giovedì 2 maggio 2019

BLUFF


“Ricominciare.” – “Si, certo. Ma da dove? E soprattutto, come?” – “Da te stesso, come sempre. Non è mica la prima volta, dovresti essere ormai un esperto di (ri)partenze forzate.” – “Si, ma ogni volta è più dura, più difficile e io mi sento sempre più stanco, sempre più a corto di idee. E sfiduciato, soprattutto.” – “Lo hai già detto altre volte. E sei sempre (ri)partito lo stesso. E hai vissuto cose inimmaginabili, non solo per le cadute improvvise e rovinose, ma soprattutto per le meraviglie che hai sperimentato.” – “Ora manca completamente la fiducia, non solo verso Venere, ma soprattutto verso me stesso.” – “Abbi pazienza, la botta è fresca e profonda, ovvio che adesso ti faccia male. Il corpo e il cuore la devono assorbire e hanno i loro tempi. Solo in seguito la mente si accoderà e la fiducia tornerà, stanne certo.” Quel dialogo interiore stava proseguendo ormai da diverse ore tra Apollo e Dioniso nella coscienza di Rubén e pareva una discussione tra sordi, mentre il volto dello spagnolo non faceva intendere in alcun modo alle decine di persone che gli passavano davanti, il serrato scontro frontale in atto dentro di lui, mentre era intento a prendere il sole primaverile sulla terrazza panoramica del ristorante Neptune Plàge affacciata sulla celebre Promenade des Anglais di Nizza. Agl’occhi degli ospiti e del personale sembrava una persona felice, in pace con il mondo. Il sorriso reso dolce dalla piacevole sensazione di delicato calore che il sole irradiava, il volto disteso, gli occhi semichiusi che si aprivano solo ogni tanto per osservare la spiaggia e il meraviglioso paesaggio costiero gli recavano probabilmente anche l’invidia dell’uomo in fondo alla terrazza, che nelle pause della conversazione sgradevole intavolata con la donna seduta in fronte a lui, ogni tanto volgeva lo sguardo rassegnato verso Rubén. “Ma perché soffri così tanto? – interrogava Apollo – ti era tutto chiaro dall’inizio, sapevi che sarebbe finita così, lo avevi anche scritto.” Apollo aveva ragione, eccome; Dominique Beauvais, per lui semplicemente Dominò, era una sirena. Bellissima. Pericolosissima. E con fare in apparenza disinteressato, pieno di grazia, ingenuo, discreto ma terribilmente femminile, lo aveva fatto finire prima bello diritto nella rete e poi a frantumarsi verso gli scogli, nonostante Rubèn lo avesse capito sin dal primo momento, quando lei si era inaspettatamente e misteriosamente palesata in un noioso e inutile sabato mattina di inizio settembre. “Lo avevi capito subito che era la più pericolosa delle Sirene, eri stato bravo. Perché invece di cambiare subito la rotta, hai seguito il suo canto e hai diretto il timone verso gli scogli e lo schianto?” Incalzava Apollo. “Ulisse non evita le Sirene, Ulisse vuole conoscere, vuole sperimentare il loro canto e porta la nave a lambire lo scoglio e passa oltre. Ecco, io volevo fare come lui: vincere le Sirene, non evitarle.” Rispose Dioniso, cercando di argomentare una difesa che risultasse accettabile anche all’assai poco empatico e gran ragionatore Dio del Sole. “Sei proprio imbattibile quanto a superficialità e all’essere il re degli ingenui! Ulisse affronta le Sirene perché confida nell’astuzia per poterle battere, si fa legare all’albero della nave da compagni resi sordi e certo non si lancia a rotta di collo verso di loro senza precauzioni, finendo per innamorarsene perdutamente senza alcuna possibilità di essere ricambiato, al di là del potente ma effimero piacere dei sensi. O eri talmente fuori dalla realtà e così megalomane da pensare che saresti