domenica 5 dicembre 2021

VIAGGI OBBLIGATORI

Natalia si teneva la testa tra le mani e continuava a singhiozzare, mentre Rubén con gli occhi velati da una lacrima che non si decideva a scendere, osservava innanzi a sé l’orizzonte di Cork Harbour illuminato ad intermittenza da un pallido sole che ogni tanto faceva capolino tra le tante nuvole basse che viaggiavano veloci provenienti da ovest. I due erano seduti su di una delle eleganti panchine che intervallano la promenade John Fitzgerald Kennedy di Cobh, la cittadina irlandese che sorge sull’isolotto circondato dall’oceano e dall’estuario del fiume Lee, sulla costa sud dell’Irlanda.

In quella baia l’11 aprile 1912, quando la piccola città si chiamava ancora Queenstown in onore della Regina Vittoria, il Titanic aveva fatto l’ultima sosta per caricare 113 passeggeri felici di salpare verso il Nuovo Mondo, ignari di navigare invece verso l’Altro Mondo nello sventurato viaggio del transatlantico che doveva battere tutti i record dell’attraversata Europa-Nord America e che finì in fondo al mare per avere urtato un iceberg nei pressi delle coste di Terranova.

Un po’ come ora si sentiva Natalia, la biologa trentaduenne figlia del suo amico Carlos, da quando il suo ormai ex fidanzato Miguel l’aveva lasciata a pochi mesi dalla data già pianificata per la celebrazione del matrimonio: con il cuore spezzato in due tronconi come il Titanic ed annegato da giorni in un mare di lacrime, dopo che due anni prima il brillante chirurgo plastico madrileno le aveva chiesto di sposarla e lei si era imbarcata felice in quel viaggio che doveva condurla verso un’esistenza ricca di tutto ciò che una donna giovane e bella possa desiderare.

E invece, mentre lei si trovava in Irlanda per una serie di conferenze sui risultati delle sue ultime ricerche nel campo degli organismi monocellulari, Miguel nel corso di una videochiamata le aveva annunciato la sua irrevocabile decisione di rompere il fidanzamento e partire per gli Stati Uniti a lavorare insieme ad una collega californiana conosciuta durante un convegno a Malaga.

Il padre di Natalia, che in quel periodo risiedeva a Buenos Aires con la madre, considerato che la ragazza era figlia unica, aveva invitato il suo amico fraterno Rubén, che Natalia addirittura chiamava “zio”, a raggiungere la figlia per cercare di darle un po’ di sostegno nel momento più acuto della crisi che si era manifestata nella vita della ragazza come lo squarcio nello scafo del Titanic provocato dalla parte nascosta dell'iceberg fatale nel mare di Terranova; Rubèn,, che si trovava a Londra per promuovere il suo ultimo catalogo, non aveva né voluto e né potuto rifiutare quella richiesta e si era subito precipitato a Cork, dove la figlia di Carlos era ospite nella foresteria della locale università.

“Zio Rubén, ti prego, aiutami! Non so neanche da che parte incominciare, non riesco a crederci, mi sembra tutto un incubo e non faccio altro che piangere ogni cinque minuti. Mi sento morire, faccio fatica a capire dove sono e ho paura di non rialzarmi più!”  - disse Natalia rivolgendo lo sguardo disperato verso il pittore spagnolo che la abbracciò e le fece posare il capo sulla sua spalla iniziando ad accarezzare dolcemente la folta chioma scura e ondulata.

“Mia cara Natalia – iniziò Rubén con voce rotta dall’emozione – tu ora sei all’inizio di un viaggio che altri milioni di persone hanno già fatto, stanno facendo e faranno nel corso della storia umana e tra questi, come sicuramente ti avrà raccontato tuo padre, anche io mi sono trovato ad affrontare già diverse volte, ragion per cui penso abbia voluto farmi venire in tuo soccorso. L’esperienza di “venire lasciati” è una tappa della vita con la quale tutti prima o poi siamo chiamati a confrontarci, salvo i pochi “sfortunati” che vengono risparmiati dal dolore straziante dell’abbandono ma anche privati dal potere trasformativo ed evolutivo intimamente connesso a questo tipo di sofferenza.”

Natalia, si asciugò le lacrime e tenendo sempre la testa appoggiata sulla spalla dello "zio" con gli occhi rivolti verso la baia, ascoltò il lungo racconto di Rubén che, sempre accarezzando i capelli della donna sviluppò senza togliere anch'esso lo sguardo dal mare. 

"Svariati sono i motivi che possono indurre la persona a cui avevamo dato la nostra fiducia e il nostro amore a decidere ad un certo punto di lasciarci, così come molteplici sono i tempi e i modi con cui mettono in atto il "piano di fuga", ma quale ne sia il motivo o il modo, tutto ciò ha sempre a vedere esclusivamente con come sono fatti loro e non dipende in alcuna maniera da noi; inoltre quali siano i motivi e i modi il risultato è sempre quello di infliggerci una ferita affettiva che può solo variare in profondità e di fronte a questa ferita noi abbiamo davanti un viaggio dal percorso e dalle fermate già belle che segnate sulla mappa, solo che, al momento della "partenza" le prime volte ne ignoriamo l'esistenza e in seguito non possiamo comunque conoscere né la durata né cosa sarà di noi quando arriveremo all'ultima tappa: ovvero all' accettazione di quanto accaduto e percepiremo senza nessun sobbalzo emotivo, addirittura con indifferenza, la persona che con il suo comportamento tanta sofferenza ci ha provocato."

