mercoledì 7 aprile 2021

LA PRIMA LEGIONE STRANIERA DELL'ERA "MODERNA": UDINE ARRUOLO' HERBERT NEUMANN

 








La stagione 1980/81, quella che seguì il primo grande scandalo delle scommesse terminato con la retrocessione a tavolino di Milan e Lazio in serie B e la squalifica pluriennale di campioni del calibro di Paolo Rossi e Bruno Giordano, è passata alla storia come quella della "riapertura delle frontiere" e il ritorno degli stranieri nel massimo campionato di serie A, grazie alla revoca di un blocco federale che durava dalla fine degli anni '60. La decisione giunse quanto mai opportuna per ridare stimoli e interesse al mondo degli appassionati, ancora frastornati e delusi da quanto era emerso durante il processo sportivo, con tante partite finite sotto il mirino degli inquirenti per il sospetto di combine e frode sportiva.

La libertà di movimento all'inizio fu timida, con il permesso di tesserare un solo giocatore straniero per squadra e facoltà limitata alle sole squadre di serie A, i tesserati sarebbero saliti a 2 nelle stagioni dal 1982/83 al 1987/88 e a 3 dalla 1988/89; la sentenza "Bosman" abolì ogni vincolo per i giocatori comunitari a partire dal 1996 e a tappe forzate la situazione si è capovolta e si è arrivati all'ultimo decennio in cui 2 o 3 al massimo sono i giocatori italiani che militano nelle squadre del massimo campionato. Questa però è un'altra storia, ritorniamo all'estate 1980, in cui la novità fu accolta altrettanto timidamente dalle società, che neppure tutte sfruttarono la possibilità concessa e ancora meno furono quelle che ingaggiarono giocatori di livello e fama internazionale.

I campioni d'Italia uscenti dell'Inter inserirono il nazionale austriaco Herbert Prohaska, la Juventus la promettente mezz'ala irlandese dell'Arsenal  Liam Brady mentre la Roma il centrocampista brasiliano Paulo Roberto Falcao; la Fiorentina ingaggiò il campione del mondo argentino Daniel Bertoni e sempre in sudamerica guardarono le penalizzate Bologna, Avellino e Perugia, costrette a partire con 5 punti di penalizzazione avuti "in eredità" dallo scandalo scommesse, pescando rispettivamente i brasiliani Eneas e Juary e l'argentino Fortunato, quest'ultimo solo di nome ma non di fatto. Il Torino e il Napoli puntarono invece sui tulipani olandesi: i granata su uno di primo pelo,  il libero Van de Korput, mentre i partenopei su uno stagionato, ma di fama mondiale, il libero della grande Olanda, il mitico Ruud Krol, prelevato negli ultimi giorni di mercato dai canadesi del Vancouver, dove aveva iniziato una sorta di prepensionamento simulato. La neo-promossa Pistoiese, esordiente in serie A, non volle privarsi dal mettere un tocco esotico nel motore e ingaggiò quello che fu destinato a diventare l'archetipo del "bidone" d'oltremare: il brasiliano Luis Silvio Danuello dal Ponte Preta, preso per fare il centravanti e per scoprire poi che non era una "punta" ma una "ponta", ovvero un centrocampista di fascia. E neppure particolarmente talentuoso.

E l'Udinese? Che fece la società friulana, oramai da decenni divenuta "patria" per giocatori stranieri provenienti da ogni parte, anche la più improbabile, del pianeta? La società in cui i giocatori italiani sono divenuti "un tocco di esotico?"  

La società friulana, allora presieduta dal "Re" dei gelati Teofilo Sanson e gestita come Direttore Sportivo dal rampante Franco Dal Cin, ripescata in estate dopo la retrocessione in appello della Lazio, si trovò nella necessità di potenziare una rosa pensata per la serie B e quindi cercò sul mercato estero un giocatore in grado di alzare il tasso tecnico dell'undici titolare. Piccola perentesi: la retrocessione dei capitolini biancazzurri determinò l'annullamento dell'ingaggio di uno dei celebri fratelli Van de Kerkhof già in ritiro con i romani, stante il divieto perdurante di tesseramento ex novo di giocatori stranieri nella serie cadetta.

