mercoledì 29 novembre 2017

NONNA

Mia nonna Elena era nata nel 1912, aveva anch'essa umilissime origini e della sua famiglia di provenienza, i Dominissini della frazione di Grupignano, ancor oggi conosco più nulla che poco; unico flashback suo fratello Marco morto per un tumore quando io frequentavo l’asilo, venditore ambulante di formaggi che il sabato mattina stazionava con il suo banchetto nella piazza del Duomo e al quale io e la nonna facevamo sempre visita … mi ricordo un uomo alto, dal viso magro e la carnagione giallastra però sempre sorridente e che mi allungava delle porzioni di un formaggio per cui all’epoca andavo matto: il gorgonzola! In seguito, solo l’odore di quel formaggio, iniziò a provocarmi la nausea e, se qualcuno mi vuole veramente del male e me lo propina di nascosto, potrebbe riuscire nell'impresa di farmi vomitare anche l’anima! Misteri della vita… Aveva l’aspetto di una vecchia matrona romana ed era la mia nonna preferita;  io ero il suo pupillo prediletto, il primo desiderato e sospirato nipote maschio, che neppure l’arrivo di mio fratello nel 1970 riuscì a scalfire quel rapporto privilegiato! Era il mio rifugio quando i genitori si arrabbiavano per le mie marachelle, mi riempiva sempre di sorrisi e carezze e quando mi portava con sé io ero sempre felice, non c’era volta che non mi regalasse qualche cosa: dalla caramella alla scatola di soldatini e che non mi presentasse con orgoglio alle sue amiche che incontravamo. Poi d’improvviso, quando avevo da poco iniziato a frequentare  la scuola elementare, il suo sorriso perse la gioia e il suo sguardo divenne sempre più spesso velato dalla tristezza; io non capivo il perché di quel cambiamento repentino, così come m’interrogavo sul perché prendesse spesso la bicicletta per uscire senza di me e ritornasse a casa qualche ora più tardi silenziosa e sofferente. Iniziai a chiedere ai miei genitori cosa avesse la nonna e ottenni sempre risposte evasive, che non facevano cambiare il mio pensiero: era il nonno che la faceva stare male! Ad un certo punto andò in Ospedale e quando vi fece ritorno per il Natale del 1975,  non si spostava più dal letto, non parlava più e la sua magrezza faceva una forte impressione ricordando la donna robusta che era stata prima. Dopo capodanno ritornò in Ospedale senza più fare ritorno a casa, morì a 64 anni nel mese di febbraio del 1976; l’ultima volta che la vidi fu qualche settimana prima, quando all’insaputa di tutti, stufo di troppe risposte evasive alle domande “Come sta la nonna? Quando torna la nonna?” presi la bicicletta e da casa andai a cercarla, trovandola,  nella sua camera dell’Ospedale di Cividale con mia mamma che l’assisteva al capezzale. Era quasi irriconoscibile nella sua magrezza ma credo che lo shock più grande lo provò lei nel vedermi … mi fissò con grande sorpresa, si lasciò andare ad un sorriso prima di  farfugliare agitata  un “oh Dio Dio …”  e prima che mia madre si alzasse dal letto e mi accompagnasse in corridoio, rimproverandomi per quella visita non autorizzata. Molti anni più tardi compresi che il male che se l’era portata via troppo presto era lo stesso che aveva rapito suo fratello e che portò via a 53 anni anche il suo secondo figlio e che nel seguito di questa storia avrei avuto molte altre volte modo di incrociare nei destini di persone che ho conosciuto: il cancro.
Purtroppo se ne andò troppo presto e la sua scomparsa segnò la fine del mondo felice e spensierato in cui avevo vissuto, fu come se nella famiglia si fosse spenta la Luce e iniziarono anni cupi, in cui il sorriso e la dolcezza sparirono da casa e calò una cappa plumbea di tristezza, di silenzi e di  incomunicabilità.
Per me era e resterà sempre una donna straordinaria, di indole allegra e sempre in grado di ravvivare la compagnia  e il fatto di essere riuscita a sopportare il nonno, le vale sicuramente, come dire, “l’Oscar alla carriera”.  

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