioco d'attacco e il riso sotto la pipa di Bearzot, pronto a fare spallucce e a spiccare il volo verso la gloria eterna grazie al nuovo "miracolo" contro il Brasile e alla conquista della coppa del Mondo.

Quarto atto in Messico, a Puebla il 5 giugno 1986, ancora una volta seconda partita del primo turno, questa volta con l'Italia di Bearzot ad avere i galloni di campione del mondo in carica e l'Argentina, guidata adesso da Carlos Bilardo, a recitare il ruolo di outsider. Il pari va bene a tutte e due le squadre, sia ai sudamericani vittoriosi all'esordio con i sudcoreani che agli azzurri, raggiunti sul pari nel finale dalla Bulgaria nella gara inaugurale. E pari fu, con un rigore realizzato da Altobelli al 6' e una rete di Maradona al 34', con l'asso argentino capace di beffare in velocità il capitano Scirea e un immobile Giovanni Galli. Partita noiosa e con pochi sussulti, a parte un palo di Bruno Conti del tutto casuale  in una ripresa giocata da entrambe le squadre per "non farsi" del male. Una vera e propria anomalia nel romanzo che stiamo raccontando, fatto di sfide "all'ultimo sangue", cariche di agonismo e di giocate spettacolari. In ogni caso fu l'unico punto perso per strada dall'Albiceleste sulla via che la porterà al trionfo per 3-2 sulla Germania Ovest nella finale dell'Azteca a Città del Messico, trascinata letteralmente dai colpi, leciti e meno leciti ma sempre straordinari, del Maradona più forte di sempre. Per gli azzurri invece, ancora una volta imbattuti, l'unico risultato di prestigio in una competizione che li vide abdicare in maniera anonima al ruolo di campioni in carica, eliminati senza fatica negli ottavi di finale per 2-0 dalla Francia di Le Roi Platini.

E così siamo arrivati all'epilogo, nella sfida sicuramente più dolorosa e sanguinosa per la nazionale italiana, la semifinale di Italia '90, disputata a Napoli il 3 luglio 1990. Gli azzurri arrivano con il vento in poppa, reduci da un percorso netto di 5 vittorie su 5 senza subire neanche un gol, esprimendo un gioco a tratti entusiasmante e nel motore il talento purissimo di un giovanissimo Roberto Baggio e l'incredibile stato di forma del semisconosciuto esordiente Salvatore Schillaci, capace di trasformare in rete anche mezza occasione. Gli argentini, campioni in carica, hanno invece perso la partita d'esordio con il Camerun, hanno passato il primo turno grazie a favori arbitrali e come terzi ripescati, hanno eliminato il Brasile agli ottavi con un unico tiro in porta in una partita dominata dai verdeoro fermati per ben tre volte dai legni e arrivano alla semifinale dopo aver superato ai quarti la Jugoslavia ai calci di rigore ed essere stati sull'orlo dell'abisso a seguito dall'errore dal dischetto proprio di Maradona. Sembra non ci debba essere partita, nonostante i tentativi della vigilia del Pibe de Oro di dividere il tifo napoletano e le scelte cervellotiche del CT Vicini di schierare all'inizio uno spaesato Vialli invece di Roberto Baggio. Il primo tempo ci vede chiudere in vantaggio grazie all'ennesimo gol di Schillaci, ma nella seconda frazione gli azzurri denunciano il "braccino corto" e forse il peso di un mondiale casalingo da vincere a tutti i costi mentre i biancocelesti, maestri quando si tratta di far saltare nervi tesi, riescono a "cojonarci" prima a metà ripresa con un golletto di Caniggia, favorito da un'improvvida uscita a vuoto di Zenga, poi portandoci ai tempi supplementari spezzando continuamente il gioco con ogni genere di astuzia lecita e meno, ed infine trasformando il loro secondo portiere Goycochea in una saracinesca capace di chiudere la porta ai tiri di Donadoni e Serena e spedirci a Bari per la finalina di consolazione. Per noi italiani una beffa atroce, una ferita mai rimarginata che volemmo subito vendicare fischiando beceramente l'inno argentino nella finale di Roma e schierando tutto il nostro tifo a favore della Germania, che riuscì a piegare il grande orgoglio argentino solo grazie ad un dubbio su calcio di rigore a pochi minuti dalla fine.

Da allora 3 amichevoli e la Supercoppa FIFA tra la vincente dell'Europeo e della Coppa America nel 2022, vinte sempre nettamente dai nostri "cugini" sudamericani. 

Chiudo con un dubbio "atroce": riprenderà mai il romanzo, quello vero, di Italia-Argentina?

         

 

   

  

 


    

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