mercoledì 2 settembre 2020

RICORDO DI MARIO ELLERO



Lo scorso mese di agosto, mentre mi trovavo in ferie lontano da Cividale, ho appreso la notizia della morte di Mario Ellero, “grazie” ad un messaggio WhatsApp inviatomi da un amico con il quale ho condiviso pagine “gloriose” di parte di una storia che mi propongo di raccontare in un prossimo futuro e in che in qualche modo è legata anche all’illustre concittadino scomparso: quella del “Teatrino” del Ricreatorio, oggi solo un luogo della memoria, vista la sua demolizione fisica avvenuta nel 1990 per far posto ad un’area commerciale, ma che per quasi un secolo è stato il cuore pulsante della vita culturale cividalese e che tanto fu caro a Mario Ellero. 

La notizia giunta come un fulmine a ciel sereno mi ha provocato un brivido lungo la schiena e una sensazione di profondo smarrimento e tristezza, prima che la corteccia frontale riequilibrasse lo stato d’animo indotto dall’attivazione delle reti neurali della zona limbica del cervello: Mario Ellero aveva 93 anni, era parecchio tempo che non lo incontravo e le ultime notizie che avevo avuto sul suo stato di salute non erano del tutto rassicuranti. 

Nei giorni seguenti dalla memoria a lungo termine sono continuamente salite alla coscienza le immagini e i ricordi di tanti e tanti pomeriggi passati nel suo studio-biblioteca ricercando testi, discorrendo della comune passione, il Teatro, della vita culturale cividalese e il più delle volte sulle possibili scelte artistiche e dei problemi di crescita della compagnia teatrale di adolescenti di cui ero ideatore e co-fondatore. 

Lo avevo conosciuto nell’inverno del 1984, quando per il tramite di mio padre, che anni addietro aveva provato una parte nella “sua” Filodrammatica, ricevetti l’invito ad incontrarlo nel suo studio. 

Potete immaginare l’emozione di un ragazzo neppure diciottenne che, insieme ad alcuni suoi coetanei aveva appena messo in scena per il pubblico cividalese uno spettacolo teatrale completamente autogestito, veniva convocato da uno degli intellettuali più stimati della città. Era rimasto colpito da quello che eravamo riusciti a fare da soli e, mentre mi faceva entrare nella sua biblioteca, mi disse che dovevo considerarla a nostra disposizione così come lo era la “sua umile” persona per qualsiasi consiglio o parere avessimo ritenuto di aver bisogno. 

Varcare la soglia di quella stanza, per un ragazzo “invasato” dal Teatro e dalla sete di conoscenza e proveniente da una casa in cui l’unico libro, oltre a quelli previsti dall’obbligo scolastico, era l’elenco del telefono, fu come per Alì Babà entrare nella famosa caverna del Tesoro. 

Il “Signor Ellero” – come lo chiamammo per sempre tutti noi aspiranti artisti negli anni venire – aveva dedicato parte della sua vita a raccogliere testi, copioni, riviste, documenti sul Teatro, sulla sua Storia, in modo particolare su quella locale e sulla vita di Adelaide Ristori e, in un’epoca in cui internet e i social network non erano neppure immaginati, era molto più di un tesoro per chi voleva cimentarsi nell’arte scenica in una cittadina di 11.000 abitanti, 4 caserme, 2000 militari e prossima al confine italo-jugoslavo negli anni della guerra fredda. 

Fu grazie a quel tesoro che, per almeno 15 anni, trovammo le fonti e i materiali necessari ad allestire tutti i nostri spettacoli e consolidare il nostro gruppo, così come spesso furono decisive le sue esortazioni a “tener duro” o a “ricominciare da capo” per riuscire a superare i momenti di “bonaccia” che periodicamente e fisiologicamente minacciavano la navigazione della compagnia nel mare magnum dell’arte teatrale. 

Mi sono sempre sentito onorato e fortunato nel godere da allora della sua amicizia, anche nei momenti in cui ci siamo trovati in disaccordo sulle scelte artistiche e quando il procedere degli anni e della vita avevano reso i nostri incontri sempre più occasionali. 

Negli ultimi tempi ci incontravamo di tanto in tanto all’uscita dell’edicola di Manfredi Bront e lui non perdeva mai il “vizio” di chiedermi quando avrei rimesso in piedi la compagnia, “minacciandomi di scomunica” nel caso avessi deciso di abbandonare il palcoscenico. 

Da lui ho imparato, credo, una grande lezione di umiltà e competenza, osservando a posteriori come negli anni la sua presenza nella vita artistica della Compagnia sia sempre stata costante ma discreta, non imponendoci mai nessun tipo di scelta o indicazione, accompagnandoci con benevolenza, speranza e passione. Lasciandoci anche sbagliare. Non voleva riempirci la testa con le sue idee, ma fare in modo che noi concretizzassimo le nostre. 

Mandi, “Signor Ellero”

Nessun commento:

Posta un commento

Post in evidenza

NOTTI MAGICHE ANTE LITTERAM

25 giugno 1983 – Arrivo al campo mezz’ora prima del fischio d’inizio, di corsa dopo essere riuscito a fuggire da una riunione familiare ...