venerdì 4 settembre 2020

L'EPOPEA DEL "TEATRINO"























Quello che conosco sulla storia ante 1980 del “Teatrino” annesso al Ricreatorio “Sacro Cuore” lo devo alle chiacchierate con Mario Ellero, ad alcuni suoi scritti che recentemente mi ha fatto avere Paolo D’Agostini e dai racconti del mio nonno paterno. 
Quello che ho sempre trovato ingiusto era il nome con cui veniva identificato, “Teatrino” appunto, perché in realtà era una struttura pensata, realizzata e completa di tutto il necessario per l’esercizio dell’arte teatrale in misura stabile, se non addirittura esclusiva. 

La struttura che ebbi modo di conoscere a partire dal 1975 era dotata di un palcoscenico ampio e profondo con pavimentazione in legno, un elegante sipario alla greca di panno rosso porpora, boccascena con botola per il suggeritore, quinte, cieli e fondale in tela giallo ocra e un impianto d’illuminazione con luci della ribalta fisse e due file di americane con gelatine intercambiabili agganciante alla graticcia costituita da morali in legno. Sotto il palcoscenico un corridoio portava alla botola del suggeritore e alla sua destra si poteva accedere a tre stanze, una adibita ad ufficio, una a ripostiglio e l’atra a servizio igienico mentre alla sinistra c’era l’ingresso ad un ampio camerino per gli attori. 

La sala, a cui si accedeva da un mini foyer con biglietteria laterale sovrastata da un piccolo spazio per eventuali proiezioni cinematografiche, era una platea con 198 sedie in legno a ribalta unite in file su due blocchi separati da un corridoio che portava da un lato ai servizi igienici e dall’altro ad un’uscita di sicurezza. Sul palco, dietro il fondale due lunghi e bassi armadi alloggiavano materiali scenotecnici, luci e attrezzatura varia. L’ingresso del pubblico avveniva dall’ingresso principale situato in fondo allo slargo in ghiaia situato dietro la chiesa di San Pietro ai Volti, mentre attori e tecnici potevano accedere da una porta posta in prossimità del campo di pallacanestro del Ricreatorio, aperta la quale ci si trovava in un piccolo atrio da cui si poteva salire direttamente sul palco, scendere nelle stanze del sottopalco oppure entrare nell’abitazione comunicante del sacerdote destinato alla gestione di tutta la struttura ricreativa. Non un “teatrino” ma un piccolo grande teatro, un vero “gioiellino”, che probabilmente si vide affibbiare l’antipatico diminutivo “grazie” alla presenza in città del Teatro Ristori che, con i suoi 600 posti divisi tra platea e galleria, il palco con la fossa per l’orchestra e con la sua tradizione di primo teatro cittadino, condannava il “nostro” ad essere indiscutibilmente un fratellino minore. In base a quanto testimoniato da Mario Ellero negli scritti che mi ha fatto pervenire Paolo D’Agostini, si parla per la prima volta dell’esistenza di un “Teatrino” in un manoscritto che normava il regolamento di una Filodrammatica, datato 6 ottobre 1906, a firma “Prete Vittorio Zuliani”; purtroppo dalla lettura del testo non è possibile risalire alla sua esatta ubicazione all’epoca. Esiste invece un documento autografo di Mons. Liva, datato 8 agosto 1921, che attestava la presenza del Ricreatorio e del “Teatrino”, funzionante come importante centro di aggregazione giovanile, tale da essere avversato negli anni dalla dittatura fascista che non vedeva di buon occhio un luogo di educazione e ritrovo fuori dal diretto controllo. Troviamo, sempre datato 1921, anche il Regolamento - Statuto del Circolo Filodrammatico “Riccardo Della Torre” di Cividale, che aderiva alla “Società della Gioventù Cattolica Italiana” e che dovette subire aggressioni con relativi danneggiamenti alle strutture da parte di alcuni facinorosi in camicia nera. 

A conferma dell’importanza assunta in maniera stabile del Teatrino, a partire dal primo dopoguerra, vanno ricordate le rappresentazioni delle repliche delle commedie in friulano dell’avvocato Giuseppe MARIONI, che non mancavano mai, dopo le prime al Teatro Ristori. 

