venerdì 24 febbraio 2023

SUI BINARI DELLA STORIA: LA LINEA CIVIDALE - CAPORETTO (KOBARID)

In un'epoca e in un luogo in cui si possono intrattenere rapporti di ogni tipo senza muoversi da casa, in cui praticamente ogni persona maggiore di anni 18 possiede un'automobile servita da una rete stradale capillare, l'idea che l'esistenza o meno di una ferrovia nei pressi di casa possa rappresentare il discrimine tra l'avvio dello sviluppo economico e quindi l'ingresso nel futuro oppure la condonna al declino e l'ancoraggio nel passato, capisco sia difficile davvero difficile da comprendere ai contemporanei nativi digitali e anche un po' oltre. Eppure dalla seconda metà del 1800 ed almeno sino al secondo conflitto mondiale con l'avvio della motorizzazione di massa, era proprio la presenza del collegamento ferroviario il vero volano per lo sviluppo di un territorio e per questo non ci deve stupire che al centro delle discussioni e degli interessi politici locali, a cavallo tra l'ingresso delle Valli del Natisone nel Regno d'Italia (1866) e la dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria (1915), era roprio la necessità che Cividale ed il territorio valligiano si collegassero a mezzo della strada ferrata con la vallata dell'Isonzo e quindi, grazie alla ferrovia transalpina Trieste-Jesenice anche alla Mitteleuropa. Diversi furono i progetti che vennero presentati per far proseguire le Locomotive provenienti da Udine oltre il capolinea di Cividale e accorate furono le battaglie dei politici locali al Parlamento romano per approvare le idee ma soprattutto finanziarle, trovando ostinatamente il "no" delle autorità militari che non vedevano assolutamente di buon occhio per ragioni strategiche il favorire i trasporti ed i collegamenti con la Monarchia Absuburgica, benchè all'epoca il Regno d'Italia fosse vincolato da un trattato di amicizia politica e militare proprio con gli Imperi centrali. Proprio nel momento in cui sembrava che il lungo iter potesse giungere al termine con il finanziamento del progetto che prevedeva il collegamento tra Cividale e Canale d'Isonzo (Kanal ob Soci), lo scoppio del conflitto contro l'Austria Felix di Francesco Giuseppe, ne decretò per sempre l'abbandono; paradossalmente invece, proprio per ragioni legate ai piani dello Stato maggiore del regio Esercito che necessitava ora di trasportare truppe, viveri e munizioni sulla linea del fronte dell'Isonzo, la Società Veneta di Padova venne incaricata di costruire una linea ferroviaria che collegasse, attraverso la Valle del Natisone, Cividale con la piana di Caporetto (Kobarid). In conformità con il mandato ricevuto, in un anno venne realizzata una ferrovia a scartamento ridotto che nel 1916 entrò in funzione ad uso eslusivo militare, nonostante le ripetute richieste delle autorità locali di poterla almeno parzialmente utilizzare anche per usi civili. Il percorso per complessivi 27 Km partiva in località Barbetta, nell'allora immediata periferia di Cividale, e attraversando Sanguarzo, Ponte san Quirino, Vernasso, San Pietro al Natisone, Sorzento, Ponteacco, Tiglio, Brischis, Pulfero, Loch, Stupizza, Poiana, Robic (Robis) arrivava nella piana di Kobarid (Caporetto) con capolinea nell'abitato di Suzid (Susida); sui binari "correvano" dieci locomotive a due assi a vapore saturo di costruzione Breda e impegnavano circa 2 ore e 40 minuti per completare l'intera tratta, attraversando il fiume Natisone in tre punti (Vernasso, Stupizza e Poiana) grazie alla costruzione di tre ponti (oggi non più esistenti). La sconfitta dell'ottobre 1917 con conseguente rovinosa ritirata da Caporetto da parte del truppe italiane determinò per la linea danni importanti al materiale rotabile e ai manufatti che le autorità militari austro-ungariche s'impegnarono subito a ripristinarla, tanto che nella primavera