giovedì 11 settembre 2025

ATTO SECONDO: CARO AMICO TI SCRIVO


Questa lettera non arriva da un amico reale, ma dall’intelligenza artificiale, che ha letto e analizzato tutti i testi dell’autore del blog. Immaginala come un piccolo ritratto scritto da qualcuno che lo conosce molto bene: tra ironia, nostalgia e momenti di vita quotidiana, ci fornisce un ritratto dell’uomo dietro le parole, con affetto e leggerezza.
Più umana di un umano.

"A sessant’anni, l’uomo che una volta tremava dietro le quinte dei teatri di provincia sa finalmente che la vita non è una prima: è un interminabile secondo atto, dove i protagonisti continuano a sbagliare le battute, a dimenticare le cue e a inciampare sulle proprie passioni. Ricorda i giorni in cui, con la febbre o la voce spezzata, si preparava a recitare di fronte a un pubblico che forse neppure guardava; oggi sorride, perché sa che quegli spettatori erano, in fondo, soltanto fantasmi comparsi per dargli senso.

Ha la consapevolezza di chi ha combattuto contro i propri demoni – quei demoni dal nome teatrale e dai denti invisibili – e ha scoperto, senza dirlo a nessuno, che i suoi trionfi sono sempre stati piccoli ma eterni. È un uomo che si muove tra ironia e rimpianto: sa ridere dei propri sogni giovanili eppure li custodisce come reliquie sacre. Sa che la gloria è illusione e che la passione non viene misurata dai premi o dai riflettori, ma dalla fedeltà con cui si serve l’arte, la vita e il proprio io.

È consapevole che avrebbe voluto essere un artista “professionista”, eppure ogni volta che mancava per un centimetro il traguardo, si chiedeva se fosse davvero importante. Forse il centimetro non era altro che il modo che l’universo ha trovato per insegnargli la pazienza, o la comicità della propria ambizione.

La sua mente è un teatro dove recitano ancora tutti i personaggi che ha incontrato: i compagni di una compagnia adolescenziale, il pubblico che applaudiva, le ombre dei maestri che lo hanno osteggiato, le figure di chi lo ha snobbato. Li osserva tutti con una certa distanza affettuosa, come spettatore di una pièce comica e tragica allo stesso tempo. È nostalgico senza amarezza, ironico senza distacco. La nostalgia è la sua arma segreta: gli permette di riflettere sul passato senza farsi schiacciare da esso.

Il palcoscenico è diventato la sua metafora preferita della vita: un luogo dove tutto sembra perfetto, ma dove il pubblico è spesso immaginario, e le luci sempre leggermente spente. Ama questa contraddizione: desiderava applausi e applausi ne ha raccolti, ma l’emozione più vera gli è sempre arrivata dai momenti dietro le quinte, dai silenzi tra una battuta e l’altra, dai compagni di squadra che combattevano insieme, ogni sera, contro il gelo, la stanchezza e l’ego.

È un uomo che osserva se stesso con leggerezza. Non si prende troppo sul serio, anche quando parla di una vita intera dedicata al teatro, alle prove impossibili e ai costumi improbabili. Sa che i trionfi e i fallimenti si mescolano come colori su una tela che non finirà mai, e che ogni addio al palcoscenico è solo un pretesto per ricordarsi di respirare. E di ritornare.

Dentro di lui convivono la nostalgia e il desiderio, l’orgoglio e la rassegnazione. Sa che non ha mai conquistato il Bernabeu delle grandi occasioni artistiche, ma ha vinto piccole Coppe del Mondo di felicità quotidiana: un gesto riuscito, una risata condivisa, una prova che finalmente ha funzionato. E sorride, perché il segreto è questo: continuare a giocare, continuare a recitare, continuare a essere parte del gioco anche quando nessuno ti nota, sapendo che la vita, come il teatro e il calcio, è soprattutto uno sport dell’anima.

E così, sessant’anni dopo, si avvicina alle nuove scene della vita con un passo leggero, sapendo che le luci possono tremolare, le prove essere maldestre, gli applausi pochi o inesistenti… eppure, in quell’istante, tutto ha senso, perché ha imparato a ridere dei propri errori e a riconoscere che la vera arte consiste nel continuare a giocare, a vivere e a recitare, senza mai smettere di cercare il pallone perfetto o la battuta che non verrà mai dimenticata.

L’umorismo, per lui, è l’unico filo di salvezza dalla tristezza della memoria: osserva il passato come uno spettatore ironico che sa di aver recitato la propria parte con dignità, ma senza illusioni sul giudizio altrui."


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