venerdì 28 aprile 2017

ELOGIO DEI LUPI

Deve mangiar viole l’avvoltoio?
Dallo sciacallo, che cosa pretendete?
Che muti pelo? E dal lupo?
Deve da sé cavarsi i denti?

Chi cuce al generale
la striscia di sangue sui pantaloni?
Chi trancia il cappone all’usuraio?
Chi fieramente si appende la croce di latta
sull’ombelico brontolante?
Chi intasca la mancia, la moneta d’argento,
l’obolo del silenzio?
Son molti i derubati, pochi i ladri;
chi li applaude allora, chi li decora e distingue,
chi è avido di menzogna?

Nello specchio guardatevi:
nessun inganno è abbastanza cretino,
nessuna consolazione abbastanza a buon prezzo,
ogni ricatto troppo blando per voi.

Pecore, a voi sorelle son le cornacchie,
se a voi le confronto.
Voi vi accecate a vicenda.
Regna invece tra i lupi fraternità.
Vanno essi in branchi.

Siano lodati i banditi.
Alla violenza voi li invitate,
vi buttate sopra il pigro letto dell’ubbidienza.
Tra i guaiti ancora mentite.
Sbranati volete essere.
Voi non lo mutate il mondo.

 (da: DIFESA DEI  LUPI CONTRO LE PECORE)
Hans Magnus Enzensberger

Considero personalmente  questi versi dello scrittore e poeta tedesco Hans Magnus Enzensberger, oltre che tra i più belli in senso estetico che abbia letto, un vero e proprio patrimonio dell’Umanità, un manifesto che dovrebbe essere affisso in ogni aula di ogni scuola di ogni ordine e grado.
In modo particolare in Italia.
Così quando ho appreso dalla stampa locale che l’autore sarebbe stato ospitato a Pordenone per l’edizione 2009 del festival della cultura “Dedica”, ho sentito di congratularmi intimamente con gli organizzatori per la scelta assai felice e nel contempo il dispiacere per essere impossibilitato a recarmi “di là de l’aghe” per ascoltare di persona i pensieri del poeta tedesco.
Fortunatamente il Messaggero Veneto ha dato grande risalto alla circostanza pubblicando ampi passaggi del suo intervento; in modo particolare domenica 14 marzo 2009 addirittura in prima pagina, sotto il titolo, foto di Enzensberger e occhiello: “L’atto di accusa di Enzensberger: che pena l’Italia con questo governo”.
Ho provato un certo stupore nel leggere.
“Ma com’è possibile che l’autore di quei meravigliosi versi, che mi hanno subito colpito per tensione civile, per quell’imperiosa esortazione alla responsabilità individuale, per quell’atto di accusa senza tentennamenti verso il disimpegno vile ed egoistico, possa aver esordito con il più classico, marcatamente italico e qualunquistico “Piove governo ladro?”.
Mi sono buttato a capofitto nella lettura di tutto l’intervento contenuto nella pagina della cultura per trovare una spiegazione più in linea con le mie aspettative ed invece, la delusione è aumentata, in considerazione della tesi sostenuta: ovvero che la cattiva fama attuale nell’Italia nel mondo è dovuta dall’inadeguatezza del corrente governo e che la speranza e la forza del nostro paese è la civiltà ed il fermento culturale e di idee che animano la provincia italiana, come ad esempio Pordenone.”
Leggere quel passo è stato uno shock, avendo a mente che l’autore è lo stesso che ha scritto i versi con i quali ho inteso aprire il mio contributo alla rivista di questo quadrimestre.
Non posso credere che Enzensberger ignori che la “fama” della politica italiana all’estero non abbia mai goduto di buona “fama”, non solo con questo governo ma neanche con quello precedente e quello precedente ancora e così a ritroso probabilmente fino al 1861, anno in cui venne proclamato il Regno d’Italia e che a questa  impressione si possa salvare, con buona pace dell’attuale Presidente del Consiglio, solo il ministero De Gasperi che si trovò impegnato nella ricostruzione del paese dopo le sciagure del secondo conflitto mondiale e ad avere il durissimo compito di negoziare il Trattato di pace con le potenze vincitrici.
Il che, ahimè, è ancora più tragico, visto che Alcide De Gasperi mosse i primi passi della sua carriera politica nel Parlamento di Vienna, quale rappresentate del Trentino allora incluso nell’Impero d’Austria-Ungheria.
Una seconda considerazione mi è sorta spontanea: chissà se Hans Magnus Enzensberger è al corrente che le fortune elettorali dell’attuale Governo nascono proprio in quella “provincia” italiana da lui definita così ricca di fermento culturale e di idee ed indicata come la salvezza del nostro paese e di cui il pordenonese, citato come modello, certo non è eccezione quanto a comportamento elettorale per le elezioni di Parlamento nazionale e Consiglio regionale.
