martedì 4 novembre 2025

QUATTRO NOVEMBRE


Durante i primi anni della scuola elementare la festa che più attendevo, dopo il Natale, era il 4 novembre e non perchè fosse una giornata speciale in famiglia, essendo l'onomastico di mio fratello.

Il 4 novembre, fino al 1977, era infatti la festività "dell'Unità nazionale", poi la Legge n. 54 del 5 marzo 1977 la "spostò" alla prima domenica di novembre, mentre la Legge n. 27 del 1 marzo 2024 l'ha ridenominata "Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate", senza peraltro ripristinarla come festività.

Perché il 4 novembre? I "vintage" della mia generazione e qulcuno meno "old style" si ricorderà che il 4 novembre 1918 fu il giorno di entrata in vigore dell'armistizio di Villa Giusti, accordo che il 3 novembre stabiliva la fine delle ostilità tra il Regno d'Italia ed il dissolvendo Impero d'Austria-Ungheria e sanciva la vittoria italiana che al prezzo di circa 1.250.000 morti, equamente divisi tra civili e militari, completava con il successivo trattato di pace di Saint-Germain l'unificazione nazionale.

Questo almeno quello che la Maestra ci raccontava a scuola con orgoglio patriottico, mentre con il tempo i più curiosi hanno scoperto che la storia della nostra nazione ed in particolare della nostra regione, era assai più complessa e parlare di vinti e vincitori, di buoni e di cattivi poteva (e può) essere molto fuorviante e poco aderente alla realtà.

Un terreno da percorrere a piedi nudi con passi lievi, con l'attenzione di chi si trova ad attraversare un pavimento cosparso di vetri rotti, e non una piazza d'armi asfaltata su cui esibirsi a passo di marcia con scarponi chiodati.  

Per noi fanciulli, di diritto ingenui ed ignari e che solamente il primo ottobre avevamo ripreso le lezioni, era già tempo di fare una tonificante sosta ai box, con 4 giorni di vacanza dal 01 al 04 novembre, celebrando i defunti civili, militari e la Patria vittoriosa. E nelle annate fortunate, gettando i giusti ponti, potevano diventare una settimana.

Per i maschietti, poi, che dividevano il loro tempo libero tra il campetto da calcio, il gioco "della guerra",  infinite battaglie con i soldatini Airfix o Atlantic ed il cimento con la costruzione di carri armati o aeroplani della seconda guerra mondiale, l'apertura delle caserme ai civili del 4 novembre era un appuntamento imperdibile.

Un giorno straordinario: salire su carri armati veri e non quelli immaginari che costruivamo in cortile con pochi mezzi e tanta fantasia, imbracciare fucili veri e non quelli di legno o plastica delle nostre "battaglie" da giardino,  indossare elmetti e baschi, fraternizzando con i militari e assistendo alle loro evoluzioni in armi mentre la fanfara suonava nell'ordine delle autentiche "hit": "L'Inno di Mameli" e "La Canzone del Piave" che le Maestra una volta alla settimana ci faceva cantare tutti insieme a scuola. 

È più di qualcuno di noi che si accalcava al portone della caserma in attesa che l’ufficiale di picchetto dasse il via libera all’ingresso dei visitatori, non vedeva l’ora di vestire un giorno la divisa di qualche arma dell’esercito. 

E anche su questo punto, il passare degl’anni s’icaricò di modificare radicalmente la visione di molti tra quei fanciulli e di svelarci che c’erano altri che non si accalcavano a quei cancelli perché in casa i genitori non gradivano quella festività e la consideravano un lascito sgradito del periodo più buio della nostra storia. 

E oggi? Cosa resta del quattro novembre?  
Personalmente tanta tenerezza per il sentire del bambino che fui.

  

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