giovedì 19 giugno 2025

MEXICO Y NUBES, ALL INCLUSIVE

La sabbia della Riviera Maya aveva un colore indeciso tra il latte e il sogno. Sembrava versata a mano da un dio in vena di gentilezze. L'acqua, più trasparente del curriculum di un influencer, accarezzava la spiaggia come una hostess svogliata, mentre il sole faceva del suo meglio per convincere anche le nubi più resistenti a starsene zitte.

All'interno del Yucatàn Blu Prestige Resort & Spa "dove il relax incontra l'anima", secondo il depliant pubblicitario patinato che aveva sfogliato in agenzia viaggi, il dottor Erik Nardini, 49 anni, consulente fiscale lombardo, orgoglioso possessore di due SUV e una moglie che gli parla solo tramite WhatsApp, stava sorseggiando un mojito in plastica compostabile. L'aveva chiesto "senza zucchero", per sentirsi sano.

Attorno a lui, un catalogo vivente di clichè: palme pettinate, iguane addestrate a sembrare esotiche ma non troppo, musica chill-out di flauto di pan, e gruppi di americani dalle camicie hawaiane esagerate e i portafogli ancora più esagerati.

Nella piscina a sfioro, una coppia russa si scattava selfie su uno dei gonfiabili a forma di fenicottero. Lui, torace depilato e tatuato con frasi di Bukowski mal tradotte e lei, completamente immobile, tranne che per le labbra a cuore gentilmente arricchite e modellate come altre parti del corpo. A pochi metri, una "life-coach del respiro", tedesca, di nome Luma, stava guidando un laboratorio chiamato "Riconnettiti con il tuo chakra turistico" sotto un gazebo profumato di palo santo.

«Apriamo il diaframma e ringraziamo l'universo per questa sabbia!»

«Figa! Ma io sono allergico alla sabbia» sussurrò, neanche tanto sommessamente, un milanese spaesato, prima di essere ignorato.

Erik si voltò infastidito. Era venuto là "per staccare", non per assistere a una recita "spirituale"; fu proprio in quel momento che vide di nuovo Raùl, l'addetto responsabile della sicurezza nel resort: alto, pelle color bronzo lucido, occhiali neri e un giubbotto antiproiettile che stonava comicamente con il contesto tropicale. Il badge diceva "Raùl", ma l'atteggiamento era da Clint Eastwood dei Tropici.

«¿Todo bien, señor?» (Tutto bene, signore?) chiese con voce profonda e cortese.

Erik annuì con malcelata sufficienza. «Tutto fantastico. Questo posto è un paradiso, penso che gli americani se lo siano inventato, ma voi messicani lo mantenete bene. Bravi.»

Raùl inclinò la testa, appena. «Gracias, señor. Pero, ¿sabe qué había aquí antes del resort?»
(Grazie, signore. Ma sa cosa c’era qui prima del resort?)

«La giungla, immagino. Zanzare, serpenti, roba da selvaggi.»

Raùl sorrise sottile. «Había pueblos. Había silencio. Luego llegaron los gringos y sus fondos de inversión: trajeron el progreso; ahora sonreímos y damos la bienvenida a cualquiera con una tarjeta Platinum.»
(C’erano villaggi. C’era silenzio. Poi sono arrivati i gringos e i loro fondi di investimento: hanno portato il progresso; ora sorridiamo e diamo il benvenuto a chiunque abbia una carta Platinum.)

Poi tirò fuori un vecchio Walkman. «Esto lo dejó un turista italiano en 1994. Lo reparamos, lo usamos, luego lo tiramos. Ahora es “vintage”: un coleccionista de Miami pagó 300 dólares.»
(Questo lo ha lasciato un turista italiano nel 1994. Lo abbiamo riparato, usato, poi buttato. Ora è “vintage”: un collezionista di Miami ha pagato 300 dollari.)

Erik sbatté le palpebre. «Sta scherzando.»

«Jamás en la vida. Nosotros los mexicanos somos excelentes recolectores de sueños caducados. Los limpiamos, los vendemos otra vez. Con una sonrisa. ¿Cuánto ha pagado usted por esta semana?»
(Mai nella vita. Noi messicani siamo ottimi raccoglitori di sogni scaduti. Li lucidiamo, li vendiamo di nuovo. Con un sorriso. Lei quanto ha pagato per questa settimana?)

«Tremila euro.»

Raùl alzò le sopracciglia. «¿Y por qué? Por una playa que era gratis, por un atardecer que pertenecía a todos, y por una botella de tequila que aquí cuesta menos que la leche. Pero relájese, señor. La ironía está incluida en el paquete.»
(E per cosa? Per una spiaggia che era gratis, per un tramonto che apparteneva a tutti, e per una bottiglia di tequila che qui costa meno del latte. Ma si rilassi, signore. L’ironia è inclusa nel pacchetto.)

Se ne andò lasciandolo solo con il mojito annacquato e un vago senso di ridicolo. Ma non era ancora finita.

Quella sera, durante la cena a buffet tematica: tradizioni maya rivisitate in chiave fusion. Erik decise di chiedere chiarimenti alla chef responsabile del guacamole al tartufo.

La trovò. Era Dolores, cuoca locale, occhiali grossi e un sarcasmo tagliente come un coltello da sushi.

«Dolores, ma queste sono davvero ricette tradizionali maya?»

Lei sorrise.
«Sí, si los mayas hubieran tenido nata agria y microondas. Pero ya sabe, la tradición vende. Como las máscaras aztecas que hacemos en China y los ponchos que cosemos en Turquía. El folclore es el opio del turista.»
(Sì, se i maya avessero avuto accesso alla panna acida e ai microonde. Ma sa com’è, la tradizione vende. Come le maschere azteche che facciamo in Cina e i poncho cuciti in Turchia. Il folclore è l’oppio del turista.)

Il mattino dopo, Erik fece il check-out. Al banco, Raúl era ancora là.

«¿Todo bien, señor? ¿Encontró su paz interior?»
(Tutto bene, signore? Ha trovato la sua pace interiore?)

Erik sorrise. «No. Ma ho trovato questo.» Tirò fuori dal borsone un vecchio lettore DVD portatile. «Lo lascio qui. Chissà, magari un giorno lo rivenderete al triplo a qualche idiota europeo.»

Raùl lo prese, lo guardò, e fece un sorriso enigmatico.
«Sí, señor. Lo haremos. Y probablemente será usted.»
(Sì, signore. Lo faremo. E probabilmente sarà lei.)


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