mercoledì 12 settembre 2018

AMMINISTRATIVI SPARSI NEL MONDO: UNITEVI!

Si dice spesso che il ruolo del portiere nel calcio sia fatto per i matti oppure per i più scarsi, quelli che proprio non possono essere utilizzati in altri ruoli. Difficile poter smentire questo adagio. Chi, sano di mente, potrebbe scegliere coscientemente di fare il portiere? Al minimo errore che commetti nel 90% dei casi la tua squadra prende un gol, magari perde la partita e finisci alla gogna, mentre ogni parata che fai, magari anche la più difficile, altro non fai che fare il tuo dovere. A parità di talento il tuo ingaggio sarà sempre inferiore a quello di una punta, che magari sbaglia tutto per 90 minuti, ma poi nel recupero segna il gol della vittoria e diventa un eroe. Pari un rigore? E' chi ha tirato che ha sbagliato. Un tiro entra nel sette? Forse se ti posizionavi meglio e partivi in anticipo la potevi prendere. Sei la riserva del titolare? probabile che tu non veda il campo per tutto il campionato e se finisci in panchina, perché fuori forma per un periodo, altrettanto probabilmente il campo non lo vedi più e a fine stagione ti conviene cambiare aria. Se trovi chi ti prende. Pensiamo poi alle partite nei campetti di periferia, quelli cantati da Francesco De Gregori ne "la leva calcistica della classe '68" per intenderci. I più forti facevano le squadre, e non erano mai portieri. Anzi, non c'è mai nessuno che voglia andarci in porta tra i ragazzini: ci finiscono solo quelli più scarsi o quelli per i quali ricoprire quel ruolo rappresenta l'unico modo per poter partecipare alla vita del gruppo. Eppure senza portiere, non c'è gioco, non c'è partita.  No Goalkeeper, no party. Credo che nessun ruolo al mondo sia così difficile, indispensabile e così mal ricompensato, se non quello del portiere. Non fare mai il portiere, se non sopporti l'ingratitudine. E la solitudine.Se ci spostiamo dal terreno di gioco ed entriamo in azienda forse possiamo trovare chi condivide la sorte dell'estremo difensore calcistico. L'amministrativo. Senza dubbio. Chi è l'amministrativo? E' il contabile, il rendicontista, chiunque si deve interfacciare con le amministrazioni pubbliche per le pratiche obbligatorie. Quello che, quando sbaglia, l'errore si può immediatamente misurare e che nel 90% dei casi mette a rischio di sanzioni la propria azienda. Quello che quando termina una pratica, anche la più complessa che esista, altro non ha fatto che fare il suo dovere. E solo l'amministrativo conosce quanto è grande la complessità di qualsiasi pratica al giorno d'oggi. Solo lui, appunto. E quindi in azienda finisce per vivere nella solitudine, passando spesso per essere "quello che fa problemi", quello che "rallenta le cose", quello che non "vuole innovare". Insomma quello che, a poterlo fare, si manderebbe a casa domani mattina. O la sera stessa. Quello che si pensa di poter sostituire senza problemi, perché tanto, il mondo è pieno di passacarte e/o contabili a spasso. L'amministrativo non ha il fascino del "commerciale" o di chi "progetta": sono quelli che portano i ricavi in azienda, sono loro che fanno i "volumi" e quindi gli utili, quindi sono loro gli "indispensabili". L'amministrativo non ha neppure l'aura del "mago" del tecnico che è responsabili di "fare" , "coordinare", creare i processi produttivi e quindi permette in concreto la realizzazione dei prodotti o l'erogazione dei servizi. Gli amministrativi arrivano sempre alla fine, quando devono pagare i conti dei debiti contratti dagli altri o risolvere i guai fatti a insaputa dalle altre funzioni aziendali. E se lo fanno, fanno esclusivamente il loro dovere. E se non lo possono fare, sono degli incapaci. E magari si prendono anche la colpa di non essere stati in grado di prevedere per tempo che il bilancio avrebbe fatto cagare. Scusate l'uso della lingua di Moliére.
E a parità di talenti, saranno sempre pagati meno del commerciale o del tecnico. Come nel calcio, se non fai gol non vinci le partite e quindi un centravanti guadagnerà sempre più di un portiere a parità di talento (ma spesso anche in inferiorità dello stesso).
Ma così, come nel calcio non c'è gioco senza il portiere, l'azienda non può stare sul mercato senza gli amministrativi. Oggi, più che mai. Oggi, più che mai, i rischi per le aziende sono dati non solo dal mercato, ma soprattutto dalla loro capacità di rispettare le norme. E quell'attitudine e quelle competenze, ce l'hanno solo gli amministrativi. Per natura e per insana e robusta costituzione. Quelli che, probabilmente non sani di mente o incapaci di fare altro, sono in grado di sopportare l'ingratitudine e riescono a vivere pacificamente lontano dai riflettori. Quelli che, in un'ultima analisi, fanno solamente il loro dovere.
Consoliamoci, cari colleghi amministrativi, con il pensiero che, anche se ci si ricorda dell'Olanda di Cruyff, del Brasile di Pelè, della Francia di Platinì e di Zidane, spesso le squadre vincenti non potevano e non potranno mai prescindere da un bravo portiere e che spesso il portiere diventa il capitano della squadra e in seguito anche un valido allenatore.
In fondo, la più bella e vincente Italia di sempre, ce la ricordiamo come l'Italia di Dino Zoff, l'archetipo del ruolo e del capitano.
Così come nelle aziende che sanno resistere e domare i rischi dei mercati, i loro board non prescindono mai da figure forgiate nell'amministrazione. Che sanno gestire l'ingratitudine, che non hanno bisogno di lustrini o medaglie per fare il loro "sporco lavoro" e sanno convivere con il peso del "se sbaglio prendiamo gol e perdiamo la partita."  E con la solitudine. Perché forse, come accadeva da bambini, ci ritengono troppo scarsi per fare i centravanti.   

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