Nel centro della cittadina c’era
una grande casa abbandonata con annesso parco recintato da un alto muro di cinta
da cui si poteva accedere dalle abitazioni di Giffoni e Gambero attraverso una
porta comunicante tra le diverse proprietà.
Per Giffoni, Gambero e la loro
stabile “compagnia di giro” formata in estate da Remfutti, Leonardo, Romano, Fruzzo,
Nobil Homo, Pizzicagnolo e altri di cui è “pietoso evitare anche il nome”, quel
luogo era magico: magico come poteva esserlo per ragazzini della scuola media
sempre insieme e alla ricerca di “fare esperienze” e divertirsi.
Nelle stanze abbandonate e pericolanti
di quel casolare si svolsero, tra mille altre cose, cruente battaglie con
cerbottane di materiale plastico e munizioni costituite da bacche rosse
selvatiche e sessioni di “nascondino” in cui chi veniva designato alla ricerca
dalla “conta” era destinato a vagare senza speranza di scorgere i compagni che
potevano celarsi ovunque, data l’esistenza di infiniti nascondigli che offriva l’enorme
costruzione.
La casa inoltre offriva gli spazi
ideali per nascondere ciò che i genitori non avrebbero mai tollerato e la cui
scoperta avrebbe decretato tremende punizioni, sulla falsariga dei supplizi che
gli Dei pagani applicavano ai mortali quando si macchiavano di ὕβρις: per spiegazioni domandare
a Sisifo, Prometeo o agli sventurati compagni di Odisseo.
I nostri giovanissimi “eroi”,
infatti, vi celavano i pacchetti di sigarette acquistati di nascosto e i
materiali cartacei rigorosamente V.M. 18 che venivano “recuperati” durante le
annuali raccolte della carta organizzate dalla Parrocchia; i pacchetti di
sigarette di ciascuno trovavano comodo alloggio negli interstizi di alcuni
mattoni forati e il materiale hot all’interno di una vecchia stufa
abbandonata.
Insomma, un vero e proprio
circolo ellenico, dove si condivideva il tabacco e la scoperta del proibito in
lunghe sessioni collettive, tra il fumo delle sigarette, l’ambiente gotico, l’odore
della polvere e tante tante risate; quel club per soli uomini chiuse i battenti
quando un giorno, all’interno della stufa, si trovarono solo le ceneri del “prezioso”
materiale e molti iniziarono a
lamentarsi che il numero delle sigarette all’interno del proprio pacchetto fosse
misteriosamente diminuito.
E che dire del parco? Sempre i
nostri “eroi” lo avevano trasformato nello stadio Monumental di Buenos Aires
per rifare il Mundial 78 ed esserne loro i protagonisti, con tanto di coppa del
mondo realizzata da Gambero utilizzando
un bicchiere, il Dash e una boccia di plastica; oppure ancora nello stadio
Lenin di Mosca per disputarvi le olimpiadi tra di loro con tanto di set per il
salto in alto.
Per non dire delle infinite
partite a monopoli, a carte e persino a ping-pong, utilizzando un vecchio e
pesante tavolo in legno.
Un luogo magico, davvero, dove
consumare l’inizio dell’adolescenza tra pari senza la presenza degli adulti.
Un bel giorno, però, spuntò una
rete metallica e la porta comunicante fu sbarrata e nel giro di una settimana sorse
un cantiere con tanto di impalcature, betoniere ed escavatori vari e,
soprattutto, severamente “vietato ai non addetti ai lavori”.
Per Giffoni, Gambero e soci fu
una mazzata, uno shock: sfrattati dal loro “paradiso” da un giorno all’altro,
senza preavviso di sorta.
I nostri “eroi” naturalmente non
vollero subire passivamente quella tragedia epocale che coincideva per molti di
loro, guarda caso, con il passaggio alla scuola superiore e così decisero di
porre in atto tutta una serie di azioni ardite che vendicassero la fine
inopinata di quella spensierata fase della vita.
Azioni che consistevano nell’entrare
di nascosto durante le pause di lavoro nel cantiere e rilasciare liquidi organici
sul sedile dell’escavatore o all’interno
delle betoniere, preventivamente riempite di sassi provocando il feroce “disappunto”
da parte delle maestranze al ritorno sul posto di lavoro.
Nonostante il disappunto si
facesse sempre più aggressivo e minaccioso, Giffoni e soci non demordevano da
quella che ritenevano di combattere per una causa giusta e meritevole, come i
crociati guidati da Goffredo di Buglione e Riccardo Cuor di Leone nella lotta
contra i Mori in Terra Santa.