Indimenticabili: “Il test di Sar Pieri Catùs”, il “Liron di Sior Bortul”, insieme a “No cjantin altri i rusignui” così come non devono passare all’oblio i nomi gli attori cividalesi di quelle commedie: sempre Mario Ellero ne raccolse 221 (!!), tra cui le “star” di quel periodo: Luigia DONATI (Gjigje muinie), Pietro (Pieri) FABRIS, Nives FRANCOVICH, Ida FIOR, Ettore FAGOTTO, Mario LUNAZZI, Carlo MUTINELLI, Alfredo ORNELLA, Nazarena RIZZI – CALDERINI, Oreste TACUS, Battista CLERICI, Antonio QUINTAVALLE. Ottavio COTTERLI, Giacomino FULVIO e Mario BROZZI. 

Si noti tra questi nomi la presenza di ben due direttori del Museo Archeologico Nazionale, Carlo Mutinelli e Mario Brozzi, a testimonianza della vitalità e dell’eccellenza della vita artistica e culturale cividalese di quel periodo. 

Ma la struttura fu capace di ospitare negli anni anche altre manifestazioni come i concertini con l’Orchestra Bernardi, le rappresentazioni di varietà, a volte anche accompagnate al pianoforte da Mons. Antonio FORABOSCHI, organista del Duomo e compositore, le conferenze rivolte ai giovani e persino proiezioni cinematografiche a passo ridotto. 

Negli anni ’60 e fino alla prima metà degli anni ’70 fu utilizzato, con minor frequenza rispetto al periodo precedente, ancora per conferenze, saggi di danza classica, concerti corali e per le rappresentazioni del gruppo teatrale del Liceo Classico Paolo Diacono. 

Un vero e proprio cuore pulsante della vita cividalese, un opificio di cultura e un centro di vitalità e creatività artistica, una vera palestra di vita per tanti concittadini: probabilmente – purtroppo – una stagione irripetibile. Fu in quel contesto e negli anni del secondo dopoguerra che Mario Ellero conobbe Mario Brozzi, con il quale curò successivamente l’ideazione, la scrittura e la rappresentazione di diversi spettacoli teatrali. Tra questi si ricorda de “Ridotta 126”, un dramma ambientato nelle roventi sabbie del deserto dove operava la Legione Straniera. 

Uno dei personaggi era Giordano D’AGOSTINI, il legionario ferito a morte che commuoveva la platea e impersonava il figlio del Capitano Duval interpretato a sua volta da Adelchi MARCUZZI; anche il coautore Mario BROZZI recitava la sua parte, quella del Sergente Du Pont, mentre Diego MEROI (il futuro “patriarca” della FIGC regionale) e Giuseppe MISSIO, interpretavano i legionari e l’altro autore, Mario ELLERO, nella parte del Maggiore Greville,, arrivava in ispezione nel terzo e ultimo atto, dopo che erano stati captati degli appelli di soccorso da parte del presidio per il legionario ferito a morte. 

Ma il sodalizio tra Mario Ellero e Mario Brozzi non si fermava al Teatro, con Brozzi che iniziava proprio in quegli anni le sue ricerche sui Longobardi a Cividale e a cui poi dedicò la vita con il raggiungimento di alti riconoscimenti per i suoi studi; i due scoprirono addirittura una tomba longobarda in fondo al vasto cortile del Ricreatorio, in prossimità dei muri di cinta, del Giardino Pubblico e della proprietà della Famiglia Guion. 

Il mio ingresso nella storia del Teatrino avviene invece nei primi anni ‘80, quando di quella formidabile stagione ricreativa e culturale non c’era più traccia, se non nei racconti del mio nonno paterno e nelle lunghe chiacchierate che feci con Mario Ellero, che non finiva mai di dolersi per la fine “ingloriosa” di quella struttura e della perdita di quei “buoni” riferimenti che avevano colpito le generazioni successive alla sua e che aveva decretato, a suo dire, la fine di quel periodo fecondo. 

Erano gli anni successivi al terremoto del 1976 e la struttura era caduta in uno stato di abbandono: da anni non veniva più fatta la manutenzione ordinaria, i servizi igienici fuori uso, il palco e la sala erano diventati una sorta di deposito degli inerti e magazzino-laboratorio per le diverse attività parrocchiali, le stanze del sottopalco abbandonate e anch’esse in stato di “avanzata decomposizione”. La vita culturale e ricreativa per i giovani cividalesi di quel periodo stava seguendo le sorti della struttura fisica, complice la tragedia del terremoto e la presenza sul territorio comunale di ben 2000 militari di leva. Ancora non potevo saperlo, ma assieme ai compagni di avventura che mi appresto a citare, fummo protagonisti delle ultime rappresentazioni teatrali in quel luogo di cui, allora, ignoravamo completamente il “glorioso” passato. 

