martedì 2 maggio 2017

RITORNO AL FUTURO

Cividale del Friuli - Budapest , giugno 2007

Questa intervista è stata particolarmente faticosa: la “vittima”sfuggiva come un’anguilla al mio taccuino, tanto è vero che alla fine, seppur con molta riluttanza, ho dovuto cedere ai suoi metodi, accettando, obtorto collo, di utilizzare la rete internet quale mezzo per le mie domande. 
Rincorrere Molnar Rakosi  è stato molto più complicato persino dei diversi “fantasmi” a cui ho cercato di dare consistenza fino ad oggi: continuare a fissare ed immediatamente annullare e rifissare, per poi annullare e rifissare nuovamente ed ogni volta in luoghi diversi l’appuntamento per l’intervista si stava trasformando nella  frustrante attesa di un naviglio senza sbarco. Preciso subito che Molnar non è una rockstar o un attore giramondo, ma molto più “semplicemente” un’ occupato in quello che gli economisti definiscono, come loro costume per confondere le idee ai non addetti ai lavori,  il settore economico del “terziario avanzato”.  All’ennesimo appuntamento annullato per il suo oramai “classico” improvviso spostamento all’interno dell’Unione Europea, ho alzato bandiera bianca ed accettato di utilizzare Skype per l’intervista; ai lettori, che come me ignoravano cosa fosse “Skype”, dico solo che si tratta di un modo per comunicare, anche a costo zero, attraverso un pc fisso o portatile connesso alla rete telefonica via filo o anche per mezzo di un telefono cellulare: la comunicazione può avvenire in tempo reale per iscritto oppure a voce mediante microfono.Alle 23,45 di giovedì scorso, mentre stavo per coricarmi, la vibrazione del mio cellulare sul comodino,  mi ha avvisato  dell’arrivo di un SMS : “Sono on-line. Se lo desidera ancora ho 20 minuti per la sua intervista. Rakosi.”Il primo istinto è stato quello di spegnere il cellulare, girarmi dall’altra parte ed invocare il rapido arrivo di Morfeo mentre il secondo quello di rispondere “Grazie per la disponibilità, ma ora è tardi” e di attendere ugualmente il sonno; naturalmente alla fine ha prevalso il terzo, ovvero quello di mettere da parte il proprio modo di intendere la vita ed i rapporti interpersonali, infilarsi le ciabatte e, tra mille imprecazioni, precipitarsi in studio, accendere il PC e connettersi a Skype:  troppo poco il tempo che mi rimaneva per cambiare “soggetto” delle mie attenzioni prima di consegnare il pezzo al giornale in tempo utile. Sulla mia “finestra di dialogo” di Skype in modello “chat”  appare la scritta… 

 Buonasera!

 Buonanotte, più che buonasera…

Mi scusi sa, ma non è colpa mia se lei ha deciso di cedere solo ora.. l’avesse fatto prima, invece di intestardirsi per un incontro formale e rifiutarsi di vivere nel XXI secolo, il suo prezioso sonno ora sarebbe salvo…

P.S.: ma lei va già a dormire a quest’ora?

La miglior difesa è l’attacco? Mi pare che il suo sangue ungherese del XXI secolo non tradisca quello dei suoi “avi” dei secoli precedenti…

P.S.: ma  lei non dorme mai?

Permaloso o solo seccato per l’ora “tarda”?

Se lei avesse accettato di entrare nella macchina del tempo, viaggiare a ritroso sino al XX secolo e quindi concedermi un intervista “de visu”, adesso, guardandomi in faccia capirebbe che non si tratta né del mio carattere né dell’ora, ma semplicemente del disagio di condurre questa intervista senza sentire né il timbro della voce né vedere l’aspetto di chi ho di fronte…


Ribadisco: tutto questo perché lei si ostina a vivere nel passato… se il suo PC, per la modica cifra di 50 Euro fosse provvisto, come lo è il mio di una web-cam e di un microfono, ora sarebbe in grado di udirmi o scrutarmi ed io potrei fare altrettanto..  In ogni caso, anche solo così, potrà apprezzare le meraviglie del “futuro”: non ci sarà bisogno di trascrivere registrazioni o di prendere appunti sul suo taccuino, al termine della “conversazione” le basterà stampare il testo e la sua intervista sarà bella che pronta! Non mi dirà che non è dotato di una stampante?

