giovedì 5 aprile 2018

ODIO PUNTUALIZZARE L'OVVIO.

Il nostro Stato Maggiore aveva condotto senza alcun piano strategico la campagna di Francia, conclusasi con la conquista dell'abitato di Mentone, contro un paese oramai sconfitto e che comunque costò la vita a 631 uomini con 616 dispersi e 2.631 feriti, contro i 37 morti, 42 feriti e 150 dispersi dei francesi. L'armistizio con la Francia venne firmato il 24 giugno a Villa Incisa sulla via Cassia da plenipotenziari francesi che giungevano in volo, su aerei tedeschi, da Compiègne dopo aver firmato già due giorni prima la capitolazione transalpina nei confronti del Reich. 
Che quella guerra, dichiarata per partecipare al banchetto di un conflitto che altri dovevano vincere anche per noi, e per evitare che la neutralità ci facesse fagocitare da un alleato divenuto troppo potente, dovesse finire al più presto era una necessità ben nota per il Regime e per tutti coloro che all'ombra di questo avevano fatto fortuna oppure erano riusciti a mentenere il loro potere, Re compreso. 
Che gli uomini detentori del potere avessero avuto la certezza di collezionare solo brutte figure partecipando ad una guerra moderna, che si fosse protratta nel tempo e su diversi fronti, era nelle cose: sarebbe bastato leggere un libro di geografia economica non coperto da censura. 

Nel 1940 la nostra industria automobilistica produce all'anno 62.000 autovetture ed autocarri, contro i 340.000 della Germania, i 300.000 della Francia e dell'Inghilterra, mentre gli Stati Uniti ne sfornano addirittura 4 milioni e mezzo. 
Il sistema industriale è composto per lo più di imprese a dimensione artigianale o medio-piccola e ben il 50% delle stesse non usa la forza motrice, mentre ad esempio, negli USA è solo 3% che non fa uso di fonti di energia. 
Ancora più ampio è il divario sul fronte dei combustibili: nelle miniere di carbone italiane si realizzano con grandi fatiche 1 milione e mezzo di tonnellate di carbone l'anno, contro i 160 milioni della Germania, i 230 dell'Inghilterra, i 46 della Francia, i 63 della Russia ed i 406 degli Stati Uniti. 
Inoltre, ignorando i giacimenti petroliferi che nasconde il sottosuolo della colonia libica, non produciamo praticamente petrolio, pur essendo già costretti ad importarne all'anno 4 milioni di tonnellate per i consumi; gli americani invece ne producono già 170 milioni di tonnellate all'anno, gli inglesi controllano nel Medio Oriente i giacimenti più ricchi al mondo e la Russia sta mettendo in funzione nuovi pozzi negli Urali. 
Sul fronte della produzione dell'acciaio, materia prima fondamentale per una guerra moderna, ne realizziamo 2 milioni e 400 mila ton. l'anno, contro i 6 milioni della Francia, i 14 dell'Inghilterra, i 23 della Germania, i 25 della Russia e i 50 milioni degli USA. 
In conclusione l'industria italiana rappresenta solo il 2,7% della produzione mondiale, mentre i suoi futuri alleati Giappone e Germania evidenziano rispettivamente il 3,5 ed il 10,7%. 
Con l'entrata in guerra degli Stati Uniti nel dicembre 1941, le nazioni alleate raggiungeranno il 70% della produzione mondiale. 
Il nostro esercito, numericamente poderoso, conta 1 milione 600 mila uomini, di cui 1 milione stanziato sul territorio metropolitano, 208 mila in Africa Orientale, 207 mila in Libia e 24 mila a Rodi e nel Dodecanneso. 
Questa massa imponente di uomini però è insufficientemente armata, insufficienti sono i mezzi di trasporto e quelli che per noi sono ritenuti carri medi e pesanti, sono qualificati come leggeri dagli eserciti nemici. L'uniforme è confezionata sempre con il panno grigio-verde utilizzato nel 15-18 con piccole modifiche, che però l'hanno resa meno pratica: i nostri soldati saranno gli unici a combattere in giacca e cravatta! 
La potenza di fuoco di una compagnia di fanteria italiana è pari alla metà di una francese ed un quarto di una tedesca; anche il rancio è modesto: la razione di carne è di appena 250 g contro i 350 del soldato inglese e i 450 del francese, prevede 20 g di zucchero, contro rispettivamente 50 e 48, ed i grassi disponibili sono un quarto di quelli a disposizione degli altri combattenti. 
L'arma aeronautica dispone di piloti ben addestrati, ma di mezzi tecnologicamente superati e solo verso la capitolazione del 1943 disporrà, in numero comunque insufficiente, di caccia alimentati con motori brevettati in Germania in grado di competere con gli Spitfire inglesi ed i Mustang americani. 
L'unica arma che presenta all'alba dell'entrata in guerra mezzi all'altezza della situazione, nonostante l'assenza di portaerei e di una pessima coordinazione con la forza aerea è la Marina, concentrata nei porti di Genova e Taranto. 
C'è dunque una sola possibilità di vincere quella guerra: fare presto per indurre l'Inghilterra alla pace e non allargare i fronti… ed invece, già nell'ottobre del 1940 lo sviluppo futuro degli avvenimenti prenderà una piega diversa… 
Nel corso dell'estate l'aviazione inglese, la R.A.F., inferiore per numero ma supportata dal radar, ha respinto il tentativo tedesco di programmare l'invasione terrestre dell'isola, infliggendo gravi perdite alla Luftwaffe, mentre le nostre truppe, invece di impegnare veramente gli inglesi in Africa settentrionale, dove questi sono ancora notevolmente inferiori per numero, vengono dirottate per un'impresa inutile dal punto di vista strategico: l'invasione della Grecia. 
Mussolini è irritato dalle manovre tedesche nei Balcani, che egli ritiene zona d'influenza da riservare all'Italia e dalla poca considerazione che Hitler ha del suo alleato, che informa sempre a fatto compiuto e a risultato acquisito. 
Il Duce ha bisogno disperato di una vittoria subito, da sventolare sotto il naso del dittatore tedesco e questa certo non può arrivare dal fronte libico, dove sin dai primi mesi del conflitto le nostre truppe incontrano enormi difficoltà. 
Così, nonostante tutti i rapporti militari denuncino l'impreparazione delle nostre truppe per un'immediata operazione e l'inutilità dal punto di vista strategico, basandosi più sulla presunta scarsezza del nemico che sulle nostre forze, il 28 ottobre 1940 le truppe italiane invadono.. o meglio tentano l'invasione della Grecia…

1 commento:

  1. La storia dell'Italia durante la seconda guerra mondiale è ricca di episodi controversi che, a oltre settanta anni di distanza, devono ancora essere compiutamente analizzati. Le numerose sconfitte fino al crollo, nel settembre 1943, dell'apparato politico-militare dello Stato, furono conseguenza dell'improvvisazione con cui il Paese venne coinvolto nella guerra, dell'imperizia delle gerarchie politiche e militari e della debolezza della struttura economica e sociale, su cui venivano improvvidamente appoggiate ambizioni imperiali e velleità di potenza globale.

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