lunedì 1 dicembre 2025

LA CAMBIALE AL FORMAGGIO

L’aula ora era immersa in una luce lattiginosa, come se qualcuno avesse passato un panno di nebbia sopra il sole. Il professor Alberti si sistemò la giacca con la lentezza rituale di un sacerdote stanco, poi puntò gli occhi su Roversi, che invece sembrava galleggiare a mezz’aria tra veglia e dormiveglia, come un animale notturno sorpreso di trovarsi di giorno.

Il professor Alberti decise che era il momento di affrontare l'interrogazione di Roversi, anche se avrebbe preferito sottoporsi ad una pulizia dentale. Si armò della pazienza di Padre Pio e indirizzò la domanda al ragazzo seduto all'ultimo banco con la posa di un turista sulla spiaggia delle Maldive: "Roversi, se non ti pagano una cambiale alla scadenza qual è la procedura che pui attivare a garanzia del credito?"

La domanda scivolò tra i banchi con l’aria di un vecchio fantasma che conosce tutti ma che nessuno vuole incontrare.
Roversi sbatté le ciglia piano, come se stesse tornando sulla Terra da un pianeta dove la scuola e tutti gli annessi e connessi fossero stati eliminati dall'avvento di una civiltà extraterrestre e diede la sua risposta. "C'è un protesto... ci sono le azioni cambiarie."  Tra le due frasi, una pausa lunga come l'attesa di un treno locale in una sperduta stazione dell'Agro Pontino.

Alberti inclinò la testa, osservandolo come si guarda un raro insetto che tenta invano di capire un labirinto e per rompere quel silenzio carico di intimo dolore. "No, no apetta.. il protesto andrebbe anche bene, ma cerca di spiegarmi bene la procedura..."

Roversi si morse il labbro, infastidito, come per spremere fuori un pensiero che non voleva nascere. "C'è un protesto - nuova pausa, stavolta più breve, ma sempre lunga come la coda all'ufficio postale il giorno del ritiro delle pensioni, e poi...    azioni cambiarie...."

Il professore sospirò con un suono che sembrò far oscillare le lampade al neon."Mi stai ripetendo la risposta di prima, pensaci bene..."

Roversi si strinse nelle spalle, controvoglia, sempre più infastidito, come chi sente freddo non fuori ma dentro. "C'è un protesto... nuova pausa più ricca di suspence per tutta la classe dell'ingresso del mostro di Alien all'interno dell'astronave Nostromo, rotta infine da un infastidito ... e poi non so.."

Le dita di Alberti tamburellarono un ritmo nervoso sul registro, poi chiuse gli occhi un istante, e quando li riaprì sembrava più vecchio di un anno intero; infine si scosse da quella sorta di sconsolato torpore in cui stava per cadere e appoggiò il registro alla cattedra con un tonfo che sembrava un colpo di pistola dato in aria ai matrimoni balcanici: aveva deciso la fuga su un altro argomento, come un generale sconfitto che cambia fronte. "Mi sai dire nella teoria economica del consumatore cosa sono i beni complementari e come si comportano nell'analisi della domanda e dell'offerta?"

Roversi ebbe un lampo negli occhi. Non d’intelligenza: di fame, e con un sorrisetto sinistro rispose al fuoco della domanda: "Carne, formaggio... quella roba lì?"

Un gemito collettivo risuonò tra i compiti accartocciati.
Il secchione della prima fila svenne interiormente.

Alberti chiuse gli occhi un istante, come se stesse tentando di ricordare perché avesse mai scelto di insegnare.
Poi, con un filo di voce che sapeva di resa: "Ok, basta per oggi! Se riesco ti interrogo di nuovo la prossima settimana."

Roversi, sempre più infastidito, rispose con la lentezza di chi sta valutando se valga la pena di obbedire all’umanità. "Ma m'interroga si o no?"

Alberti si voltò verso la finestra. Un raggio di sole si era intrappolato nella polvere, come un pensiero troppo stanco per uscire. “Vediamo, tu intanto studia"

Roversi quasi rise, ma era una risata piccola, che tradiva un fastidio che stava per sfociare in un approccio sempre più aggressivo. “Come tu intanto studia, m'interrogherà si o no?"

Questa volta Alberti si girò di scatto, con una dignità ruvida, fragile. “Ma che modi sono, tu per chi studi? per me o per te?"

Roversi lo fissò con occhi molto più adulti di quanto dovessero essere, e in quel momento parve che i ruoli si invertissero, per un istante solo e senza tentennamenti emise la sentenza: "Ma per Lei, a me che cazzo mi frega"

Le parole caddero come un oggetto di metallo. Un tonfo.
E Alberti capì, non senza dolore, che in quella frase c’era tutta una biografia.

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