giovedì 24 settembre 2020

QUANDO IL PALLONE FINI' "AR GABBIO"



Il 23 marzo 1980 per la maggioranza degli appassionati di calcio italiani di ogni età è uno spartiacque, rappresentò la fine dell'età della felice ingenuità e dell'idea che calcio professionistico fosse un mondo popolato da eroi senza macchia e senza paura o più semplicemente, vista l'enorme popolarità che godeva ad ogni livello della società italiana, un angolo "inviolabile" per ogni possibile tentativo di valutarlo utilizzando lo stesso metro in uso per ogni altra attività sociale, giammai dalla giustizia penale. Un mondo dominato dai principi di lealtà sportiva e quindi fuori dalle regole del mondo ordinario. E in effetti, in quella primavera di quarant'anni fa che fosse al di fuori delle regole, lo si scoprì nella maniera più traumatica possibile. Chiedo al lettore che non ha vissuto nell'epoca ante internet, social network e smart phone, di fare lo sforzo di tentare di capire quale fosse il valore e la modalità di trasmissione dell'informazione e quindi di provare a comprendere lo shock che andrò a descrivere. Nel 1980 l'informazione viaggiava solo sulla carta stampata e per mezzo dei telegiornali dei due canali della TV di Stato (si pensi che Rai 3 aveva iniziato le trasmissioni a partire solo dal dicembre 1979 e le TV private erano in fase di gestazione), per cui solo il fatto che una notizia venisse diffusa ne conferiva alla stessa un valore quasi "sacrale", avendo l'accadimento dovuto superare un vaglio tra le tante e poi la circostanza che questa scelta fosse compiuta da un emanazione dello Stato o da testate giornalistiche che godevano di ben altra fama rispetto all'era contemporanea, ne certificava l'importanza. Nel 1980, assieme alla Messa, l'altro rito fondante delle domeniche italiane per la popolazione rigorosamente di sesso maschile era la trasmissione "Novantesimo Minuto", che a seguito della fine degli incontri di serie A trasmetteva brevi filmati su tutte le partite dalle rispettive dalle sedi RAI regionali con la conduzione dallo studio di Roma da parte di Paolo Valenti. Erano le prime - e uniche - immagini dei gol che si potevano vedere fino alla tarda serata, quando andava in onda l'altro cult per tutti i calciofili dello stivale: "La Domenica Sportiva", condotta allora dallo stesso "mezzo busto" RAI che aveva dato l'annuncio dello sbarco del primo uomo sulla luna: Tito Stagno. Bene. Provate a pensare la potenza dell'annuncio, in diretta e con relative immagini, dell'ingresso di un auto civetta gialla della Guardia di Finanza e una delle Polizia sulla pista dello Stadio Olimpico, mentre Gianpiero Galeazzi dava conto della notizia che arrivava dagli spogliatoi, ovvero che i finanzieri stavano procedendo agli arresti di alcuni giocatori del Perugia per tradurli direttamente al Carcere di Regina Coeli. Analoghe notizie di seguito arrivarono dagli inviati di Milano e Pescara per gli arresti di altri giocatori del Milan e della Lazio. A fine giornata in totale furono 13 (Della Martira, Zecchini, Casarsa del Perugia, Albertosi e Giorgio Morini del Milan, Giordano, Wilson, Manfredonia, Cacciatori della Lazio,  Stefano Pellegrini dell'Avellino, Magherini del Palermo, Merlo del Lecce e Girardi del Genoa con l'aggiunta del Presidente del Milan campione d'Italia 1978/79, Felice (!) Colombo. Decine di altri, tra cui Paolo  Rossi, Dossena, Savoldi, Petrini, Zinetti e Damiani "invitati" in Procura per accertamenti. Le società coinvolte in serie A sono Milan, Lazio, Juventus, Avellino, Bologna, Perugia, Pescara e Napoli mentre in B Genoa, Taranto, Palermo, Lecce e Pistoiese. Un terremoto. L'opinione pubblica resta stupefatta e sbalordita. L'iniziativa della Procura della Repubblica di Roma che ordina lo spettacolare blitz ha preso le mosse da un esposto-denuncia presentato il primo marzo 1980 da Alvaro Trinca e Massimo Cruciani, rispettivamente un ristoratore e un commerciante all'ingrosso di frutta e verdura  della capitale, con il vizio di scommettere ingenti somme sull'esito delle partite di calcio presso gli allibratori clandestini. I due, stando alle accuse, riferiscono di aver puntato milioni di lire su alcuni incontri di serie A e B in concorso con alcuni giocatori e con il concordato e, spesso prezzolato, impegno di questi ultimi a pilotare nel senso desiderato i risultati finali. Il maturare di diversi risultati rispetto a quanto concordato ebbe l'effetto di indebitare in breve tempo Trinca e Cruciani per un paio di miliardi nei confronti degli allibratori clandestini e così i due, finanziariamente rovinati, presentarono l'esposto per truffa alla Procura della Capitale. A soli tre mesi dall'inizio del campionato europeo che doveva tenersi proprio in Italia, lo scandalo fu enorme e l'eco superò i confini nazionali, perché scoperchiava un vero e proprio vaso di Pandora da cui emergeva una realtà parallela rispetto a quanto spettatori, appassionati, giornalisti e anche dirigenti erano convinti di assistere. Indagini e processi furono immediati e si risolsero con una velocità anomala per l'esperienza nazionale: la Giustizia sportiva entro il mese di agosto era giunta ai verdetti definitivi con il secondo grado di appello, mentre quella ordinaria giunse a sentenza, non appellata dal PM, già il 22 dicembre del 1980.  Milan e Lazio furono condannate alla retrocessione in serie B, Avellino, Perugia, Bologna, Taranto e Palermo a cinque punti di penalizzazione da scontarsi nella stagione successiva mentre vennero assolte Juventus, Pescara, Napoli, Genoa, Lecce e Pistoiese. Per quanto riguarda i singoli tesserati, mi limito a segnalare che gli azzurri Paolo Rossi, Bruno Giordano e Lionello Manfredonia furono squalificati rispettivamente per 2 anni e 3 anni e 6 mesi, perdendo così la possibilità di disputare con la nazionale l'Europeo 1980. La squalifica di Paolo Rossi si concluso il 29 aprile 1982, dandogli la possibilità di essere convocato da Enzo Bearzot per i mondiali di Spagna del giugno 1982, di vincere il torneo e la classifica marcatori, circostanza che, "ironia" della sorte diede l'impulso alla FIGC per condonare tutte squalifiche ancora pendenti a quella data. Fece molto discutere l'assoluzione della Juventus per la presunta combine della partita con il Bologna, terminata sull' 1-1 con una colossale papera del portiere felsineo e una altrettanto spettacolare autorete del difensore bianconero Brio. Mi limito ad osservare che la condanna della Juventus, dove giocavano ben 6 titolari della nazionale, sarebbe stato un colpo durissimo per una Federazione e una squadra che doveva ospitare di lì a pochi mesi una competizione europea tra le favorite. Tutt'altra storia sul fronte dell'inchiesta penale, dove alla spettacolare azione di polizia giudiziaria, come spesso accade nel nostro paese, non corrispose riscontro altrettanto grave al vaglio della magistratura giudicante, con l'assoluzione di tutti i 38 imputati, senza che il PM, come anticipato, ravvisasse la necessità di proporre appello. Il Tribunale di Roma, pur accertando l'esistenza del pactum sceleris, ravvisò contemporaneamente l'insussistenza del reato di truffa per mancanza dei requisiti che integrano la fattispecie delittuosa, stante che l'ordinamento penale dell'epoca non contemplava il reato di frode sportiva. Illuminante sul punto questo stralcio della sentenza emessa dalla quinta sezione penale, Presidente Battaglini e giudice estensore Viglietta