Mi arrendo, proverò ad adeguarmi… anche se i nostri mondi sono distanti anni luce. Altro che XX secolo!!  Dunque… fornisca le sue generalità…


Fornire le mie generalità? Ma lei è un investigatore privato o un giornalista originale? In ogni caso sempre vecchio stampo, s’intende!
Come lei sa già mi chiamo Molnar Rakosi, sono nato il 10 novembre 1982 a Pécs, nell’Ungheria meridionale… per la precisione nella Regione della Baranya; segno zodiacale scorpione. Se vuole le mando per posta elettronica anche le mie foto segnaletiche e via fax il certificato penale.

Si tenga pure le foto, mentre se proprio ci tiene mi mandi pure via fax il certificato penale … non si sa mai! Niente da segnalare circa la sua famiglia di provenienza, a parte i segni zodiacali?


Famiglia di provenienza? Genitori, nonni, zii, robe così? Non perdiamo tempo la prego, rimangono ancora 15 minuti per questa intervista, poi il mio treno sarà arrivato a Budapest e dovrò chiudere la conversazione, sempre che lei non voglia attendere un’altra ora e darmi il tempo di arrivare in albergo e riconnettermi dal mio PC portatile; immagino che piuttosto preferirebbe sedersi sulla poltrona del suo dentista.
In ogni caso nulla di straordinario da segnalare sulla mia “famiglia”, niente odissee tipo quelle che lei è solito raccontare ai suoi sventurati lettori: mio padre è nato nel 1958 a  Pécs ed è un professore di matematica all’Università di Budapest, mia madre è nata nel 1961 a Pécs ed è sempre stata una maestra d’asilo.  Nel 1956 non erano nati, nel 1968 non erano in grado di capire nulla di quello che succedeva a Praga e nel resto del mondo, nel 1989 avevano iniziato a lavorare e sono andati in piazza come tutti a chiedere le riforme e dopo hanno continuato a lavorare in Ungheria, ove tutt’oggi continuano le loro occupazioni di sempre. Cosa facevano i miei nonni me lo risparmi: non pervenuti! 

La capacità di sintesi è una qualità del XXI secolo? Certo che a leggere le sue considerazioni si può confondere la caduta del muro di Berlino con una pallida immagine dipinta sul fondale fisso di un teatrino del dopolavoro…

Senta, nel 1989 io avevo 7 anni e lei mi concederà che non posso considerarmi un esperto della vita nei regimi ex comunisti; se vuole proprio sapere quello che ricordo del periodo immediatamente successivo alla caduta del muro di Berlino sono le continue lamentele dei miei genitori sull’aumento improvviso dei prezzi  e sulla costante perdita di potere d’acquisto del loro salario.
I magazzini si erano riempiti di merci, le vie iniziavano ad illuminarsi con le insegne della pubblicità, ma mancavano quasi del tutto i soldi per gli acquisti.
I soldati russi avevano lasciato l’Ungheria ma in compenso dall’Italia incominciava l’invasione di tanti “giovanotti di belle speranze e buona famiglia”, che con valigie colme di calze e le tasche di marchi tedeschi, giungevano per i loro “acquisti”… quelli si che me li ricordo bene.
Appena ebbi compiuto 18 anni, nel novembre 2000, mio padre mi mise su di un aereo destinazione Cambridge, dove, facendo il cameriere e dando lezioni di ungherese agli studenti inglesi  per mantenermi, ho conseguito la laurea in Scienze Agrarie nel 2005; nel 2006 ho vinto un concorso all’Unione Europea e da allora curo le relazioni internazionali per un’Agenzia della Commissione Europea che si occupa di formulare progetti comunitari nel settore agricolo ed erogare i relativi finanziamenti.

Congratulazioni. Una carriera davvero rapida e brillante… quindi ora risiede a Bruxelles, immagino.

La risposta è si, se per residenza intende quello che c’è scritto sui miei documenti d’identità; se invece lei vuole sapere dove passo la maggior parte del mio tempo la risposta è no: in quel caso la mia residenza è l’abitacolo della mia vettura, seguita molto da vicino dagli scompartimenti di treni sempre diversi; la risposta è ancora no se la sua domanda era rivolta a capire quale sia il mio centro d’interessi personali: in quel caso le risposta è Pécs. Pécs, la pianura ungherese, i suoi colori ed i suoi odori, i volti degli amici, il dialetto… tutto questo è e sempre sarà “casa”, a prescindere da dove mi trovi accidentalmente o anche da dove possa dimorare in futuro.

Quanta nostalgia “leggo” nelle sue parole…

In quel caso le consiglio l’uso degli occhiali ed una “lettura” meno superficiale… Non ho nessuna nostalgia di Pécs, la vita che faccio è quella che voglio, che sento mia e che mi permette di sentirmi realizzato come uomo… o almeno così è per adesso.
Quello che cercavo di farle capire è che, qualsiasi cosa faccia ciascuno di noi, ovunque si sposti o si trovi a vivere, la sua “Heimat” non lo abbandona… non potrebbe farlo, in quanto è parte di sé come lo sono le sue membra.