"Quindi, Zio Rubén, tu banalizzi il mio dolore e mi vuoi dire che noi abbandonati alla fine siamo tutti uguali perché viviamo le stesse cose e finiamo tutti allo stesso modo, con qualche piccola variazione sul tema? Perdonami, Zio, mi sembra tutto troppo semplicistico e quasi didattico." Interruppe Natalia, distogliendo per un attimo lo sguardo dall'orizzonte per volgerlo verso Rubén.

"Non voglio banalizzare, Natalia: il dolore che provi è autentico, sicuramente ti lacera e merita di essere trattato con il massimo del rispetto e della delicatezza - riprese Rubén baciando la fronte della ragazza - e neppure è scontato il modo con cui ciascuno di noi affronterà questo viaggio obbligato, tanto che ognuno si troverà nella personalissima sfida di uscirne meglio di come è entrato e l'esito non è per nulla scontato: voglio solo dirti che tutti indistintamente viaggeremo utilizzando la stessa mappa. Cercherò di essere breve e semplificarti le cose solo perché so che sei una ragazza intelligente e con un cuore grande. Dunque... il viaggio inizia nell'attimo in cui il proposito di abbandono di viene esternato e tu assisti alla sua messa in atto. In questo momento ciò che prevale è l'incredulità ed emotivamente, in modo quasi paradossale, si fa strada quasi un senso di liberazione, di novità, che rompe uno schema nel quale l'evento, benché inatteso nell'attimo preciso in cui si è manifestato, nel nostro inconscio la possibilità che si potesse verificare in realtà era già presente da tempo. Solitamente questa fase è la più breve di tutte, dura qualche ora, al massimo un paio di giorni, non oltre, perché a seguire non trovi più le routine che facevano parte del tuo quotidiano, compresi tutti quei modi di essere e di fare che vivevano esclusivamente tra di voi, per non dire della tempesta ormonale che si scatena per la mancanza dell'intimità. In questo momento inizierà a comparire il dolore, una sofferenza psichica con alta probabilità di somatizzazione, molto simile a quella che provano gli alcolisti e i tossicodipendenti durante le loro crisi di astinenza; durante questa tappa del viaggio le emozioni iniziano a prendere il sopravvento sulla parte razionale, che potrebbe aver già manifestato l'idea di accettare la fine e di voltare pagina, ma che ben difficilmente riuscirà a contenere la sofferenza psichica, che a sua volta dà l'innesco per il passaggio all'ulteriore tappa del percorso trasformativo: quella caratterizzata dal pensiero che il dolore potrà passare solo con il recupero del "fuggitivo". Il dolore infatti tende a diminuire in questo momento perché adesso la mente si concentra su tutta una serie di stratagemmi e iniziative varie per coronare con il successo l'operazione "recupero" e assieme alla nascita della speranza, ridanno energia ad un corpo che il dolore aveva iniziato a privare. Questa fase caratterizzata dalla messa in atto di riavvicinamenti, fiumi di parole e tentativi, può essere più o meno lunga a seconda di come il "fuggitivo" risponde agli approcci: possono passare anche settimane o mesi se quest'ultimo dimostra un atteggiamento ondivago o compassionevole, teso a "non far troppo soffrire" chi ha già deciso di lasciare. E' la fase peggiore di tutte, perché può portare poi a livelli altissimi di frustrazione e sofferenza l'abbandonato e nel contempo innervosire più che mai chi ha deciso di andarsene. Insomma, tolti quei 2, 3 casi su 100 in cui il recupero ha successo - e il che avviene solo quando la "controparte" non aveva ancora preso pieno contatto con il suo bisogno di fuga - nei restanti casi tutto si conclude con l'evidenza che si, chi vuole andare, proprio indietro non torna. Ed entriamo in una nuova fase del nostro viaggio, il passaggio attraverso una foresta che inizia a bruciare con il fuoco della rabbia che la frustrazione per l'insuccesso del recupero ha scatenato. Questo, cara Natalia, è un momento delicatissimo, perché ciascuno di noi può scatenare potenziali di rabbia molto diversi e far divampare incendi che possono bruciare per anni, con ondate che possono sfuggire ad ogni controllo della mente, che in questa tappa è messa a dura prova più che in tutte le altre. C'è chi trattiene le fiamme dentro di sé, tanto che dall'esterno poco o nulla si percepisce, con il risultato che quel fuoco non liberato divorerà il corpo del poveretto che sarà oggetto di svariate malattie psicosomatiche di tipo esterno all'inizio (dermatiti, psoriasi, precoci canuzie e cadute dei capelli) e di deterioramento degli organi interni poi, con il possibile sviluppo di neoplasie nei casi più gravi."