inoltrata del 1918 il servizio era stato riattivato con 3 corse gioranliere per senso di marcia e alla fine della guerra operavano ancora sette locomotive, undici vetture e ottantasei carri merci con convogli composti orinariamente da 3 o 4 vagoni. Terminato il conflitto, con il passaggio sotto la giurisdizione del Regno d'Italia anche di tutta la vallata dell'Isonzo, nel 1921 la tratta fu trasformata in linea civile e data in concessione alla ditta Eredi Binetti di Cividale del Friuli dopo la realizzazione del prolungamento della linea di tre chilometri da Susida a Caporetto ed il collegamento tra la stazione di Cividale Barbetta e la stazione ferroviaria della Udine-Cividale. La gestione, iniziata il primo agosto 1921 si concluse nell'agosto del 1932 a causa dell'aumento dei costi di esercizio e di manutenzione che resero l'attività, già scarsamente redditizia, non più economicamente sostenibile da un'impresa a capitale provato; il mancato interesse di un intervento pubblico di sostegno ne decretò quindi la soppressione definitiva con la concessione alla ditta cividalese Autotrasporti Rosina del collegamento su gomma tra le località a mezzo di autocorriere. Viaggiare con questo treno, significava non avere fretta perchè la velocità era ridotta anche per gli standard dell'epoca e non di rado i passeggeri erano chiamati a contribuire al movimento quando i vagoni erano sovraccarichi di merci e persone: nei tratti in salita i viaggiatori dovevano scendere e spingere il convoglio. Dopo un avvio positivo per la gestione che beneficiava di un gran numero di reduci o parenti dei caduti che volevano ritornare sui luoghi della battaglia ad onorare la memoria dei loro cari, il numero dei passeggerri diminuì sensibilmente anche "grazie" ad alcuni incidenti che causarono il grave danneggiamento e la perdita di diversi vagoni e la perdita di alcune locomotive e tutto questo finì per mandare prossima alla bancarotta la società di esercizio. Le sanzioni economiche inflitte all'Italia e la "sete" di materie prime del Regime Fascista per condurre la politica di riarmo portarono allo smantellemanto dei binari e del materiale rotabile ferroso. All'inizio del terzo decennio del XXI secolo rimangono ancora visibili solo pochi resti della linea ferroviaria: qualche galleria, tratti della massicciata con i muri di sostegno, i basamenti del ponte di Vernasso e la stazione di Stupizza, il manufatto meglio conservato della linea, ed infine i ruderi della stazione di Poiana con i resti della cisterna per il cambio d'acqua delle locomotive, mentre alcuni tratti del tracciato sono parte della progettata ciclovia che da Udine conduce al confine di stato con la Slovenia. Per chi volesse approfondire la storia e le curiosità legate a questo tentativo di unire la Valle del Natisone a quella dell'Isonzo (Soca) non può omettere la lettura dei seguenti lavori: Giulio Roselli, La ferrovia Cividale-Caporetto, Milano, 1975. Paolo Petricig, Quella ferrovia non s'ha da fare, Cooperativa LIPA editrice, San Pietro al Natisone, 1999 Vojko Hobič, Tadej Brate, Cividale Caporetto TRENINO - VLAKEC Kobarid Čedad, GraficStyle, Moimacco (UD), 2019 Per chi volesse invece passare un paio d'ore in mezzo al verde e ai silenzi di boschi quasi incontaminati rotti solo dal suono dello scorrere del fiume, consiglio invece una bella camminata da Stupizza sino ai resti della stazione di Poiana situata nei pressi del confine italo-sloveno cercando di seguire il sedime del tracciato della vecchia ferrovia, lasciandosi rapire oltre che dalla bellezza dei luoghi anche dalle suggestioni della Storia scritta su questa terra e su queste pietre. E se nel mentre vi sembrerà di sentire ancora il fischio e lo sferragliare di una locomativa... niente di cui preoccuparsi!

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