Spero di no, perché altrimenti stenterei davvero a credere che l’autore dei versi e l’ospite del festival pordenonese siano la stessa persona, e l’ipotesi che quelle parole siano state pronunciate solo perché probabilmente gradite a platea ad organizzatori non la voglio neppure prendere in esame, proprio in ragione dell’ammirazione che ho per la statura ed i contenuti di tutta l’opera del poeta tedesco, sicuramente tra i massimi esponenti del mondo intellettuale europeo contemporaneo.
Ho fatto queste considerazioni con una persona che si è occupata attivamente di politica durante il politico noto a tutti come “Prima Repubblica”, il quale ha concluso il suo pensiero più o meno così: “ La verità è che in Italia si stava meglio quando si stava peggio: aver azzerato i vecchi partiti politici con la pretesa di moralizzare la vita pubblica è stato devastante: ora chiunque può improvvisarsi amministratore pubblico, non esistono regole comportamentali condivise, chiunque con un po’ di denaro da spendere si crea il suo seguito ed i partiti sono stati sostituiti da comitati elettorali che, una volta concluse le elezioni e distribuiti i compensi promessi, si sciolgono e  non hanno più contatto con la società civile.”
Mi sono sentito di dissentire quasi completamente: nella cosiddetta prima Repubblica sicuramente la formazione della classe dirigente era una necessità sicuramente avvertita e veniva svolta in maniera professionale anche in ragione dell’organizzazione e della struttura che avevano assunto i partiti politici, ma nonostante ciò, questi politici formati nelle scuole di partito non sono stati in grado di evitare ed anzi hanno avvallato un modello di sviluppo economico sociale basato sulle clientele e sull’esplosione del debito pubblico ogni oltre misura ragionevole, circostanze che hanno intossicato in maniera profonda la vita del nostro paese.
Per non parlare poi dell’uso che il sistema partitico della prima Repubblica aveva fatto delle regole costituzionali, allora si veramente disattese e svuotate di ogni significato materiale, visto che tutte le decisioni avvenivano nelle sedi delle segreterie di partito e non certo nelle sedi degli organi istituzionali, che svolgevano praticamente solo funzioni di ratifica quasi notarile.
Come sempre diffido di chi pensa che la risoluzione dei problemi del presente possa avvenire riproponendo gli schemi che hanno già fallito nel passato: lo “si stava meglio quando si stava peggio” è quasi sempre figlio in realtà del pensiero “si stava meglio tanto tempo fa perché eravamo più giovani”; infatti in aderenza a questo stesso schema mentale si sente dire ancor oggi persino che “Era meglio ai tempi del Duce” oppure “Quando c’era Tito le cose funzionavano meglio”.
Su di un punto però mi sento di dover concordare con i nostalgici della “Prima Repubblica”: considerare che la causa di tutto erano i “partiti politici” in quanto tali e che una volta eliminati quelli, la società civile avrebbe potuto prendere in mano le redini della politica e quindi garantire maggiore democraticità e trasparenza è stata una grande ingenuità.
Sono scomparsi i luoghi in cui permanentemente le persone potevano portare le loro istanze e contribuire al formarsi di idee e programmi politici da sottoporre poi al corpo elettorale ed è venuta a mancare qualsiasi forma di formazione politica della classe dirigente, per cui oggi chiunque, se in grado di staccare sostanziosi assegni, può passare dal consiglio comunale all’aula del parlamento.
Cancellare la funzione di cinghia di trasmissione tra la società e le istituzioni dei partiti politici è stato buttare il bambino assieme all’acqua sporca.
Il nostro passato prossimo ed il presente lo dimostrano ampiamente: dal 1994 ad oggi ad ogni tornata elettorale si sono presentati continuamente nuovi emblemi e nuovi raggruppamenti, quasi tutti contraddistinti dai nomi del leader di riferimento e quelli si invece quasi sempre immutabili.
Nessuno o pochi si domandano, dietro ai nomi di persona quale sia il programma politico, quello si considerato un inutile orpello di un passato morto ingloriosamente e sepolto; non ci si chiede più “cosa” voglia fare quel tal comitato elettorale, ma “chi” ne fa parte e “chi” lo capeggia.
I più curiosi magari osano chiedere “chi” c’è “dietro” quel nome.
La “rivoluzione” del 1992 sorta dalle indagini giudiziarie da parte di una magistratura che fino ad allora era rimasta silente ha puntato l’accusa sulla “politica” tout court, attività intesa come la madre di tutti i guai del nostro paese.
Personalmente ritengo invece che il grande problema del nostro Paese sia l’assenza della Politica: dal consiglio comunale sino all’aula del Parlamento.
Forse anche per questo, le città in cui viviamo sembrano assomigliare al mondo, neanche tanto immaginario descritto qui sotto e che, ahimè, trova la sua ragion di esistere nei versi scritti Hans Magnus Enzensberger e citati all’inizio:

Lei esce di casa al mattino, va al supermercato per comperare il prosciutto e vede la moglie del poliziotto che ha il compito di verificare la bilancia uscire con le borse della spesa ricolme: la donna ha fatto la spesa gratis mentre lei ha pagato la carta allo stesso prezzo del prosciutto.
Ritorna a casa e si accorge che un tubo perde e chiama l’idraulico: questo arriva, ripara e le chiede il conto: “Con fattura 100 euro, senza fattura 80 euro”; naturalmente lei paga 80 euroi e ringrazia per lo sconto, perché tanto a due isolati da casa sua nello stesso istante, all’Ufficio delle Imposte, un distinto signore ed un funzionario si salutano con una stretta di mano: una busta fatta scivolare tra le carte della scrivania ha appena annullato una presunta evasione.
Una volta salutato l’idraulico, si ricorda che deve andare in banca e passare dal benzinaio perché l’auto è a secco: il benzinaio avrà sicuramente modificato l’erogatore per lucrare sulle impercettibili differenze di litro per euro ma che però a fine di ogni giornata diventano belle sommette, mentre in banca le proporranno di investire i suoi miseri risparmi in titoli che presto diventeranno carta straccia.
Poi immagino che abbia avuto noie con la giustizia a causa del suo passato, ma anche qui niente paura, l’avvocato che ha mercanteggiato con il Giudice una pena simbolica lo avrà ben pagato con un lauto compenso.
Dietro casa sua è stata costruita finalmente la nuova stazione dei treni: i lavori sono potuti iniziare grazie al versamento da parte del titolare dell’impresa di contributi ai membri della giunta municipale, i quali sono poi stati divisi con precisione matematica in base al peso politico.
Ieri era sabato? Giusto? Sicuramente allora sarà andato allo stadio a vedere la partita di calcio, so che lei ne è un grande appassionato… e purtroppo avrà visto perdere la sua piccola squadra contro la prima in classifica per un rigore dubbio fischiato dall’arbitro, omaggiato qualche giorno prima con un bell’orologio di marca dai dirigenti della grande squadra.
E che dire,  infine, di quel dannato incrocio vicino casa, dove ogni sera tardi distinti signori contrattano le grazie di ragazzine importate da paesi ancora più poveri con l’inganno e ridotte in schiavitù a forza di violenza e minacce?
Che c’è? Non si sente bene? Non si preoccupi… per quanto ne so lei si è riciclato ancora come dipendente pubblico impiegato nella gestione dell’archivio comunale…  quindi può sempre farsi fare dal suo medico un certificato di malattia e passare la giornata di domani a meditare; sempre sperando di non ammalarsi per davvero e finire in un ospedale dove i farmaci vengono acquistati da industrie che offrono convegni ai medici e loro familiari in località esotiche e, in ogni caso non legga troppo attentamente i giornali: sono pieni di articoli scritti da colleghi invogliati!!
(Gherardo Colombo – Sulle Regole)


E con tutto questo, qualsiasi Governo c’entra poco.

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