"Accidenti zio, così mi fai proprio paura!!" S'inserì di botto Natalia, come per fermare l'evoluzione non voluta del viaggio descritto e che non le pareva avesse proprio nulla di trasformativo ma fosse esclusivamente una penosa ed indesiderabile discesa negli inferi. 

"Non voglio banalizzare la tua paura, Natalia - continuò Rubén - il rischio di rimanere impantanati in questa fase del viaggio esiste, specialmente se la tappa precedente è stata caratterizzata da diversi e lunghi "avanti-indietro" e se chi è stato lasciato aveva un difficile rapporto con il riconoscimento e l'accumulo della propria rabbia; quindi la sfida qui è far bruciare all'esterno l'incendio rabbioso avendo cura massima che questo non si rivolga verso chi se n'è voluto andare, perché c'è il rischio di esiti tragici, come purtroppo a volte accade. Come vedi, Natalia, se la mappa è uguale per tutti, ciascuno avanza nel viaggio con tempi diversi, tanto che molti addirittura rimangono bloccati in qualche fermata con esiti davvero drammatici per sé e per gli altri. Il modo salutare di sfogare la rabbia fisiologica di questa tappa è quello di canalizzare l'energia verso cose che siano in qualche maniera utili per noi: uno sport, una qualche forma d'arte, nel proprio lavoro o nel soddisfacimento di desideri strettamente personali rimasti incompiuti."

"E poi? Ce l'abbiamo fatta? Siamo arrivati?" Chiese Natalia in un misto di speranza e preoccupazione.

"Magari, mia cara; benché questa tappa sia probabilmente la più impegnativa a livello psico-fisico, pur superata positivamente ancora non siamo fuori pericolo e la nostra vita non è ancora tornata nella giusta tensione che ci deve essere tra ragione e sentimento, tra polo emotivo e polo razionale. Nella fase della rabbia l'incendio ci ha fatto consumare una quantità impressionante di energie psico-fisiche al punto che, spentosi il fuoco entriamo in una sorta di lungo cammino in una brughiera di profonda tristezza prima e apatia poi, dove ci veniamo a trovare esaurite le forze per cercare l'altro, senza slancio vitale per entusiasmarci verso cose nuove e dove tutta la scarsa energia che residua è assorbita dalla necessità di procedere senza scossoni nelle cose che fanno parte del nostro quotidiano ordinario. L'altro ci ha completamente delusi e il pensiero verso di lui si è fatto più sfumato e non è più ossessivo come nelle prime fasi del percorso. Superata la brughiera dell'apatia e della tristezza, con il lento recupero dell'energia, si giunge infine sulla spiaggia dell'accettazione conscia e inconscia che quella persona, non fa più parte della nostra vita e ripensare a ciò che è stato ci provoca le stesse emozioni della lettura della cronaca nera, per i momenti brutti, o di quella rosa, per le cose belle che si erano condivise. Davanti alla spiaggia dell'accettazione si trovano gli imbarchi per nuovi i nuovi viaggi che, eventualmente, decideremo di percorrere da soli o insieme ad altri, avendo pienamente recuperato le forze e le competenze per una navigazione più in linea con i desideri e le caratteristiche personali."

"E tutto questo nel complesso quanto dura?" Chiese preoccupata Natalia. 

"Non c'è una durata standard, le osservazioni scientifiche ci riportano per i percorsi riusciti un tempo che varia dai 6 mesi all'anno anche perché il processo non sempre è lineare ma si può muovere in senso circolare con disastrose regressioni lungo la strada; la cosa veramente importante però, cara Natalia, non è la durata, ma non bruciare le tappe e cosa peggiore di tutte, cercare di saltarne qualcuna magari cancellandole dalla mappa o cercare scorciatoie a latere della strada maestra: quando sei costretto obtorto collo ad imbarcarti per questo penoso e periglioso viaggio lo devi scontare per intero, perché solo così sarai in grado di conquistare il premio che ti meriti."

"E quale sarebbe Zio Rubén?" incalzò la ragazza.

"Quello non te lo dirò Natalia, quello lo dovrai scoprire da sola. Ti dico solo che ne varrà la pena." concluse Rubén, asciugando le lacrime di Natalia, liberando la sua che a lungo era rimasta impigliata nella palpebra e invitando la ragazza a completare la promenade prima di dirigersi verso la stazione di Cobh e prendere il primo treno utile per rientrare a Cork, cenare con la figlia di Carlos in un ristorante sul Pope's Quay affacciato sul fiume Lee, prima di ripensare a quel viaggio che lo doveva riportare nella sua mansarda di Calle Magdalena 23 a Toledo. Tema da affrontare durante la cena: come migliorare la propria capacità di capire in tempo utile chi si ha di fronte per futuri incontri ed evitare di scambiare lucciole per lanterne nelle relazioni, seguendo i propri desideri invece di dar retta, senza rimuoverli, ai segnali di segno contrario che arrivano inequivocabili per un occhio esperto sin dal primo giorno.

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