Quindi, se ho ben capito il suo ragionamento, si può girare il mondo come delle trottole impazzite, ma rimanere sempre ungheresi o italiani a prescindere da che cosa succeda in Ungheria o in Italia mentre si è impegnati altrove?
P.S.: io non ne sono molto convinto.

Esatto, almeno per quanto riguarda l’Ungheria però… voi italiani invece rimanete essenzialmente romani, milanesi, siciliani, pugliesi, friulani; anche se da Milano vi trasferite a Bari o a Palermo e viceversa… figuriamoci quando vi trasferite all’estero! Non la prenda come un’offesa, mi raccomando, anzi. Per me significa solo che gli orizzonti della vostra “Heimat” sono più ristretti.
Un po’ come quando si è adolescenti, e si considera casa non tutto l’edificio familiare ma solo la propria camera da letto, di cui si è terribilmente gelosi,  in cui non si desiderano intrusioni di sorta, dove si fanno entrare gli amici del momento ma si lasciano fuori i genitori.
P..S.: tra tre minuti sono arrivato. Spari meglio le sue ultime cartucce.

La devo ringraziare per questo pensiero, mi sentivo vecchio ed invece, in quanto friulano, scopro di essere nella pubertà quanto ad “Heimat”, se seguo il suo principio… devo prendere atto però che lei sembra conoscerci bene…

Vi conosco bene… da quando “vi” ho visti arrivare in Ungheria a frotte in cerca di facili conquiste “amorose” , a suon di marchi, dopo la caduta del muro di Berlino; mentre austriaci, francesi e tedeschi acquistavano banche, assicurazioni e fabbriche “voi” eravate indaffarati a farvi spennare dalle mie connazionali dai facili costumi come polli che si atteggiano a pavoni… poi “vi” ho seguiti negli studi universitari in Inghilterra, dove mentre la maggior parte di noi stranieri studiava e lavorava duramente, eludendo di tanto in tanto le regole per assecondare i propri ormoni, voi ogni tanto, e a fatica, eludevate i vostri ormoni per cercare di cavarvela nello studio con il “talento” e così  da tranquillizzare papà che da casa mandava regolarmente i bonifici a fine mese… ed ora “vi” osservo frequentando i “vostri” politici ed i vostri funzionari nelle sedi comunitarie… a differenza del grande dispiegamento di ormoni, siete vecchi, terribilmente vecchi…

Si riferisce al fatto che abbiamo la classe dirigente più “datata” e maschile d’Europa?


Non mi riferisco solo al fatto che mentre in tutta Europa la classe dirigente ha un’età media tra i 50/60 anni, da voi a 60 anni politicamente, ma non solo, cadono i primi denti da latte… E’ il vostro modo di pensare che è vecchio… puzzate di XX secolo da ogni poro… Parlate di tutela del lavoro, di difesa del salario, di ricerca dell’uguaglianza … come se il mondo di oggi fosse quello dominato della grande fabbrica che occupa migliaia di operai sfruttati e non un sistema complesso che occupa le persone in lavori sempre più flessibili e diversi tra loro… I vostri imprenditori considerano l’impresa come un giocattolo a valenza esclusivamente personale, un gadget da utilizzare a proprio piacimento e sono alla continua ricerca di sovvenzioni e privilegi da parte del settore pubblico a cui chiedono solo misure per garantire a se stessi una rendita… I vostri politici invece considerano i lavoratori autonomi non come il motore della ricchezza e del futuro del paese,  ma una sorta di sfruttatori in tuba e marsina dediti all’evasione fiscale e quindi da spremere fino all’ultimo… o almeno di farlo credere; salvo poi concludere con le grandi imprese e le grandi banche ogni tipo di consorteria… Nel vostro parlamento si fa un gran parlare d’innovazione e di tutela del made in Italy, mentre poi si sfornano leggi bizantine che fanno perdere competitività ed appesantiscono le imprese con una miriade di adempimenti burocratici inutili e costosi…. Non volete ancora capire, neanche a parole spesso, che l’uguaglianza non si raggiunge con il livellamento dall’alto ma cercando di dare a tutti le medesime opportunità rispetto al merito e non rispetto ai bisogni…
Vagheggiate utopie sulla conquista di altri mondi migliori possibili ed illuminati dal sol dell’avvenire, quando invece c’è bisogno di creare oggi, nella comunità in cui si vive, qui e subito il possibile miglior mondo…
Ma lo sa qual è la cosa peggiore di tutte?

C’è persino qualcosa di peggio?


