Per chi è nato dopo la metà degli anni ’70 e si dichiara tifoso dell’Udinese, il nome di Enzo Ferrari potrebbe non evocare molto, almeno in ambito calcistico. Più probabile che la mente corra subito alla Formula Uno e al sogno di possedere una Ferrari con il celebre cavallino rampante sul cofano.
Diversa è la reazione di chi ha i capelli ormai color argento o, nella migliore delle ipotesi, “sale e pepe”. Per loro, la notizia della scomparsa di Enzo Ferrari – omonimo del leggendario Drake – avvenuta lo scorso 11 maggio, è arrivata come un colpo al cuore. Il destino ha voluto che giungesse pochi minuti prima dell’ennesima prova di sciatteria dell’Udinese 2024/25, che, ormai salva con largo anticipo, ha lasciato l’intera posta al già retrocesso Monza in un rassegnato Stadio Friuli.
Un uomo di calcio, dentro e fuori dal campo
Nato a San Donà di Piave il 21 ottobre 1942, Enzo Ferrari è stato prima calciatore – con esperienze in Serie A, B e C vestendo, tra le altre, le maglie di Genoa, Palermo, Monza e anche Udinese – poi allenatore dalla mente lucida ma non privo di coraggio.
Arrivò a Udine come tecnico della Primavera nella stagione 1979/80, dopo un primo incarico in panchina con il Conegliano in Serie C2. Fu improvvisamente chiamato alla guida della prima squadra nel campionato 1980/81, in occasione della quarta giornata d’andata contro la Fiorentina, a seguito dell’esonero di Marino Perani. In attesa del subentrante Gustavo Giagnoni, strappò subito un prezioso 0-0 contro i viola.
Richiamato ancora una volta in corsa dopo poche giornate, questa volta per sostituire lo stesso Giagnoni, prese le redini di una squadra penultima con soli 11 punti alla seconda giornata di ritorno e già rassegnata alla retrocessione. Enzo Ferrari, però, non si lasciò sfuggire l’occasione di trasformare invece una disfatta annunciata in un’impresa.
Mise ai margini vecchi mestieranti logori e lanciò una pattuglia di giovani promettenti provenienti dalla sua Primavera: Miano, Gerolin, Papais e Cinello furono la linfa nuova che portò l’Udinese a una salvezza memorabile, conquistata negli ultimi minuti dell’ultima giornata grazie a un gol di Gerolin contro il Napoli.
L’era Zanussi e l’arrivo del fuoriclasse
L’arrivo della Zanussi come nuova proprietà aprì una fase di consolidamento e crescita. Il progetto prese il volo con l’arrivo, nell’estate del 1983, di un colpo che fece storia: Zico. La stella brasiliana si aggiunse a un gruppo già impreziosito da campioni come Causio, Mauro, Virdis ed Edinho.
Enzo Ferrari rimase alla guida della squadra fino al maggio 1984, quando fu sostituito da Luis Vinicio, chiamato per tentare (invano) l’assalto alla Coppa Italia. Il torneo si concluse con un’uscita nei quarti contro il Verona e un deludente nono posto in campionato.
In quattro stagioni sulla panchina dell’Udinese, Ferrari collezionò 105 presenze in Serie A (30 vittorie, 44 pareggi, 31 sconfitte) e 16 in Coppa Italia (9 vittorie, 5 pareggi, 2 sconfitte), ottenendo come miglior risultato un sesto posto in campionato e l’accesso ai quarti in Coppa.
Una delle gestioni tecniche più longeve in tutta la storia del club friuliano.
Il viaggio continua
Conclusa l’esperienza friulana, Ferrari proseguì la carriera in Spagna, alla guida del Real Saragozza – con cui arrivò a espugnare il Bernabeu – per poi tornare in Italia ad allenare diverse squadre di Serie B: Triestina, Padova, Avellino, Palermo, Reggina. Ebbe anche un’ultima apparizione in Serie A nel 1994/95, chiamato alla guida della Reggiana da Franco Dal Cin, suo vecchio mentore, in un tentativo disperato - e inutile - di salvezza.
Un’eredità di passione e talento
Uomo cortese, sempre disponibile al dialogo e all’aneddoto, Enzo Ferrari seppe vincere un titolo nazionale con la Primavera dell’Udinese nel 1980/81 e lanciò con coraggio numerosi giovani talenti veneti e friulani che poi si fecero strada nelle massime categorie.
Fu protagonista di un’epoca irripetibile, in cui l’Udinese, da matricola inesperta e traballante, divenne nel giro di pochi anni una squadra capace di impensierire le grandi. Forse non resse la pressione delle aspettative crescenti, ma diede il meglio di sé nel periodo pionieristico e più autentico.
Un ricordo personale
Ad Aiello del Friuli, nella primavera del 2015, mi confidò – a margine di una manifestazione in onore di Enzo Bearzot – un grande rimpianto: l’uscita di Zanussi dall’Udinese e l’addio di Dal Cin a metà della prima stagione di Zico. “Avevamo messo i ferri in acqua per far crescere ancora la squadra”, mi disse. “L’anno dopo il Verona vinse lo scudetto… credo che avremmo potuto esserci noi.” Non scherzava.
Per chi ha vissuto quegli anni, Enzo Ferrari resterà per sempre “l’allenatore di Zico” e e degli anni più belli.Sarebbe anche bello, oltre che giusto, che l’Udinese Calcio di oggi trovasse il modo di ricordarlo come merita.
Mandi Enzo
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