Torniamo ai bianconeri friulani, il cui allenatore neo-arrivato Marino Perani chiede con urgenza un regista di qualità a centrocampo, dopo il definitivo rifiuto del perugino Butti al trasferimento in Friuli; Dal Cin si mette al lavoro e dopo aver trattato l'ingaggio dello stagionato centrocampista olandese Notten del Feyenoord, preleva l'unico tedesco (occidentale, data l'epoca) di tutta la "Legione straniera": dal Colonia fa arrivare in Friuli la ventisettenne e biondissima mezz'ala Herbert Neumann.

L'arrivo è accolto con grande interesse ed entusiasmo dalla tifoseria friulana, ancora su di giri per aver ritrovato la serie A persa subito alla fine del primo anno dal salto triplo dalla C alla A compiuto nientemeno che 17 anni dopo la retrocessione del 1961/62, di cui ben 14 consecutivi di serie C.

Il giocatore che arriva, nato il 14/11/1953, vanta ben 184 presenze condite con 35 reti nelle fila di una delle più prestigiose squadre della Bundesliga  anni '70: il Colonia, la società della sua città natale e con la quale ha esordito, dopo la trafila nelle giovanili, nella stagione 1972/73 vincendo la coppa di Germania nel 1976/77 e 1977/78, abbinando anche la vittoria in campionato nel 1977/78.

Dopo diverse presenze nell'Under 21, debutta in nazionale il 22/02/1978 a Monaco di Baviera in un'amichevole di lusso contro l'Inghilterra vinta per 2-1 in preparazione del Mondiale argentino del 1978, chiamato da Helmut Schoen assieme a campioni del calibro di Sepp Maier, Berti Vogts, Reiner Bonhof e Kaarl Heinz Rummenigge.

Complice un grave infortunio, dal quale Neumann fece grande fatica a riprendersi, resterà l'unica presenza nella nazionale dell'Ovest, compensata a livello internazionale da una costante presenza nelle competizioni europee di club con i colori del Colonia.

Insomma, sul terreno del Friuli, giunse un giocatore di caratura europea, un centrocampista dotato di eccellente tecnica individuale e ottima visione di gioco, capace di dettare al meglio i tempi di sviluppo dell'azione e in grado di vedere anche la porta con tiri da lontano; il tallone d'Achille, che i tifosi friulani scopriranno fin dall'esordio in campionato il 14 settembre 1980 nella pesantissima debacle casalinga per 0-4 contro l'Inter scudettata di Bersellini, era senza dubbio la falcata lenta e la scarsa propensione alla fase difensiva.  

Soprattutto fu chiaro fin da subito che il biondissimo Herbert avrebbe potuto dare si un contributo importante alla causa, ma senza ulteriori innesti nella rosa la salvezza sarebbe rimasta un miraggio.

La stagione 1980/81 per l'Udinese fu una continua rivoluzione sia in campo che in panchina e si concluse con la permanenza in serie A grazie ad un gol a tre minuti dalla fine dell'ultima giornata che permise di battere il Napoli per 2-1 e un piazzamento utile nella classica avulsa ai danni del Brescia, insieme a Como ed Avellino.

Servirono 3 allenatori, nell'ordine Marino Perani, Gustavo Giagnoni e infine il debuttante Enzo Ferrari per far quadrare i conti dopo la prima rivoluzione al mercato di ottobre ordinata dal subentrante Giagnoni con l'acquisto di 4 giocatori (Zanone, Cinquetti, Bacci e Maritozzi) e lo smantellamento della vecchia guardia con la cessione di Bencina, Bilardi, Vagheggi, Leonarduzzi e Sgarbossa e quella messa in atto da Ferrari all'inzizio del girone di ritorno, quando gettò nella mischia metà squadra primavera facendo esordire Gerolin, Miano, Cinello, Billia e Papais al posto dei deludenti nuovi arrivati.

In tutto questo "caos" tecnico e agonistico Herbert Neumann si distinse per continuità, disputando 25 incontri su 30, al netto di 3 giornate in tribuna per squalifica a causa di un italianissimo "vaffa" rivolto ad uno dei più permalosi arbitri nostrani, il siciliano Rosario Lo Bello, dopo l'ennesimo fischio contrario sul terreno inzuppato del "Del Duca" di Ascoli.

La leggenda - o i maligni - o gli invidiosi - vorrebbe o vorrebbero che a Udine l'unico ricordo che lasciò il centrocampista tedesco, oltre alla biondissima zazzera con riga in mezzo - molto anni 80 fu la moglie Maria, bellissima modella bruna, dalla carnagione olivastra e di origine portoghese. 

