martedì 28 marzo 2017

IL FRIULI DEL '700 VISTO CON GLI OCCHI DI CARLO GOLDONI

Venezia, Riva degli Schiavoni, tarda primavera 1757.

La macchina del tempo inventata nel 1984 dallo sfortunato scienziato georgiano Anatolj Kinkhadze funziona davvero! Quale spettacolo meraviglioso si gode passeggiando lungo la Riva e quali incontri interessanti si possono fare! Marinai e mercanti provenienti da ogni angolo del Mediterraneo, affascinanti dame e nobili avventurieri, un vocio incessante di idiomi mescolati, un insieme di suoni indistinti, profumi intesi di spezie, di paesi lontani  e una sensazione diffusa di laboriosità e ottimismo.
Difficile non amare la vita in momenti come questi!
Ad un tratto… non è possibile! Si è proprio lui…Carlo Goldoni, anche lui a passeggio, solitario in mezzo a quel via vai; l’emozione mi fa tremare: davanti a me, in carne ed ossa nel suo tempo, il mio autore teatrale preferito! Rimango imbambolato, non riesco a togliere lo sguardo… lo fisso, lo scruto, voglio essere sicuro… si certo che è lui, quell’ aria bonaria è la stessa che compare su tutti i quadri e sulle stampe che me lo hanno fatto conoscere da ragazzo, quando divoravo le pagine delle sue commedie in modo quasi famelico, una dopo l’altra.
Il “buon” Carlo si accorge di essere sotto osservazione e si avvicina…

Forestiero, cosa non vi garba? Da quale  terra lontana giungete così acconciato?

Intontito, come un automa replico…
Buonasera sior Carlo, giungo da Cividale del Friuli, vicino a Udine…

Vicino a Udine? Vossignoria mi conosce? Non ricordo di averla incontrata.

Pur nella sorpresa “sior Carlo”, udita la mia provenienza, s’illumina e mi invita a continuare la passeggiata insieme a lui nel calar della sera, mentre i colori dell’astro che si spegne verso occidente dipingono i palazzi ed il mare. Gli spiego che sono un suo grande ammiratore, ma non pare curarsi un granchè della circostanza… improvvisamente, prendendomi in contropiede inizia a narrarmi con aria sognante...

Era il 1725 quando padre e io partimmo per il Friuli…

Per il Friuli?

 - si, per il Friuli. Passammo da Porto-Gruaro, dove mia madre aveva alcune rendite all’Ufficio della comunità. In questa cittadina, sul confine, risiede il vescovo di Concordia, città antichissima ma quasi abbandonata per l’aria malsana. Continuando il nostro viaggio, passammo il Tagliamento che ora è fiume, ora torrente, e che bisogna passare a guado, poiché non ci sono ponti né traghetti per traversarlo. Infine arrivammo a Udine, capitale del Friuli Veneziano.

“Sta a vedere che conosce il Friuli il sior Carlo!” pensai ascoltando incuriosito il mio “campione”…

I viaggiatori non fanno menzione di questa provincia, che tuttavia meriterebbe un posto onorevole nelle loro narrazioni.
Questa dimenticanza a proposito di una regione così considerevole dell’Italia, mi è sempre dispiaciuta; e io ne parlerò sia pure di passaggio.
Il Friuli, che in Italia si chiama anche la Patria del Friul, è una vastissima provincia che si estende dalla Marca trevigiana alla Carinzia. E’ divisa fra la repubblica di Venezia e gli Stati austriaci. L’Isonzo ne segna la divisione, e Gorizia è la capitale della parte austriaca.
Non vi è provincia in Italia, in cui ci siano tanti nobili come in questa. Quasi tutte le terre sono erette in feudi, che dipendono dai rispettivi signori; e vi è nel castello di Udine una sala del Parlamento, dove si radunano gli stati, privilegio unico che non esiste in alcuna altra provincia d’Italia.

