L'edificio che un tempo ospitava la filanda odorava ancor oggi di vecchio, olio e cartone. Soffitti altissimi, travi arrugginite, infissi che gemevano come vecchi sospiri, termosifoni che sputavano un calore incostante e rabbioso. Ancor oggi, che dopo lunghe battaglie della comunità del piccolo comune era diventato la sede di un Ginnasio, sezione staccata del prestigioso Liceo-Ginnasio “Marco Porcio Catone” del capoluogo di provincia. Banchi storti, sedie traballanti, cattedre zoppe, materiale didattico inesistente. Professori recuperati qua e là, come frutti caduti da alberi stranieri.
Ultimo giorno di scuola di quel primo anno scolastico nella sede staccata del "Marco Porcio Catone", che sarebbe stato sicuramente contento di cotanta frugalità in quel baluardo d'istruzione classica..
Vincenzo Fissore entrò nell'aula dove era sistemata alla bell'e meglio (o peggio?) la sezione a della IV Ginnasio. Massiccio, irsuto, testa piccola, gote ampie come palloni da basket, tempie minute, sopracciglia concentriche, occhi piccoli e scattanti come moscerini impazziti. Sembrava la copia umana esatta della maschera greca della commedia che i suoi svogliati studenti trovavano a ripetizione nel temutissimo libro di greco; chissà, forse per quella caratteristica somatica il Provveditorato l'aveva recuperato per insegnare Scienze Naturali al "Classico" in quella parte della Magna Grecia che oggi chiamiamo Daunia. Si esprimeva in un italiano tutto suo, burbero ma dal cuore d’oro, e quel giorno aveva in mano la lista dei recuperi come una clava sacra.
Si sedette sulla cattedra e con fare solenne, come un generale spartano che deve scegliere i guerrieri da inviare contro il nemico per una missione suicida, iniziò a chiamare i disperati che dovevano evitare l'insufficienza nella sua materia.
"Alice Birgenz" fu il primo nome che riempì quel silenzio carico di tensione, rompendo la dolorosa attesa dei condannati..
«Prof… posso fare un test scritto? Ho difficoltà emotive…»
Così con voce tremante la minuta e timida Birgenz, giunta qualche anno prima dalla vicina Svizzera e che i genitori avevano sconsideratamente iscritto al Ginnasio nonostante il chiaro deficit linguistico, tentò di muovere il "ciclope" Fissore a compassione.
Fissore annuì, lento come un orso in letargo: «Bene. Prendesse il banco e andasse in fondo, qui le domande scritte.» Alice tremava, spostò il banco, si sistemò, iniziò a scrivere come una minuscola formica impaurita.
Poi venne il turno di Renzo Polacco, studente che cercava nell'ultimo mese di recuperare degli "Ozi di Capua" che si erano trascinati troppo a lungo, il quale con più coraggio chiese: «Anch’io, prof… test scritto?»
Fissore, di malavoglia e sbuffando, ma che non poteva negare un diritto appena concesso: «E vada, Polacco. Prendesse il banco, andasse lontano da Birgenz, dietro l’attaccapanno.» Polacco si mosse, già armeggiando con foglietti nascosti, gli occhi sgranati come se stesse sfidando il destino.
Seguì Albino Tauri, il più svogliato di tutti, che alle gesta e ai miti degli Eroi omerici preferiva quelli delle "sacre scritture" in rosa della Gazzetta dello Sport, abile solo nel fornire ogni volta giustificazioni fantasiose ed improbabili per motivare l'impreparazione o la richiesta di rinviare le interrogazioni.
«Tauro…» Tuonò Fissore, che tra le tante cose, rendeva al singolare i cognomi plurali.
«Prof… posso rimandare? Non ho più gli appunti e i compagni non me li hanno dati…»
Fissore lo fissò sgranando le pupille e sbuffando come un mantice, poi sollevò la mano grossa indicando con le quattro dita possenti l'esito inequivocabile dell'inopinata richiesta: «Tauro, resti pura al posto. Ci vedremo a Canossa.» Tauro non si scompose più di tanto, con l'attegiamento dell'ergostolano a cui comunicano un'altra condanna a sei mesi di arresti domiciliari.
Arrivò il turno di Violetta Pin che, con sfoggio di non comune dignità e preparata al suo destino, uscì dal banco senza discutere, scivolò alla cattedra non appena il professore aveva lanciato nell'aria il suo nome. Fissore inspirò, occhi piccoli e mobilissimi parve calmarsi: tensione calata di qualche grado.
Ultimo, Tito Brunelli, il furbo fancazzista, il prototipo dello studente in possesso di capacità tali che con un impegno al di sotto del minimo sindacale potrebbe eccellere in tutte le materie.
«Brunello Tito!» intimò Fissore con voce possente.
«Anch’io faccio il test scritto!» replicò a stretto giro Brunelli, spostando il banco verso il fondo con la sicurezza e la fretta di un montatore di cucine IKEA che entra in casa del cliente per finire il prima possibile l'opera da contratto.
In classe più di qualcuno emise qualche risolino, altri guardavano fissore preoccupati come abitanti di Pozzuoli che vedono uscire all'improvviso una colonna di fumo nero dal Vesuvio.
Fissore scoppiò come un vulcano:
«Test scritti non se ne fanno più!!! Birgenz, Polacco, Brunello alla cattedra!»
Polacco tentò di opporsi: «Ma prof… difficoltà emotive…»
Fissore, rosso come peperone bollito, urlò: «Ho detto che compiti scritti non si fanno più! Polacco fuoorriiiii!»
I tre malcapitati si avvicinarono. Tutti guardavano Brunelli come si sarebbe potuto guardare Einrich Himmler dopo la cattura. Fissore li interrogò. Regnò mutismo e tanta rassegnazione. Insufficienti. Tutti.
La settimana dopo vennero appesi sulla porta scalcinata del "Liceo-Ginnasio" Marvco Porcio Catone - sede staccata gli esiti degli Scrutini.
Violetta Pin: bocciata
Alice Birgenz: bocciata
Albino Tauri: bocciato
Renzo Polacco: rimandato a settembre in Latino, Greco, Matematica e Scienze Naturali,
Tito Brunelli: rimandato a settembre in Greco e Scienze Naturali.
La Filanda-Ginnasio rimase poi silenziosa con i suoi banchi storti, le sedie traballanti come alberi scheletrici fino ai settembrini esami di riparazione Il Sole tormentava gli infissi sofferenti e un colpo di vento si portò via i foglietti malandrini che dovevano aiutare Polacco nel test scritto e che il ragazzo gettò all'aria per rabbia dopo il suono della campanella che seguitava quell'infausto ultimo giorno di scuola.
Fissore, occhi piccoli ma acuti, gote grandi, tempie minute, sopracciglia concentriche, cuore d’oro, si voltò e vide il mondo ridicolo e sgangherato davanti a sé: studenti insufficienti, banchi che cadevano, termosifoni che sputavano fuoco e fumo durante l'inverno, sospirò e disse tra sé:
«Ecco… il Ginnasio. Il Catone. La vita.»
P.s.: Polacco non si presentò agli esami di riparazione, abbandonò la scuola e trovò lavoro come commesso in paese, conquistando nel tempo il diritto alla meritata pensione. Brunelli si presentò a settembre, superò gli esami e conseguì nei termini quattro anni dopo, con il minimo dei voti previsti per legge, la maturità classica e facendo perdere le sue tracce.
Le leggende metropolitane narrano di milioni di dollari poi accumulati in Sudamerica.

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