martedì 28 novembre 2017

PROBLEMI DI FORMAZIONE

Ruben era seduto sulla panchina arrugginita di quel campetto abbandonato alla periferia di Ponferrada; i nuvoloni che arrivavano ogni giorno dall'Atlantico gli parevano come gli stormi delle fortezze volanti alleate che vedeva arrivare dalla Manica quando era ragazzino, in Normandia e quel pomeriggio, riusciti a superare il massiccio del Cebreiro, avevano superato la Galizia e ora minacciavano di far cedere il loro carico di "bombe d'acqua" sull'arso territorio della Castilla.
Quell'immagine lo portò a considerare quale profondo periodo di cambiamento stesse attraversando. "Che stronzata cercare le cause - pensò - il cambiamento è la costante, il nostro inseparabile compagno di viaggio, non un visitatore improvviso." Che senso aveva allora puntualizzare l'ovvio, in una vita come la sua che sembrava più una corsa sulle montagne russe che il viaggio sull'Orient Express? Forse era meglio osservare il presente. Disincanto e cinismo. Ecco quali erano i titolari inamovibili della formazione che lui "stava mandando in campo" durante quell'inizio di autunno. Nessun desiderio di "gioco all'olandese", di trame spettacolari, di colpi da campione. Ostruzionismo, melina, nessuna voglia di verticalizzare. Tenere lo 0-0, buttare i palloni in tribuna. Nessuna spinta reale per migliorare "la classifica". Anzi. Questa si che era la novità assoluta per i suoi "colori sociali" e per la storia del suo "club". Niente più sogni di scudetto. Si trattava di rassegnazione o di rinuncia? Aveva poca voglia persino di cercare la risposta. Questo era il ritratto del suo momento, nel quale cercava di osservarsi quasi fosse uno spettatore disinteressato. Erano caduti, o meglio, si erano dissolti tanti punti di riferimento che in passato avevano orientato il suo cammino; si accorse che non era in grado neppure di capire dove e a che punto fosse e dove stesse andando. Peggio. Non sapeva neppure dove voleva andare in concreto. Melina. Ostruzionismo. Gioco per lo 0-0, senza neanche guardare la classifica. Neanche più difesa e contropiede, solo trappola del fuorigioco.
Guardò i nuvoloni e senti le prime gocce di pioggia, grosse come calabroni, cadere sul tetto malmesso della panchina arrugginita su cui era seduto. Guardò il campo di gioco. Estrasse dalla tasca un foglio e scrisse la formazione da mandare in campo. Si trattava di un 4-4-2.

1 - Memoria,

2 - Lentezza,
3 - Sonno,
4 - Tosse,
5 - Rifiuto,

6 - Stasi;
7 - Passività,
8 - Rinuncia,
9 - Ombra

10 - Disincanto
11 - Disillusione.

Allenatore: Ruben
In panchina, a disposizione: il Vuoto.
      

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