giovedì 8 agosto 2024

UN DIVERSO PRESEPE PER LE ORSOLINE

 

Anni 80' del novecento. Estate. Cividale del Friuli. Il Monastero delle Madri Orsoline conservava al suo interno l'Oratorio di santa Maria in Valle, ma non era ancora un sito facente parte della WHL - World Heritage List dell'UNESCO e, soprattutto, era ancora un "luogo santo" dove le suore vivevano secondo le regole del loro ordine monastico e provvedevano al sostentamento della congregazione e al mantenimento del sito,  con i proventi delle scuole parificate che gestivano all'interno.

Dall'asilo alle superiori (magistrali e tecnico professionale per segretarie d'azienda) si erano occupate dal 1843 al 1999 dell'istruzione "politicamente corretta", per i tempi, delle ragazze delle famiglie "bene" della zona, prima che i mutamenti socio-economici ne falcidiassero le vocazioni e le iscrizioni, costringendo la "sede centrale" in Roma a chiudere il Monastero e a venderlo all'amministrazione comunale.

Il dopo è storia recente che tutti conoscono.

Ritorniamo nella metà degli anni 80 del novecento. Estate.

Come di costume per quel periodo per gran parte dei ragazzi che studiavano ancora dopo le medie era consuetudine diffusa trovare dei "lavoretti" estivi per contribuire alle spese familiari e togliersi quegli sfizi (il motorino, qualche abito di marca, l'iscrizione alla scuola guida) inarrivabili con la modesta paghetta settimanale che ricevevano dai genitori durante i mesi invernali e l'anno scolastico.

Gli impieghi più richiesti, tutti rigorosamente molto "qualificati" e in "nero", senza alcuna misura di prevenzione e/o protezione, con orario dall'alba al tramonto, consistevano nel servizio ai tavoli o l'aiuto in cucina di qualche bar-ristorante, il factotum in qualche fabbrica del triangolo della sedia o della pietra piasentina nel torreanese, il garzone in qualche piccola impresa artigiana dell'edilizia mentre i più "fortunati" aiutavano il padre nel negozio di famiglia se questi era un commerciante.

E le ragazze? destinate quasi d'imperio "solo" ad aiutare la madre nel disbrigo delle faccende domestiche.

In questo "bel" quadretto, che ho cercato di delineare, si svolse "la vicenda dissacrante" che voglio raccontarvi.

Dunque, di nuovo anni 80' del novecento, estate.

Le madri Orsoline più per necessità che per volontà sono costrette ad intervenire sul parquet in legno di alcune aule di un'ala del Monastero, talmente mal ridotto dall'umidità da non essere più fruibile e così, obtorto collo - o meglio, a Dio piacendo - decisero di appaltare i lavori di rifacimento "in economia" e scelsero una ditta locale "specializzata", in cui appunto era stato "ingaggiato" come aiuto estivo un caro amico, di cui, per entrambi  "è pietoso tacere anche il nome",  come scrisse Umberto Eco ne "Il Nome della Rosa" a proposito dell'abbazia dov'è ambientato il suo celeberrimo romanzo.

Non solo per ragioni di privacy.

L'artigiano fu chiamato in via preliminare a fare il sopralluogo per redigere il preventivo, e già in quella sede fu piantato il "seme luciferino" della vicenda: la Madre Superiora impose come condizione sine qua non per il conferimento dell'incarico, il riutilizzo dei pezzi di parquet in legno che non erano guastati irrimediabilmente dall'umidità, allo scopo di ridurre i costi del materiale e risparmiare così sul prezzo complessivo.

Vani furono tutti i tentativi del Mastro Artigiano di dissuadere la religiosa da quella richiesta che a suo dire avrebbe solo aumentato le ore di manodopera, reso il compito tremendamente più complicato e, infine, prodotto un risultato qualitativamente inferiore, che non valeva assolutamente l'ipotetico risparmio.

Nulla da fare: lavoro commissionato a corpo, prezzo fisso e riutilizzo di tutto il parquet recuperabile; l'impresa partiva già male.

Il Mastro artigiano ed il suo garzone si adoperarono nell'esecuzione dell'opera come da contratto, e naturalmente dovettero affrontare quanto era stato anticipato e largamente previsto in relazione alla complessità del lavoro, circostanza che incise come ripetuti colpi di maglio sul punto "sensibile" del Maestro: la pazienza e la poca (o nulla) riverenza verso il Padre Eterno, ritenuto il vero "Superiore" della Madre Superiora.

Il Mastro, per niente intimorito dal trovarsi dentro le mura consacrate di quel millenario luogo santo, dalla vicinanza di un garzone minorenne e dalla continua presenza delle Madri Orsoline che a turno facevano timido capolino sul cantiere per verificare i lavori, si lasciò andare durante l'esecuzione degli stessi  ad una vera e propria tempesta quotidiana di bestemmie colorite ed imprecazioni blasfeme verso l'Altissimo, che solo un miracolo fece si che Questi non scese dai crocefissi del convento per tappargli la bocca. 

Ma il vero Coup de Maitre lo piazzò il giorno della chiusura del cantiere, durante il sopralluogo della Madre Superiora per l'approvazione del rendiconto.

La Badessa, terminato l'esame dei pavimenti "rinnovati" manifestò chiaramente l'apprezzamento per l'opera compiuta. "Ha visto? Avete fatto proprio un bel lavoro, anche riutilizzando il vecchio parquet! Siete stati proprio bravi."

E fin qui tutto bene, la Madre avrebbe dovuto metterci il punto e  resistere al moto interiore che la spinsero ad esercitare in quel frangente le sue funzioni di educatrice religiosa e che fecero invece scaturire "la perla finale"; prese da parte il Maestro e con aria di serio rimprovero si rivolse all'artigiano dicendogli testualmente. "Siete stati bravi ma lei dovrebbe cercare di contenersi... sa, a forza di tutte quelle bestemmie il Signore potrebbe anche risentirsi e mandare qualche disgrazia!" 

Udite quelle parole, il Mastro senza pensarci troppo, immediatamente, replicò in dialetto. "Che sinti Madre, la disgrasia plui granda cal Signor podares fà, sares mandà un fulmin tal presepio e che copi nome il mus" (Che mi stia a sentire Madre, la disgrazia più grande che potrebbe accadere sarebbe che il Signore scagli un fulmine sul presepio e che questo uccida solo l'Asinello."

La Madre Superiora rimase per un attimo allibita per poi, una volta compresa la "sottile" blasfemia a cui il dialetto friulano aveva conferito inoltre una potenza incredibile, farsi il segno della croce ed abbandonare l'aula senza salutare.

Non si è mai saputo se il lavoro venne pagato e se si, quali furono i termini di pagamento: diverse sono le teorie in proposito.

Considerato che in seguito  nessun fulmine si è mai abbattuto sul Monastero e avendo a mente le "politiche" di riscossione degli insoluti da parte del Mastro Artigiano ci dichiariamo, senza necessità di indagare nell'Archivio Segreto del Vaticano, per l'avvenuto pagamento integrale alla scadenza pattuita in origine.

 

 

   

   

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