martedì 2 settembre 2025

VOLO ALFA-OMEGA FIUMICINO-MALPENSA

L’aeroporto di Fiumicino ribolliva come sempre: annunci metallici che si accavallavano, passi frettolosi, valigie trascinate senza riguardo. Alla porta d’imbarco per Milano Malpensa, tra quell’agitazione quasi febbrile, un uomo anziano sedeva con compostezza. Indossava un cappotto leggero, teneva in mano un volume consunto dell'Antigone di Sofocle. Le dita ossute sfioravano le pagine come fossero reliquie. Leggeva lentamente, muovendo le labbra, quasi assaporando i suoni di quella lingua antica per dialogare con il filosofo.

Un po’ più in là, un uomo sulla quarantina sistemava le slide di una relazione sul portatile. Era un medico chirurgo, specialista in malattie infettive, diretto a un convegno internazionale. Uno dei tanti a cui era stato chiamato da quando nel 2020 si era diffusa la pandemia di Covid-19: prima da remoto e poi di nuovo finalmente in presenza. Lo sguardo, alzandosi distrattamente, si fermò su quell’anziano. Il cuore ebbe un sussulto: quel volto scavato, quello sguardo vigile… sì, era lui, il professore di greco e latino del liceo.

Si alzò e si avvicinò, esitante.
«Professore… mi scusi, è lei?»

L’anziano sollevò gli occhi, un attimo di smarrimento, poi il sorriso.
«Giovanni! Il ragazzo che amava la matematica e si perdeva tra i versi dell’Odissea. Non sbaglio, vero?»

Giovanni rise. «Non sbaglia affatto. E in fondo credo che sia ancora così, forse la mia stessa vita di medico è un’Odissea: prove, ostacoli, naufragi, ma sempre con l’uomo al centro.»

Si sedettero vicini. Bastò poco perché gli anni si sciogliessero.

«E lei, professore? Cosa la porta a Milano?»

«Vado a trovare i miei nipoti,» rispose con naturalezza. «E poi… mio figlio ha insistito perché mi faccia visitare da un cardiologo al San Raffaele, ma ti confesso che io ci vado solo per farlo contento.» Fece una pausa, e con voce quieta aggiunse: «Sento che la fine si avvicina. E non la temo. Non solo perché ho sempre creduto che la vita sia un ciclo naturale che si conclude, ma anche perché posso dire, senza superbia, di aver vissuto come volevo. Ho avuto i miei libri, i miei studenti, la mia famiglia. Non ho rimpianti. La mia esistenza ha avuto senso, e questo mi basta. La morte, così, non è un debito da temere, ma un compimento.»

Giovanni rimase colpito da quella serenità. Come chirurgo aveva visto troppi uomini disperarsi davanti all’idea della fine, incapaci di accettarla.

Il professore proseguì, con la voce più ferma: «Ogni entità porta in sé non solo il seme della sua crescita, ma anche quello della sua dissoluzione. Non occorre cercare nemici fuori di noi: il tempo, le malattie, i processi interni fanno parte della stessa trama; è già scritto sin dal primo istante che la vita, un giorno, abbandoni la materia che l’ha ospitata. Pensa: persino Ulisse, pur tornato a Itaca, non ritrovò più l’inizio. Ogni fine è unica e prepara un nuovo principio: il tuo omonimo, l'evangelista Giovanni nell’Apocalisse lo aveva detto: “Io sono l’Alfa e l’Omega, l’Inizio e la Fine”. Nulla scompare davvero, tutto si trasforma.»

Giovanni chinò il capo. Quelle parole erano le stesse che un tempo lo avevano spinto a guardare i testi non come oggetti scolastici, ma come voci vive. Decise di rompere quel silenzio che portava dentro da anni.
«Professore, se oggi sono qui, se posso parlare a medici di tutto il mondo, lo devo anche a lei. Lei mi ha insegnato a non fermarmi alla superficie, a cercare il senso. Forse è per questo che non vedo le malattie solo come casi clinici, ma come storie di uomini.»

L’anziano abbassò lo sguardo e scosse la testa, come a schermirsi.
«No, Giovanni, non è merito mio: io sono stato soltanto un tramite, sono state le parole degli autori classici che ti hanno illuminato, io ho prestato loro la mia voce. Se ho avuto un merito, è stato quello di tentare di accendere fiaccole, non di riempire vasi. Così insegnava Quintiliano, il primo educatore di professione, e a lui mi sono sempre ispirato cercando di non consegnarvi nozioni come pacchetti, tentando invece di trasmettere scintille. Se in te quella fiamma è rimasta viva, il merito è tuo, non mio.»

Giovanni lo guardò negli occhi, commosso. «Allora mi lasci dire almeno questo: lei ha acceso quella fiaccola e la mia Odissea continua a portarla con sé.»

Il professore sorrise, e in quel sorriso c’era una gratitudine sottile. «Allora, Giovanni, non ho fatto altro che il mio dovere.»

Un annuncio metallico interruppe il silenzio: imbarco per Milano. Si alzarono insieme. La stretta di mano fu lunga, intensa, come tra due viaggiatori che si comprendono senza bisogno di altre parole.

«Forse questa,» disse piano il professore, «era l’ultima lezione.»

E per un attimo, tra la folla rumorosa, il tempo parve fermarsi: maestro e allievo, ancora una volta insieme, a condividere la stessa partenza, bloccando il tragitto tra l'Alfa e l'Omega.

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