“Però.. “

Il Friuli ha sempre fornito grandi uomini alle due nazioni. Molti ve n’ha nella corte di Vienna; e ve n’ha anche nel Senato di Venezia. C’era in altri tempi un patriarca d’Aquileia, che risiedeva in Udine, poiché Aquileia non è mai potuta risorgere dacchè Attila, re degli Unni, la saccheggiò e la rese inabitabile. Questo patriarcato è stato soppresso da poco; e la sola diocesi che abbracciava la provincia intera è stata divisa in due arcivescovadi, l’uno a Udine e l’altro a Gorizia.
Molte cure, nel Friuli, sono dedicate all’agricoltura, e i prodotti del suolo, grano e vino, sono abbondantissimi e della qualità migliore. Là si fa il picolit che imita così bene il tokay; e dai vigneti di Udine, Venezia trae gran parte dei vini necessari per il consumo.

“Ma questa è musica per l’ufficio dell’Assessorato Regionale al Turismo! Chissà che ne penserebbero però nei vari Consorzi tutela dei vini DOC nostrani… probabilmente si straccerebbero le vesti sentendo il Picolit definito quale imitatore del Tokay!”

Il linguaggio friulano è caratteristico: è altrettanto difficile a capirsi del genovese, anche per gli Italiani. Sembra che questo gergo tenga molto al francese. Infatti tutte le parole femminili che in italiano finiscono in a, nel Friuli finiscono con e, e tutti i plurali dei due generi terminano con s.
Io non so come queste desinenze francesi e una quantità prodigiosa di parole francesi abbiano potuto penetrare in un paese così lontano.
E’ vero che Giulio Cesare attraversò le montagne del Friuli; queste si chiamano anzi Alpi Giulie; ma i romani non terminavano i loro femminili né alla francese né alla friulana.
La cosa più singolare nel gergo friulano, è ch’essi chiamano la notte, sera, e la sera, notte. Si sarebbe tentati di credere che il Petrarca parlasse dei Friulani, quando disse nelle sue canzoni: “Gente cui si fa notte innanzi sera”.
Ma si avrebbe torto se si deducesse da ciò che questa nazione non fosse altrettanto intelligente e attiva del resto dell’Italia.

“Ecco, adesso abbiamo mandato in brodo di giuggiole tutto il variopinto mondo degli autonomisti, se lo sentono lo ingaggiano come testimonial!” Mentre in silenzio ascolto sempre più sbalordito, “sior Carlo” continua imperterrito…

Vi è a Udine, fra l’altro, un’accademia di belle lettere, intitolata agli Sventati, il cui emblema è un mulino a vento nel fondo d’una valle, con questa epigrafe:”Non è quaggiuso ogni vapore spento”.
Le lettere vi sono assai coltivate. Vi sono artisti di un merito cospicuo, e la conversazione vi è molto amabile e graziosa.
Udine, ch’è a ventidue leghe da Venezia, è governata da un nobile veneziano che ha il titolo di luogotenente, vi è un Consiglio di nobili del paese che risiedono in Municipio, e adempiono in sottordine le cariche della magistratura.
La città è molto bella. Le chiese sono decorate con sfarzo; i quadri di Giovanni da Udine, scolaro di Raffaello ne costituiscono l’ornamento principale. Vi è una passeggiata nel centro della città, sobborghi attraenti e dintorni deliziosi. L’immenso palazzo e i superbi giardini di Passarean dei conti Manini, nobili veneziani, costituiscono il soggiorno degno di un re.
Domando scusa, se la digressione è parsa lunga. Mi era caro rendere un po’ di giustizia a un paese che sotto ogni riguardo lo meritava.

“Devo dire qualcosa, devo chiedergli qualcosa sulle sue commedie, sulla mia preferita: - il Bugiardo – o era – la bottega del Caffè…” … sento che sta per succedere qualche cosa... le forze vengono meno… la macchina del tempo? È finito l’effetto? Aiuto…

Spalanco gli occhi… di fronte a me l’orologio: sono le due di notte… mi guardo in giro: sono in soggiorno, disteso sul divano ancora vestito e tra le mani reggo un libro aperto a pag. 65:

CARLO GOLDONI – MEMORIE.

GIULIO EINAUDI EDITORE 

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