La curia cividalese, proprietaria del complesso del Ricreatorio, del Teatrino e del Cinema Ducale (altro edificio che meriterebbe attenzione per il ruolo che svolse in quegli anni) aveva già deciso di cedere l’intera area edificabile e i suoi immobili ai privati, che acquisirono l’area e nel 1990 demolirono tutte le costruzioni per edificare una sorta di centro commerciale con annesso parcheggio. 

La “nostra stagione”, che accompagnò la fine della storia, iniziò nell’estate del 1983 quando insieme a Marco LANZUTTI, Michele GAGGIA, Livio GIACOMELLI, Emanuela GORGONE, Gerardo NOBILE, Moreno MAURI, Enzo MORASSI, Bruno ROIATTI e Manlio BOCCOLINI, decisi di reagire al “vuoto cosmico” in cui era immerso a Cividale chi, nell’adolescenza, era stato fulminato dal demone teatrale e insieme fondammo la Compagnia Teatrale Palcoscenico, associazione che riuscì a sopravvivere alla “morte” del Teatrino e a continuare la sua attività, tra alti e bassi, fino al 2018. Eravamo un gruppo di diciassettenni, compagni di scuola e di merende, pazzi scatenati, che senza il coinvolgimento di un adulto che fosse uno, all’insaputa persino dei genitori, riuscimmo ad ottenere da Don Claudio Snidero, il sacerdote a cui era affidata la gestione del Ricreatorio, le chiavi del Teatrino e l’autorizzazione ad utilizzarlo in esclusiva per la nostra attività. 

Dall’estate 1983 al giugno 1990 quella diventò per diversi di noi una sorta di seconda casa in cui passavamo più ore che nella prima e che, con i nostri risparmi iniziali e poi con gli incassi degli spettacoli, ripulimmo completamente e lo rimettemmo “in moto”, creando una struttura fissa per la scenografia e rendendo possibile riportare il pubblico in sala. 

Furono messi in scena “Chi l’ha dura la vince” tratto da “La Giara” di Luigi Pirandello, I Due Sordi di Giulio Moineaux, “L’Equivoco” di Eugéne Scribe ed il 28 aprile 1988 con l’ultima replica de “Il Sottoscala”, co-adattamento personale e di Marco Lanzutti dell’omonimo testo di Giuseppe Calenzoli, le luci si spensero per sempre sul “Teatrino” del Ricreatorio. 

Da allora, fino alla demolizione, lo utilizzammo come Teatro di Prova degli spettacoli che poi rappresentavamo al Teatro Comunale Adelaide Ristori. 

Nel periodo successivo alla fondazione della compagnia e fino all’ultima rappresentazione sulle assi di quello storico palcoscenico, recitarono anche Dario ROIATTI, Francesca LAURINO, Sandra COTTERLI, Clara FLEBUS, Carlo PASSONI, Alessandro PERABO’ ed Elisa MORANDINI. 

Chiudo qui il racconto, sicuramente parziale e dalle tante omissioni, di quell’epopea iniziata più di 100 anni fa. Anche perché la commozione mi impedisce di andare oltre, ricordandomi di aver vissuto i primi 30 anni della mia vita nella casa che fu quella dell’avvocato e commediografo Giuseppe Marioni, che mio nonno e suo fratello avevano acquistato dopo la sua morte nel 1957. 

Che fossero quei muri a custodire lo spirito del Demone della mia “Pazzia”? 



1 commento:

  1. L'ho letto tutto di un fiato. Gli anni d'oro di Piero Fabris, di mia madre Ida, Gigia Muinia... e quelli successivi (anche con Don Dino) sono la testimonianza di una Cividale ricca di belle persone, di curiosità e di cultura. La SOMSI aveva dedicato un calendario con gli attori di allora. Storie che non vanno dimenticate e che dovrebbero essere uno stimolo a ripensare nuove occasioni di contagio della cultura per rendere tutti "attori" di un futuro migliore per la nostra città. Grazie.

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