Così, invece di rassegnarsi,
venivano escogitate azioni sempre più ardite con l’effetto di alzare il livello
della tensione con gli operai del cantiere, tra cui spiccava per pericolosità
un anziano (ai loro occhi) operaio che avevano denominato “Rosso di Vino” per
il volto perennemente arrossato, con i capillari che sembravano pronti ad esplodere
da un momento all’altro.
Il climax di quella “Guerra Santa”
venne raggiunto quando in un’edicola
locale vennero messi in vendita dei petardi che, sorretti da una piccola asta
di legno, una volta che la miccia bruciando veniva a contatto con la polvere
pirica, si trasformavano in una specie di razzetti che poi facevano il botto ad
una ventina di metri di distanza.
Giffoni e soci accolsero la
novità come lo stato maggiore della Luftwaffe alla scoperta delle V1 e delle V2
durante la fine della Seconda guerra mondiale: si fece subito incetta di quei
petardi facendo fronte comune con le misere paghette settimanali di ciascuno e
si procedette ad un acquisto collettivo di una cinquantina di Folks (così erano
denominati dal produttore che li aveva messi in vendita).
A stretto giro dal rifornimento,
il cantiere si trasformò nel Donbass sotto attacco missilistico russo: gli
operai esasperati più dell’esercito ucraino reagirono lanciando la malta con le
cazzuole all’indirizzo delle “rampe di lancio”, con l’intento di raggiungere i “commandos”
una volta per tutte.
Il fuggi fuggi fu generale e
tutta la “banda” si ritrovò dopo la fuga scoordinata nei pressi della caserma
che ospitava un Battaglione di fanteria meccanizzata.
Condivisa tra lazzi e risa la
bravata ma constatato che erano ancora diversi i razzetti inutilizzati nell’attacco
interrotto al cantiere, il solito di cui è “pietoso non fare neppure il nome”
propose di chiudere in bellezza il pomeriggio sparando oltre il muro della
caserma le rimanenze.
Non tutti furono convinti della
bontà dell’operazione ma si sa, da che
mondo è mondo, le ragioni di chi “la vuole fare fuori dal vaso” hanno sempre un
fascino superiore alla voce della ragione e così si procedette al lancio,
confidando nell’impunità garantita dall’aver occultato per bene il luogo del
lancio.
Non passarono neanche 5 minuti
dall’avvio dell’attacco proditorio: una macchina della Polizia di Stato
comparve nei pressi degli “artificieri” e gli agenti, subito compreso che non
si trattava di qualche banda armata ma solo di quattro ragazzini
deficienti, uscirono dal mezzo
indirizzando ai ragazzi il più classico dei: “Ma che cazzo fate?”
Silenzio tombale.
“Questi li consegnate a noi”,
proseguì l’anziano poliziotto, “e andate subito a casa senza favi più vedere e
tu invece, che sei il più grande, mi dici come ti chiami e dove abiti”.
Giffoni non era il “più grande”
ma solo il più alto e fu costretto a dare le generalità agli Agenti, che poi
prelevata l’artiglieria e caricata in macchina, lasciarono i ragazzi al loro
destino.
Giffoni non osava rientrare in
casa quella sera, furono ore di angoscia tremenda, nella mente si accavallavano
scenari apocalittici: suo padre avrebbe attuato sanzioni peggiori di quelle che
molti anni dopo la UE avrebbe imposto alla Russia, non prima, però, di averlo gonfiato di botte come un
canotto.
Prese coraggio e allo scoccare
dell’ultima ora possibile per rientrare in casa senza che scattassero le punizioni
ed i rimproveri genitoriali, varcò la porta della cucina nel momento in cui la
madre serviva la cena a tutti i familiari raccolti intorno al tavolo.
La reazione sorprese Giffoni.
Il padre gli rivolse solo un
generico: “Non ti pare un po’ tardi per rientrare in casa? Dove sei stato fino
adesso”.
Null’altro.
Giffoni rispose genericamente. Il
padre, probabilmente stanco per gli impicci della sua giornata lavorativa, non
andò oltre.
Evidentemente i poliziotti avevano compreso che si trattava solo di una sciocca bravata di ragazzini di paese mai visti prima, probabilmente pericolosi solo per sé stessi e che la comparsa della divisa e la minaccia di intervenire presso le famiglie poteva bastare per rimetterli in riga.
Temo che, qualche decina di anni più tardi, ben diverso sarebbe stata la reazione del mondo degli adulti ed il conseguente destino di Giffoni e soci.


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