Una partita di calcio è avvenimento così complesso – essendo determinato dal comportamento di ventidue persone, l’arbitro, eventuali altri giocatori e il caso – che, in condizioni di equilibrio delle forze in campo, sfugge ad ogni analisi scientificamente o razionalmente attendibile, dell’efficienza causale dell’azione del singolo nel contesto dei comportamenti dei compagni e avversari e dell’evoluzione successiva del gioco.
E’ proprio questa la ragione per la quale l’ordinamento sportivo ricollega sanzioni direttamente a comportamenti quali l’omessa denuncia, l’accettazione della promessa o utilità al fine di “alterare una gara”, indipendentemente da ogni indagine sull’incidenza della frode sul risultato.

Naturalmente non fu che l'inizio, non bastarono certo le condanne sportive esemplari ad estirpare il fenomeno di cui si era per la prima volta appresa l'esistenza e le dimensioni; seguirono il "Calcioscommesse bis" del 1986, "Passaportopoli" del 2000, "Calciopoli" nel 2006, "Calcioscommesse tris" nel 2011 e solo per citare gli altri scandali con maggior estensione su scala nazionale. 
Come dire che, dopo il 1980, era tutto una sorta di "deja vù" o  di "upgrade" rispetto allo schema iniziale. Ci eravamo abituati, non eravamo più vergini.
La verginità e l'innocenza le avevamo perdute senza rimedio nel 1980, niente era ormai in grado di stupirci in quel modo, così come mai più fu vasta l'eco e lo sconcerto nell'opinione pubblica rispetto ai fatti del 1980.
Il primo "tononero" non si scorda mai. 
 





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