martedì 17 giugno 2025

GIF, MEME, PEC, TOGA E LIVORI ANCESTRALI

Venezia, Tribunale Penale Aula 4, metà mattina.

Il vociare sommesso dei legali si spegne mentre l’udienza viene aggiornata. Il giudice Dott. Gargiulo, uomo di sobria gentilezza e cravatte sempre storte, prende una cartellina, si alza. Ma non fa in tempo a raggiungere la porta che l’avv. Diego Pavan lo intercetta con passo calcolato.

« Mi scusi, Presidente, posso rubarle un minuto? »

Il giudice lo squadra con una certa stanchezza: ha già capito che non sarà un minuto, ma annuisce, indicando la finestra affacciata sul Rio dei Mendicanti.

« Dica pure, avvocato »

Il navigato penalista prende fiato; non come si fa prima di parlare, ma come si fa prima di una lunga immersione.

« Lei ha presente il caso Spolverin, quello delle liti condominiali diventate stalking? »

Il giudice annuisce: « Più che presente. Ho sognato la portinaia che mi citofonava di notte. »

« Ecco. Non è questo il punto. Il punto è: come possiamo, noi, oggi, trattare situazioni umanissime, fatte di istinti, paure, rivalse da cortile e gelosie primordiali usando codici concepiti per un mondo che non esiste più? »

Il giudice solleva un sopracciglio. L'avvocato Pavan prosegue, animandosi.

« Noi avvocati ci barcameniamo tra pulsioni arcaiche, reazioni limbiche, risposte di attacco-fuga degne dell’età della pietra e dobbiamo incasellarle in articoli scritti quando l’unità dell’Italia era appena fatta oppure c’era ancora il Duce? O peggio, dobbiamo applicare prassi nate con la macchina da scrivere! »

« Capisco la frustrazione »

« No, mi lasci finire. Nel frattempo, là fuori, la gente vive in una bolla digitale: comunicano con meme, si lasciano via chat, registrano gli sfoghi in video e poi li cancellano prima che la polizia li acquisisca. E noi? A litigare su chi deve notificare per primo, se in cartaceo o via PEC. »

Il giudice sospira ma non è un sospiro di fastidio: è il sospiro di chi ha vissuto la stessa sensazione, solo che non l’ha ancora detta ad alta voce.

Pavan affonda: « Noi interpretiamo emozioni del Paleolitico con regole ottocentesche, in un contesto tecnologico che evolve più in fretta delle cellule del nostro corpo. Ogni sei mesi cambia tutto, app e piattaforme comprese. Ma la legge? Resta là. Immobile. In toga.»

Un motoscafo della polizia passa nel canale e fa vibrare i vetri.

Il giudice si sporge appena verso l’acqua, poi torna serio. « E quindi, cosa propone, avvocato Pavan? Di riscrivere l’intero ordinamento? »

Il legale sorride, è un sorriso stanco, ma sincero.

« No. Ma almeno riconoscere che non possiamo far finta di nulla. Che la complessità dell’umano oggi va decifrata con strumenti nuovi. Perché se non lo facciamo noi, lo faranno gli algoritmi. E allora la giustizia non sarà più cieca: sarà automatica. »

Il giudice resta in silenzio per qualche secondo. Poi annuisce, lentamente.

« La sua è stata l’arringa più sensata che ho sentito oggi. Peccato che non fosse in aula... Venga avvocato le offro un caffè, se si accontenta delle cialde della macchinetta che ha sostituito il vecchio bar di una volta. Si figuri la pena per un vecchio napoletano come me, costretto a bere quella ciofeca, guardando un cassone di metallo invece che una bella cameriera. »

Facendosi a vicenda l’occhiolino con un mezzo sorriso, i due uomini di legge si stringono la mano e si avviano verso la macchinetta del caffè.


Nessun commento:

Posta un commento

Post in evidenza

NOTTI MAGICHE ANTE LITTERAM

25 giugno 1983 – Arrivo al campo mezz’ora prima del fischio d’inizio, di corsa dopo essere riuscito a fuggire da una riunione familiare ...