Si poteva già leggere nel rapporto della XX Giornata della salute mentale organizzata nel 2012
dalla WFMH (World Federation for Mental Health) : la depressione, con 350
milioni di persone colpite nel 2011, è la terza causa di disabilità al mondo,
considerato il grado di compromissione delle vite di color che ne sono affetti;
ma non solo: si stima che nel 2020 la sindrome depressiva diventerà la seconda
causa per salire nel 2030 addirittura al primo posto. Risulta di tutta
evidenza come una sistematica attività di prevenzione sia decisiva per
scongiurare il trend e comunque migliorare il trattamento e le possibilità di
successo delle terapie curative ex-post.
Tale
assunto è desumibile anche dal Piano di
azione sulla salute mentale 2013-2020 redatto dall’OMS nel quale si rimarca come sia
necessario cambiare passo nella lotta contro la depressione in modo particolare
concentrando le attenzioni e gli investimenti di più di quanto fatto finora (poco!!) nell’attività di prevenzione
del disturbo in tutte le fasi della vita.
Anche
se ancora negli anni ’80 del secolo scorso era opinione prevalente degli
studiosi nel campo delle scienze psicologiche che, in generale, l’esordio di
una depressione clinica non si potesse prevedere, le cose sono iniziate a
cambiare già nel successivo decennio, laddove si dimostrò che interventi educativi, nutrizionali e sugli
stili di vita, oltre che di tipo farmacologico e psicoterapeutico in
persone mai colpite da depressione
maggiore, riducevano del 25% l’incidenza di episodi depressivi entro l’anno
successivo. (Cujpers – Journal of American Medical Association).
Recentemente
Ricardo Muñoz, psichiatra presso l’Università della California di San Francisco
ha affermato, in seguito agli esiti dei suoi studi sui protocolli di
prevenzione adottabili, che: “Se all’assistenza sanitaria applicassimo di
routine i metodi preventivi si potrebbero evitare almeno due casi di
depressione maggiore su nove”; se si
considera che i fattori invalidanti causati dalla depressione sono di natura
non medica – minore istruzione, giornate di lavoro perdute, disoccupazione,
tentati suicidi ecc. - illuminante sul punto è anche il parere del prof.
Carmine Munizza, primario emerito di Psichiatria all’Ospedale San Giovanni Bosco
e Direttore del Centro studi e ricerche in psichiatria della ASL 2 di Torino:
“E’ come per il dissesto idrogeologico … al di là del benessere delle persone,
lesinando sulla prevenzione si creano le condizioni per maggiori spese future,
quando si interverrà sulle emergenze”. (in Mente & Cervello, Mensile di
Psicologia e Neuroscienze – novembre 2012,
p. 101).
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