riuscito a far innamorare di te le Sirene?” Dioniso ora taceva. Apollo aveva colto nel segno; lo aveva smascherato. “D’accordo che hai inventato il vino, e gli uomini te ne saranno grati in eterno, ma dovresti farne un uso più accorto. Tu non hai bisogno di spegnere la coscienza e far venir fuori l’istinto. Tu hai bisogno di capire bene dove sei prima di ubriacarti, come tuo costume. Ubriacati pure, ma non farlo sopra una scogliera o sul tetto del faro di Alessandria o sulla testa del colosso di Rodi: altrimenti farai solo arrabbiare Zeus o Poseidon, loro sì veramente stanchi di mandare i delfini o le aquile per risollevarti ogni volta che finisci in mare o che ti sei schiantato in terra. E se proprio non riesci a farlo da solo, prima di ricorrere all’ebrezza indotta dal vino chiama me o senti la tua sorellastra Atena, se proprio ti sono troppo antipatico. Ulisse ritorna a casa grazie alla protezione, alla strategia e ai consigli di Atena, non certo con l’aiuto del tuo smodato istinto o delle tue menadi e perché lui, l’otre pieno di vino lo fa bere a Polifemo per ucciderlo e non per incontrare Circe o le Sirene. E adesso sono anch’io troppo stanco di te e ti lascio alle tue gioie.” Dioniso, pieno di rabbia per la lunga conclusione di Apollo, sentendosi umiliato decise anche lui di addormentarsi. Fu così che Rubén rimase solo. In silenzio. Neppure il vociare di avventori e turisti lo distraeva da quel silenzio interiore, arrivato improvvisamente dopo ore di “baccano” cerebrale. Di colpo nella sua mente si formò un’immagine: la sala da gioco del casinò di Montecarlo, dove la sera prima aveva vagato tra i tavoli per tentare di combattere la noia e portare altrove i pensieri prima di andare a dormire, buttando qua e là l’occhio con malcelata sufficienza verso quegli accaniti giocatori, rallegrandosi intimamente per non essere mai stato rapito dal demone del gioco. Almeno quello. Un giocatore d’azzardo. Ecco cos’era stato durante tutta la storia vissuta con Dominò. Un incallito giocatore d’azzardo, proprio lui, che detestava legare il destino dei denari frutto del lavoro ai capricci della pura sorte. Con la bellissima, sensualissima e pericolosissima femme fatale, Rubén si era comportato come il tale che, invitato inaspettatamente al tavolo da poker, si trova con un credito a sorpresa, una coppia di Donne di Cuori in mano e riesce a vincere un piatto ricco perché gli altri giocatori fingono di credere ad un bluff. E lui anziché ringraziare, alzarsi dal tavolo e andare a spendersi la vincita, pensa di aver trovato il modo per continuare a vincere e insiste nello stare al gioco e a proporre, sempre con carte ridicole in mano, lo stesso schema. Al tavolo lo lasciano fare per un po’, la vincita sale e lui continua ad azzardare. Fino a quando, cucinato bene a puntino, i veri giocatori calano le loro scale reali e i loro poker d’assi e lui perde tutto e molto altro ancora con velocità ancor più sorprendente, inseguendo la folle idea di poter sempre recuperare, sicuro che la fortuna sarebbe tornata ad abbracciarlo, come all’inizio. Credeva di essere più abile di Ulisse e di poter far vestire alla Regina delle Sirene i panni di Penelope. Che penoso bluff. Dominique Beauvais in mano celava solo un bel due di picche, altro che una Scala di Cuori. Altro che Ulisse. Aveva ragione Apollo. Si bluffa con la mente, non lo si può fare con il cuore. In attesa che la sua vecchia amica Dolores lo raggiungesse da Cagnes-sur-Mer per l’aperitivo, Rubèn ordinò un bicchier d’acqua. Senza bollicine.

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