Di leggenda, o di invidia, appunto si tratta perché il rendimento in campo fu sempre al di sopra della sufficienza ed Herbert fu il pilastro su cui tutti e tre i tecnici costruirono le loro trame tattiche, tanto che a fine stagione gli valsero l'ingaggio in una piazza allora di maggior prestigio e ambizioni come quella di Bologna, società ancora mai scesa in serie B.

Unico neo, oltre alla già menzionata e poco teutonica scarsa vena agonistica, fu invece l'impalpabile presenza in zona gol, dove il tedesco centrò una sola volta la porta, infilando nella rete di Poerio Mascella una palla servita dall'esordiente Paolo Miano, dopo un'ubriacante serpentina sulla fascia del biondissimo made in Valli del Natisone, e che valse un importantissimo successo nello scontro diretto con la Pistosiese.

Neumann, come detto lasciò Udine qualche mese dopo e con grande esposizione mediatica sulla stampa sportiva, per raggiungere Bologna e lasciare il posto di "straniero" dell'Udinese ad Orlando Pereira, difensore brasiliano dall'età mai chiarita e dai lineamenti degli anni 80 dell'800.

Quella che fu deludente fu invece proprio la stagione bolognese, conclusa con la prima retrocessione in serie B del glorioso club emiliano, esito nefasto per i tifosi rossoblù a cui Herbert contribuì con 20 pallide presenze, spesso bersagliato da acciacchi muscolari che ne rallentarono oltremodo il passo e non gli diedero la possibilità di servire adeguatamente uno degli astri nascenti del calcio italiano, il diciasettenne Roberto Mancini.

Anche con la maglia del Bologna Neumann segnò una sola volta e, ironia della sorte, mandando di testa un pallone sempre nella rete della porta sud dello Stadio Friuli, raccogliendo un calcio d'angolo e infilando il portiere dell'Udinese Fausto Borin per il momentaneo vantaggio felsineo all'inizio del secondo tempo di un Udinese-Bologna del dicembre 1981.. Per gli amanti delle statistiche seguirono il pari di Causio, il nuovo vantaggio rossoblù siglato da Roberto Mancini ed il definitivo pareggio ad opera di Orazi, lesto a battere Zinetti su assist del Barone.

Conclusa in maniera ingloriosa l'avventura italiana il tedesco rientrò al Colonia, dove mise insieme appena 10 presenze ma a fine stagione alzò per la terza volta la Coppa di Germania assieme ai vecchi compagni, tra cui il portierone Harald Schumacher e l'estroso Pierre Littbarski prima di trasferirsi l'anno seguente in Grecia all'Olimpyakos senza lasciare tracce memorabili oltre a 23 presenze e 4 reti nel campionato ellenico.

Il declino era in fase non ribaltabile e dalla stagione 84/85 fino all'estate 1989 Herbert Neumann svernò ininterrottamente nella serie cadetta svizzera, vestendo la non proprio gloriosa casacca del Chiasso e interpretando anche il ruolo di allenatore-calciatore.

Una volta appese le scarpe al chiodo continuò la carriera di allenatore, guidando senza particolari squilli dal 1989 al 2006 le panchine di Zurigo (CH), Vitesse Arnhem (NL), Anderlecht (B), Istabulspor (TR), Nac Breda (NL) e VVV-Venlo (NL). 

Questa la storia sportiva di Herbert Neumann, per rendere giustizia a uno dei primi "legionari" del 1980, talvolta ingiustamente bollato come uno dei tanti bidoni giunti la prima ora.  

Sempre per gli amanti delle statistiche, di seguito il tabellino del suo esordio in serie A.


Udine, Stadio Friuli

Domenica 14 settembre 1980, ore 16,00

UDINESE - INTERNAZIONALE 0-4

marcatori: Bini 13', Pasinato 28', Muraro 54', Altobelli 73'

UDINESE: Pazzagli, Leonarduzzi (cap.), Miani, Billia, Sgarbossa, Tesser (75' Bilardi), Vagheggi (60' Koetting) Bencina,  Neumann, Vriz, Pradella. Allenatore: Marino Perani

INTERNAZIONALE: Bordon, Oriali, G. Baresi, Pasinato, Mozzini, Bini (cap,) (78' Pancheri), Marini, Prohaska, Altobelli, Beccalossi, Muraro, (73' Caso). Allenatore: Eugenio Bersellini

Arbitro: D'Elia della Sezione di Salerno

Spettatori 40.000 circa

         


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