Milano, autunno, sabato sera.
Nel grande appartamento di Brera le luci calde dei faretti si riflettono sul parquet lucido. Il profumo di un fondotinta costoso si mescola a quello di un Barolo appena stappato mentre dalla finestra socchiusa arriva il suono distante del traffico e una scia di musica elettronica da un locale lì sotto.
— Hai deciso cosa metterti? — chiede lui, guardando l’orologio con una punta di malcelata impazienza. — È già tardi, Cla. Lo sai che l'Enrico e la Silvia non sopportano i ritardi.
— Sono quasi pronta. (Sarò pronta quando sarò pronta. Forse tra dieci minuti, forse tra un’ora. Tu intanto non rompere le palle e trovati un’altra occupazione, possibilmente lontano da me. E vaffanculo anche l'Enrico e la Silvia.)
— Fai quello che vuoi. (E' un test, idiota. Dovresti conoscermi abbastanza bene per sapere qual è la bottiglia giusta. Che cazzo chiedi? Sei scemo?)
Lui la fissa come si guarda una bomba a orologeria. — Questo “fai quello che vuoi” mi mette i brividi più del fisco.
— Ma smettila — risponde lei, sorridendo senza guardarlo. (Appunto: è un test. E stai per fallirlo, amore mio.)
Giulio posa il bicchiere e alza le mani. — Ti prego, cerchiamo di non litigare prima di uscire.
— Va bene. (Non va bene. Significa solo che la discussione è terminata. Al momento.)
— Ti rendi conto che a ogni cena ci arriviamo sempre in ritardo per colpa tua?
— Mia? Io sono pronto da venti minuti!
— Sì, ma mentalmente sei ancora in tribunale.
Giulio si avvicina, con un tono che vuole essere dolce. — Magari dopo la cena andiamo a bere qualcosa solo io e te.
— Vedremo. (No, e se si, non'interessa.)
— “Vedremo” cosa? — insiste lui. — Vedremo se sopravvivo alla cena o vedremo se mi concedi il tuo drink dopo? — l'avvocato gioca la carta della seduzione con un doppio senso neppure molto doppio.
— Vedremo, Giulio. (No, e smettila di interpretare tutto, che mi rovini anche la pausa drammatica. Eppoi: ma come sei scontato. "Il tuo drink!" ma con chi credi di avere a che fare? con una escort pescata in rete?)
Lui scuote la testa. — Ti rendi conto che ogni tua risposta è un campo minato semantico?
— E tu ti rendi conto che tu analizzi tutto? È per questo che sei bravo nel lavoro e pessimo nella vita.
— Ah, perfetto. Quindi quel tipo di ieri sera all’aperitivo era più bravo nella vita?
— Quel tipo è un gran figo. (Penso che tu mi stia dando troppo per scontata, e forse ti stai lasciando andare un po’ troppo. Uomo avvisato.)
Giulio sbatte la lingua contro il palato. — Fantastico. Quindi vuoi farmi ingelosire.
— No, voglio solo che ti rimetta a correre. Hai una pancia da commercialista.
Il phon tace, la tensione resta. Lei si trucca, lui la osserva nello specchio.
— Ti stai vedendo con qualcuno? — chiede lui, quasi per scherzo ma non del tutto.
— Davvero pensi che avrei tempo per un amante? (Sei senza rimedio, che cazzo di domandi fai? E tu pensi che se io veramente avessi un amante tu potresti accorgertene??)
— Hai detto la stessa cosa del pilates — ribatte lui, ma la voce è stanca.
Lei posa il rossetto con gesto lento. — Senti Giulio, dobbiamo parlare. (Io devo parlare, tu devi ascoltare.)
Giulio si irrigidisce. — Oddio. Dimmi almeno se prima o dopo la cena.
— Di questo ne parliamo più tardi. (Mi hai fatto così incazzare che non riesco neanche a pensare. Ho bisogno di un po’ di tempo per tenerti il muso e capire come cazzo faccio a stare ancora con te.)
Lui alza gli occhi al soffitto, come in preghiera. — Vuoi che cancelli la cena? Restiamo a casa, ordiniamo sushi.
— Non preoccuparti. (Inizia a preoccuparti.)
— Sei splendida, comunque — dice, sincero, mentre lei indossa un orecchino.
— Credi che lei sia carina?
Giulio si gira, sorpreso ma colpevole. — Lei Chi?
— Non fare l'idiota con me, sai bene di chi sto parlando. (E' proprio un ingenuo, non capisce che lo sto provocando, se sospettassi qualcosa per davvero sarebbe già in croce.)
Non ti starai mica riferendo a Francesca, la mia nuova Segretaria?
Un silenzio di tomba scende nel grande appartamento di Brera.
(Eccolo qui, il pesce che cade nella rete... adesso lo mangio vivo!)
Ma no! Cosa dici... Tu sei… carina.
Lei lo guarda di traverso. — Solo carina?
( Rispondi di si e te la scordi fino a Natale)
— No, no. Sei bellissima. Da infarto.
— Ti perdono. (Ho deciso che, per adesso, posso vivere nonostante quello che hai combinato, ma sappi che stasera non vorrò in alcun modo veder ciondolare il tuo pisello dalle mie parti e ti rinfaccerò per tutti i giorni della tua vita di aver sicuramente guardato quella Francesca con aria da marpione.)
— Allora possiamo uscire? — chiede lui, già con la giacca in mano.
— Sono stanca.
— Stanca? Ma non siamo ancora usciti!
— Appunto.
Lei prende la borsetta, si guarda per un ultimo istante allo specchio prima di voltarsi verso Giulio con un sorriso impeccabile, mentre lui la guarda tra il basito e il rassegnato.
— Allora Giulio, andiamo si o no? (Non va bene. Ma almeno stasera ci sarà del vino decente.)
E così, mano nella mano, escono nel corridoio illuminato del palazzo, come due attori che conoscono a memoria la parte, ma non credono più davvero nella trama.
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