martedì 19 maggio 2020

SM(A)RT WORKING


“Cividale del Friuli, 9 ottobre 2018
Da alcuni anni siamo tutti immersi, più o meno consapevolmente come attori e spettatori, in una profonda trasformazione delle forme di comunicazione tra esseri umani e di conseguenza nella modalità di relazione provocata dagli sviluppi tecnologici che, con ritmi sempre più impetuosi, oramai sono penetrati in ogni momento e in ogni angolo delle nostre vite.
Personalmente sento il bisogno di salvaguardare degli spazi di umanità che ci possano mettere un po’ al riparo da tutta questa comunicazione mediata da mezzi artificiali e dalle conseguenze non sempre positive di questa modalità, non per sostituirla, ma per integrarla affinché le nostre competenze relazionali e di socializzazione di tipo “tradizionale” ed eminentemente “umano” non vadano irrimediabilmente perdute per sempre.
Sono a proporvi di individuare un momento spazio-temporale settimanale in cui poter condividere con sistematicità la nostra umanità nella forma più autentica e antica dissertando intorno del tema del Viaggio, inteso sia in senso filosofico e metaforico che in senso più ampio e prosaico. Magari con l’aggiunta di un bicchiere di buon vino…
Una sorta di circolo ellenico, insomma, in cui ciascuno dei partecipanti possa portare i propri pensieri, le sue esperienze su di un tema generale di interesse comune – il Viaggio appunto - e condividerlo con gli altri in vista di una sintesi collettiva e che magari poi sia in grado di accrescere il patrimonio di tutti.
Ho pensato ad una sorta di “Ordine dei Viaggiatori”.
Mi rivolgo a Te perché penso che tu possa essere interessato dal progetto, farne parte in concreto arricchendolo con la tua sensibilità, esperienza e conoscenza.”
Meno di due anni fa scrissi questa sorta di “manifesto”, perdendo subito la voglia di pubblicarlo. Non era finito nel cestino, come tante idee bizzarre o coraggiose, ma rimasto archiviato in un cassetto o per meglio dire, in una cartella dimenticata del computer. Appunto.
Facendo le pulizie sul disco è tornato a galla in questo periodo e mi sono fatto una sonora risata. Meno male che è rimasto nascosto. La realtà di questi ultimi mesi avrebbe reso quel circolo “ellenico” un’associazione segreta fuori legge per tutte le polizie d'Europa, al pari della Carboneria durante il Risorgimento e non solo un allegro convivio di aspiranti Don Chisciotte.
La ben nota pandemia ha dato forse un colpo mortale a quel disegno, “incoronando” la comunicazione tecnologicamente mediata tra esseri umani come la forma “naturale” di socialità. Senza ritorno.
Lezioni on-line, udienze on-line, riunioni on-line, aperitivi on-line, amori on-line…
Meno male, diranno i più: senza internet il mondo si sarebbe fermato del tutto e la pandemia avrebbe mietuto ancora più vittime senza il distanziamento sociale, che in qualche modo la rete ha attenuando surrogando praticamente qualsiasi forma di attività condivisa o condivisibile.
E lo dico anch’io.
Quello che mi turba è che tutto questo “on-line” non sia percepito dai più come una formidabile scialuppa di salvataggio che ci dovrebbe traghettare in qualche modo – e al più presto - di nuovo a riva, dopo che una burrasca ha fatto colare a picco “la barca” in mare aperto, ma bensì il mezzo di trasporto da non abbandonare, con il fine di vagare lontano da terra per sempre.
Leggere che qualcuno propone con entusiasmo e convinzione che udienze nei tribunali, lezioni a scuola, lavoro negli uffici debba avvenire “normalmente da remoto”, a prescindere dal sussistere o meno di un’emergenza sanitaria, e che la riunione “fisica” tra persone debba diventare “l’eccezione da evitare come la peste” alla regola dello smart working, mi provoca un profondo malessere.
Forse quel dimenticato “manifesto” è destinato ad avere un valore rivoluzionario in un prossimo futuro, perché se in un tempo definito i morti della pandemia saranno contabilizzati con evidenza scientifica, le perdite umane del distanziamento sociale, iniziato ben prima del Covid-19, saranno tutte da calcolare. E, temo, non saranno poche.
Lo so, le mie sono farneticazioni di un nostalgico appassionato delle code allo sportello per presentare un documento e che non nutre nessun entusiasmo nel fissare in solitudine lo schermo bloccato di un pc o di uno smartphone, parlando nel frattempo con il guru informatico di turno, per capire perché un sito è regolarmente “in palla” durante un “click-day” e soprattutto quale "magia" attivare per sbloccarlo.    
L’augurio sincero, per tutti gli amanti dello smart working è di leggerlo bene, non omettendo la “a”.
Altrimenti diventa smrt working.
Che, invariabilmente, in tutte le lingue slave significa “morte” del “working”.

Nessun commento:

Posta un commento

Post in evidenza

NOTTI MAGICHE ANTE LITTERAM

25 giugno 1983 – Arrivo al campo mezz’ora prima del fischio d’inizio, di corsa dopo essere riuscito a fuggire da una riunione familiare ...