martedì 5 gennaio 2021

PABLITO E L'UDINESE



 




Ci sono squadre e luoghi che da avversari ti portano "bene" e per Paolo Rossi, Udine e l'Udinese sicuramente lo sono state, incrociando la storia in momenti "clou" della carriera del compianto campione di Prato, scomparso prematuramente poco meno di un mese fa. 

Dal settembre 1979 al marzo 1987 Paolo Rossi segnò all'Udinese ben 7 reti in 13 incontri di campionato disputati contro i friulani indossando 7 volte la maglia della Juventus e 2 ciascuna quelle del Perugia, del Milan e del Verona.

Ma ben quattro di queste sette marcature ebbero un valore simbolico molto significativo nella carriera di Pablito. La prima infilata all'Udinese, il 16 settembre 1979 allo stadio Curi di Perugia, terza di andata della seria A 79/80, fu anche la prima segnata da Rossi con la maglia del Perugia, trasferitosi in Umbria dopo la fine dell'epopea con il Lanerossi Vicenza. L'incontro di Pian di Massiano finì 2-0 con un'altra rete di Pablito, alla prima doppietta con i grifoni.

L'ultima delle 13 reti complessive segnate in quel campionato dal centravanti di Prato nel periodo perugino fu siglata allo Stadio Friuli di Udine il 27 gennaio 1980, alla terza di ritorno di quell'orribile  torneo per la storia del calcio italiano e del futuro eroe di Barcellona e Madrid.

Quando al primo della ripresa il suo marcatore Catellani "lisciò" un traversone innocuo di Bagni dalla destra, mancando il contatto con il pallone e permettendogli una comoda marcatura a pochi metri dalla porta difesa dall'ex compagno del Real Vicenza  Ernestone Galli, Paolo Rossi certo non poteva immaginare che quel gol fosse non solo l'ultimo in maglia umbra - mancavano ancora 12 gare di campionato alla fine  -  ma pure l'ultimo di lì a più di due anni, visto che pochi mesi dopo venne condannato a scontare una squalifica di tre anni, ridotti poi a due in appello nel celeberrimo processo sportivo per il primo "totonero".

La squalifica terminò il 30 aprile 1982 e la prima giornata utile per il rientro in campo era quindi il 2 maggio per la terz'ultima di andata del torneo 1981/82 e indovinate un po' dove e contro chi scese in campo Pablito vestendo i colori - blu per l'occasione - della Juventus impegnata in un formidabile testa a testa con la Fiorentina per la conquista dello scudetto?

"Naturalmente" ad Udine, in uno stadio Friuli esaurito da almeno un mese e contro un'Udinese che si era salvata matematicamente la domenica precedente espugnando per 2-0 il Dall'Ara, spingendo così per la prima volta nella storia il Bologna in serie  B.

Una giornata straordinaria che ebbi l'occasione di vivere allo stadio in prima persona con l'euforia e la gioiosa ingenuità dei 16 anni: ingresso in curva nord all'apertura dei cancelli alle 13,30 - la gara iniziava alle 16:00 - per riuscire a trovare un posto decente, visto che allora non c'erano i seggiolini numerati; attesa interminabile blandamente agevolata da Loredana Bertè che, vestita con un improbabile abito attillato di pelle nera, sul prato del Friuli cantò, con voce sommersa fischi e lazzi, la sua "hit" del momento "Non sono una Signora" e, poi, una volta che la partita era finita, con un paio di amici, la personale discesa finale in campo di soppiatto quando la folla - e la polizia -  avevano abbandonato lo stadio.

Tutto il mondo del calcio italiano ed internazionale quel giorno avevano gli occhi puntati sul Friuli, indimenticabile fu la ressa di fotografi e cameraman ad attorniare Pablito al suo ingresso in campo disinteressandosi di qualsiasi altra cosa o giocatore. In tribuna anche il Commissario Tecnico Enzo Bearzot a visionare il suo pupillo, con la speranza di ritrovarlo "arruolabile" in vista dell'imminente mondiale spagnolo.

Fu proprio su quel prato che al 4' della ripresa, sotto i miei occhi in curva nord e sul punteggio di 2-1 per Madama che era riuscita a ribaltare nel finale di tempo lo svantaggio del gol friulano dal 2' segnato da Paolo Miano, che Paolo Rossi raccogliendo un calcio d'angolo battuto da Brady, spintonando via  Marco Tardelli  e anticipando in tuffo di testa il suo marcatore Dino Galparoli, infilò per la terza volta Fausto Borin e chiuse i conti del match, terminato poi con un rotondo 5-1 per bianconeri i torinesi.

E soprattutto convinse Enzo Bearzot, con quel guizzo, che l'antico estro non era andato perduto e che in Spagna avrebbe potuto contare ancora sul centravanti che 4 anni prima in Argentina aveva incantato e quasi permesso agli azzurri di arrivare alla finale.



Il film del viaggio che porterà la nazionale a vincere il mondiale a Madrid e a Pablito il pallone d'oro e la classifica marcatori del Mundial due mesi dopo, iniziò proprio in quel pomeriggio, sotto la curva nord dello Stadio Friuli. 

Toccato l'apice al Bernabeu, la carriera di Paolo Rossi inizierà un rapido declino reso dolce dalle vittorie di Coppe e scudetti nei tre anni successivi con la Juventus e da altri 2 gol segnati all'Udinese nella stagione 1983/84, prima di fare la meteora al Milan 1985/86 e poi da prestigioso turista in Messico al Mundial 1986, quello della fine insipida del ciclo di Enzo Bearzot, il Mentore friulano a cui Pablito deve sicuramente buona parte del suo successo planetario.

La parabola si conclude definitvamente l'anno dopo al Verona, in provincia agli ordini del mago Osvaldo Bagnoli, dove le ginocchia prive di tre menischi e logorate all'inverosimile lo costringono ad appendere per sempre "le scarpe al chiodo", dopo una stagione incolore con 20 presenze e 4 reti.

Provate ad indovinare a chi segnò l'ultima di quelle quattro, ovvero l'ultima della sua carriera?

Naturalmente all'Udinese, il 1 marzo 1987 alla ventesima giornata del torneo 1986/87, su calcio di rigore all'80' per fissare sul 3-1 un Verona - Udinese utile solo ai gialloblù per rimpinguare una bella classifica da zona UEFA, in quanto i friulani erano virtualmente retrocessi con la zavorra di 9 punti di penalizzazione.

Quel giorno sul campo con i colori bianconeri c'erano i suoi compagni di Spagna 82 Ciccio Graziani e Fulvio Collovati, anche loro finiti in provincia per racimolare gli ultimi ingaggi delle gloriose carriere, mentre sugli spalti dello Stadio Bentegodi c'ero io, ancora ignaro di aver assistito all'ultima prodezza di un campione che con i suoi gol e il suo sorriso ha segnato un'epoca colma di felicità.

Ciao Paolo.   

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