Rispetto a noi siete partiti con 40 anni di vantaggio; ai suoi genitori la sorte ha risparmiato il regime comunista dopo la seconda guerra mondiale ed il duro lavoro di ricostruzione ha permesso, non tanto a suo padre e sua madre, ma alla sua generazione di godere di un grande patrimonio accumulato e che vi da ancora una posizione di vantaggio.
Il problema è che quel patrimonio lo state erodendo in fretta e la cosa peggiore di tutte è che, invece di esserne consapevoli, lo ritenete acquisito nei secoli a venire per diritto divino e così avete scambiato anche il concetto di rendita con quello d’impresa… si proprio voi, quelli che con spocchia si atteggiano nei nostri confronti come i depositari, i numi tutelari delle regole dell’economia di mercato ed i campioni del libero scambio!
Dal mio punto di vista fate solo tanta rabbia: avete un talento individuale incredibile e lo state sprecando pensando che questo, da solo, basti sempre per tutto.
Vi faccio tanti auguri per il futuro…

Signor Rakosi, è andato giù pesante…

Lei dice? Provi ad aprire un conto corrente in una banca italiana o stipulare una polizza assicurativa: le chiederanno prima di firmare almeno una ventina di moduli, “naturalmente” a tutela dei suoi diritti e della sua privacy, scritti in caratteri che per essere letti, non dico compresi, lei dovrebbe richiedere al governo americano la possibilità di utilizzare il telescopio di Monte Palomar… salvo poi scoprire che, senza la sua autorizzazione e senza che nessuno l’abbia preventivamente avvertita, il giornale del suo paese ha pubblicato urbi et orbi quanto ha guadagnato lo scorso anno oppure il testo delle sue conversazioni telefoniche…
Però non mi fraintenda, nonostante la rabbia che mi fate, ho grande simpatia per voi italiani… si, ha ragione, forse sono andato giù duro.. ma se l’ho fatto è solo per un eccesso di amicizia: vi conosco, siete capaci di fare male solo a “voi” stessi!
Anzi cancelli tutto e non riporti quello ho scritto, altrimenti penseranno di me come ad un giovane  dell’est imbevuto di luoghi comuni e di retorica a buon mercato, che si mette in cattedra a fare il primo della classe.

In effetti stavo aspettando il riferimento agli spaghetti e al mandolino per la conclusione della sua analisi…

Davvero? Allora scriva questo, che forse potrà risultare più illuminante.
Ogni anno, sino al 1989, io e la mia famiglia d’estate andavamo a trascorrere 2 settimane di vacanze a Pirano, visto che la Jugoslavia era l’unico paese in cui a noi, comuni mortali del Patto di Varsavia, era consentito espatriare. Nell’estate del 1988, avevo 6 anni, “conobbi” Marco, una bambino coetaneo di Trieste, anche lui in vacanza con i suoi genitori; passavamo tutte le giornate insieme a giocare allegramente sulla spiaggia ed una sera in cui la visibilità era particolarmente buona mi fermai a scrutare l’orizzonte, ove si vedeva una striscia di terra con una città in lontananza. Marco mi si avvicinò e mi disse:”Quella è Trieste, è casa mia, è l’Italia. Tu lì non ci potrai mai andare perché non ti lasciano e perché tuo papà non hai i soldi.”. Tra bambini si è sempre sinceri….
Sa cosa fa oggi Marco? Ha un lavoro “precario” a tempo determinato in un call center come telefonista, dopo essere stato licenziato nel 2004 da una casa di spedizioni doganali triestina in seguito alla “caduta” del confine doganale dovuto all’allargamento ad est dell’Unione Europea.
Vive ancora con i genitori perché non è in grado assieme alla sua fidanzata di pagarsi un affitto ed abitare con lei condividendo le spese.
Non se la prenda se adesso la saluto senza troppi indugi. Benvenuto nel XXI secolo. E’ stato un piacere.

 Molnar non mi diede tempo di replicare: si era già disconnesso ed aveva abbandonato la conversazione. Io rimasi intontito a fissare lo schermo del computer per qualche istante prima di coricarmi definitivamente. Durante quella inusuale intervista avevo meditato di sferrare un contrattacco finale che fosse capace di ribattere a tutta quella che a me suonava come una presuntuosa ed aggressiva finta modernità e lasciare il mio giovane interlocutore senza parole. Invece non solo ero “morto” con il colpo in canna, ma addirittura era stata lui a mandarmi definitivamente K.O. con quell’ultimo aneddoto.   

“Bentornato al futuro, mio caro” ho detto a me stesso ed al mio presunto talento, prima di cadere in un sonno molto preoccupato.  

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