A volte può capitare di confondere il
desiderio di leggerezza con la voglia di sentirsi liberi di comportarci
superficialmente, e da quell’allucinazione iniziale si compiono poi a cascata una
serie di disastri, sia per sé stessi sia per i malcapitati che non sono in
grado di smascherare prontamente il “travisamento” o il “travestimento”.
Può volare “leggero” chi è consapevole
delle possibili conseguenze del volo per sé e per gli altri, chi
responsabilmente le accetta e tale consapevolezza, repetita
juvant, è solo di chi sa viaggiare con sicurezza e competenza nelle
sue profondità più … “profonde”.
Per volare “leggeri” bisogna sapere che si
può anche cadere e se succederà potrà fare pure molto male e nonostante questo saremo comunque in grado di guardare le ferite contratte,
curarle in modo compassionevole e rialzarci.
Se non abbiamo questa consapevolezza,
questa capacità di essere responsabili delle nostre azioni perché abbiamo paura
di affrontare le spine e le ferite nascoste nel nostro intimo, se non abbiamo
profondità, resteremo sempre in superficie, ovvero
destinati a rimanere incatenati al suolo e quindi condannati ad essere incapaci
di volare. Né con leggerezza, né senza leggerezza.
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