mercoledì 16 dicembre 2020

CITTA' DEL MESSICO 1970 o BARCELLONA 1982?









Per effettuare una scelta bisogna prima precisare qual è l'elemento chiave di comparazione e nella scelta di tale criterio bisogna fare in modo di riuscire a trovarne uno che sia il più significativo; insomma è cosa molto complicata e così spesso si finisce prendendo una decisione di pancia, seguendo il filo delle emozioni più che del ragionamento. Per quanto mi riguarda nel quesito in questione, "Italia - Germania 4-3 o Italia - Brasile 3-2, non posso che astenermi, avendo avuto solo il privilegio di seguire in diretta la seconda all'età di 16 anni mentre la prima la vidi in differita all'età di 8. La pancia non potrebbe schierarsi che a favore del match del Sarrià e quindi, anziché andare alla ricerca di particolari, emozioni, ragionamenti che spostino la preferenza oggettivando la questione, voglio esprimere ciò che fa di questi due match una sola cosa. In entrambe i casi al fischio d'inizio eravamo largamente sfavoriti rispetto agli avversari e ci portavamo addosso un pesante fardello di critiche sia sulle scelte in fatto di uomini dei due commissari tecnici, il triestino Valcareggi e il friulano Bearzot, che sul gioco espresso nei precedenti incontri e che la vittoria ai quarti contro il Messico per 4-1 e con l'Argentina per 2-1 a Barcellona, non avevano scalfito un granché. Poi la drammatica successione delle reti, con gli Azzurri in vantaggio e ripetutamente recuperati fino al KO finale di Rivera e del terzo gol di Rossi ed infine, la cosa più importante, per entrambe i match, la capacità che queste due vittorie ebbero di riunire per un attimo tutta l'Italia sotto il tricolore in momenti in cui la società italiana era profondamente divisa. Lo era nel 1970, alle prese con le dolorose lacerazioni causate dalle rivolte operaie e studentesche di fine anni '60 e lo era ancora di forse più nel 1982, dove si fronteggiavano le divisioni scaturite dagli esiti del decennio degli anni di piombo, del rapimento di Aldo Moro e delle stragi di Stato. Due imprese sportive compiute da due nazionali che incarnavano nei protagonisti in campo e in panchina lo spirito di "una Meglio Gioventù" in cui tutti gli italiani vollero identificarsi e sventolare con orgoglio un vessillo comune e fino ad allora tenuto nascosto quasi con vergogna. Protagonisti che in campo, contro avversari più forti, erano riusciti a mettere insieme tutte quelle doti che gli italiani hanno ma che poche volte riescono a praticare tutte insieme: tigna, condivisione, estro, inventiva, spirito di gruppo, desiderio comune di appartenenza, talento, volontà e orgoglio. Due vittorie conseguite con le armi che ci hanno sempre caratterizzato: difesa ferrea e contropiede fulminante, senza vergognarsi del marchio di italianità e senza cercare di scopiazzare gli altri.

Detto questo, alla fine e con tutti i limiti già elencati in premessa, mi contraddico ed esprimo la mia preferenza per la partita del Sarrià, perché battere quel Brasile era peggio che scalare l'Everest senza bombole d'ossigeno e perché quella vittoria poi ci diede consapevolezza e slancio per vincere il Mondiale e fece del campionato italiano negli anni successivi il torneo in cui tutti i migliori volevano venire a giocare.       

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